il rom si tuffa nel fiume e salva la ragazza

 

Il nomade che salva la donna finita nel fiume con l’auto

 

 

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Si chiama Sedrik Dori il nomade 23enne che ieri ha salvato una donna finita nel fiume Bacchiglione a Vicenza dopo che la sua jeep aveva sfondato il guard rail. Il giovane ha assistito alla scena dal vicino campo nomadi e non ha esitato a tuffarsi in acqua e a nuotare fino alla donna per soccorrerla. I due sono stati poi raggiunti dai vigili del fuoco e dal 118 e trasportati all’ospedale per accertamenti. Racconta Dori: “Sono corso lungo l’argine e mi sono buttato nel fiume. Ho preso la ragazza e l’ho trascinata a riva. Ho avuto molta paura”. A chi gli dice che probabilmente le ha salato la vita, risponde solo con un “grazie”, come se avesse ricevuto un complimento. Alla donna, visitata in ambulanza, è stato diagnosticato un principio di ipotermia. L’auto, una jeep, è stata portata fuori dal fiume con una gru.

Vicenza: giovane nomade salva una donna finita in un fiume

 

 Sedrik Dori, giovane rom di 23 anni, da ieri sera è un eroe, nonostante questo appellativo lo faccia sorridere. Di fatto il giovane è stato il protagonista di una vera e propria impresa. Nella serata di ieri, infatti, una donna di 37 anni alla guida del suo fuoristrada ha perso il controllo della guida e, dopo aver sfondato il guard rail, è finita nel fiume Bacchiglione.

Sedrik, dal vicino campo nomadi, ha assistito alla scena e senza pensarci si è tuffato nel corso d’acqua per soccorrere la 37enne. I due sono stati poi raggiunti dai vigili del fuoco e dal 118 e trasportati all’ospedale per accertamenti.

“Ho visto l’automobile uscire di strada e finire in acqua – ha dichiarato il giovane nomade – e senza pensarci due volte sono corso lungo l’argine e mi sono tuffato nel fiume. Ho preso la ragazza e l’ho trascinata a riva. Ho avuto molta paura”.

“Delle persone di passaggio, nessuno ha avuto il coraggio di aiutare Sedrik”, denunciano la madre e la nonna del giovane ragazzo. “Tutti si sono limitati a guardare, se non era per lui la donna sarebbe annegata”.

E proprio alla giovane 37enne, visitata in ambulanza, è stato diagnosticato un principio di ipotermia ed è stata subito accompagna in ospedale. Per controlli è stato portato in ospedale anche il giovane soccorritore. L’auto, una jeep, è stata portata fuori dal fiume con una gru.

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la misericordia e la rigidità ortodossa in Vaticano: due linee inconciliabili

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 ‘il Foglio’ esulta per la presa di posizione molto dura del prefetto’ per la dottrina della fede’ il supertradizionalista – voluto da papa Benedetto xiv –  card. Muller che boccia le ‘aperture’ della conferenza episcopale tedesca nella persona in particolare del suo presidente mons. Zollitsch che, ancorché vicino alla conclusione del suo mandato, non demorde e cerca di far passare una linea più in sintonia con la ‘misericordia’ evangelica e ‘francescana’:

 

Allegria del vangelo va bene, ma senza esagerare, dice il tedesco custode della fede ai tedeschi in rivolta

di Matteo Matzuzzi
in “Il Foglio” del 29 novembre 2013

Sarà pure in scadenza di mandato, ma Robert Zollitsch, il presidente uscente della Conferenza episcopale tedesca, non ha alcuna intenzione di prepararsi al pensionamento chiudendosi in un meditabondo silenzio. Tutt’altro. Prima dell’addio alla presidenza dei vescovi di Germania, ultima carica che ancora ricopre – a settembre, appena un mese dopo aver compiuto i settantacinque anni canonici, è stato sollevato dalla guida della diocesi di Friburgo, rimanendovi come amministratore apostolico – vuole accelerare sulla riammissione dei divorziati risposati al sacramento dell’eucaristia. E pazienza se il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede – anche ieri ricevuto in udienza da Francesco – da Roma, ha detto che non se ne parla: “Noi andiamo avanti”, ha risposto Zollitsch durante il Consiglio diocesano autunnale del 15-16 novembre. A riportarlo è il Konradsblatt, il settimanale online della diocesi di Friburgo. A inizio ottobre, molto rumore aveva fatto il documento diffuso dall’ufficio preposto alla cura delle anime della diocesi tedesca, in cui si invitava “a rendere visibile l’atteggiamento umano e rispettoso di Gesù nel contatto con le persone divorziate e con chi ha deciso di risposarsi con rito civile”. Tradotto, via libera alla comunione ai divorziati risposati, giustificando il tutto con la misericordia che perdona ogni peccato. A riportare a terra chi s’era già librato in voli pindarici arrivava il custode dell’ortodossia, Gerhard Ludwig Müller, che dall’ex Sant’Uffizio ammoniva sul rischio di “banalizzare la misericordia”, dando l’immagine sbagliata secondo la quale “Dio non potrebbe far altro che perdonare”. Ecco perché il prefetto aveva chiesto alla diocesi di Friburgo di ritirare il testo, in quanto utilizzava “terminologia non chiara” e perché “contrastante con l’insegnamento della chiesa”. Müller invitava infine a “non creare smarrimento tra i fedeli relativamente al magistero della chiesa sull’indissolubilità delle nozze”. Ma Zollitsch non ne vuole sapere: quel documento rientra tra i contributi in vista del Sinodo sulla famiglia in programma a Roma nell’ottobre del 2014. Bisogna dare spazio a tutti gli “impulsi costruttivi” che provengono dalla base e si dirigono ai vertici episcopali. Il primo a sposare la linea del capo dei vescovi tedeschi è stato il cardinale Reinhard Marx, pastore della diocesi di Monaco e Frisinga che lasciando perdere il diplomaticamente corretto, sfidava apertamente Müller. “Il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede non può fermare il dibattito”, diceva in occasione di una conferenza in cui erano riuniti tutti i vescovi bavaresi. Se la prendeva con la lectio sulla pastorale del matrimonio tenuta dal titolare dell’ex Sant’Uffizio e pubblicata sull’Osservatore Romano a fine ottobre: “Parlare del divorzio come di fallimento morale è del tutto inadeguato”, tuonava Marx, ribadendo che di tutte quelle questioni “necessarie e urgenti” sulla famiglia si sarebbe discusso al Sinodo “in modo ampio e con risultati al momento non prevedibili”. Pazienza, dunque, se Müller chiariva che l’insegnamento dottrinale della chiesa non può essere cambiato da un vescovo diocesano o da una conferenza episcopale. L’insegnamento della chiesa può essere certamente aggiornato, “ma questo è un compito che spetta al Papa, in pieno accordo con i vescovi”. In Germania, però, non ci sentono. Anche il vescovo di Stoccarda, monsignor Gebhard Fürst, chiede di far presto e di arrivare ad approvare “le nuove regole sulla comunione ai divorziati risposati entro il marzo del 2014”, quando si terrà la riunione primaverile della Conferenza episcopale tedesca. Il caso vuole che quell’appuntamento sarà l’ultimo con Robert Zollitsch in veste di presidente. Il presule di Stoccarda non bada molto ai paletti posti da Roma, guarda con fiducia l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di Francesco in cui si sottolinea la necessità di potenziare il ruolo delle chiese locali “anche in alcune questioni dottrinali”, e spiega che loro, vescovi di Germania, altro non fanno che “rispondere alle domande dei fedeli”. Dopotutto, “le aspettative sono sì grandi, ma grande è anche l’impazienza”. Insomma, non bisogna perdere tempo in troppe discussioni polverose impregnate di teologia e dottrina. La chiesa tedesca vuole agire subito, anticipando e, possibilmente, orientando il grande dibattito sinodale del prossimo autunno.

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lettera a papa Francasco sul ‘questionario’

 

il papa

 

Verso il Sinodo

Tutto cambia, anche la famiglia

 

il teologo basco José Arregui sul suo blog ha postato una ‘lettera’ a papa Francesco (‘caro papa Francesco’) nella quale evidenzia il coraggio del papa di interpellare tutti, col ‘questionario’ in vista del sinodo straordinario sulla famiglia, su tematiche importantissime che riguardano la vita e le modalità di vivere l’amore e le relazioni umane in declinazione anche diversa e difforme dalle modalità classiche della tradizione ‘cattolica’ data la sensibilità odierna cambiata radicalmente rispetto ai paradigmi precedenti

risponderà papa Francesco a questa lettera o, più plausibilmente, terrà conto papa Francesco del contesto radicalmente nuovo così ben delineato e problematizzato dalla lettera?

Caro papa Francesco,
(…) è già arrivato nelle nostre mani il questionario sulla famiglia che ha inviato ai vescovi di tutto il mondo (…). Comprendiamo di non essere solo l’oggetto ma anche i destinatari di queste domande (…). Per questo ci permettiamo di risponderle direttamente, per l’amore e la fiducia che ci ispira. Grazie per averci interpellato su tante questioni scomode che sono state e continuano a essere tabù! (…).
Prima questione: se l’insegnamento della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa circa sessualità, matrimonio e famiglia è conosciuto e accettato tra i credenti.
Forse non è molto conosciuto, ma di sicuro non è ben accetto o è semplicemente ignorato. Negli ultimi decenni si è fatto sempre più profondo il solco (…) tra la dottrina ufficiale e il sentire della maggioranza dei credenti e delle credenti. Questo è grave e ci fa soffrire. Però crediamo sinceramente che la ragione non sia l’ignoranza e ancor meno l’irresponsabilità dei credenti, ma il ripiegarsi della gerarchia su schemi del passato.
I tempi sono molto cambiati, e in fretta, per quanto attiene alla famiglia, al matrimonio, alla procreazione e alla sessualità in generale. Sappiamo che sono temi delicati (…), ma non si può aver cura della vita riproponendo il passato. Crediamo profondamente che lo Spirito della vita continui a parlarci dal cuore della vita (…). Crediamo che la Ruah vivente non possa essere rinchiusa in nessuna dottrina né testo del passato, e che continui a ispirare il sentire di tutti i credenti e tutte le donne e gli uomini di oggi. (…).
Papa Francesco, ci congratuliamo per la sua volontà di ascoltare la voce dello Spirito negli uomini e nelle donne di oggi e osiamo chiederle: continui a pronunciare parole di misericordia e incoraggiamento, non torni a “verità” e “norme” obsolete che non hanno senso. (…)

Seconda questione: sul posto che occupa tra i credenti il concetto di “legge naturale” in relazione al matrimonio.
Lo diremo con franchezza: per l’immensa maggioranza dei pensatori, degli scienziati e dei credenti della nostra società, il concetto di “legge naturale” non occupa alcun posto. Sì, la natura che siamo ha un ordine meraviglioso, leggi meravigliose (…). Ma la legge suprema della natura è la sua capacità di trasformazione (…). La natura è creatrice, ingegnosa. Di questa capacità, di questa creatività sacra, sono frutto tutti gli atomi e le molecole, tutti gli astri e le galassie. Di essa sono frutto tutti gli esseri viventi, tutte le lingue e le culture, tutte le religioni. Di questa saranno frutto, tra migliaia di milioni di anni, infinite nuove forme che non conosciamo.
La natura è abitata dallo Spirito, dalla santa Ruah che aleggiava sulle acque della Genesi, che continua a vibrare nel cuore di tutti gli esseri, nel cuore di ogni atomo e di ogni particella.
Tutto vive, tutto si muove. Tutto cambia. Anche la famiglia ha subìto un’evoluzione continua, dai primi clan alla famiglia nucleare, passando per quella patriarcale (…).
Il modello familiare continua a cambiare sotto i nostri occhi: famiglie senza figli, famiglie monoparentali, famiglie con figli e figlie di genitori diversi… E continuerà a cambiare, non sappiamo come. (…). Chiediamo alla Chiesa di non parlare male delle nuove forme di famiglia, che già ogni giorno devono affrontare le minacce che vengono da un sistema economico crudele, inumano. Alla Chiesa non spetta sentenziare ma accompagnare, alleviare come lei stesso ha detto.

Terza questione: come si vive e come si trasmette nelle famiglie la fede, la spiritualità, il Vangelo.
Questione decisiva. Vediamo con dolore che le famiglie non sono più “Chiese domestiche” dove si prega, si coltiva, si respira, si trasmette la buona notizia di Gesù. Ma non crediamo sia giusto incolparle di questo. La crisi della religione e della trasmissione della fede nella famiglia ha a che vedere in primo luogo con la profonda trasformazione culturale che stiamo vivendo. E costituisce una grande sfida non solo, né forse in prima istanza, per le famiglie stesse, ma per l’istituzione ecclesiale che deve far proprie le nuove chiavi spirituali e forme religiose che lo Spirito sta inspirando negli uomini e nelle donne di oggi.

Quarta questione: come affrontare nella Chiesa alcune “situazioni matrimoniali difficili” (convivenze, “unioni libere”, divorziati risposati…).
Papa Francesco! Grazie ancora anche solo per il fatto di proporre tali questioni! (…). Conosce bene la complessa e mutevole storia, a partire dagli albori della Chiesa, del “sacramento del matrimonio”. La storia è stata molto variabile e continuerà ad esserlo. Guardi per esempio ciò che succede tra di noi, in questa Europa ultramoderna. I nostri giovani non hanno casa né risorse economiche per sposarsi e vivere in coppia fino ai 30 anni (nel migliore dei casi): come può la Chiesa chiedere loro di astenersi da relazioni sessuali fino a quest’età?
Le forme cambiano ma crediamo che il criterio sia molto semplice e che Gesù sarebbe d’accordo: “Dove c’è amore c’è sacramento, ci si sposi o meno; e dove non c’è amore non c’è sacramento, per quanto sposati canonicamente si possa essere”. (…). E se la coppia, come succede spesso, è in difficoltà è solo da Dio che verrà ciò che aiuterà a risolvere le difficoltà, se possibile; e solo da Dio verrà ciò che l’aiuterà a separarsi in pace se non è possibile risolvere le difficoltà né tornare ad amarsi.
Che si eliminino quindi, è la nostra preghiera, gli impedimenti canonici, affinché coloro il cui matrimonio è fallito possano rifarsi una vita con un altro amore. Che la Chiesa non aggiunga dolore a dolore. E che in alcun modo sia loro impedito di condividere il pane alla mensa di Gesù, perché Gesù a nessuno lo impedì.

Quinta questione: sulle unioni tra persone dello stesso sesso.
Il danno causato dalla Chiesa alle persone omosessuali è immenso e un giorno la Chiesa dovrà chiedere loro perdono.
Speriamo che papa Francesco, in nome della Chiesa, chieda loro perdono per la vergogna, il disprezzo e il sentimento di colpa instillati in loro per secoli!
La gran parte degli uomini e delle donne della nostra società non può comprendere questa ossessione, questa ostilità. Come si può continuare a sostenere che l’amore omosessuale non è naturale, se è così comune e naturale (…) tra tanti uomini e donne di tutti i tempi e tutti i continenti, e anche tra tante altre specie animali?
In questo, come in tanti altri casi, la Chiesa dovrebbe indicare la via ma è invece la società a farlo.
Ci rallegriamo che sempre più Paesi riconoscano alle coppie omosessuali gli stessi diritti delle coppie eterosessuali. Cosa impedisce che vengano chiamati “matrimoni”? Non si chiamano forse così quelle unioni eterosessuali che non hanno dato figli? Si cambi allora il dizionario e il Diritto canonico in modo che sia aggiornato ai tempi e vicino alle persone.
E cosa impedisce che il matrimonio omosessuale sia chiamato sacramento? È l’amore ciò che ci fa umani e che ci fa divini. È l’amore che fa il sacramento. (…).

Sesta questione: sull’educazione dei figli in seno alle situazioni matrimoniali irregolari.
Crediamo che questo linguaggio – “regolare”, “irregolare” – sia fuorviante. Di più: dannoso. Causa danno a un bambino sentire che è nato o vive in una famiglia “irregolare”. E causa danno ai suoi genitori. Ciò che causa danno non è l’essere un’eccezione, ma l’essere censurato per questo. (…) La Chiesa non è chiamata a definire ciò che è regolare e ciò che non lo è, ma ad accompagnare, animare, sostenere ciascuno così com’è.

Settima questione: sull’apertura degli sposi alla vita.
Fortunatamente si possono contare sulle dita di una mano i credenti al di sotto dei sessant’anni che hanno sentito parlare dell’Humanae Vitae, l’enciclica di Paolo VI (1968) che dichiarò peccato mortale l’uso di ogni metodo contraccettivo “non naturale”, ogni metodo che non fosse l’astinenza o l’adeguamento al ciclo. Ma fece soffrire quasi tutti i nostri genitori. Questa dottrina, adottata contro il parere di molta parte dell’episcopato, era fuori luogo allora e non lo è meno il fatto che sia stata mantenuta fino ad oggi.
Oggi nessuno la comprende e quasi nessuno, tra gli stessi cattolici, la mette in pratica. E pochi, tra sacerdoti e vescovi, si azzardano ancora a proporla. Non ha senso affermare che la relazione sessuale debba essere aperta necessariamente alla riproduzione. Non ha senso continuare a distinguere tra metodi artificiali e naturali e ancor meno ha senso condannare un metodo perché “artificiale”, poiché, per la stessa ragione, dovremmo condannare un vaccino o una qualsiasi iniezione. (…)
Per la prima volta da molti millenni la relazione sessuale non è più necessaria per la riproduzione. È un cambiamento tecnologico che comporta un cambiamento antropologico e richiede un nuovo paradigma morale.

(…) Ottava questione: sulla relazione tra la famiglia, la persona e l’incontro con Gesù.
Crediamo che Gesù venga a noi per strade diverse, in ogni situazione. In qualsiasi tipo di famiglia, in qualsiasi situazione familiare. Crediamo che Gesù non faccia distinzioni tra famiglie regolari e irregolari (…). Che ripiegarci su noi stessi (sulle nostre idee e leggi, sulle nostre ombre e paure) sia l’unica cosa che ci allontana dall’altro e da Dio. E crediamo che l’umiltà, la fiducia ci avvicinino ogni giorno al prossimo, e ogni giorno ci aprano alla presenza del vivente, stando dove stiamo ed essendo come siamo. E crediamo che una Chiesa che annunci questo, come Gesù, sia una benedizione per l’umanità (…).

di José Arregui, teologo basco. Articolo tratto dal suo blog (www.periodistadigital.com/religion)

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