le scuse della questura per il twitt cretino

 

Tweet razzista: la Questura si scusa

In un comunicato formale, apparso su Facebook, si annuncia l’identificazione del responsabile. E si garantisce che episodi del genere non potranno ripetersi

Ha un nome e un volto l’autore, o sarebbe meglio dire l’autrice, del tweet pubblicato sul profilo ufficiale della Procura di Roma il 26 dicembre. Una frase che ha scatenato un pandemonio sui social e, quasi in tempo reale, tra le mura della Questura stessa, facendo partire immediatamente le ricerche del responsabile.
“Ho risistemato lo sgabuzzino. m’è sembrato lo sgombero di un campo nomadi. meno male che sono preparata!!!”. Questo il tweet incriminato, prontamente fatto sparire e sostituito con un altro per spiegare che si era trattato di un errore e che sarebbero stati presi provvedimenti opportuni nei confronti di chi l’aveva scritto. Un episodio sul quale un deputato Pd ha annunciato di voler presentare un’interrogazione in Parlamento.
Oggi le scuse ufficiali, su Facebook. “In relazione al tweet apparso sul profilo della Questura di Roma nella giornata del 26 dicembre, si rappresenta che le immediate verifiche adottate, hanno consentito di accertare che un operatore addetto al sistema, ha impropriamente pubblicato un “post” privato” sulla pagina istituzionale. “La Questura si dissocia, ovviamente, da quanto pubblicato, precisando che nei confronti del dipendente verranno adottate le misure del caso” si legge ancora nella nota, che precisa che in futuro non si ripeteranno episodi del genere. “Sono state avviate idonee procedure finalizzate ad evitare per il futuro il ripetersi di casi del genere, ciò anche per tutelare un servizio che, dalla sua istituzione, ha riscosso unanime apprezzamento dalle Istituzioni, dagli organi di stampa e dai cittadini”.

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l’opportunità di un anno nuovo

 

 

2014 fiorito

Anno nuovo: come continuare a camminare

“Nella nostra civiltà meccanica siamo dominati dal tempo metrico degli orologi. Ne subiamo il ricatto”.

Non ricordo in quale delle molte prefazioni scritte per le varie Mostre di Roma Umberto Eco ha così, lapidariamente, liquidato il nostro rapporto con il tempo; tempo che S. Agostino diceva di saper bene cosa fosse finché non gli venisse chiesto, ma di non saperlo più quando gli veniva domandato di darne una definizione.

Nondimeno Umberto Galimberti, su Repubblica del 25 marzo 1998, scriveva testualmente: “Il senso del nostro tempo è sempre meno tempo dell’uomo e sempre più tempo della tecnica che ha fatto crollare tutte le ideologie“.

Non sono molto tenero con questi riti sguaiati di fine anno, che sembrano esorcizzare l’usura del tempo e il tramonto dei sogni. Uno dei trionfi della ragione umana è stato quello di aver dato un ordine al tempo dividendolo secondo misure precise in modo di avere l’illusione di dominarlo. “Ciò che si misura si domina”! Con la funesta conseguenza di considerate il tempo solo in termini quantitativi e non più nella sua qualità.

“L’anno che è passato”; “l’anno che viene”; “quanti anni hai?”; “quanti anni mi rimangono?”; “ci siamo fatti vecchi”… Tutte espressioni che connotano il nostro rapporto con il tempo imprigionato in una unidimensionalità che ammuffisce la ricchezza esperienziale del già vissuto e sterilizza le potenzialità sorgive di un futuro tutto verboso, ridotto a semplice bella copia del presente, senza più l’ardire di pensare e di osare l’impossibile.

Nonostante il progresso, o forse per sua disgrazia, siamo ancora figli della cultura greco-pagana che vedeva il tempo come un ripetersi ciclico di fatti e misfatti, un succedersi circolare di enti ed eventi.

Mentre non abbiamo tenuto in considerazione la concezione cristiana del tempo inteso come “καίρόσ”: opportunità, occasione propizia, tempo giusto. Mummificati dalla dittatura del pensiero unico e drogati dall’etica del consumismo, abbiamo imprigionato anche il cosiddetto “tempo libero”, talmente condizionato e manipolato, che le sue possibilità umanizzanti e socializzanti appaiono ormai gravemente compromesse.

L’inizio di un anno, pertanto, mentre pone una questione filosofica che ci porta a meditare sul tempo, dovrebbe aprirci anche ad una questione etica: come continuare a camminare?

 

 

 

 

 

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t.u.q.s.: tutti uguali questi sindaci

Ignazio Marino contro i rom: via dal lungotevere

Il sindaco ha promesso a Radio Radio il loro allontanamento dagli insediamenti abusivi

Guidonia, donne e bambini rom aggrediscono carabinieri

di destra o sinistra che siano, sembrano tutti uguali questi sindaci (t.u.q.s.): sanno solo mandar via, così risolvono il problema della povertà, ‘lontana dagli occhi lontana dal cuore’, e così anche quelli che a occhio ti sembrerebbero i migliori …

Giro di vite nei confronti dei nomadi che non rispettano le regole. È quanto garantito dal sindaco di Roma Ignazio Marino, intervenuto questa mattina ai microfoni della nota emittente romana Radio Radio.

Rispondendo un ascoltatore che lo accusava di “sufficienza nei confronti del fenomeno del rovistaggio dei rom nei cassonetti”, il primo cittadino ha ammesso: “Ieri alla Magliana, proprio davanti ai miei occhi, di fronte ai cassonetti stracolmi di rifiuti c’erano dei rom che vi frugavano muniti di carrelli da supermercato, riempiendoli e salendo poi sulla ciclabile per andare nel loro accampamento sulle sponde del Tevere. Una scena che purtroppo gli abitanti vedono tutti i giorni ma che non può più andare avanti”.

Questa mattina, ha quindi spiegato Marino, “ho avuto una lunga riunione di oltre un’ora con il nuovo questore che ringrazio per avermi ascoltato nel dettaglio su questi temi, perché Roma in questo 2014 dovrà dimostrare di essere una città che accoglie, come ha detto anche papa Francesco l’altro giorno nel suo discorso, ma che non accetta il disprezzo delle regole”.

“Noi bonificheremo quelle aree del lungotevere – ha poi assicurato il sindaco – , miglioreremo la pista ciclabile, prepareremo degli accessi affinché le persone anziane e i bambini possano godere del parco della Magliana sul Tevere, ma allontaneremo da quegli insediamenti abusivi i rom. Queste azioni avverranno simultaneamente perché non possiamo davvero più tollerare abusivismo e disprezzo delle regole”.

 

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una mezza rivoluzione nell’episcopato italiano

 

 
VATICAN-SIRYA-POPE-PRAYER

ha scombussolato anche l’assetto istituzionale della Conferenza Episcopale Italiana papa Francesco, restituendo la CEI alla chiesa italiana e prendendo da una diocesi secondaria il suo segretario generale che non avendo intrallazzi di potere è libero di rivoluzionare al meglio la struttura gerarchica

in poche righe la bella e acuta penna di A. Melloni delinea la novità radicale rappresentata da questa nomina:

Nunzio Galantino Segretario Cei meno politica e più religiosità

 

di Alberto Melloni

in “Corriere della Sera” del 2 gennaio 2014

 

La nomina di monsignor Nunzio Galantino a segretario generale ad interim della Cei è il segno che

il papa vuole restituire la Conferenza episcopale ai vescovi. Una nomina era attesa da quando a

novembre, Francesco aveva «promosso» monsignor Crociata alla sede di Latina, senza la porpora

che avevano avuto i suoi predecessori Ruini, Tettamanzi e Betori al termine del loro servizio. Una

punizione, dicevano in molti, anche se onestamente non si capiva per cosa. La chiamata del vescovo

di Cassano, invece, ha chiarito che il Papa ha chiuso con morbida imperiosità la stagione della Cei

come volano della politica e volano delle carriere.

La politica era al cuore della Cei di Paolo VI, che vedeva nel segretario generale la valvola fra

società, episcopato, Santa Sede e partiti. Wojtyla cambiò linea e individuò in Camillo Ruini un

plenipotenziario titolare di quella mediazione politica che Moro aveva guadagnato ai tempi del

centrosinistra. Ratzinger e Bertone smontarono quel sistema, ma a prezzo di conflitti devastanti e di

quel collateralismo fai-da-te che si è messo all’opera con Monti un anno fa e di recente con Alfano.

Galantino è scelto per non occuparsi di questo. Francesco si fida dell’«heroísmo patriótico» di

Napolitano e capisce di non poter offrire nulla di più all’Italia di oggi (se la chiesa avesse formato

due persone l’anno, oggi avrebbe quaranta riserve per la repubblica, ma ha fatto altro e il Papa ne

prende atto). Galantino inoltre non è stato scelto per coronare la carriera di un ordinario di

antropologia fatto vescovo, ma proprio perché non ha cercato né voluto quel posto.

Se dopo l’interim il nuovo segretario sarà scelto così, se il nuovo presidente della Cei sarà eletto con

questi criteri molte ambizioni sono destinate a rimanere deluse e quel senso di spaesamento che

oggi si legge in volto ai vescovi che già pensavano a grandi sedi e a cappelli rossi è destinato ad

aumentare. Viceversa ci sono ottimi pastori di piccole diocesi che potrebbero sentirsi chiedere «per

favore» di assumere responsabilità anche più grandi di quelle date ora a monsignor Galantino

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“a noi di sinistra piace papa Francesco”

 

 

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

bello e suggestivo il ritratto che Ritanna Armeni fa su ‘Rocca’ di papa Francesco: merita di essere letto perché lascia un’impressione estremamente positiva, oltre che di gioia e di speranza:

Sì questo papa ci piace

di Ritanna Armeni
in “Rocca” del 1 novembre 2013

Dovete capirci, noi di sinistra, se ci piace Papa Francesco. Non fate del sarcasmo, non diteci con ironica condiscendenza: «E che? Ora sei diventato cattolico» quando diamo segnali di soddisfazione per le parole del Pontefice. Dovete capirci, davvero. Ricordate quando Francesco è stato eletto? Era il 13 marzo di quest’anno, in Italia c’erano appena state le elezioni politiche e, mentre la sinistra dava una delle peggiori prove di incertezza e inettitudine, la chiesa, che aveva avuto lo choc delle dimissioni di Benedetto XVI, in quattro e quattr’otto ha eletto un Papa che veniva dalla «fine del mondo». Sapete, malgrado tanti anni in cui anche noi siamo stati invischiati nel pantano delle decisioni lente e burocratiche della gestione del governo e dello stato, un po’ di sano gusto per l’efficienza ci è rimasto. E quella elezione rapida da parte di una istituzione che era in crisi ci è piaciuta. Sapete anche che abbiamo un passato terzomondista e quel capo della chiesa che veniva dalla «fine del mondo» rinverdiva molti vecchi sogni, ci faceva sperare in una nuova linfa vitale per la vecchia Europa cristiana. Ma queste sono state le prime reazioni, positive, ma limitate e, se volete, superficiali. Poi c’è stato il seguito. Da tanto tempo noi di sinistra, non abbiamo un padre o una madre. Qualcuno che ci dica con chiarezza e, magari anche con qualche eccesso di semplificazione: questo è bene, questo è male, questo si fa, questo non si fa. Presto probabilmente capo della sinistra diventerà Matteo Renzi che – ammetterete – della figura paterna ha ben poco. Al massimo somiglia a quegli amici dei nostri fratelli minori, furbi e bricconcelli ai quali a nessuno di noi sarebbe venuto in testa di chiedere consiglio sulle grandi domande della vita. Di una certa autorevolezza sentiamo disperatamente bisogno. Di qualcuno che dica, per esempio, «vergogna» di fronte alle morti nel Mediterraneo. Per anni in molti – e non solo di sinistra – ricevevamo un pugno allo stomaco alla notizia di quei barconi affondati, di quelle morti innocenti, ma si doveva stare attenti a non dimostrarlo troppo altrimenti nel migliore dei casi si era accusati di «buonismo» (ritenuto evidentemente di caratura morale inferiore al «cattivismo») e quindi di ignoranza delle cose del mondo, di incompetenza sui flussi, sulle leggi, sulle statistiche sulle compatibilità, sui pericoli per l’identità del paese ecc. ecc.
Ci dovete capire. Quando il Papa, dopo aver abbracciato un disoccupato e un cassintegrato, dice «Signore Gesù dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro» abbiamo un sussulto, quasi un momento di commozione. Davvero. La parola «lotta» l’avevamo dimenticata, avevamo dimenticato che potesse avere un suono elevato, nobile. In tanti l’hanno calpestata in questi anni, disprezzandola come primitiva o usandola male, strumentalizzandola ai loro fini. Francesco invoca Gesù perché sa che non si può avere un lavoro se qualcuno non ci insegna anche come lottare per averlo. Ogni insegnamento, ogni regola, ogni priorità sono andate evidentemente perdute. I sindacati, è chiaro, hanno bisogno anche loro di qualche ripetizione. Come tanti di noi anche il Papa pensa che si deve cominciare proprio tutto daccapo. E allora, per favore, comprendeteci. Comprendete chi per anni a sinistra, quando andava bene, ha sentito parlare di disagio sociale, di crisi che ridimensiona i redditi e di soluzioni che alla fine buttavano sempre ad aumentare quel disagio sociale e a ridimensionare i redditi di chi aveva già poco. Poi abbiamo sentito un Pontefice che vuole mettere al primo posto gli ultimi. Fino ad allora nel dibattito pubblico erano apparsi lontani, lontanissimi, invisibili. Le reazioni, infatti sono state di meraviglia e stupore. Le sue parole sono suonate scandalose. Ma quello scandalo a noi è sembrato benefico. Qualcuno finalmente squarciava un velo. E poi di questo Papa ci è piaciuto anche qualcosa di meno nobile, ma di molto utile. Una sorta di furbizia, qualcuno dice da parroco di campagna, che gli ha fatto intuire immediatamente l’odio crescente nei confronti del privilegio. Il Pontefice che porta la sua borsa da viaggio, il Papa che
telefona agli amici, il successore di Pietro che paga il conto in albergo, il capo della chiesa che non abita negli appartamenti vaticani, ma nel convento di Santa Marta. Non siamo così ingenui da pensare a gesti che non siano ponderati e inviati come messaggi, ma ci siamo chiesti perché tanti politici, anche di sinistra, non hanno sentito il bisogno di mandare messaggi analoghi. Per furbizia, magari, se non per convinzione. Ma quella furbizia avrebbe indicato una sintonia e un rispetto, un senso dell’opportunità che ai nostri antichi padri e antiche madri non mancava. Ma la dottrina, direte, la dottrina? Quando questo Papa parlerà di matrimonio gay, di aborto, divorzio, allora voi di sinistra che direte? Sarete ancora così entusiasti, così «papisti»? Probabilmente no. Probabilmente avremo molto da dire, da contestare, da criticare. Per il momento abbiamo provato una certa consolazione quando il Papa ha parlato degli omosessuali come «feriti sociali» e ha detto che la chiesa è la casa di tutti, anche e soprattutto, degli irregolari. E quando abbiamo constatato che dopo anni di affermazione di valori «non negoziabili» questo Pontefice ci ha detto: «L’opinione della chiesa su questi temi è nota e non c’è bisogno di parlarne sempre». Per il momento ci basta. E anche qui dovete capire: non ne potevamo più di quella perdita di buon senso a cui sempre più spesso portano le discussioni di dottrina. Non è inevitabile che sia così, ma così finora è stato. E allora per il momento attendiamo e pensiamo che non sarebbe male cominciare a discuterne prima di litigare con la chiesa. E chissà perché ci viene da pensare che, quando ne discuteremo con chi segue «la nota dottrina», troveremo orecchie più attente, una testa più aperta, e gli steccati, anche quelli dei laici, potranno essere più fragili.
Sì, questo Papa ci piace. E chi alla chiesa ha sempre creduto dovrebbe essere contento della possibilità di una nuova fratellanza che si fonda su una fiducia reciproca. Di recente il mio amico Fausto Bertinotti, anche lui «papista» convinto, mi ha passato un numero del 2007 della rivista 30 giorni diretta da Giulio Andreotti. Contiene una stupenda intervista a Papa Francesco allora cardinale di Buenos Aires. Ne consiglio la lettura. Nell’intervista, nella quale con assoluta coerenza c’è già tutto Francesco, il Papa parla fra l’altro della necessità di «uscire dal recinto dell’orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è Dio». «Questo vale anche per i laici?», chiede l’intervistatrice Stefania Falasca. E il cardinale Bergoglio risponde: «La loro clericalizzazione è un problema. I preti clericalizzano i laici e i laici ci pregano di essere clericalizzati… È proprio una complicità peccatrice». E prosegue: «E pensare che potrebbe bastare il solo battesimo. Penso a quelle comunità cristiane in Giappone che erano rimaste senza preti per più di duecento anni. Quando tornarono i missionari li trovarono tutti battezzati, tutti validamente sposati per la chiesa, i loro defunti avevano avuto un funerale cattolico. La fede era rimasta intatta per i doni di grazia che avevano allietato la vita di questi laici che avevano ricevuto solo il battesimo e avevano vissuto la loro missione apostolica in virtù del loro battesimo. Non si deve aver paura di dipendere solo dalla Sua tenerezza». Adesso è chiaro perché ci dovete capire? Perché molti di noi di sinistra sono quelli che Karl Rahner definiva «cristiani anonimi», siamo fuori dal perimetro della chiesa, però ne possiamo condividere idee e convinzioni. E questo – rassicuratevi – sempre per dirla con Rahner «non rende superfluo il cristianesimo esplicito, anzi lo reclama per la sua stessa essenza e per la sua specifica dinamica». Allora tranquilli. Niente di male se il Papa piace a sinistra. Se piace ai laici, ai non credenti, agli atei e ai miscredenti. Abbiate un po’ di comprensione. Anche noi abbiamo bisogno di un padre che abbia fiducia in noi. Che poi sia santo, questo lo ammetto, è fatto che vi riguarda quasi esclusivamente.

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l’aggressione della destra americana contro papa Francesco

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Papa Francesco è un marxista, e la Chiesa cattolica è ipocrita a criticare il capitalismo che la finanzia: l’aggressione della destra estrema americana contro papa Francesco

il punto della situazione in questo informato articolo di P. Mastrolilli:

“Ipocrita e marxista”

L’America dei Tea Party contro Papa Francesco

di Paolo Mastrolilli
in “La Stampa” del 4 dicembre 2013

Papa Francesco è un marxista, e la Chiesa cattolica è ipocrita a criticare il capitalismo che la
finanzia. Con la sua consueta violenza verbale, il commentatore radiofonico americano Rush
Limbaugh ha scatenato una nuova polemica, dietro cui però si legge il risentimento più o meno
esplicito del mondo conservatore Usa verso Bergoglio.
Il motivo dell’attacco è la «Evangelii Gaudium», che Limbaugh ha criticato in una trasmissione
intitolata «It’s Sad How Wrong Pope Francis Is (Unless It’s a Deliberate Mistranslation By
Leftists)», ossia «è triste quanto sbagli Papa Francesco (a meno che non sia una traduzione
deliberatamente manipolata dalla sinistra)». Il più popolare commentatore della destra estrema,
come al solito, non ha usato toni miti: «È triste, incredibile. Il Papa ha scritto, in parte, sui mali
intrinseci del capitalismo. È triste perché fa capire che non sa di cosa parla, quando si tratta di
capitalismo e socialismo». Limbaugh ha descritto la «Evangelii Gaudium» come un assalto alla
«nuova tirannia del capitalismo» e un attacco alla «idolatria del denaro», per poi criticarla così: «Io
sono stato varie volte in Vaticano: non esisterebbe, senza tonnellate di soldi. Ma a parte ciò,
qualcuno ha scritto questa roba per lui, o gliel’ha fatta arrivare. È puro marxismo, che esce dalla
bocca del Papa. Capitalismo senza limiti? Non esiste da nessuna parte. Il capitalismo senza limiti è
una frase socialista per descrivere gli Stati Uniti. Senza limiti, non regolati». Limbaugh ha
denunciato i mali del socialismo e i benefici del capitalismo, inclusa la «trickle-down economic», e
si è dichiarato «sbalordito» dalle parole di Francesco: «La Chiesa cattolica americana ha un bilancio
annuale da 170 miliardi di dollari. Penso sia più di quello che la General Electric incassa ogni anno.
La Chiesa è il principale proprietario edile a Manhattan. Voglio dire: hanno un sacco di soldi.
Raccolgono un sacco di soldi. Non potrebbero operare come fanno, senza un sacco di soldi».
Limbaugh è tanto popolare, quanto controverso. Nonostante sia incline a dare lezioni di morale, in
passato era stato arrestato in Florida per abuso di sostanze stupefacenti, assunte attraverso un
traffico di antidolorifici. Durante l’ultima campagna elettorale invece era stato costretto alle scuse
pubbliche, quando aveva definito Sandra Fluke, una studentessa di Georgetown che appoggiava la
riforma sanitaria di Obama, come una prostituta.
Limbaugh però ha circa venti milioni di ascoltatori, ha un contratto da 400 milioni di dollari per
condurre il suo show, e non è il solo a ragionare così. Tanto per fare un altro esempio Jonathon
Moseley, esponente del Tea Party, ha scritto sul «World Net Daily» che «Gesù sta piangendo in
Paradiso per le parole del Papa». Cristo in persona, secondo Moseley, aveva rigettato la teoria della
redistribuzione, quando gli avevano chiesto se era giusto che un fratello condividesse con gli altri
famigliari un’eredità ricevuta: «Gesù parlava all’individuo, mai allo Stato o alla politica del
governo. Era un capitalista, che predicava la responsabilità personale, non un socialista».
Almeno un gruppo cattolico, la Catholics in Alliance for the Common Good, ha criticato Limbaugh
e lanciato una petizione per denunciarlo, ma il mondo conservatore americano è in fermento
dall’elezione di Francesco. Durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI pensava di
avere solidi alleati in Vaticano, tanto per come Papa Wojtyla aveva aiutato a demolire l’Urss, quanto
per come lui e Ratzinger si erano impegnati contro l’aborto e nella difesa della vita. Intellettuali tipo
Richard John Neuhaus si erano convertiti dal protestantesimo, e filosofi come Michael Novak
avevano esaltato la nuova dottrina economica della responsabilità, nonostante anche Giovanni Paolo
e Benedetto non avessero mancato di denunciare gli eccessi del capitalismo. I conservatori cattolici
ora sono rimasti sconcertati soprattutto dalle parole di Francesco sui temi della vita, e quelli
protestanti sull’economia. Ad alzare la voce sono gli estremisti, ma la discussione è aperta.

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i liberal irritati contro papa Francesco

 

papa-francesco

l’economia liberale è “un’economia dell’esclusione”, “un’economia che uccide”: Rue 89 e alcuni siti americani lo definiscono già “papa socialista”

 si dice disgustato per “il fatto che non faccia notizia che muoia assiderato un anziano
ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Ecco l’esclusione”

grandi masse di popolazione, aggiunge, “si vedono escluse, emarginate, a causa del gioco della
competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole”. Non è la legge del
mercato in sé ad essere colpevole, ma la sua egemonia, un’economia senza volto

H. Tincq riflette opportunamente su questo:

 

Perché la requisitoria di papa Francesco contro il capitalismo irrita i liberal

di Henri Tincq
in “www.slate.fr” del 3 dicembre 2013

In un documento chiamato esortazione apostolica, che ha reso pubblico il 26 novembre a Roma, dal
titolo “La gioia del vangelo”, papa Francesco fa una feroce denuncia del capitalismo e del
liberalismo economico.
A riprova di un cambiamento di priorità nella Chiesa, dedica solo poche righe al matrimonio
omosessuale, mentre delinea, in alcune pagine fitte e profondamente sentite, un bilancio implacabile
della situazione economica mondiale.
Non è la prima volta che un papa interpella i suoi contemporanei e i responsabili politici sugli
squilibri economici e le disparità sociali, ma quest’ultimo, che viene dall’America Latina dove
coabitano situazioni di estrema povertà e di estrema ricchezza, ha chiaramente scelto da che parte
stare.
Dà una nuova direzione a ciò che gli storici e i teologi chiamano la “dottrina sociale” della Chiesa.
Quest’ultima, tradizionalmente caratterizzata dalla ricerca di una terza via tra capitalismo e
socialismo, cade, sotto la penna di papa Francesco, in una denuncia senza sfumature di un sistema
“che nega il primato dell’essere umano”. Al punto che Rue 89 e alcuni siti americani lo definiscono
già “papa socialista”.
Inizia con una constatazione generale, prima di prendersela con la finanza mondiale. L’economia
liberale è “un’economia dell’esclusione”, “un’economia che uccide”, scrive. Prendendo a testimoni
i media, si dice disgustato per “il fatto che non faccia notizia che muoia assiderato un anziano
ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Ecco l’esclusione”.
Grandi masse di popolazione, aggiunge, “si vedono escluse, emarginate, a causa del gioco della
competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole”. Non è la legge del
mercato in sé ad essere colpevole, ma la sua egemonia.
un’economia senza volto
Per il papa argentino, l’economia mondiale va alla deriva. Ha superato i meccanismi classici dello
sfruttamento e dell’oppressione. Ha creata una “cultura dello scarto”: “l’essere umano è un bene di
consumo che si può usare e, in seguito, buttar via”. Il lavoratore non è solo “sfruttato”, votato “ai
bassifondi e alla periferia dell’esistenza”, ma ridotto allo stato di “rifiuto”. Fa parte “degli
avanzi”.
Jorge Mario Bergoglio non invita ad un rovesciamento economico, ad una qualsiasi rivoluzione, una
parola che non fa parte del suo vocabolario. Interviene solo sul ruolo regolatore dello Stato. Non fa
neppure un discorso sul senso della storia e non è marxista. Ma mette in discussione la relazione di
sottomissione al denaro, il dominio assoluto della finanza e del mercato sugli esseri umani, il
predominio e la perversità della finanza mondiale.
Scrive: “La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una
profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi
idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo
del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La
crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la
grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei
suoi bisogni: il consumo. (…) No a un denaro che governa invece di servire”.
riprovazione del denaro e del profitto
Per la loro violenza, queste dichiarazioni del papa gesuita sorprendono e non provocano reazioni
unanimi. Alcuni commentatori, in Francia e oltre-Atlantico, mettono in discussione la sua
competenza economica. Volano in aiuto del liberalismo invocando le virtù del mercato e del
profitto. Un collaboratore della rivista economica americana Forbes, che si descrive come un buon
cattolico, scrive che il papa non capisce il mondo così come sta evolvendo:“Con il liberalismo e la globalizzazione, le disuguaglianze si sono ridotte, la povertà è diminuita
da trent’anni al ritmo più rapido che abbia mai conosciuto la specie umana. Miliardi di persone
sono state liberate dalle esigenze più folli del collettivismo e hanno potuto avvicinarsi alla migliore
macchina di produzione della ricchezza mai creata, un certo grado di mercato libero”.
Un punto di vista che suscita delle resistenze. Vicino agli ambienti cattolici progressisti americani, il
National Catholic Reporter ammette che Francesco non è un economista, ma un “pastore”. E il suo
ruolo è di mettere in guardia il mondo contro “il pericolo di sistemi economici che hanno fallito nel
realizzare il bene comune e hanno reso le persone schiave, perché non lasciano spazio per Dio”.
Allo stesso modo, su The Guardian, quotidiano britannico di sinistra, una giornalista scrive che
“papa Francesco ha perfettamente identificato il punto cruciale, l’aumento delle disuguaglianze di
reddito che è la più grossa sfida economica del nostro tempo, determinante per la ripresa
economica”. Per il suo editorialista, “è ora di cambiare il nostro approccio al capitalismo. Non si
tratta di sbarazzarsi del capitalismo o di cadere nella riprovazione del denaro e del profitto. Si
tratta di cercare il profitto in maniera etica e di rifiutare l’idea che il profitto passi necessariamente
attraverso lo sfruttamento”.
Più di un secolo fa, nel 1891, un altro papa, Leone XIII, scriveva la prima enciclica sociale
(“Rerum Novarum”), che aveva già fatto scandalo. Per la prima volta, la massima autorità della
Chiesa deplorava la concentrazione, tra le mani di una infima minoranza, di tutte i guadagni
dell’industria e del commercio. Criticava l’esistenza di “un piccolo numero di ricchi e di opulenti
che impone un giogo servile all’infinita moltitudine dei proletari”.
Oltre Leone XIII
Il papa rompeva finalmente con la tradizione di un linguaggio paternalista che faceva della carità e
dell’elemosina il rimedio di tutti i mali, della disuguaglianza una legge della natura, e dello scarto
tra ricchi e poveri una fatalità. Quel testo, fondamento della “dottrina sociale” della Chiesa, aveva
scioccato gli ambienti capitalisti dell’epoca e tutti i benpensanti.
Tutti i suoi successori hanno seguito più o meno questa via, hanno sostenuto delle formule di
compromesso tra il capitale e il lavoro, risvegliato generazioni di militanti socialisti, politici e
sindacali. A lungo identificata con gli interessi economici più conservatori, sospettata di voler
difendere il suo potere sociale e morale, la Chiesa cattolica ha fatto la propria conversione,
mettendo al primo posto della sua etica il rispetto del bene comune e quello dei diritti fondamentali
dell’essere umano.
Papa Francesco va oltre. Se la prende con la disumanità del modello capitalistico, non si pronuncia
neppure sui benefici del profitto e della libertà di impresa, giustificati da tutti i suoi predecessori.
Gli si rimprovererà di non proporre alcun modello alternativo. Per il momento, ed è solo una tappa,
rifiuta gli eccessi del sistema produttivistico e liberale e provoca gli esperti finanziari e i governanti
del mondo intero.

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papa Francesco ‘anticapitalista’

 

 

 

 papa-francesco

 

mai un Papa aveva pronunciato parole così forti, così radicalmente critiche, nei confronti del liberismo e del capitalismo finanziario oggi egemoni

il suo è un nuovo sguardo sul mondo. che vuole assumere il punto di vista dei più poveri, di chi è “scartato”: per questo da qualche parte è considerato ‘marxista’ o ‘neo-socialista’, ha solo però lo sguardo del vangelo:

P. Sardi su ‘l’Unità’ riflette su questo:

 

L’anticapitalismo del Papa

 

di Claudio Sardi

in “l’Unità” del 27 dicembre 2013

Il cambiamento di Papa Francesco non riguarda solo la vita della Chiesa e le forme della sua

missione. È un nuovo sguardo sul mondo. che vuole assumere il punto di vista dei più poveri, di chi

è “scartato”.

Perciò respinge il dominio assoluto della globalizzazione mercatista. Non parliamo di una nuova

ideologia, e forse neppure una nuova dottrina sociale. Mai, però, un Papa aveva pronunciato parole

così forti, così radicalmente critiche, nei confronti del liberismo e del capitalismo finanziario oggi

egemoni. «Questa economia uccide – è scritto nell’Evangelii Gaudium. – Si considera l’essere

umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare». Ai disoccupati e ai

cassintegrati di Cagliari Francesco aveva detto: dobbiamo «lottare per il lavoro», dobbiamo

rivendicare «un sistema giusto, non questo sistema economico globalizzato che ci fa tanto male».

Come quelle di Lampedusa sono grida che scaturiscono da un’esperienza, da una condizione umana

inaccettabile, non da un’opzione politica precostituita. Tuttavia, la contestazione del Papa tocca il

cuore del sistema, la giustificazione etica della ricchezza e delle disparità sociali, il ruolo della

finanza e persino del denaro. Da Max Weber a Leone XIII, dai grandi leader europei del secondo

dopoguerra ai teorici della Reaganomics, tutti hanno in qualche modo collocato le culture cristiane

alle fondamenta dell’economia di mercato. L’etica cristiana come motore di libertà e, al tempo

stesso, come fattore di moderazione, di solidarietà: da qui il capitalismo che produce welfare e che

distribuisce opportunità. Ma ora il capitalismo si è trasformato, velocizzato, finanziarizzato. E il

Papa venuto dalla fine del mondo ha pronunciato parole di rottura.

Naturalmente, si può minimizzare lo strappo: in fondo, «quante armate ha il Papa?». Qualcuno però

ha capito che dal centro della cattolicità giunge ora una critica che può delegittimare i principi stessi

su cui poggiano l’economia e gli ordinamenti occidentali. Hanno reagito anzitutto i conservatori

americani: si è scomodato anche l’intellettuale teo-con più rappresentativo, l’economista e filosofo

Michael Novak. Per Novak non è accettabile l’Evangelii Gaudium quando afferma: «Alcuni ancora

difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica,

favorita dal libero mercato, riesca a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel

mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e

ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del

sistema economico imperante». Nell’impianto teo-con, il capitalismo è invece un frutto storico della

semina evangelica. E la relazione tra cristianesimo e Occidente non può che essere di reciproco

sostegno e difesa. Emendare in senso sociale va bene. Ma guai a contrapporre etica cristiana e

capitalismo.

Francesco è il primo Papa non occidentale. Punta il dito proprio contro l’uso ideologico del

cristianesimo compiuto dai conservatori in questi anni, seguendo un modello uguale e contrario a

quello di certe correnti della Teologia della liberazione. Il cambio di prospettiva di Francesco è una

testimonianza della carità che contiene in sé critica e distacco dal potere costituito, compreso quello

generato dal temporalismo della Chiesa. È la sua «teologia del popolo» che lo induce a denunciare:

il denaro è diventato «un nuovo idolo» che nega «il primato dell’essere umano». E ancora: lo

squilibrio delle ricchezze «procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la

speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la

tutela del bene comune».

Ai cattolici conservatori e reazionari questo Papa non piace per svariati motivi: perché ha desacralizzato le funzioni della Curia e della gerarchia, perché denuncia i privilegi ecclesiastici non

meno di quelli dei poteri politici ed economici, perché la sua pastorale del perdono sovrasta le

rigidità della teologia morale. Ma viene da chiedersi se il pensiero della sinistra abbia cominciato a

fare i conti con questo Papa. E se, per parte sua, il cattolicesimo democratico e sociale sia

consapevole della rottura prodotta nella sua consolidata cultura. Papa Francesco non propone un

progetto di società cristiana. Né tanto meno un partito cristiano. Appare persino lontano da

quell’idea di mediazione, che ha ispirato il cattolicesimo politico del Novecento. Forse Francesco è

il primo Papa del dopo-Concilio. La sua separazione dalla politica non tollera però disimpegni. La

politica resta «un’espressione della carità» e i cristiani devono occuparsene in quanto cittadini. In

ogni caso, la Chiesa non può assumere il punto di vista del potere. Se la libertà religiosa è fondativa

della libertà dell’uomo, la libertà della Chiesa va «usata» proprio nelle frontiere più difficili, dove la

libertà dell’uomo è minacciata dalle povertà, dal dominio, dal conformismo, dal pensiero unico.

Quanti leader della sinistra hanno oggi come il Papa la forza di pronunciare parole radicali di critica

al capitalismo? Quanti hanno il coraggio di dire che sta avanzando una forma nuova, forse più

invasiva, di dominio sulla stessa democrazia? Le politiche, ovviamente, richiedono gradualità,

riforme, realismo. Altrimenti rischiano di produrre tragiche illusioni. Ma nel nostro tempo il

gradualismo sta diventando impotenza. Lo stesso individualismo sta drammaticamente diventando

nichilismo. Non si può vivere, né crescere, senza la speranza di cambiare. Di ridare senso alla

fratellanza e all’eguaglianza tra gli uomini. Anche per lottare servono pensieri lunghi. Le fedi

religiose possono aiutare le forze del cambiamento, e la stessa sinistra, quando nella solidarietà

coltivano un pensiero critico. E quando costruiscono spazi di autonomia e di resistenza ai poteri

forti.

di seguito la solidarietà che il papa ha ricevuto a motivo della sua nuova visione economica dal punto di vista dei poveri, anzi degli impoveriti:

Manifesto di diverse organizzazioni sociali latinoamericane che denunciano l’attacco che il Papa Francesco ha sofferto da parte del potere economico mondiale, in seguito al suo avvicinamento ai movimenti sociali, le sue critiche al sistema capitalista e i suoi progetti di cambiamento della Chiesa Cattolica
I movimenti sociali latinoamericani appoggiano il Papa di fronte all’attacco del potere economico: Il Potere Economico attacca Francesco, noi lavoratori lo difendiamo!
(Pubblicato nel sito di “NOI SIAMO CHIESA”)
 
Papa Francesco sta esprimendo fin dalla sua elezione la volontà di cambiamenti: nella Chiesa, nell’atteggiamento dei cristiani e nell’economia capitalista escludente e accaparratrice che così tanti esclusi e così tanti problemi sociali genera nel mondo. Ha dimostrato coerenza nel suo atteggiamento personale, nel promuovere cambiamenti in Vaticano e nel pubblicare la sua esortazione apostolica, in cui condanna il falso dio del mercato e del denaro a servizio di un’élite mondiale. Ciò è bastato perché il potere economico mondiale – banchieri, imprese transnazionali, agrobusiness, diplomatici e portavoci della stampa mondiale – iniziasse una campagna internazionale diretta a mettere in ridicolo il papa. I movimenti sociali e popolari ripudiano i costanti attacchi a papa Francesco provenienti dai centri di potere mondiali, i quali, attraverso i monopoli mediatici, intendono screditare chi ha osato alzare la voce contro l’economia di esclusione, imposta ai popoli al prezzo di interminabili sofferenze, della distruzione della natura e della perdita di milioni di vite umane. I conservatori, che non vogliono mai cambiare niente, che si sono autoproclamati guardiani dell’ortodossia, che riducono la religione a un manuale di “buoni costumi”, tremano di fronte alla mera possibilità che la Chiesa unisca la sua voce a quella degli oppressi della Terra per denunciare le ingiustizie del capitalismo. Questi conservatori non conservano altro che i propri privilegi né hanno altra fede che il culto idolatrico al proprio dio: il denaro. In particolare, ripudiamo la campagna predisposta dalla destra nordamericana raggruppata nel cosiddetto Tea Party e dalla CNN. Modello dell’ipocrisia moderna, con dirigenti che impongono agli altri insegnamenti morali che non rispettano nella propria vita, tale organizzazione esprime la posizione del capitale mondiale, concentrato in un pugno di banche e di imprese transnazionali. Papa Francesco, in pochi mesi, ha risvegliato l’amore e la speranza in milioni di uomini e donne, cattolici o meno, che sognano un mondo migliore. E’ naturale che la sua corretta critica alla globalizzazione capitalista irriti coloro che detengono il potere economico. Al contrario, i Popoli del mondo, specialmente i lavoratori, gli umili e gli esclusi, sentono di aver incontrato un nuovo riferimento morale per lottare per la giustizia sociale. Per questo motivo, esprimiamo la nostra solidarietà nei confronti di papa Francesco di fronte a questa selvaggia campagna dell’Impero, con la speranza che continui ad illuminare con la sua denuncia, i suoi gesti e il suo messaggio il cammino verso una società fraterna, senza esclusi e umiliati.

Adhesiones de organizaciones:

Movimiento dos trabalhadores rurais sem terra MST – Brasil Confederación de Trabajadores de la Economía Popular (CTEP – Argentina) Movimiento de Trabajadores Excluidos (MTE – Argentina) Asociación Civil Huellas de Esperanza, Pto. Iguazú, Misiones (Argentina) Asociación de Recicladores de Colombia (Colombia) ATC – Asociacion de Trabajadores del Campo – Nicaragua Barrios Unidos y Organizados por el Habitat (Argentina) CLOC/Coordinadora latinoamericana de organizaciones campesinas/Via campesina internacional Comité de Tierra urbana- Simon Bolivar- Venezuela Comunidad Socialista “Ana Soto” Venezuela. Cooperativa de Vivienda Los Pibes Coord. Latinoamericana da Associação ecumênica de Teologos do Terceiro Mundo. Coordinacion de Justicia, Paz e Integracion de Costa Rica Coordinación Latinoamericana de Movimientos Territoriales urbanos (Latinoamérica) Coordinadora Nacional agrária- CNA- Colombia Corriente Villera Independiente (Argentina) Confederacion Nacional de Organizaciones Campesino, Indigenas y Negras FENOCIN- Ecuador Federación de Cartoneros y Recicladores (Argentina) Federación de Cooperativas de Trabajo de Quilmes (Argentina) Federación Nacional de Mujeres Campesinas Artesanas Indígenas Nativas y Asalariada del Perú.- FEMUCARINAP FM Riachuelo Frente Carlos Mujica (argentina) Movimento camponês popular- MCP- Brasil Movimento dos pequenos agricultores- MPA- Brasil Movimento dos Trabalhadores Cristãos- MTC- Brasil Movimento Nacional de rádios comunitárias- Brasil Movimiento campesino de Paraguay- MCP Movimiento Evita (Argentina) Movimiento Helder Camara (Argentina) Movimiento Nacional Campesino Indigena – MNCI – Argentina Movimiento Nacional Campesino Indígena de Argentina Movimiento Nacional de Empresas Recuperadas (MNER – Argentina) Movimineto de Liberacion Nacional- Mexico Organización Social y Política “Los Pibes” Radio Comunal “Guerrera Ana Soto” Organización de Trabajadoras y Trabajadores Residenciales del Estado Lara- Venezuela. Rede Biblica ecumênica, de costa Rica Secretario de Relaciones Internacionales de la Unión Obrera Metalúrgica (argentina) Via campesina Brasil Cordinadora Nacional de mujeres trabajadoras rurales e indigenas (Paraguay) UCRUS – Union de Clasificadores de Residuos Sólidos Urbanos (Uruguay) Agrupación Estudiantil Pu´aka, UNA Paraguay ANAMURI – Asociación Nacional de Mujeres Rurales e Indigenas- chile CONAPROCH -Cordinadora nacional de Produtores de chile RANQUIL – Confederación Ranquil= chile CTD Anibal Veron (Argentina) MPR Quebracho (Argentina) Juventud para el Progreso (Bº Zavaleta Argentina) Comedor Copitos , Bº La Boca. (Argentina) Federación Nacional Sindical Unitaria Agropecuaria Fensuagro – CUT. (Colombia) Red Bíblica Cubana Movimiento de Mujeres Peruanas “Manuela Saenz” Movimiento Cristiano Popular – Guatemala Tortilla con Sal, Nicaragua Asociación para el Fomento de la Integración de las Negritudes (AFIN-COLOMBIA) La Asociación Pluriculturalidad Jurídica de Guatemala –Plurijur- Asociación Nacional de Empleados Públicos y Privados – ANEP- Central Social Juanito Mora Porras
Adhesiones de Personalidades:
Fernando Mendez, ALBA Cochabamba, Bolivia Heloisa Fernandes, professora, USP e ENFF- Brasil Irene Leon, socióloga, Ecuador Jose Maria Vigil, escritor, Panama Lucia Camini, professora, Brasil Marcelo Barros, escritor Pe. Conrado Sanjur, Panamá Silvia Ribeiro, investigadora, Uruguay Theotonio dos santos, sociólogo, Latinoamericano Vicjy Acuna- Costa Rica Marta HARNECKER, escritor latinoamericana, Canada Rev. Luis Carlos Marrero Chasbar, pastor Jorbe Rebelo, (Moçambique) Dom Heriberto Hermes, O.S.B. Coordenador Executivo do Centro de Direitos Huamanos,Tocantins – Brasil Francisco “Barba “Gutiérrez . Secretario de Relaciones Internacionales de la Unión Obrera metalúrgica de Argentina e Intendente del Municipio de Quilmes . Argentina Guillermo Robledo . Coordinador del Frente Carlos Mujica – Argentina Emilio Pérsico, Secretario de Agricultura Familiar – Argentina Lito Borello, Coordinador Nacional, Organización Social y Política Los Pibes Valeria Pesce, CLMTU (Coordinación Latinoamericana de Movimientos Territoriales Urbanos- Capítulo Argentina) Alicia Diaz, Presidenta CoViLPi (Cooperativa de Vivienda Los Pibes) Lucas Yañez, Presidente Cooperativa de Trabajo Federal “Los Pibes” Luciano Alvarez, CEMOC (Casa de Encuentro “Martín Oso Cisneros”) Nadia Martinez, Directora FM Riachuelo Carlos Zarza, Asociación Civil Huellas de Esperanza, Pto. Iguazú, Misiones. Rev. Osmundo Ponce – Guatemala Linda Lema Tucker -Socióloga y escritora -Perú Rev. Daylins Rufin Pardo Albino Vargas Barrantes, Secretario General de la Asociación Nacional de Empleados Públicos y Privados (ANEP) Presidente de la Central Social Juanito Mora Porras (CSJMP)
http://movimientosconfrancisco.wordpress.com/2013/12/20/adhesiones-a-documento-de-apoyo-a-francisco/
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le nuove ideologie denunciate da papa Francesco

 

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papa Francesco è un papa decisamente non visto bene dai settori più conservatori del mondo cattolico e politico nostrani, ma soprattutto americani: lo considerano addirittura ‘marxista’ o ‘neosocialista’ i ‘neo-con’ americani punti di riferimento per i nostri ‘atei devoti’

riflette su questa problematica S. Le Bars su ‘le Monde’:

Il papa denuncia l’abbandono di una “sana economia”

di Stéphanie Le Bars
in “Le Monde” del 12 dicembre 2013)

Il papa sarà nuovamente trattato da “marxista e da neo-socialista” dai neo-con americani? Dopo il
suo testo programmatico del 26 novembre, che gli è valso quelle accuse, e nel quale Francesco
denunciava “la mano invisibile del mercato” e “la cultura dello scarto”, il papa rinnova il suo
attacco ai misfatti della crisi finanziaria nel suo primo messaggio per la pace, pubblicato giovedì 12
dicembre e che sarà letto in tutte le chiese il 1° gennaio.
per nuovi “stili di vita”
Intitolato La fraternità, fondamento e via per la pace, questo testo denuncia “Le nuove ideologie,
caratterizzate da diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico, che
indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello “scarto”, che induce al
disprezzo” “Il succedersi delle crisi economiche deve portare agli opportuni ripensamenti dei
modelli di sviluppo economico e a un cambiamento negli stili di vita”, esorta quindi, basandosi
molto sui testi dei suoi predecessori e sulla dottrina sociale della Chiesa, senza rottura nei contenuti.
Secondo il papa, “le gravi crisi finanziarie ed economiche contemporanee – che trovano la loro
origine nel progressivo allontanamento dell’uomo da Dio e dal prossimo, nella ricerca avida di
beni materiali”, spingono molte persone “a ricercare la soddisfazione, la felicità e la sicurezza nel
consumo e nel guadagno oltre ogni logica di una sana economia”. Attaccando i redditi
estremamente alti, insiste quindi sulla necessità di attuare “politiche che servano ad attenuare una
eccessiva sperequazione del reddito”.
I beni privati come beni comuni
A sostegno della sua dimostrazione, che rischia di attirargli nuove critiche da parte di certi ambienti
economici, Francesco presenta un rapido richiamo della dottrina sociale della Chiesa. “Non
dobbiamo dimenticare l’insegnamento della Chiesa sulla cosiddetta ipoteca sociale, in base alla
quale se è lecito, come dice san Tommaso d’Aquino, anzi necessario «che l’uomo abbia la
proprietà dei beni», quanto all’uso, li «possiede non solo come propri, ma anche come comuni, nel
senso che possono giovare non unicamente a lui ma anche agli altri».
Ma se, dalla sua elezione in marzo, il papa si fa portavoce dei poveri, denunciando le
disuguaglianze economiche e sociali, questa posizione non fa di lui un “comunista”, come già ha
spiegato. Nella sua esortazione apostolica di fine novembre, Evangelii Gaudium, il papa
confermava certo la sua “opzione preferenziale per i poveri”, ma si distingueva ancora una volta
dai teologi della liberazione, giudicati troppo politici e “marxisteggianti” dalla Chiesa. “I poveri
sono i destinatari privilegiati del Vangelo”, insisteva. Ma questa opzione è “teologica prima di
essere culturale, politica o filosofica”.
Nel suo messaggio per la pace, papa Francesco, sulla scia dei suoi predecessori, fornisce anche un
lungo catalogo dei mali del mondo, che solo “la fraternità” può risolvere. Si preoccupa della
“grave lesione dei diritti umani fondamentali, soprattutto del diritto alla vita e di quello alla libertà
di religione”, del “tragico fenomeno del traffico degli esseri umani”, della “globalizzazione
dell’indifferenza”, del “dramma lacerante della droga, sulla quale si lucra in spregio a leggi
morali e civili”, della “devastazione delle risorse naturali e dell’inquinamento”, della “tragedia
dello sfruttamento del lavoro”, dei “traffici illeciti di denaro come della speculazione finanziaria”,
della “prostituzione che ogni giorno miete vittime innocenti”, dell’ “abominio del traffico di esseri
umani, dei reati e degli abusi contro i minori, della schiavitù, della “tragedia spesso inascoltata dei
migranti sui quali si specula indegnamente nell’illegalità”, delle “condizioni inumane di tante
carceri, dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano”, della “persistente vergogna
della fame nel mondo”.
Al di là della dottrina sociale della Chiesa, il papa si basa anche sulla teologia per difendere l’idea
che la “fraternità”, pegno di “pace e di giustizia” si impara “in seno alla famiglia”, sottolineando tra l’altro “i ruoli responsabili e complementari di tutti i suoi membri, in particolare del padre e
della madre”. Infine, in un contesto contrassegnato da diversi conflitti che coinvolgono gruppi
religiosi in varie parti del mondo, in particolare nella Repubblica Centrafricana, il papa ripete la
richiesta tradizionale del Vaticano per “la non proliferazione delle armi e per il disarmo da parte di
tutti, cominciando dal disarmo nucleare e chimico”.

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papa Francesco: figura eccezionale!

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L’eccezionale figura di Francesco

 

nel corso del 2013 nessuna figura ha catturato l’immaginazione della gente in tutto il mondo più di

papa Francesco

nei nove mesi dalla sua elezione, papa Francesco ha dato avvio ad una importante revisione nella

direzione e nella gestione del papato

così l’editoriale di www.ft.com

 del 29 dicembre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

 

Nel corso del 2013 nessuna figura ha catturato l’immaginazione della gente in tutto il mondo più di

papa Francesco. Quando fu eletto 266° successore di San Pietro il 13 marzo, la guida della Chiesa

cattolica romana appariva in grave difficoltà. Il Vaticano era travolto dallo scandalo degli abusi

sessuali da parte del clero. I cattolici negli USA e in Europa lasciavano la Chiesa in gran numero.

L’improvviso ritiro di Benedetto XVI il mese precedente – la prima volta dal 1294 che un papa

rinunciava di propria iniziativa – cristallizzava l’impressione di una Chiesa in crisi.

Nei nove mesi dalla sua elezione, papa Francesco ha dato avvio ad una importante revisione nella

direzione e nella gestione del papato. È troppo presto per valutare se riuscirà a placare la diffusa

rabbia per gli abusi sessuali del clero o ad andare incontro alle preoccupazioni dei cattolici

spaventati dalla rigida ortodossia morale del Vaticano. Comunque ci sono stati tre aspetti che lo

hanno reso quest’anno una figura di grande fascino per cattolici e non-cattolici.

Innanzitutto c’è la sua personale modestia. In un’epoca in cui molti sono colpiti dalla vanità di

persone famose o dalla ricchezza di plutocrati, il papa è presto diventato un simbolo globale di

compassione e umiltà. Ha scelto di vivere in un appartamento di due camere piuttosto che nel

palazzo apostolico. Ha abbandonato la Mercedes papale per una Ford Focus. La sua determinazione

di essere in numerose occasioni fisicamente e visibilmente vicino a malati e bisognosi testimonia un

ugualitarismo profondamente sentito.

Un secondo ambito su cui ha attirato l’attenzione è quello dei temi di sesso e matrimonio. I più

recenti predecessori di papa Francesco – Giovanni Paolo II e Benedetto – erano forti difensori

dell’ortodossia morale. Mentre non ha ancora imposto alcun cambiamento dottrinale, l’attuale

pontefice ha cambiato radicalmente il tono e il linguaggio con cui discutere di questi argomenti.

Quando quest’anno un giornalista gli ha chiesto come vedeva lo status dei preti gay nella Chiesa, lui

ha risposto: “Chi sono io per giudicare?”. Ad un altro intervistatore disse che la Chiesa era

“ossessionata” da problemi come aborto, matrimonio gay e contraccezione.

In terzo luogo, ha introdotto una serie di riforme nella gestione nella Santa Sede che gli permettono

di attuare il cambiamento. Il papa ha nominato un gruppo di otto vescovi sulla stessa linea per

affrontare problemi difficili, emarginando così il sinodo dei vescovi fortemente conservatore. Ha

nominato una nuova commissione per indagare su casi di abusi sessuali e trovare modi di migliorare

la protezione dei minori. Particolarmente impressionante è il modo in cui ha preparato il Sinodo che

sarà indetto il prossimo anno per discutere problemi relativi a divorzio, controllo delle nascite e

matrimonio omosessuale. Prima di quell’incontro, il papa ha chiesto alle diocesi di distribuire un

questionario a tutti i parrocchiani cattolici, sollecitando il loro parere su tali argomenti. Questo

potrebbe indicare un’intenzione di discutere questi temi senza essere legati a tabù di vecchia data.

Coloro che desiderano urgentemente riformare la Chiesa cattolica, non dovrebbero però correre

troppo. Ci sono grandi test prima. Non è assolutamente certo che la commissione che indaga sugli

abusi sessuali esamini la colpevolezza passata del Vaticano o di parte del clero. Su molti temi, come

l’ordinazione presbiterale di donne, il nuovo pontefice è dottrinalmente conservatore.

Ma ciò che colpisce a proposito di papa Francesco è la rapidità con cui è diventato un’autentica

figura di riferimento per coloro che si preoccupano di ciò che egli chiama “quell’idolo chiamato

denaro” e il modo in cui “siamo caduti in una indifferenza globalizzata in un mondo globalizzato”.

Molti dei politici a destra non saranno d’accordo con la sua critica al “capitalismo selvaggio”. Ma

esprime le sue preoccupazioni ed ansie con una sincerità ed autenticità che nessun leader mondiale

sa eguagliare.

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