vangelo – conversione – coronavirus

spunti evangelici per la conversione

esistenziale, spirituale, pastorale

Ha detto: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19).
Non burocrati.

Ha detto: “Accumulatevi tesori nel cielo” (Mt 6,20).
Non immobili e Palazzi.

Ha detto: “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mt 10,22).
Non ammirati e stimati socialmente.

Ha detto: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).
Non dietro compenso camuffato da offerte.

Il Vangelo rimane il miglior documento
per la conversione esistenziale, spirituale, pastorale.

Neanche la tragedia del Covid-19
è riuscita a farci scegliere
la transizione verso una Chiesa povera e dei poveri.
Allora, anche alla nostra generazione,
è applicabile il detto:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” ( Lc 7,32).

Gesù ha diviso la storia in un prima e dopo di Lui.
Non esiste cambiamento più radicale.
Eppure, come cristiani, sembriamo paralizzati
nella ripetizione di ciò che è stato fatto ieri
e di come è stato fatto ieri.

il dono delle lacrime perché non ci resta che piangere

davanti a questa società rimangono solo le lacrime

si deridono gli ultimi, convinti che la ricchezza sia meritata si disprezzano i poveri

 

Illuminati dalla Parola, sospinti dallo Spirito, occorre perseguire l’alternativa evangelica al pensiero dominante.

da Altranarrazione

Ti chiediamo, Signore, il dono delle lacrime.
Lacrime di sdegno per l’ingiustizia, di compassione e di comprensione per i calpestati.
Vediamo il loro dolore per la scientifica sottrazione di opportunità e non vogliamo né girarci dall’altra parte, né passare oltre.
Ascoltiamo parole vuote di senso, senza partecipazione e non vogliamo né adeguarci, né addormentarci in una quiete ipocrita.
Ci troviamo nel cuore dell’Impero, in una società malata di distanza e ubriaca di gossip. Si vivono relazioni prigioniere della forma, si recita il copione previsto dal ruolo. Sul grande palcoscenico costruito dall’opulenza, la massima aspirazione è diventata una felicità di plastica. Senza luce negli occhi. Senza sorriso. Senza calore.
Non ci si ferma a confrontare il pensiero dominante con il paradigma evangelico. Non si considerano prospettive diverse, non emergono decisioni radicali, testimonianze autentiche. Scarseggiano i profeti, abbondano i replicanti. È una società rigida, legata dalla catena dell’immodificabilità, che preferisce la sicurezza garantita dai modelli iniqui alla novità introdotta dal dinamismo dello Spirito.
Si rende culto alla competizione con sofisticate liturgie. E non si manifestano dubbi o esitazioni neanche davanti al suo frutto avvelenato: il cinismo. Si abbandonano defunti e feriti per non perdere il “proprio” turno.
Rassicurati dai risultati raggiunti si deridono gli ultimi, convinti che la ricchezza sia meritata si disprezzano i poveri.
Perdonali, Signore, perché non sanno che insieme a Te si risorge da qualsiasi morte (soprattutto quando la causa è da ricercare nell’indifferenza, nella sopraffazione, nell’emarginazione).
Donaci, Signore, la grazia delle lacrime, perché il tempo è compiuto (Mc 1,15).

 Luca 7,31-35

«”A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!.
È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: È indemoniato. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli”».

preghiera è liberazioine degli oppressi

preghiera per la liberazione degli oppressi

“Chiesa e teologia devono rompere con l'idolatria del sistema dominante per imparare a discernere la presenza inquietante di Dio nel mondo degli oppressi" (P. Richard)

Vieni, Signore!
Scendi a liberare gli oppressi dalla mano dei Faraoni di oggi.
Hai ascoltato il loro grido, conosci le loro sofferenze, hai visto i tormenti sopportati semplicemente per non perire (1).
Piegati dalla fatica e dalle umiliazioni non hanno più la forza né per ribellarsi né per sperare in un giorno diverso.
Mangiano polvere. Signore, liberali!
Converti il cuore dei loro oppressori. Guariscili dalla perversione del profitto e dell’accumulo. Dona loro di sperimentare la gioia che viene dalla solidarietà e dalle relazioni senza calcolo. Libera il cuore di questi schiavi della ricchezza e del potere che sfruttano i loro fratelli.
Vieni, Signore!
Manda noi dai Faraoni di oggi che vivono asserragliati nelle loro proprietà sporche del sangue dei poveri e nelle false sicurezze sporche del sangue dei disoccupati e dei precari.
Manda noi ad annunciare la liberazione, che il tempo è compiuto, che il tuo Regno è vicino, che il tuo Regno è in mezzo a noi (2).
Vieni, Signore!
Fa’ che noi possiamo partecipare all’Esodo del tuo popolo (dei poveri, degli oppressi, dei piccoli, degli ultimi) verso la terra che hai preparato, verso la fratellanza che hai sognato, verso la dimora della Giustizia e della Misericordia.
Realizza, ti preghiamo, ancora una volta questa Parola:

«Così dice il Signore Dio
che crea i cieli e li dispiega,
distende la terra con ciò che vi nasce,
dà il respiro alla gente che la abita
e l’alito a quanti camminano su di essa:
“Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia
e ti ho preso per mano;
ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo
e luce delle nazioni,
perché tu apra gli occhi ai ciechi
e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
Io sono il Signore: questo è il mio nome;
non cederò la mia gloria ad altri,
né il mio onore agli idoli.
I primi fatti, ecco, sono avvenuti
e i nuovi io preannunzio;
prima che spuntino,
ve li faccio sentire”» (3).

(1) Cfr. Esodo 3, 7-12
(2) Cfr Vangelo di Marco 1,14-15; Vangelo di Luca 17,21
(3) Isaia 42,6-9

un nome nuovo per Dio

preghiera contemplativa

il nome nuovo

Nella preghiera penetriamo il mistero di Dio, scoprendone il volto autentico di Compassione e di Misericordia.

Signore, oggi, vogliamo pregarti così: dandoti un nome nuovo

Dio della seconda possibilità. Noi ti preghiamo.
Dio dello sguardo. Noi ti preghiamo.
Dio della tenerezza. Noi ti preghiamo.
Dio degli orizzonti infiniti. Noi ti preghiamo.
Dio dell’alternativa. Noi ti preghiamo.

Dio della radicalità. Noi ti preghiamo.

Dio dell’inaudito, dell’inatteso, dell’inimmaginabile. Noi ti preghiamo.
Dio dell’assurdo e del paradosso. Noi ti preghiamo.
Dio della creatività. Noi ti preghiamo.

Dio della condivisione. Noi ti preghiamo.

Dio degli oppressi e dei reietti. Noi ti preghiamo.
Dio degli imperfetti e dei fragili. Noi ti preghiamo.
Dio della prospettiva orizzontale e dal basso. Noi ti preghiamo.
Dio del riscatto. Noi ti preghiamo.
Dio della relazione. Noi ti preghiamo.
Dio dell’autenticità. Noi ti preghiamo.
Dio della ricerca e del cammino. Noi ti preghiamo.
Dio della memoria. Noi ti preghiamo.
Dio del sorriso. Noi ti preghiamo.

Dio della libertà e della liberazione. Noi ti preghiamo.

Ed infine:
Dio della gratuità, perdonaci.
Dio della profondità, ascoltaci.
Dio della guarigione, abbi misericordia di noi.
Amen.
da Altranarrazione

“siamo quelli della via”

quelli della via

cammini di condivisione

Cammino di condivisione con i poveri secondo la logica del Vangelo e in ascolto dello Spirito.
da Altranarrazione

Abbandoniamo le riunioni di programmazione, riponiamo negli appositi scaffali i libri di testo, rinunciamo all’efficacia operativa delle strutture.

Ci rifiutiamo di compilare i report delle iniziative.

Usciamo, per metterci in ascolto dello Spirito che parla al cuore e nella storia.

Scegliamo la polvere della strada che conosce i passi dell’uomo, rispetto a quella delle sacrestie e degli uffici che rende l’aria viziata.

Scegliamo la scuola dei poveri che smaschera gli idoli e guida alla salvezza, rispetto a quella delle cattedre che definendo, catalogando, elencando, confonde le convinzioni degli intellettuali con la meravigliosa drammaticità del mistero di Dio.

Lasciamo a casa i ruoli dell’insegnante/catechista/animatore ed indossiamo solo la nostra umanità fragile, infedele ma amata da Dio.

Non cerchiamo giovani, fidanzati, coppie ed utenti vari, ma fratelli con i quali camminare.

Nessuno conosce il tragitto che dovremo percorrere. Nessuno può dare indicazioni. La nostra responsabilità consiste in questo: condividere e sostenersi.

Capiterà probabilmente di perdersi, ma non temiamo. Resteremo in attesa di Colui che ha promesso di venirci a prendere caricandoci sulle sue spalle (1). 

Ci disponiamo in mezzo al popolo, non abbiamo nessuno davanti. Ci facciamo condurre solo dalla preghiera e dalla compassione.

Siamo quelli della via.
Potremmo incontrare il deserto, la sete e la morte. Potremmo fallire, essere derisi e presto dimenticati. Ne sarà comunque valsa la pena, perché preferiamo l’utopia del giardino di Dio alla certezza dell’inferno, costruito dall’Iniquità delle classi sociali dominanti, con il supporto delle burocrazie religiose.
(1) Cfr. Vangelo di Luca 15,4-7

il ‘padre nostro’ oltre la pratica devozionale

‘padre nostro’

preghiera come esperienza

da Altranarrazione

 

«Signore insegnaci a pregare» (1)

Noi chiediamo di imparare una pratica devozionale, Dio, invece, nel padre nostro, ci indica una prassi esperienziale. Le parole che ci confida rappresentano, in sintesi, le azioni che già compie in nostro favore. È un orizzonte esistenziale, da condividere e testimoniare, non degradabile a formula verbale e meccanica. Il padre nostro è, per noi, possibilità di conversione, è atto di affidamento, è riconoscimento alla sua gratuità. È un memoriale che rinnova e attualizza la nostra relazione con Lui, rendendoci partecipi alle grazie che ne scaturiscono. C’è un contenuto su cui fondare le nostre scelte. C’è un senso da accogliere capace di guarire le ferite interiori, consolare dopo ogni caduta e strappare dall’angoscia della precarietà. Possiamo ritrovare l’autenticità di noi stessi, rinunciando alla parodia in cui, spesso, ci trasformiamo e che mettiamo in circolazione. La preghiera-prassi del padre nostro consente sempre il ritorno da qualsiasi lontananza, annulla le false immagini, ravviva il fuoco, non permette alla sfiducia di attecchire. Ci invita sulla strada della confidenza, dell’abbraccio, della comprensione. Dio si presenta come un dono senza forme e riverenze perché Semplicità è un altro suo nome.

Abbà

Padre: che ci ami per la nostra fragilità, che conosci le nostre tenebre e su queste desideri manifestare la tua Misericordia;
sia santificato il tuo nome: rinnegando gli idoli che deturpano il tuo volto e il nostro;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano: continua a donarti, non ritirarci il soffio vitale dell’anima, salvaci dall’abisso dell’autosufficienza e dell’egoismo sociale, senza ripensamenti e nonostante le delusioni che ricevi;
venga il tuo regno: sì, desideriamo realizzare la tua idea di comunità pacifica e solidale anche a costo della nostra stessa vita;
perdonaci i nostri peccati perché anche noi perdoniamo: ci sentiamo amati da te, senza merito. Non desideriamo quindi odiare e distinguiamo l’ingiustizia dagli oppressori. Combattiamo la prima, attendiamo la conversione dei secondi;
non abbandonarci alla tentazione: confermaci nell’opzione preferenziale per i poveri, nella verità del servizio che si oppone alla menzogna del potere e della vanagloria. Porta a compimento l’immagine e la somiglianza (2) con cui ci hai reso tuoi figli: libertà capace di creare e di donarsi.

(1) Vangelo di Luca 11, 1

(2) Cfr. Genesi 1, 26-27

fermiamoci!

presa di coscienza

«Prossimo, nel comandamento biblico centrale dell’amore per il prossimo, non è chi è vicino, ma sono gli altri, gli altri estranei»

J.B. Metz 

da Altranarrazione

Fermiamoci. Smettiamola di collaborare con un’organizzazione economico-sociale che devasta sia l’umanità sia il pianeta. Nulla giustifica l’ingiustizia nemmeno la propria sopravvivenza. Il fine infatti non giustifica i mezzi anche se a scuola ci hanno insegnato il contrario. Ci ritroviamo su un campo di battaglia con la lista dei nemici da abbattere. Ci mettono fretta, non abbiamo il tempo di verificare colpe e responsabilità. Agiamo su sentenze emesse da altri.

Fermiamoci. Smettiamola di invidiare i ricchi e il loro benessere sporco del sangue dei poveri, il vuoto in cui si alienano i personaggi famosi e le deformazioni ontologiche a cui si espongono gli arrampicatori sociali. Non c’è cosa più avvilente di un oppresso che desidera diventare come il suo padrone. La liberazione non consiste nel mettersi al posto dell’oppressore ma nel costruire una convivenza pacifica in cui ogni essere umano possa esprimersi e così realizzarsi. È utopia che attende volontà.

Fermiamoci. Smettiamola di obbedire agli ordini che contrastano con la nostra coscienza. Dobbiamo formarci con spirito di iniziativa, da autodidatti, evitando di abbeverarci ai pozzi avvelenati dal Sistema. Dobbiamo uscire dal pantano del gossip, dall’insulto alla morale rappresentato dal calcio milionario e dedicarci alla preghiera e all’analisi. Abbandoniamo la stampa prezzolata e riflettiamo sulla lettera ai giudici di don Milani e sui discorsi di Calamandrei. Abbandoniamo le trasmissioni-spazzatura e leggiamo le omelie di Oscar Romero e i testi di Ignacio Ellacuría. Perché se non conosciamo le lettere dei condannati a morti della resistenza non conosciamo la libertà e non la meritiamo. Perché se non conosciamo il martirio di Iqbal Masih non conosciamo la dignità e non la meritiamo.

Fermiamoci. Smettiamola di produrre debito, non solo finanziario, ma soprattutto ecologico e umanitario. Saremo ricordati dalle generazioni future per le nostre discariche difficilmente trasportabili in musei (e comunque non molto attraenti per i turisti), per aver sostituito il plancton con la plastica e per aver spostato i campi di concentramento e di sterminio in mare.

la buona novella secondo Gesù non secondo gli uomini

l’annuncio

da Altranarrazione

 

«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
a proclamare l’anno di grazia del Signore»

Gesù va ad annunziare ai poveri il lieto il messaggio(1). Cioè che Dio costruisce il Regno insieme a loro, che dona la sua salvezza attraverso di loro, che si identifica con loro e che capovolge i giudizi di sventura e di colpa formulati da quelli che se ne intendono. Noi invece rinchiudiamo ermeticamente il Vangelo in aule universitarie, sale per le conferenze o nelle assemblee liturgiche. D’altronde c’è da difendere uno status quo, quindi l’ordine impartito è rassicurare non scuotere le coscienze.

Gesù va a proclamare ai prigionieri la liberazione. Cioè che Dio desidera l’uomo libero e che l’azione della sua grazia mira ad emanciparlo dai gioghi di ordine materiale o spirituale. Che Dio rimette in piedi chi cade e che non esiste abisso che Lui non conosce o che non frequenta. Noi invece insegniamo prima a piegare il capo e poi a mantenerlo piegato. A disconoscere la nostra dignità di uomini per essere degli ineccepibili servitori del Sistema. In ginocchio davanti al vitello d’oro del benessere e non per chiedere a Dio il compimento delle sue promesse.

Gesù va a proclamare ai ciechi la vista. Cioè che Dio illumina e dissipa le nostre tenebre. Scioglie i nostri dubbi, guarisce le nostre ferite, consola le nostre malinconie. Che ci sostiene perché cammina con noi. Noi invece insegniamo la legge e l’adempimento, le forme e i concetti. Costruiamo verità che risultano funzionali al nostro bisogno di affermazione ma non alla ricerca esistenziale e di senso.

Gesù va a proclamare agli oppressi la restituzione della libertà. Cioè che nel progetto di Dio la sopraffazione non trova spazio. Le relazioni corrono solo in orizzontale non in verticale. Che Dio non pensa a fortini con la sorveglianza armata ma a comunità solidali. Noi insegniamo invece a convivere con l’oppressione spiritualizzandola in sacrificio gradito a Dio. Rinviamo indebitamente il senso di Giustizia di Dio all’aldilà. Pratichiamo conformismo allo stato puro.

Gesù va a predicare un anno di grazia del Signore, noi un anno di interpretazioni giuridiche.

(1)Vangelo di Luca 4,18

prima chi? “gli ultimi saranno i primi”

prima gli oppressi

O Dio, Padre degli orfani e delle vedove, rifugio agli stranieri, giustizia agli oppressi, sostieni la speranza del povero che confida nel tuo amore, perché mai venga a mancare la libertà e il pane che tu provvedi’

da Altranarrazione

è fatto così il nostro Dio: diligente nel medicare ferite, negligente nell’assegnare colpe

Se gli oppressi non hanno dove posare il capo, hanno però un luogo dove trovare consolazione*. Il cuore di Dio è innanzitutto per loro. Gli altri dovranno attendere prima di essere ammessi. Udranno parole uniche che Dio rivolgerà solo a loro. Nessun altro potrà ascoltarle, neanche origliando. Riceveranno spiegazioni, ogni interrogativo troverà risposta, e scopriranno che Dio non ha dimenticato nulla della loro sofferenza. Ogni lacrima degli oppressi è stata annotata con la mano di un ragioniere scrupoloso, mentre del bilancio dei peccati sembra che se ne siano perse le tracce.

È fatto così il nostro Dio: diligente nel medicare ferite, negligente nell’assegnare colpe. D’altronde sembra abitare più in un ambulatorio che in uno di quei lussuosi palazzi dove si emettono sentenze civili o religiose. Ma sempre “umane”, nel senso di terrene. Com’è diverso il senso della Giustizia nella sua logica: per Lui significa riscattare l’infelicità di quest’esilio vissuto dai suoi figli al buio ed esposti ad ogni genere di male. Se per l’uomo giustizia è punire per il Signore è guarire. Attualmente però Dio è impegnato nella ricerca di persone che si rendano disponibili ad anticipare il suo conforto agli ultimi, qui sulla terra. Le selezioni sono molto difficili e vanno spesso deserte per gli improrogabili impegni degli uomini: accumulare denaro, programmi televisivi, partite di calcio**. È così che a Dio gli tocca vedere morire i suoi figli prediletti nella solitudine. Questa assurda separazione, che ci fa rinviare le dinamiche del Regno all’aldilà, produce molte vittime. Il rinvio è il lago in cui sguazza il male. Non servono lamenti ed invocazioni se non ci convertiamo dalla passività e ci continuiamo a dimenticare che non solo la terra ma anche i nostri/e fratelli/sorelle ci sono stati affidati in custodia.

* “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”  (vangelo di Matteo 11,28)

** vangelo di Matteo 22,1-14

un nuovo modello di uomo

nuovo paradigma

da uomini borghesi a uomini solidali

da Altranarrazione

Dovremmo abbandonare, come suggerisce Paolo agli Efesini(*), l’uomo vecchio, cioè borghese “che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli”, e rivestire l’uomo nuovo, cioè solidale.

Le strutture capitalistico-borghesi hanno infettato non solo le relazioni economiche ma anche quelle sociali.

Accettiamo di identificarci con la nostra attività lavorativa: “Mi chiamo Mario, sono un medico/insegnante/operaio/manager”. Sono un medico? Forse fai il medico. Ragionaci bene Mario.

Accettiamo la logica dello scambio, abbiamo amicizie utili, siamo competitivi pure con la persona che “amiamo”.

Accettiamo la separazione in categorie: giovani-anziani, cittadini-stranieri. Anche se quella più assurda è tra lavoratori. Dovremmo cancellare tutte queste divisioni eccetto quella tra oppressi e oppressori. Siamo orgogliosi di appartenere ad una “Patria” che esiste solo sulle carte geografiche. I confini sono un tratto di penna. Viviamo in un mondo, non in un recinto, tra persone non tra passaporti. Ci dovremmo riconoscere dal volto non dai documenti.

(*)Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri, ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità. (Efesini 4, 17-24)

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