il Dio degli oppressi

Parlare di Dio “in catene”. Un’esperienza dalla teologia “nera”

James Hal Cone

merita riflettere anche oggi su un bel lbretto di Cone che problematizza il modo stesso di parlare di Dio in un contesto molto diverso dal nostro (fonte di questa informazione e presentazione: il sito prezioso ‘vaticanoterzo’):

Il Dio degli oppressi, Brescia, 1978, pagg. 89ss.

James Hal Cone, un teologo africano spiega che la teologia e la pratica religiosa in Africa non è un’azione razionale/spirituale/rituale, com’è in Europa. E’ un’attività legata alla vita pratica e alle difficolta di ogni giorno. E’ vedere l’opera di Dio che salva dalle gravi difficoltà di oggi, com’è accaduto agli ebrei con la liberazione dalla schiavitù d’Egitto

Fra le tradizioni teologiche degli ultimi cento anni, quella cosiddetta “nera” o afroamericana è forse una delle più innovative e, contemporaneamente, delle più dimenticate. Nel nostro percorso dentro “le varietà” del parlare di Dio, non potevano mancare alcuni testi fondativi di questa che, tra l’altro, è una delle più interessanti variazioni su un tema di cui molti parlano e pochi si impegnano con risultati apprezzabili: la “teologia narrativa”.

 

“Come la teologia bianca americana, il pensiero nero sul cristianesimo ha subito l’influsso del contesto sociale. Ma mentre i teologi bianchi parlano alla cultura della classe dominante e per la cultura della classe dominante, le idee religiose dei neri vennero invece forgiate nel Nord America dall’esistenza culturale e politica delle dittature. A differenza degli europei che immigravano in questa terra per sfuggire alla tirannia, gli africani arrivarono qui in catene per servire una nazione di tiranni. E’ stata l’esperienza dello schiavo a forgiare la nostra idea di questa terra. E questa differenza sociale tra l’esistenza degli europei e degli africani va riconosciuta se vogliamo comprendere correttamente il contrasto esistente nella forma e nel contenuto della teologia nera e di quella bianca.

Qual è allora la forma ed il contenuto del pensiero religioso nero visto alla luce della sua situazione sociale? In breve, la forma del pensiero religioso nero si esprime nello stile del racconto, e il suo contenuto è la liberazione. La teologia nera, dunque, è la storia della lotta dei neri per la libertà in una situazione estrema di oppressione. Di conseguenza, non c’è una netta distinzione tra il pensiero e la pratica, il culto e la teologia, perché le riflessioni teologiche dei neri sono nate nella lotta per la libertà.

I teologi bianchi costruivano sistemi logici; la gente nera si esprimeva con dei racconti. I teologi bianchi discutevano sulla validità del battesimo dei bambini o sul problema della predestinazione e del libero arbitrio; i neri recitavano le storie bibliche di Dio che libera gli Israeliti dalla schiavitù d’Egitto, di Giosuè e la battaglia di Gerico, e dei fanciulli ebrei nella fornace ardente. … Il pensiero bianco sulla visione cristiana di salvezza era in massima parte “spirituale” e qualche volta “razionale”, ma di solito separato dalla lotta concreta per la libertà in questo mondo. Il pensiero nero era per lo più escatologico e mai astratto, in rapporto di solito con la lotta contro l’oppressione terrena. […]

[Talvolta] la storia della salvezza era descritta come “il treno del Vangelo”. I neri descrivevano questa realtà come attesa escatologica: “Il treno del Vangelo sta arrivando”. Ma la consideravano anche già realizzata nel loro presente: “Lo sento, è già qui” e “sento le ruote del convoglio che corrono rumoreggiando nella prateria”. Si può “sentire il fischio” e “sta arrivando dalla curva”. […]

La salvezza non era soltanto un treno e una nave, era anche un cocchio, che si dondolava lieve, “che viene qui per portare a casa”. Essa era “quella religione dei vecchi tempi” che portava gli schiavi fuori dalla schiavitù, e “portava loro bene quando erano in difficoltà”. Essa era la “roccia in una terra desolata” e “il riparo durante la tempesta”. … Durante la schiavitù e relativa oppressione essi non si abbandonarono mai alla disperazione per la presenza di Colui che controlla la vita e può superarne le contraddizioni. E’ questo il tema della religione nera…

Nelle chiese nere, chi predica la Parola è prima di tutto un narratore. Infatti quando una comunità nera invita un ministro come pastore, si pone soprattutto la domanda: “E’ capace il reverendo di narrare la storia?” Questa domanda si riferisce sia al tema della religione nera, sia al fatto del narrare in se stesso.”

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spero che qualcuno legga!

vittime

ho letto le parole di questa ragazza lesbica e cristiana e mi rendo sensibile al suo grido con  ho cui si conclude il suo invito alla riflessione: lo offro alla mia e alla riflessione di chi intende fermarsi un istante a raccoglierlo:

Sono una donna, lesbica e cristiana, perché dite che sono una minaccia?

Riflessioni di Giulia Masieri del gruppo Kairos

Sono una ragazza dichiaratamente lesbica e cattolica, di Firenze: alcuni giorni fa sono venuta a conoscenza di un’iniziativa del movimento “Manif Pour Tous”, appoggiata da vari personaggi politici e non, che si terrà sabato 19 Gennaio 2014 nella nostra città, con varie manifestazioni, tra cui una “tavola rotonda su invito” in un salone di Palazzo Vecchio. Ho letto attentamente il volantino di presentazione di tale evento e sono rimasta particolarmente colpita, sia come cittadina di un Paese che si definisce democratico,sia come credente in un Dio che ama tutti i suoi figli,dai toni perentori e apocalittici con cui si descrivono le ipotetiche conseguenze di quello che secondo me è soltanto un atto di civiltà cioè l’approvazione al Senato della Legge per il contrasto dell’omofobia…

Si parla di “imposizione dell’ideologia di gender”, che porterebbe ad un “progressivo processo di demolizione della famiglia naturale”, fino ad affermare che “le leggi naturali vanno rispettate per mantenere la Pace e la Prosperità tra i Popoli”..

Affermazioni che mi feriscono, inevitabilmente, ma di fronte alle quali posso portare la mia testimonianza di vita, partendo dall’esperienza vissuta e non da ipotetiche ideologie.. In questo volantino si parla tantissimo di “ideologia gender”: io ,personalmente, e del resto come me tantissime persone orientate omoaffetivamente, non sono partita da un indottrinamento ideologico per definire me stessa come donna oppure il mio orientamento sessuale. Ho capito e poi accettato di essere lesbica, così come ho capito ed accettato di essere donna semplicemente attraverso la mia esperienza,fatta a volte di tanta sofferenza ,anche a causa delle discriminazioni ,dei soprusi e delle incomprensioni ,ma anche di momenti belli,in cui mi sono sentita amata da Dio e dalle persone intorno a me.

Ma nel volantino si parla anche di “leggi naturali che vanno rispettate per mantenere la Pace e la Prosperità tra i popoli”. Partendo dalla mia coscienza e da un profondo contatto con me stessa, ho compreso di non essere una violazione delle leggi naturali, ma di essere inscritta in esse, in quanto la mia capacità di amare non è sminuita dal mio essere omosessuale,bma è potenzialmente identica a quella di coloro che sono diversi da me..

Non mi sento nemmeno una minaccia per la” Pace e la Prosperità tra i Popoli”, per il semplice fatto che sono capace di amare. E allora perché non permettere a tutti ,davvero tutti gli esseri umani,di esprimere la propria capacità di amare,anche, se questo è il desiderio del loro cuore, attraverso la formazione di una famiglia?

Io penso che la famiglia è data ,più che dagli aspetti “biologici”,dalle relazioni che si instaurano e dalla loro qualità. Non esistono secondo me “famiglie” che sono una minaccia per le altre,poiché tutti ci riconosciamo negli stessi valori fondanti,non c’entra nulla la stabilità della famiglia come istituzione con i diritti civili che io come omosessuale e come cittadina italiana vorrei avere.

Nella mia esperienza, pur sempre limitata,come quella di ogni essere umano, la stabilità delle famiglie e la “Pace e la Prosperità dei popoli” sono minacciate da ben altri, purtroppo reali nemici: l’egoismo, il consumismo,  le ricchezze (non solo materiali) non condivise.

Spero che qualcuno legga queste poche parole
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un aiuto da parte di ‘web cattolici’ ad utilizzare al meglio la rete

LA RETE: COME VIVERLA?

 

L’Associazione WebCattolici propone, da gennaio a giugno, nove incontri a distanza sulle nuove tecnologie l’Associazione WebCattolici, che riunisce webmaster autori di siti di ispirazione cattolica in tutta Italia, propone per il 2014 una serie di incontri per avvicinare i più “distanti” all’utilizzo del web e far riflettere nel contempo i più “esperti” sulle implicazioni delle nuove tecnologie

social web

Impossibile ormai viverci senza. La Rete, e più in generale, le nuove tecnologie digitali, si stanno ritagliando uno spazio sempre più cospicuo all’interno delle nostre vite.

In tanti, dunque, sentono l’esigenza di un momento di approfondimento e di riflessione sul valore del web, sui rischi che comporta e sulle opportunità che può offrire. Anche come ulteriore strumento per la pastorale e l’evangelizzazione.

Per questo, accogliendo le richieste giunte negli ultimi mesi, l’Associazione WebCattolici, che riunisce webmaster autori di siti di ispirazione cattolica in tutta Italia, propone per il 2014 una serie di incontri per avvicinare i più “distanti” all’utilizzo del web e far riflettere nel contempo i più “esperti” sulle implicazioni delle nuove tecnologie. Il percorso, dal titolo “La Rete: come viverla?” andrà pure sullo specifico, trattando dagli aspetti commerciali e più economici della Rete al suo utilizzo anche in chiave pastorale.

I nove incontri, trasmessi in diretta su Youtube e sui siti www.weca.it e www.pcn.net, avranno la formula di veri e propri “talk show”. Esperti delle nuove tecnologie, testimoni e latori di buone pratiche avranno l’opportunità di interagire tra loro e con chi li seguirà in diretta web, che potranno, in ogni momento, inviare le loro domande.

Si parte mercoledì 22 gennaio, alle ore 21, con l’incontro dal titolo “L’Economia in Rete – Storie di Gratuità, Storie di Buone Pratiche”. In collegamento via Google Hangout ci saranno don Paolo Padrini, esperto di pastorale e new media, Lorenzo Mastropietro, Responsabile Tecnologie e Sicurezza Informatica, Piaggio & C. S.p.a, e Michele Crudele, ideatore del portale www.ilfiltro.it per la protezione dei minori in Rete.

«Con questi appuntamenti – spiega il presidente dell’Associazione WebCattolici, Giovanni Silvestri – vogliamo offrire spunti su un uso consapevole e maturo del web non solo agli operatori di pastorale, ai sacerdoti e agli ordini religiosi, ma anche agli educatori e ai genitori».

Il mese di febbraio, con gli incontri di mercoledì 5 e mercoledì 19, sarà invece dedicato ai Social Network, rispettivamente: “Social Network – un mondo da scoprire” e “Social Network – un mondo da vivere”. Fino a giugno, tanti gli approfondimenti, da “Cristiani e web. Con quali strumenti?” all’incontro “La Rete – Luogo di Regole” dedicato agli aspetti legali, dalla privacy alla diffamazione.

Per partecipare agli incontri non è necessaria la prenotazione, anche se è caldamente consigliato l’invio di una mail all’indirizzo incontri@webcattolici.it, al fine di ricevere, al termine di ogni incontro, il materiale bibliografico trattato.

Sul sito www.weca.it sarà possibile rivedere, in un secondo momento, la registrazione di tutti gli incontri. Maggiori informazioni sul percorso saranno via via pubblicate sempre sul sito dell’Associazione www.weca.it.

SCARICA LA BROCHURE INFORMATIVA:

http://goo.gl/xapB16

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la suora partorisce … basta sorridere?

presente-passato-futuro

facendo un po’ di autocritica pubblico volentieri questa riflessione sul caso della suora che ha partorito tenendo fino in fondo nascosto il suo problema, anche rischiando l’ironia dei più: però dopo il primo istante di reazione ironica, ha prevalso in me una immedesimazione nel dramma vissuto da questa suora e la percezione della sua sofferenza e dei problemi che queste situazioni non può non suscitare in ogni persona sensibile e credente

un grazie a ‘Riforma’ per questa opportunità di esplicita riflessione sui problemi legati a questo tipo di sofferenze:

Difendere, non deridere

di Peter Ciaccio

in “Riforma” – settimanale delle Chiese evangeliche battiste metodiste e valdesi – del 24 gennaio 2014

 

La scorsa settimana i giornali ci hanno raccontato che all’Ospedale di Rieti si è presentata una donna con forti dolori addominali. Per la precisione era una suora di 31 anni, originaria del Salvador, residente nel vicino convento di Campomoro. La donna ha dichiarato di non sospettare la causa dei suoi dolori, ma i medici non hanno messo molto a capire che stava per partorire. È infatti poi nato un bimbo. La notizia ha suscitato molta ilarità, a partire dalla gravidanza «a sua insaputa» (espressione resa ormai celebre dall’ex ministro Scajola che non sapeva di avere una casa al Colosseo), al fatto che la sessualità delle suore è un evergreen della barzelletta da bar, con la cretina allusione che magari lo Spirito Santo ne abbia combinata un’altra delle sue.

Nessuno ha parlato della paura che questa donna deve aver provato. Una paura lunga mesi, i mesi in cui teneva nascosto il suo stato, uno stato che – ricordiamo – dovrebbe essere di grazia, una condizione che trasforma il corpo di una donna in culla di un’altra esistenza. Mesi in cui non poteva ricevere assistenza dalla sua comunità, mesi in cui avrà sentito più forte la distanza di migliaia di chilometri da casa. La madre superiora ha commentato laconicamente: «Non ha saputo resistere alle tentazioni», mentre il vescovo ha detto: «Lascerà l’Istituto religioso per avere cura del piccolo».

Certo, non sia mai che l’Istituto religioso si occupi del piccolo! Probabilmente non spunterà fuori il padre. Questa donna e suo figlio vivranno una condizione analoga a quella della vedova e dell’orfano. Una nascita fuori dalle regole, rigettata anche dall’ambiente secolare, non così diverso da quello religioso, perché «queste cose una suora non le fa». Tutti che si immaginano quanto si sia divertita a concepire il figlio. Chi può saperlo? Forse una notte d’amore, o magari una relazione che ora si è interrotta, forse due solitudini che si sono incontrate o un approfittatore che la faceva sentire speciale.

Questa donna dovrebbe fare tenerezza. Anzi, andrebbe difesa e non derisa, andrebbe messa nelle condizioni di vivere una vita piena di dignità per poter crescere suo figlio nell’amore. È la nostra società, laica e al tempo stesso bacchettona, che andrebbe derisa. O peggio, come avrebbe detto qualche profeta.

«Fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova!» (Isaia 1, 17 )

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