schiaffo ai vescovi italiani

Vaticano, i primi cardinali di Bergoglio: schiaffo a Bertone e Bagnasco

Secondo le indiscrezioni, le nomine che Francesco farà saranno a sorpresa: niente nomi di potere e ritorno al cardinalato ad personam:

diplomazia vaticana

da sussurri, indiscrezioni, veline sembra questo il panorama che si delinea nelle prime scelte di papa Francesco:

Grandi manovre in casa Bergoglio. Se le indiscrezioni delle ultime ore saranno confermate, all’Angelus dell’Epifania Papa Francesco annuncerà i nomi dei suoi primi cardinali che riceveranno la berretta rossa nel concistoro del 22 febbraio. Nella lista clamorosamente non ci sarà il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, considerato troppo legato all’ex Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Al suo posto, ancor più clamorosamente, ci sarà l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti. Una scelta che stupisce sia perché il capoluogo umbro non è sede cardinalizia, sia perché è stato proprio Bassetti, in qualità di vicepresidente della Cei, a prendere il posto del cardinale Angelo Bagnasco nella potentissima Congregazione per i vescovi.

Una scelta, quella di Papa Francesco, che se da un lato equivale a un doppio “schiaffo” per Bertone e per Bagnasco, dall’altro lato manifesta la volontà del Pontefice latinoamericano di tornare al “cardinalato ad personam“, come era anticamente, facendo prevalere gli uomini da insignire con la porpora sulle sedi da loro occupate e non viceversa. In futuro quindi, soprattutto in Italia, saranno rimescolate le carte delle tradizionali sedi cardinalizie (Milano, Torino, Napoli, Palermo, Bologna, Firenze, Genova e Venezia). La scelta di Bassetti ha, però, anche altri due significati agli occhi del Papa. Da un lato si tratta di dare un riconoscimento particolare all’arcivescovo del capoluogo umbro, regione nella quale è nato e vissuto San Francesco d’Assisi di cui Bergoglio ha voluto prendere il nome dopo la fumata bianca. Dall’altro lato è anche un’indicazione agli oltre duecento vescovi italiani per la successione al presidente della Cei Bagnasco, da affiancare all’altra candidatura considerata molto forte nell’episcopato della Penisola, ovvero quella dell’arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, nominato dal Papa segretario speciale del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che si terrà nell’ottobre prossimo in Vaticano.

Sicura la porpora per l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, uomo legato al cardinale Camillo Ruini di cui è stato vescovo ausiliare a Roma. Giunto ormai alla soglia dei settantaquattro anni, Nosiglia riceverà finalmente la berretta rossa dopo essere stato osteggiato da Bertone che, sotto il pontificato di Benedetto XVI, gli ha fatto saltare ben tre concistori. L’ex Segretario di Stato, infatti, voleva far nominare alla guida dell’arcidiocesi di Torino Giuseppe Versaldi, suo vicario generale quando era vescovo di Vercelli. Ma in quel caso Ruini ebbe la meglio. Bertone non si perse d’animo e riuscì a far nominare da Benedetto XVI Versaldi presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede e poi a farlo creare cardinale nel concistoro del febbraio 2012, togliendo di fatto il posto a Nosiglia.

Scontate le nomine dei cardinali di Curia. Ad aprire la lista sarà sicuramente il Segretario di Stato Pietro Parolin, subito seguito dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller. Gli altri curiali dovrebbero essere Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, e Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, al quale Bergoglio, subito dopo l’elezione nella Cappella Sistina, ha donato il suo zucchetto rosso

la prima grande sorpresa di papa Francesco per la chiesa italiana è la nomina del segretario della Cei nella persona di mons. Galantini preso da una delle più piccole diocesi italiane:

Segreteria Cei, spunta il jolly: è monsignor Galantini, parroco di

frontiera, studioso di Bonhoeffer

di Luca Kocci

in “Adista” – Notizie – n. 1 del 11 gennaio 2014

È arrivata alla fine dell’anno la prima nomina di papa Francesco che riguarda la Conferenza

episcopale italiana. Si tratta di mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio (Cs),

prescelto come nuovo segretario generale della Cei in sostituzione di mons. Mariano Crociata, dal

19 novembre alla guida della diocesi di Latina dopo aver rifiutato l’incarico di ordinario militare per

l’Italia.

La nomina, piuttosto a sorpresa sia per i tempi rapidi che per il nome inaspettato, è stata

ufficializzata il 30 dicembre, con un comunicato della Cei e con la contestuale diffusione di una

lettera (datata 28 dicembre), dai contenuti decisamente inusuali, che il papa ha indirizzato «ai

sacerdoti, consacrati e fedeli della diocesi di Cassano allo Jonio». «Per una missione importante

nella Chiesa italiana ho bisogno che mons. Galantino venga a Roma almeno per un periodo. So

quanto voi amiate il vostro vescovo e so che non vi farà piacere che vi venga tolto, e vi capisco. Per

questo ho voluto scrivervi direttamente come chiedendo il permesso», si legge nel testo di

Bergoglio, in cui si chiarisce che si tratta di una nomina ad interim, e che Galantino, per il

momento, continuerà a mantenere anche l’incarico di guida della diocesi di Cassano. «Chiederò a

mons. Galantino – scrive il papa – che, almeno per un certo tempo, pur stando a Roma, viaggi

regolarmente alcuni giorni per continuare ad accompagnarvi nel cammino di fede». Come del resto

richiesto dallo stesso neosegretario della Cei: «Ho chiesto esplicitamente al Santo Padre di poter

continuare a camminare con la Chiesa alla quale, come uomo e come credente, sono stato affidato e

che, come vescovo, mi è stata affidata», si legge in un’intervista a mons. Galantino pubblicata sul

sito internet della diocesi di Cassano allo Jonio. «Certo, Roma è un po’ lontana da Cassano. Ma

questo non mi spaventa. Ho sempre viaggiato e continuerò a farlo. La scelta di rimanere vescovo

residenziale penso che mi aiuterà a rendere il mio servizio senza perdere mai di vista tutta la

bellezza, ma anche tutta la fatica che comporta la vita ordinaria di una Chiesa diocesana. Mi aiuterà

certamente a dare più senso a quanto andrò dicendo e facendo», «finché avrò le energie e finché

potrò contare sull’aiuto di chi mi circonda, io sarò qui».

«Sono particolarmente grato a Papa Francesco per avere designato mons. Nunzio Galantino a

colmare il vuoto creatosi dopo l’elezione di mons. Crociata a vescovo di Latina», dichiara il

presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, appena appresa la nomina. «Conosco personalmente il

nuovo segretario generale per la sua lunga esperienza in qualità di responsabile del Servizio

nazionale per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose della Cei e, prima ancora, per la

sua intensa attività accademica e il generoso impegno di pastore, sempre presente sulle frontiere

dell’educazione e del riscatto sociale. Ho avuto pure la gioia di consacrarlo vescovo di Cassano allo

Jonio nel 2012. Sono certo che darà un contributo qualificato al servizio dei vescovi italiani nel

quotidiano impegno per l’evangelizzazione».

Nato il 16 agosto del 1948 a Cerignola – grosso comune agricolo del foggiano, che diede i natali

anche al primo segretario nazionale della Cgil, il leader delle lotte contadine Giuseppe Di Vittorio –,

Galantino è stato ordinato prete nel 1972 e, dopo essere stato vicerettore del seminario di Foggia e

docente al seminario di Benevento, dal 1977 ha rivestito l’incarico di parroco di San Francesco

d’Assisi, parrocchia di un quartiere molto popolare di Cerignola, dove fra l’altro aveva direttamente

in carico diverse situazioni difficili di persone disabili e di detenuti. All’impegno pastorale mons.

Galantino ha sempre affiancato quello culturale e di studioso: laureato in Filosofia all’Università

Statale di Bari (tesi su “L’antropologia di Bonhoeffer come premessa al suo impegno politico”) e

addottorato in Teologia dogmatica (relatore il gesuita p. Piersandro Vanzan, continuando le ricerche

su Bonhoeffer e successivamente su Rosmini) alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia

meridionale, dove ha poi insegnato Antropologia, con qualche intervallo, dal 1978 al 2012,

mettendo come condizione, ricordano dalla Facoltà, di continuare a fare il parroco a Cerignola. Dal

2004 segue per la Cei l’attuazione del Progetto di riordino della formazione teologica in Italia e dal

2008 è responsabile del Servizio nazionale per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose

della Cei, un incarico di grande importanza che lo porta spesso a Roma. Il 9 dicembre 2011 viene

nominato vescovo di Cassano allo Jonio – nel suo sito internet (www.nunziogalantino.it) è scritto «è

stato eletto»: refuso o auspicio per una riforma delle nomine episcopali nella Chiesa? – dove

comincia il suo ministero il 10 marzo 2012, dopo la consacrazione episcopale, dalle mani del card.

Bagnasco, il 25 febbraio 2012 nella cattedrale di Cerignola. A Cassano, racconta chi lo ha

conosciuto in questi quasi due anni di episcopato, si fa chiamare don Nunzio, ha scelto di abitare

non nel palazzo vescovile ma nel seminario e di rinunciare a segretario, autista e automobile di

lusso. Ha inoltre scritto la prefazione alla raccolta di omelie di don Cosimo Scordato (Libertà di

Parola, Cittadella, Assisi, 2013), animatore della Comunità di San Francesco Saverio

all’Albergheria di Palermo.

Insomma una nomina apparentemente molto significativa, che potrebbe essere il viatico a quella

riforma della Cei – dal ridimensionamento del numero delle diocesi e degli uffici all’elezione del

suo presidente, come lascia intendere anche il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero,

in un’intervista al Quotidiano nazionale (2/1): «Se tutto andrà per il verso giusto, a novembre per la

prima volta eleggeremo i vertici dell’episcopato» – auspicata e attesa da molti

image_pdfimage_print

la chiesa e il problema delle coppie di fatto

 

Le coppie di fatto scuotono la Chiesa: vescovi divisi tra favorevoli e contrari

papa-francesco-bergoglio-vescovo-coppie-di-fatto-tuttacronaca

 

Il tema delle coppie di fatto oltre che scuotere il Parlamento italiano irrompe anche nella Chiesa:

”La legge non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi. Senza creare omologazione tra coppie di fatto e famiglie, è giusto che anche in Italia vengano riconosciute le unioni di fatto”. questo è ciò che ha affermato, a “La Stampa”, il vescovo di Mazara del Vallo. Domenico Mogavero, ex sottosegretario Cei e attuale commissario per le migrazioni che poi ha aggiunto:

”Lo Stato può e deve rispettare e tutelare il patto che due conviventi hanno stretto tra loro. Contrasta con la misericordia cristiana e con i diritti universali il fatto che i conviventi per la legge non esistano. Oggi se uno dei due viene ricoverato in ospedale, all’altro viene negato persino di prestare assistenza o di ricevere informazioni mediche come se fosse una persona estranea. Mi pare legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il subentro nell’ affitto in virtù della centralità della persona”.

Per la chiesa ”su tutto ciò che riguarda la sfera civile e umanitaria si può arrivare ad un accordo. Senza equipararle alle coppie sposate, non ci sono ostacoli alle unioni civili”, ha ribadito il vescovo. Quanto ai figli,” in chiesa non possono esserci preclusioni in nulla per i figli di genitori non sposati. Le colpe dei padri, se di colpe si tratta, non possono mai ricadere sui figli. Perciò non si può negare il battesimo a un bambino, e non si possono indicare le coppie di fatto come persone che vivono nel peccato”. 

Ma l’opinione di Mogavero trova anche degli oppositori e tra questi il più attivo è sicuramente il vescovo di Parma Enrico Solmi, presidente della Commissione che si occupa della famiglia e della vita all’interno della Cei. Solmi, in un’intervista rilasciata a “La Repubblica” ha preso infatti una posizione diametralmente opposto affermando:

“Favorire attraverso sentenze soluzioni di fatto, in sostanza un riconoscimento delle unioni di fatto e anche delle unioni di persone omosessuali, è una deriva che non può essere accettata. Certo, diverso è se si vuole discutere e confrontarsi per arrivare a una tutela dei diritti e delle persone in quanto tali. Tali diritti vanno in considerazione anche della relazione che un uomo e una donna non sposati possono intessere, e che può essere arricchita anche dalla presenza di figli, o di una relazione di aiuto che comprenda l’assistenza sanitaria, i beni delle due persone, quindi il discorso dell’eredità”.

”Questo percorso è assolutamente fattibile facendo riferimento al codice civile e ai diritti della persona. Codice civile che può essere anche adeguatamente modificato per fare spazio a queste situazioni che da un punto di vista numerico sono significative. Le sentenze in merito alle coppie di fatto debbono considerare il dettato costituzionale degli articoli 30 e 31 della Costituzione. Una lettura serena e fruttuosa di questo consentirebbe quel dialogo che da più parti si sente come impellente”. 

papa-francesco

e papa Francesco cosa dice a questo proposito?

ha una sua particolare modalità di rapportarsi al problema che non può non risultare provocatoria ne confronti di tanta chiusura e immobilismo della gerarchia episcopale italiana: quello che era un tabù, soprattutto durante i pontificati di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger, da quando Jorge Mario Bergoglio è salito

sulla cattedra di Pietro è diventato argomento di discussione e confronto:

Il Papa apre alle coppie gay “Da loro nuove sfide educative”

così in una ricostruzione di P. Rodari:

Unioni civili in Italia

 

Svolta nell’incontro con i Superiori generali: “Dobbiamo annunciare Gesù a una generazione che cambia”.

 

L’apertura a sorpresa di papa Francesco “Le coppie gay una sfida per chi educa non allontaniamo i loro figli dalla fede” L’esortazione: impariamo a parlare a una generazione che cambia Il caso.

 Papa Francesco apre inaspettatamente alle coppie gay. Nella conversazione con i Superiori generali Bergoglio ha messo in guardia dai pericoli di non considerare la grande novità sociale costituita dalle coppie omosessuali con figli. Coppie che, ha detto, pongono “sfide educative inedite”. Il rischio, ha insistito il pontefice, è che non comprendendo questa novità, si allontanino i figli di queste coppie dalla fede. La sfida da cogliere è saper parlare a una generazione che cambia, ha concluso.

«Ricordo il caso di una bambina molto triste che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: “La fidanzata di mia madre non mi vuol bene”. La percentuale di ragazzi che studia nelle scuole e che hanno i genitori separati è elevatissima. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Come annunciare Cristo a questi ragazzi e ragazze? Come annunciare Cristo a una generazione che cambia?». Sono parole di Papa Francesco, pronunciate nella conversazione avuta in Vaticano il 29 novembre con i superiori generali e della quale ha dato una lunga sintesi La Civiltà Cattolica. Il Papa mostra come nella Chiesa esiste una consapevolezza non banale rispetto alla realtà familiare oggi. Accanto alle famiglie tradizionali, vi sono coppie formate da persone etero e omosessuali. E questo dato di fatto, dice in sostanza il Papa, non va eluso. È un po’ quanto da tempo ripete il primate di Vienna Christoph Schönborn: la Chiesa deve rendersi conto che «oggi la famiglia è patchwork, è una famiglia fatta di divorziati, risposati, eccetera». Dice Francesco ai superiori generali: «Bisogna stare attenti a non somministrare» ai figli di coppie di fatto «un vaccino contro la fede». Per Bergoglio «l’educatore deve essere all’altezza delle persone che educa, deve interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo a una generazione che cambia». E ancora: «Il compito educativo oggi è una missione chiave, chiave, chiave!». Non ci sono margini, in merito, per dire che il Papa intende spingersi dove i suoi predecessori non sono mai arrivati. Ieri è stato il quotidiani a smorzare gli entusiasmi, scrivendo in un editoriale che «priorità sono lavoro e Il Papa comunque non sembra voler cedere sul leitmotiv del pontificato: la Chiesa deve accogliere tutti e non chiudere. Ha spiegato recentemente Víctor Manuel Fernández, rettore dell’Università cattolica d’Argentina e amico del Papa: «Ci deve essere una proporzione adeguata nella frequenza con la quale alcuni argomenti vengono inseriti nella predicazione. Se un parroco lungo l’anno liturgico parla dieci volte di morale sessuale e soltanto due o tre volte dell’amore fraterno o della giustizia, vi è una sproporzione. Ugualmente se parla spesso contro il matrimonio fra omosessuali e poco della bellezza del matrimonio». Dice non a caso padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica: «Papa Francesco ha voluto intendere che siamo davanti a un mondo in cambiamento e la Chiesa deve capire come annunciare il Vangelo davanti a un mondo che cambia. Il Papa non vuole definire ma aprire delle finestre. La situazione di una coppia gay deve essere vissuta come una sfida, perché il Vangelo va annunciato a tutti». E le parole del Papa trovano il plauso delle associazioni gay. Dice il portavoce del Gay Center Fabrizio Marrazzo: «Sarebbe un fatto storico se il Papa incontrasse le famiglie di coppie gay. Da Bergoglio viene una riflessione che contrasta la cultura figlia dell’omofobia. La sua è un’attenzione inedita per un pontefice a cui bisogna guardare con fiducia».

Da La Repubblica del 05/01/2014.

e così in un apprezzabile articolo di Luca Kocci in “il manifesto” del 5 gennaio 2014

La sfida di Francesco

Sul tema delle coppie omosessuali il dibattito è aperto anche nella Chiesa di papa Francesco.

La posizione del magistero ufficiale non è cambiata: le relazioni omosessuali sono «gravi

depravazioni», l’unica via di salvezza resta la «castità» («gli atti di omosessualità sono

intrinsecamente disordinati» e «contrari alla legge naturale», non sono il frutto di una vera

complementarietà affettiva e sessuale, in nessun caso possono essere approvati», ricorda il

Catechismo della Chiesa cattolica). Tuttavia è innegabile che quello che era un tabù, soprattutto

durante i pontificati di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger, da quando Jorge Mario Bergoglio è salito

sulla cattedra di Pietro è diventato argomento di discussione e confronto.

Il tema lo ha rilanciato papa Francesco anche nel colloquio con i superiori delle congregazioni

religiose maschili pubblicato ieri da

Civilità Cattolica in un lungo articolo firmato dal direttore del

quindicinale dei gesuiti, padre Antonio Spadaro (anche se, siccome l’incontro è avvenuto il 29

novembre, interpretarlo come un inserimento papalino nel dibattito politico di questi giorni è

assolutamente fuori luogo).

Parlando dell’educatore che deve «essere all’altezza delle persone che educa» e interrogarsi su

come annunciare il Vangelo «a una generazione che cambia», Bergoglio rievoca un episodio

accaduto a Buenos Aires: «Ricordo il caso di una bambina molto triste che alla fine confidò alla

maestra il motivo del suo stato d’animo: la fidanzata di mia madre non mi vuole bene». Chiosa

Bergoglio: «Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono

persino difficili da comprendere. Come annunciare Cristo a questi ragazzi e ragazze? Bisogna stare

attenti a non somministrare ad essi un vaccino contro la fede».

Leggere queste parole come un’apertura alle coppie omosessuali — come pure qualcuno ha fatto —

pare forzato. Di sicuro però la questione viene affrontata in termini più problematici del passato.

Come del resto già papa Francesco aveva fatto in estate, di ritorno dalla Giornata mondiale della

gioventù a Rio de Janeiro, quando in aereo, parlando con i giornalisti, aveva pronunciato la frase

che innescò il dibattito: «Chi sono io per giudicare un gay?». Ribadita, e approfondita, nella lunga

conversazione con padre Spadaro pubblicata da

Civilità cattolica a settembre (e poi in un libro edito

da Rizzoli).

«Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per

giudicarla. Dicendo questo io ho detto quello che dice il Catechismo», puntualizza Bergoglio. «Una

volta una persona mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora — prosegue papa Francesco —

le risposi con un’altra domanda: Dio quando guarda a una persona omosessuale ne approva

l’esistenza con affetto o la respinge condannandola? Bisogna sempre considerare la persona» e

«accompagnarla a partire dalla sua condizione».

La linea sembra chiara: fermezza nella dottrina — del resto Bergoglio da vescovo di Buenos Aires

fu uno dei più strenui oppositori della legge che nel 2011 approvò le unioni tra persone dello stesso

sesso, definendola frutto della «invidia del demonio» — ma atteggiamento pastorale meno rigido e

più inclusivo.

Nel questionario preparato dal Vaticano per interpellare i cattolici di tutto il mondo su temi caldi

come le coppie omosessuali e i divorziati in vista del Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia

in programma per ottobre 2014, un intero blocco di domande è dedicato alle «unioni di persone

dello stesso sesso». «Qual è l’atteggiamento delle Chiese locali di fronte alle persone coinvolte in

questo tipo di unioni? Quale attenzione pastorale è possibile avere» nei loro confronti?», viene

chiesto. E molti di coloro che hanno inviato le risposte ai loro vescovi e in Vaticano — parrocchie,

gruppi di base, singoli fedeli — hanno espresso pareri in netta difformità rispetto alle posizioni

ufficiali.

Allora proprio il Sinodo potrà essere l’occasione per verificare se le parole problematiche di papa

Bergoglio, oltre a manifestare le buone intenzioni di una prassi pastorale più inclusiva ma in un

quadro dottrinale di condanna immutato, comporteranno anche un aggiornamento delle

ermeneutiche bibliche e soprattutto del magistero. Senza questi passaggi le aperture resteranno

dimezzate.

image_pdfimage_print

Gesù bambino scrive ai bambini

 

Boff

 

Leonardo Boff scrive a Gesù Bambino sul materialismo del Natale

 

Il materialismo di Babbo Natale e la spiritualità di Gesù Bambino

 

Un bel giorno, il Figlio di Dio volle sapere come andavano i bambini e le bambine, che una volta, quando era tra noi, “toccava e benediceva”, e aveva detto: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di loro è il Regno di Dio “(Lc 18, 15-16).

Come negli antichi miti, salì su un raggio del cielo e arrivò sulla Terra qualche settimana prima di Natale. Prese la forma di uno spazzino che puliva le strade. Così poteva vedere meglio i passanti, i negozi tutti illuminati e pieni di cose avvolte a mo di regalo e soprattutto le sue sorelle e i suoi fratelli più piccoli che passavano lì, mal vestiti e molti di loro affamati, chiedendo le elemosine. Si rattristò moltissimo perché si rese conto che quasi nessuno dava ascolto alle parole che lui aveva detto: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, è me che accoglie” (Marco 09:37).

Vide pure che quasi nessuno parlava del Bambino Gesù che nella notte di Natale veniva di nascosto per portare doni a tutti i bambini. Il suo posto era stato preso da un vecchietto bonaccione, vestito di rosso, con un sacco sulle spalle e con la barba lunga che gridava stupidamente per tutto il tempo: “Oh, Oh, Oh, Babbo Natale è qui” Sì, nelle strade e nei grandi magazzini c’era lui che abbracciava i bambini e prendeva dal suo sacco i doni che i loro genitori avevano acquistato e messo li dentro. Dicono che è arrivato da lontano, dalla Finlandia, in sella a una slitta trainata da renne. La gente si stava pian piano dimenticando di un altro vecchietto, questo si davvero buono: San Nicola. Di famiglia ricca, a Natale faceva regali ai bambini poveri dicendo che era il bambino Gesù che glieli inviava. Di tutto questo nessuno parlava. Solo si parlava di Babbo Natale, inventato non più di cento anni fa.

Altrettanto triste come vedere bambini abbandonati per la strada, era vedere come si instupidivano, sedotti dalle luci e dal bagliore dei regali, dai giocattoli e da mille cose che padri e madri sono soliti comprare per regalare durante la cena del Natale.

Gli annunci pubblicitari, molti ingannevoli, se gridano ad alta voce, suscitando il desiderio dei piccoli che poi corrono dai genitori chiedendo loro di acquistare ciò che hanno visto. Il Bambino Gesù, travestito da spazzino, si rese conto che ciò che gli angeli cantarono di notte nei campi di Betlemme “vi annuncio una gioia che sarà di tutto il popolo, perché oggi vi è nato un Salvatore … Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini di buona volontà” (Lc 2, 10-14), ormai non significava nulla. L’amore era stato sostituito da oggetti e l’allegria di Dio, che si è fatto bambino, era scomparsa in nome del piacere di consumare.

Triste, sali su un altro raggio celeste, ma prima di tornare in cielo, lasciò scritta una letterina per le bambine e i bambini. La trovarono sotto le porte delle case e soprattutto nelle baraccopoli delle colline della città, chiamate favelas.

La letterina diceva cosi:

Cari fratellini e sorelline:

presepe-tuttacronaca

Se guardando il presepe e vedendo lì il Bambino Gesù, con Giuseppe e Maria, vi riempite della fede in Dio che si fece bambino, un bambino come ognuno di voi, e che è il Dio-fratello che è sempre con noi…

Se riuscite a vedere negli altri bambini, e soprattutto nei più poveri, la presenza nascosta di Gesù bambino che nasce dentro di loro…

Se siete in grado di far rinascere il bambino nascosto dentro i vostri genitori e negli altri adulti che conoscete, perche risorga in loro l’amore, la tenerezza, la cura e l’amicizia invece di molti doni…

Se guardando il presepe e vedendo Gesù mal vestito, quasi nudo, vi ricordate di tanti altri bambini altrettanto mal vestiti, e vi fa male nel fondo del cuore questa situazione disumana e vorreste condividere con loro quello che possedete, e vorreste fin d’ora cambiare queste cose quando sarete grandi perche non ci siano più bambini che piangono di fame e di freddo…

Se quando scoprite i tre Re Magi che portano doni al Bambino Gesù ritenete che anche i re, i capi di stato e altre persone importanti dell’umanità arrivano da tutto il mondo per contemplare la grandezza nascosta di quel Bambinello che piange sopra la paglia…

Se vedendo nella natività il bue, l’asinello, le pecore, le caprette, i cani, i cammelli e l’elefante, pensate che l’universo intero è anche illuminato dal Bambino Divino e che tutto, stelle, soli, galassie, pietre, alberi, pesci, animali e noi esseri umani, formiamo la Grande Casa di Dio…

Se guardate il cielo e vedete la stella con la sua coda luminosa e ricordate che c’è sempre su di voi una Stella come quella di Betlemme, che vi accompagna, vi illumina, e vi propone i cammini più belli…

Se tendete bene le orecchie e ascoltate tramite i sensi interiori una musica soave e celestiale, come quella degli angeli nei campi di Betlemme, che annunciava la pace sulla Terra…

Sappiate allora che io, il Bambino Gesù, sto nascendo di nuovo e rinnovando il Natale. Sarò sempre vicino, camminando con voi, piangendo con voi e giocando con voi, fino al giorno in cui tutta l’umanità e l’universo, arriverà alla casa di Dio, che è Padre e Madre di bontà infinita, per stare insieme eternamente felici come una grande famiglia riunita.

Firmato: Gesù Bambino

Betlemme, 25 dicembre dell’anno 1

image_pdfimage_print
image_pdfimage_print