questo papa anticapitalista, ecologista, anticlericalista, popolare e pacifista …

il papa anticapitalista e pacifista non piace più

di Daniela Ranieri
in “il Fatto Quotidiano” 

Ci viene il sospetto che il Papa non stia più tanto simpatico alla stampa padronale.

 Altrimenti non si spiega perché i suoi discorsi, le sue conferenze stampa dall’aereo, i suoi Angelus siano spariti da tutte le prime pagine per finire nei colonnini accanto ai problemi della ginnastica ritmica e all’ultimo best-seller di una influencer.
Si sa che il Papa è inviso alla destra salviniana di marca trumpiana, quella beghina dei rosari e del Sacro Cuore di Maria a cui consacrare le peggiori azioni nei confronti del prossimo, nel caso non sia maschio bianco caucasico, per il principale motivo che Bergoglio predica i valori del Vangelo anziché quelli dei teoconservatori americani. Anche la destra meloniana, quella di “Dio Patria e Famiglia”, non può apprezzare un Papa che predica l’accoglienza, avendo come principale preoccupazione la difesa della “tradizione” e dell’“identità” contro “l’islamizzazione dell’Europa”.
Basta leggere le cosiddette “Tesi di Trieste”, il manifesto ideologico di Fratelli d’Italia: qui un tessuto di destra purissima è impunturato con citazioni dal Vangelo (“Ama il prossimo tuo come te stesso”) per giustificare il principio “prima gli italiani”; “l’immigrazione non è un diritto, e la cittadinanza lo è ancora di meno”; il profugo “è un clandestino fino a prova contraria” e deve essere detenuto in un Cie e rimpatriato o meglio trattenuto a casa sua (come peraltro prevede la dottrina Minniti).
Ora ai conservatori complottisti che vedono il Papa come un alleato della “teoria gender”,
dell’omosessualità e del meticciato, cioè in definitiva di Satana, si aggiungono nuovi nemici silenziosi che – privi di apparato ideologico sovranista e anticonciliare – si limitano a ignorare quello che dice. Per quel centrosinistra che persegue da decenni le politiche neoliberiste che hanno ridotto sul lastrico milioni di persone (5,6 in povertà assoluta), che ha adottato la politica dei respingimenti facendo accordi con la Libia e che ha sposato appieno la linea bellicista Nato-Usa, Bergoglio è una spina nel fianco.
Domenica, pranzando con senzatetto, migranti, poveri adulti e bambini assistiti da Caritas,
Comunità di Sant’Egidio e Acli, il Papa ha fatto un identikit inequivocabile: “Non dobbiamo lasciarci ingannare. Non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi messia che proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi”. Con la parola “ingannare” il Papa intende che c’è qualcuno che compie una torsione semantica per farci credere che la realtà sia diversa da quella che è. Ce l’ha con la parte politica che ha affermato la tesi per cui il soggetto sociale pericoloso per chi sta appena meglio è il reietto, non il detentore di privilegi. Questa parte politica non è solo la destra: il povero non è solo il migrante, ma anche il percettore di Reddito di cittadinanza, divenuto ormai il nemico pubblico numero uno per tutti i partiti tranne il M5S. Chi
“persegue la ricchezza dei pochi” non è solo il partito (trasversale) della flat tax, ma anche chi ha smantellato i diritti dei lavoratori per favorire imprese e padronati. Anche la parola “populista”, usata dal Papa, non deve fuorviare. Non sta dicendo che l’establishment mondialista e neoliberista sia meglio (la riprova: per i nostri liberali, alcuni dei quali editorialisti del Corriere, del Foglio etc., è il Papa argentino a essere un pericoloso “populista”, se non proprio un peronista anti-occidentale): sta dicendo che il populismo è un prodotto di quelle politiche. Il Papa dice che il traffico di esseri  umani e di armi vanno sempre di pari passo. Gli aguzzini libici che tengono la gente nei lager in cambio della moneta sonante dei nostri governanti “democratici” sono spesso gli stessi che smerciano armi. Per ciò ha smesso di essere simpatico anche ai lib-dem atlantisti, che dal 24
febbraio parlano solo il linguaggio dei tank e tifano per la marcia su Mosca. Quando disse: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si è compromesso a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi, pazzi!”, il Papa ce l’aveva col governo Draghi e con chi aveva votato quella risoluzione. Quando disse che le guerre vengono fatte anche per “provare le armi”, diede un bel calcio sui denti agli esaltati difensori della democrazia e “dei nostri valori” per mezzo dei blindati Iveco (e non solo politici, ma anche editori e direttori di giornali). La sua frase “fabbricare armi è un commercio assassino” non dovrebbe toccare solo la coscienza del ministro della Difesa che fino a pochi giorni fa commerciava in armi, ma anche tutti quelli che tifano per l’escalation fino alle soglie
della guerra nucleare. Nessuna sorpresa, quindi, se questo papa anticapitalista, ecologista,
anticlericalista, popolare e pacifista finisca nel colonnino delle curiosità.

la ‘lista’ nerissima che ci deve fare arrossire!

lunga-lista

    la lista

di Redazione Témoignage chrétien
in “temoignagechretien.fr” del 6 maggio 2015 (traduzione: www.finesettimana.org)

è la forza delle immagini che ha fatto il giro delle reti sociali: un’immensa lista di 100 metri di lunghezza su cui sono scritti i nomi delle 17306 persone che sono morte tra il 1990 e il 2012 nel Mediterraneo. E il dramma sta accelerando: 6000 morti dal 2013, 1700 morti nel corso dei primi mesi del 2015

La lista è stata posta sul percorso dei parlamentari e del personale europeo che erano quindi obbligati a camminarci sopra. Era martedì 28 aprile, il giorno precedente la discussione sulla situazione catastrofica dei migranti nel Mediterraneo. L’operazione è stata condotta dal “Collectif pour une autre politique migratoire”, che unisce decine di organizzazioni di difesa dei diritti umani, organizzazioni interculturali, migratorie, di educazione allo sviluppo, di economia sociale e solidale, ecologiste e di aiuto ai migranti. Diverse centinaia di persone, principalmente strasburghesi, erano riunite davanti al Parlamento europeo e chiedevano un cambiamento urgente nella politica migratoria europea: “Denunciamo un’Europa accecata dall’ossessione della sicurezza, il cui principale obiettivo è impedire alle persone di accedere al suo territorio, prima di quello di salvare e proteggere. Vogliamo un’Europa solidale nella quale l’insieme dei membri assuma le proprie responsabilità e rispetti i suoi obblighi internazionali”. Tutte le organizzazioni riunite nel collettivo si riconoscevano nello slogan: “L’Europa è in guerra contro un nemico che si inventa, rimettiamo i diritti umani al centro dell’Europa”. Dei deputati europei si sono uniti ai manifestanti. Tutti hanno sottolineato la necessità di invertire la logica di un’Europa fortezza, di permettere la mobilità internazionale, di autorizzare l’accesso al territorio europeo, di rispettare le regole di protezione internazionale e di mettere sotto controllo democratico l’agenzia europea Frontex. Il collettivo è composto in particolare da Amnesty International dell’Alsazia, dall’ATMF (Associazione dei lavoratori maghrebini in Francia), da Attac Strasbourg (Associazione per la tassazione delle transazioni finanziarie e per la cittadinanza attiva), dall’ASTU (Associazione di
cittadinanza attiva interculturale), dall’AMSED (Associazione Migrazione Solidarietà e Scambi per lo Sviluppo), da Artisans du monde, da CALIMA (Coordinamento alsazia migrazione maghrebina), dal CARES (Coordinamento dei residenti stranieri di Strasburgo, dalla Cimade (Servizio ecumenico di mutuo aiuto), dal Collettivo arabo-ebraico e cittadino per la Palestina, dal Collettivo “d’ailleurs nous sommes d’ici”, dal Colecosol (Collettivo per la promozione del commercio equo in Alsazia), dal Collettivo “Justice et Liberté”, da Emmaüs Centre-Alsace, da EELV (Europe Ecologie les Verts), dalla Pastorale dei migranti, da Voix libres, dal Mrap (Movimento contro il razzismo e per l’amicizia tra i popoli), da NPA67 (Nouveaux Parti Anticapitaliste), da Oxfam, dal PCF 67, dal Parti de gauche 67, da TEJE (Travailler ensemble jeunes et engagé-e-s, dall’UJFP Alsace (Union Juivefrançaise pour la Paix), da Watch the Med Alarm Phone, da Europe-Cameroun solidarité, da Wietchip, da Femmes du III millénaire, da Alsace-Syrie, da Femmes en noir, da Vie nouvelle, dagli Amici del Monde Diplomatique, dall’AIPPP, dal Coordinamento dell’Appello di Strasburgo, da Civimed Initiatives. La pagina Facebook di Témoignage chrétien ha diffuso questa iniziativa. Più di 7500 persone sono state raggiunte in 48 ore. TC proporrà nei prossimi giorni un’iniziativa per rompere la logica della chiusura e della paura che prevale nei confronti dei migranti del Mediterraneo. Potete comunicarci le vostre reazioni e le vostre iniziative scrivendo a tc.dialogue@gmail.com  .

foto premio migranti

di seguito una breve rassegna stampa (meritoriamente offerta da ‘rassegna stampa – finesettimana’) a proposito delle decisioni che finalmente l’Europa sembra prendere per ripartire le ‘quote’ dei migranti (è possibile leggere i singoli  articoli tramite il rispettivo link):
“La proposta, semplificata con il termine di “quote”, divide gli Europei. I paesi meno richiesti dai richiedenti asilo la rifiutano. Altri, come l’Ungheria, sono ostili per principio… Quelli che accolgono già un gran numero di rifugiati se ne rallegrano… Danimarca, Regno Unito e Irlanda ne sarebbero esenti… Diverse ONG esprimono timori: richiedenti asilo trattati come merci…”
La buona novella sta nel fatto che ci siano quote e percentuali: e che l’Europa enunci un principio cogente, con le parole del vicepresidente dell’esecutivo, Frans Timmermans: «Diciamo all’Italia: non sei sola, hai diritto all’aiuto degli altri Paesi europei».
Per Carlotta Sami, portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr), la Commissione Ue ha approvato un testo sull’immigrazione che va nella giusta direzione. Decisivo è l’accordo per la ripartizione dei rifugiati in tutti i paesi europei, anche se non c’è chiarezza sull’opzione militare in Libia. Funzionerà? “Il test principale non può che essere uno: la diminuzione dei morti in mare”
Tutti d’accordo nell’apprezzare i progressi compiuti a Bruxelles dall’Agenda dell’Ue, finora restia a parlare di sbarchi e immigrazione. Ma le critiche del mondo cattolico e delle organizzazioni che aiutano i rifugiati, con diverse sfumature, non mancano.
Tutti d’accordo nell’apprezzare i progressi compiuti a Bruxelles dall’Agenda dell’Ue, finora restia a parlare di sbarchi e immigrazione. Ma le critiche del mondo cattolico e delle organizzazioni che aiutano i rifugiati, con diverse sfumature, non mancano.
Il punto fondamentale dell’intesa raggiunta grazie all’impegno del presidente Jean-Claude Juncker riguarda la distribuzione obbligatoria dei profughi. I 25 Stati della Ue – al momento sono fuori Regno Unito, Irlanda e Danimarca – dovranno dividersi le persone attualmente presenti in Europa in base a un sistema percentuale

 

 

 

i liberal irritati contro papa Francesco

 

papa-francesco

l’economia liberale è “un’economia dell’esclusione”, “un’economia che uccide”: Rue 89 e alcuni siti americani lo definiscono già “papa socialista”

 si dice disgustato per “il fatto che non faccia notizia che muoia assiderato un anziano
ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Ecco l’esclusione”

grandi masse di popolazione, aggiunge, “si vedono escluse, emarginate, a causa del gioco della
competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole”. Non è la legge del
mercato in sé ad essere colpevole, ma la sua egemonia, un’economia senza volto

H. Tincq riflette opportunamente su questo:

 

Perché la requisitoria di papa Francesco contro il capitalismo irrita i liberal

di Henri Tincq
in “www.slate.fr” del 3 dicembre 2013

In un documento chiamato esortazione apostolica, che ha reso pubblico il 26 novembre a Roma, dal
titolo “La gioia del vangelo”, papa Francesco fa una feroce denuncia del capitalismo e del
liberalismo economico.
A riprova di un cambiamento di priorità nella Chiesa, dedica solo poche righe al matrimonio
omosessuale, mentre delinea, in alcune pagine fitte e profondamente sentite, un bilancio implacabile
della situazione economica mondiale.
Non è la prima volta che un papa interpella i suoi contemporanei e i responsabili politici sugli
squilibri economici e le disparità sociali, ma quest’ultimo, che viene dall’America Latina dove
coabitano situazioni di estrema povertà e di estrema ricchezza, ha chiaramente scelto da che parte
stare.
Dà una nuova direzione a ciò che gli storici e i teologi chiamano la “dottrina sociale” della Chiesa.
Quest’ultima, tradizionalmente caratterizzata dalla ricerca di una terza via tra capitalismo e
socialismo, cade, sotto la penna di papa Francesco, in una denuncia senza sfumature di un sistema
“che nega il primato dell’essere umano”. Al punto che Rue 89 e alcuni siti americani lo definiscono
già “papa socialista”.
Inizia con una constatazione generale, prima di prendersela con la finanza mondiale. L’economia
liberale è “un’economia dell’esclusione”, “un’economia che uccide”, scrive. Prendendo a testimoni
i media, si dice disgustato per “il fatto che non faccia notizia che muoia assiderato un anziano
ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Ecco l’esclusione”.
Grandi masse di popolazione, aggiunge, “si vedono escluse, emarginate, a causa del gioco della
competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole”. Non è la legge del
mercato in sé ad essere colpevole, ma la sua egemonia.
un’economia senza volto
Per il papa argentino, l’economia mondiale va alla deriva. Ha superato i meccanismi classici dello
sfruttamento e dell’oppressione. Ha creata una “cultura dello scarto”: “l’essere umano è un bene di
consumo che si può usare e, in seguito, buttar via”. Il lavoratore non è solo “sfruttato”, votato “ai
bassifondi e alla periferia dell’esistenza”, ma ridotto allo stato di “rifiuto”. Fa parte “degli
avanzi”.
Jorge Mario Bergoglio non invita ad un rovesciamento economico, ad una qualsiasi rivoluzione, una
parola che non fa parte del suo vocabolario. Interviene solo sul ruolo regolatore dello Stato. Non fa
neppure un discorso sul senso della storia e non è marxista. Ma mette in discussione la relazione di
sottomissione al denaro, il dominio assoluto della finanza e del mercato sugli esseri umani, il
predominio e la perversità della finanza mondiale.
Scrive: “La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una
profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi
idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo
del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La
crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la
grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei
suoi bisogni: il consumo. (…) No a un denaro che governa invece di servire”.
riprovazione del denaro e del profitto
Per la loro violenza, queste dichiarazioni del papa gesuita sorprendono e non provocano reazioni
unanimi. Alcuni commentatori, in Francia e oltre-Atlantico, mettono in discussione la sua
competenza economica. Volano in aiuto del liberalismo invocando le virtù del mercato e del
profitto. Un collaboratore della rivista economica americana Forbes, che si descrive come un buon
cattolico, scrive che il papa non capisce il mondo così come sta evolvendo:“Con il liberalismo e la globalizzazione, le disuguaglianze si sono ridotte, la povertà è diminuita
da trent’anni al ritmo più rapido che abbia mai conosciuto la specie umana. Miliardi di persone
sono state liberate dalle esigenze più folli del collettivismo e hanno potuto avvicinarsi alla migliore
macchina di produzione della ricchezza mai creata, un certo grado di mercato libero”.
Un punto di vista che suscita delle resistenze. Vicino agli ambienti cattolici progressisti americani, il
National Catholic Reporter ammette che Francesco non è un economista, ma un “pastore”. E il suo
ruolo è di mettere in guardia il mondo contro “il pericolo di sistemi economici che hanno fallito nel
realizzare il bene comune e hanno reso le persone schiave, perché non lasciano spazio per Dio”.
Allo stesso modo, su The Guardian, quotidiano britannico di sinistra, una giornalista scrive che
“papa Francesco ha perfettamente identificato il punto cruciale, l’aumento delle disuguaglianze di
reddito che è la più grossa sfida economica del nostro tempo, determinante per la ripresa
economica”. Per il suo editorialista, “è ora di cambiare il nostro approccio al capitalismo. Non si
tratta di sbarazzarsi del capitalismo o di cadere nella riprovazione del denaro e del profitto. Si
tratta di cercare il profitto in maniera etica e di rifiutare l’idea che il profitto passi necessariamente
attraverso lo sfruttamento”.
Più di un secolo fa, nel 1891, un altro papa, Leone XIII, scriveva la prima enciclica sociale
(“Rerum Novarum”), che aveva già fatto scandalo. Per la prima volta, la massima autorità della
Chiesa deplorava la concentrazione, tra le mani di una infima minoranza, di tutte i guadagni
dell’industria e del commercio. Criticava l’esistenza di “un piccolo numero di ricchi e di opulenti
che impone un giogo servile all’infinita moltitudine dei proletari”.
Oltre Leone XIII
Il papa rompeva finalmente con la tradizione di un linguaggio paternalista che faceva della carità e
dell’elemosina il rimedio di tutti i mali, della disuguaglianza una legge della natura, e dello scarto
tra ricchi e poveri una fatalità. Quel testo, fondamento della “dottrina sociale” della Chiesa, aveva
scioccato gli ambienti capitalisti dell’epoca e tutti i benpensanti.
Tutti i suoi successori hanno seguito più o meno questa via, hanno sostenuto delle formule di
compromesso tra il capitale e il lavoro, risvegliato generazioni di militanti socialisti, politici e
sindacali. A lungo identificata con gli interessi economici più conservatori, sospettata di voler
difendere il suo potere sociale e morale, la Chiesa cattolica ha fatto la propria conversione,
mettendo al primo posto della sua etica il rispetto del bene comune e quello dei diritti fondamentali
dell’essere umano.
Papa Francesco va oltre. Se la prende con la disumanità del modello capitalistico, non si pronuncia
neppure sui benefici del profitto e della libertà di impresa, giustificati da tutti i suoi predecessori.
Gli si rimprovererà di non proporre alcun modello alternativo. Per il momento, ed è solo una tappa,
rifiuta gli eccessi del sistema produttivistico e liberale e provoca gli esperti finanziari e i governanti
del mondo intero.

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