‘anticapitalista’? va punito!

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

Papa “marxista”, a rischio i dollari dei filantropi Usa

 

non solo M. Novak o qualche personaggio della destra americana liberista e anticlericale: ora anche la destra liberista  ‘cattolica’ reagisce duramente contro papa Francesco per le sue posizioni anticapitaliste

alcuni grandi finanziatori degli Stati Uniti stanno riconsiderando le donazioni alla Chiesa, e questo mette a rischio le sue attività in tutto il mondo:

Ricchi cattolici allarmati dalla linea di Francesco. Problemi per il restauro della cattedrale di St. Patrick  

Finché si trattava di Rush Limbaugh, l’eccentrico commentatore radiofonico conservatore americano, oppure del Tea Party, magari influenzato da un antico pregiudizio anticattolico, si poteva anche passarci sopra. Ora però, se è vero quello che il fondatore di Home Depot Ken Langone ha detto alla tv Cnbc, le posizioni di Papa Francesco sull’economia stanno creando un problema un po’ più serio da risolvere.

Alcuni grandi finanziatori degli Stati Uniti stanno riconsiderando le donazioni alla Chiesa, e questo mette a rischio le sue attività in tutto il mondo. Nell’esortazione Evangelii Gaudium, il pontefice aveva messo in guardia dagli eccessi del capitalismo. I conservatori americani avevano reagito male, e Limbaugh lo aveva accusato di usare un linguaggio marxista. Nella sua intervista ad Andrea Tornielli della «Stampa», Francesco aveva risposto che il marxismo è un’ideologia sbagliata, «ma io ho conosciuto diversi marxisti che erano brave persone, e quindi quell’aggettivo non mi offende».

La disputa con Limbaugh e il Tea Party si era chiusa là, ma ora se ne starebbe aprendo un’altra più pericolosa. Ken Langone è un cattolico molto devoto, ed è anche il fondatore della grande catena di negozi per la casa Home Depot. Ha sempre fatto donazioni consistenti alla Chiesa, e il cardinale di New York Timothy Dolan lo ha coinvolto nella raccolta di circa 180 milioni di dollari necessari per restaurare St. Patrick, la cattedrale sul Fifth Avenue costruita nel 1878.

«Un potenziale donatore a sette cifre – ha detto Langone al canale economico Cnbc – mi ha detto che è riluttante a partecipare, perché è preoccupato dalle critiche del Papa verso il capitalismo. Le considera un elemento di esclusione».

Il donatore era rimasto particolarmente colpito dalle parole secondo cui «la cultura della prosperità ha reso i ricchi incapaci di provare compassione per i poveri». Langone ha detto di aver sollevato il problema proprio con Dolan: «Eminenza, questo è un ostacolo ulteriore di cui non abbiamo bisogno. Gli americani sono tra i più generosi filantropi del mondo, ma devono essere approcciati nella maniera giusta. Si ottiene di più col miele, che con l’aceto».

Secondo il fondatore di Home Depot, Dolan lo ha tranquillizzato, spiegandogli che il donatore incerto ha frainteso le parole di Francesco: «Il Papa ama tanto i poveri, quanto i ricchi. Quando questo donatore capirà bene il suo messaggio, non avrà problemi a contribuire». Langone ha risposto che gliene parlerà, ma non ha voluto rivelare il nome della persone o gli effetti della sua ambasciata.

Il problema, se fosse più diffuso di una semplice defezione, potrebbe diventare complicato per il Vaticano, andando oltre le difficoltà per raccogliere i fondi necessari a restaurare St. Patrick. Stati Uniti e Germania, infatti, sono i Paesi che contribuiscono di più alle attività della Chiesa in tutto il mondo: se i rubinetti dei filantropi cattolici americani si chiudessero, rimpiazzarli sarebbe molto difficile, proprio per finanziare le attività mirate ad aiutare i poveri come Catholic Charities.

Naturalmente può darsi che abbia ragione Dolan: un dubbio non basta a creare un fenomeno, e una migliore comprensione delle posizioni di Francesco può risolvere la questione. E’ curioso poi che proprio su queste posizioni economiche e sociali la Casa Bianca spera di ricostruire il suo rapporto col Vaticano, dopo le difficoltà del passato legate alle differenze sull’aborto e i temi della vita.

P. Mastrolilli

 

 

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M. Novak durissimo contro papa Francesco

 papa-francesco

su ‘il sussidiario.net’ M. Borghesi pubblica queste interessanti note sulle reazioni estremamente negative che il conservatorismo americano, soprattutto il liberista M. Novak, ha avuto nei confronti di papa Francesco per le sue dichiarazioni contro il capitalismo che impoverisce e uccide:

lo  schiaffo di Francesco ai catto-capitalisti

Papa Francesco Si tratta di rilievi al sistema
capitalista che, secondo Novak, non possono essere accolti. «Da Max Weber in
poi, il pensiero sociale cattolico è stato accusato di essere la causa della
povertà in molte nazioni cattoliche. E proprio su questo versante papa Francesco
inavvertitamente rafforza le tesi di Weber».
Il risentimento di Novak è comprensibile. Assunto alla fama come il Weber
cattolico, colui che al posto de L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo di Weber poneva l’etica “cattolica” come vero fondamento del
capitalismo “democratico”, si ritrova ora un Pontificato che diffida di quel
sistema che egli, da tempo, ha contribuito a legittimare e a sollevare da ogni
possibile accusa. Un punto, tra molti della Evangelii gaudium, è inaccettabile
per Novak: «la sua superficiale allusione alle teorie della “ricaduta
favorevole”». È la teoria del trickle-down che è al centro del modello
liberista. Come scrive il Papa nella sua Lettera: «In questo contesto, alcuni
ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che
ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per
sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non
è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella
bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati
del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad
aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per
potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una
globalizzazione dell’indifferenza» (Evangelii gaudium, 54). Una critica che non
è piaciuta a Novak. Soprattutto l’idea che il modello capitalista non sia
confermato dai fatti come fonte generalizzata di benessere. La risposta,
pungente, data la nazionalità del Papa, risiede nel fatto che in «Argentina e in
altri sistemi statici, privi di ogni meccanismo di mobilità sociale, questo
commento sarebbe comprensibile. Laddove invece, come in America, intere
generazioni dimostrano l’efficacia della mobilità sociale, l’affermazione del
Papa non corrisponde affatto al vero. La mobilità sociale promossa da alcuni
sistemi capitalistici rappresenta la realtà vissuta e sperimentata da una vasta
percentuale della popolazione americana e non già una “fiducia grossolana ed
ingenua”»..
La critica di Novak, cioè del più illustre catto-capitalista negli Usa,
dimostra, nel suo nervosismo, come la Evangelii gaudium abbia colpito nel segno.
Al punto che lo stesso Pontefice, nella intervista ad Andrea Tornielli per La
Stampa (Mai avere paura della tenerezza, 15 dicembre 2013), ha tenuto a
puntualizzare il punto controverso sollevato da Novak: «Nell’esortazione non c’è
nulla che non si ritrovi nella Dottrina sociale della Chiesa. Non ho parlato da
un punto di vista tecnico, ho cercato di presentare una fotografia di quanto
accade. L’unica citazione specifica è stata per le teorie della “ricaduta
favorevole”, secondo le quali ogni crescita economica, favorita dal libero
mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale
nel mondo.

(ilsussidiario.net)

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p. Maggi e p.Pagola commentano il vangelo

 

p. Maggi

II NATALE 

5 gennaio 2014

IL VERBO SI FECE CARNE E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi

Gv 1,1-18

[ In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è

stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre

non l’hanno vinta. ]

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per

dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

[ Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo

è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono

nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da

Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la

sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. ]

Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di

me è avanti a me, perché era prima di me».

Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù

Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è

lui che lo ha rivelato.

1

Nel prologo al suo vangelo Giovanni riassume e formula tutto il contenuto della sua opera. Quindi sonodiciotto versetti preziosi e molto molto ricchi. Per comprenderli iniziano dall’affermazione clamorosa chel’evangelista mette alla fine del prologo. Scrive l’evangelista:“Dio nessuno lo ha mai visto”. Questa è un’affermazione grave, perentoria, che, tra l’altro, contraddice la stessa Bibbia, perché nella Bibbia si afferma che Mosè ed altri personaggi hanno visto io.Giovanni non è d’accordo,“Dio nessuno lo ha mai visto”. Pertanto le descrizioni che si sono fatte di Dio,anche da parte di Mosè, sono limitate, sono incomplete, a volte devianti, o addirittura false. Quindi Dio nessuno lo ha mai visto.“Il figlio unigenito”, unigenito nel senso dell’unicità di questo figlio, “che è Dio”,che è Dio lui stesso,“ed è nel seno del Padre”, cioè nella piena intimità del Padre, “è lui che lo ha rivelato”.con questa affermazione l’evangelista conclude il prologo invitando quindi a porre tutta l’attenzione sulla figura di Gesù. Cosa vuole dire che Dio nessuno lo ha mai visto e solo il figlio ce lo ha rivelato? Che Gesù non è uguale a Dio, ma Dio è uguale a Gesù. Se noi diciamo che Gesù è uguale a Dio significa che abbiamo un’immagine, un’idea di Dio. Ebbene l’evangelista ci invita a sospendere questa immagine e a centrare tutta la nostra attenzione su Gesù. Tutto quello che vediamo in Gesù questo è Dio. Quindi non Gesù è uguale a Dio, ma Dio è uguale a Gesù, e molte immagini e molte idee su Dio, vedendo il comportamento e l’insegnamento di Gesù, inevitabilmente verranno a cadere. Quindi l’evangelista ci invita a porre tutta l’attenzione su Gesù perché in lui si manifesta Dio. E proprio perché in Gesù si manifesta la divinità, e andiamo a ritroso in questa lettura del prologo, c’è stato bisogno di una nuova relazione tra gli uomini e Dio. Mosè, il servo di Dio, aveva imposto una relazione tra i servi e il loro Signore, basata sull’obbedienza; ebbene Gesù, che non è il servo di Dio, ma il figlio di Dio, propone una nuova relazione tra dei figli e il loro Padre, non basata sull’obbedienza, ma sulla somiglianza e l’accoglienza del suo amore. Ecco perché allora nel versetto che precede l’evangelista ha scritto“Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità”,‘grazia e verità’ è un’espressione che indica l’amore fedele, l’amore vero,“vennero per mezzo di Gesù Cristo”. Quindi una nuova relazione non più basata sulla legge, masull’accoglienza del suo amore. E, sempre andando a ritroso nella lettura di questo prologo, scrive l’evangelista  dalla sua pienezza”,cioè dalla pienezza di questo uomo nel quale si manifesta la condizione divina,“noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia”. Cosa vuol dire l’evangelista? E’ il dinamismo della vita del credente e della omunità cristiana.

All’amore ricevuto dal Padre corrisponde un amore comunicato ai fratelli, questo è il dinamismo di crescita dei credenti. Più sarà grande la risposta di questo amore al fratello e più, a sua volta, sarà grande da parte di Dio la risposta del suo amore. Quindi più noi comunichiamo quest’amore ai fratelli e più da Dio riceviamo amore. Questo in un crescendo senza fine.

Questa crescita nell’amore è quello che realizza l’individuo e il credente. E, andando ancora indietro saltando qualche versetto, l’affermazione importante dell’evangelista che“il Verbo’, ‘il Verbo’ significa la parola creatrice, la sapienza creatrice“si fece …”, l’evangelista non scrive che si fece uomo, ma usa il termine carne che indica l’uomo nella sua piena debolezza. Il progetto di Dio non si realizza in un superuomo, difficile da imitare, soltanto da ammirare, ma si realizza nella debolezza umana. Questo vuol dire che Dio si manifesta nell’umanità. Più l’uomo diventa umano più manifesta il divino che è in lui. E questo Verbo che si fece carne, questo progetto di Dio, che si fa carne, è la pienezza dell’amore di Dio che si manifesta in un uomo che diventa l’unico vero santuario dal quale si irradia l’amore del Padre.

E questo Verbo che si è fatto carne, si è fatto uomo nella sua debolezza, scrive l’evangelista,“E’ pieno, di grazia e verità”, cioè completo. La caratteristica che distingue Gesù è l’amore fedele. L’amore quando è vero? Quando è fedele. E questo Verbo che si è fatto carne, che si è fatto uomo, ci rimanda allora all’inizio del prologo, dove l’evangelista scrive,“In principio era il Verbo”.Giovanni prende le distanze dalla teologia del libro del Genesi, dove si affermava che“In principio Dio creò il cielo e la terra”.

No, l’evangelista non è d’accordo, in principio, prima ancora di creare il cielo e la terra, c’era questo Verbo, cioè questa parola creatrice, sapienza creatrice, una parola che ha un progetto e, prima ancora della creazione, questo progetto interpellava Dio.

E qual’era questo progetto? Donare all’uomo la condizione divina. Questo è il progetto di Dio

sull’umanità, quindi possiamo definire il prologo l’inno d’amore di Dio per tutta l’umanità, l’inno

dell’ottimismo di Dio. Dio è talmente innamorato degli uomini che, prima ancora di creare il mondo, aveva il progetto di dare agli uomini la sua stessa condizione, la condizione divina.

E per questo, proprio al centro del prologo, quindi il versetto più importante di tutta questa

composizione, l’evangelista scrive che “Mentre questo progetto venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto”, questo è un monito sempre presente per tutte le comunità,“A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”.

Figli di Dio non si nasce, ma si diventa, accogliendo Gesù come progetto d’amore di Dio per la propria esistenza. Questo fatto di poter diventare figli di Dio a chi accoglie Gesù, significa che Dio non assorbe quindi l’uomo, non lo distoglie o lo distrae dagli altri, è un Dio che potenzia l’uomo, gli comunica la sua stessa capacità d’amore perché con lui e come lui vada verso gli altri.

La novità portata da Gesù è che non si vive più per Dio, ma si vive di Dio. Questo è il prologo di Giovanni, quindi un inno all’ottimismo di Dio sull’umanità e una proposta per ogni uomo di diventare figlio di Dio. Figli di Dio non si nasce, ma si diventa, per una scelta continua e quotidiana dell’amore fedele come quello che il Padre ci comunica.

anche p. Pagola commenta il brano odierno del vangelo:

RECUPERARE LA FRESCHEZZA DELL’EVANGELO

Nel prologo dell’Evangelo di Giovanni si fanno due affermazioni fondamentali che ci obbligano a rivedere in maniera radicale il nostro modo d’intendere e di vivere la fede cristiana, dopo venti secoli di non poche deviazioni, riduzionismi e impostazioni poco fedeli all’Evangelo di Gesù.
La prima affermazione è questa: La Parola di Dio si fece carne. Dio non è rimasto in silenzio, chiuso per sempre nel suo mistero. Ci ha parlato. Ma non… ci si è rivelato per mezzo di concetti e dottrine sublimi. La sua Parola si è incarnata nella vita concreta di Gesù perché la possano intendere e accogliere fino i più semplici.
La seconda affermazione dice così: Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Come teologi parliamo molto di Dio, ma nessuno di noi lo ha visto. Capi religiosi e predicatori parliamo di lui con sicurezza, ma nessuno di noi ha visto il suo volto. Solo Gesù, il Figlio unico del Padre, ci ha raccontato come è Dio, come ci ama e come cerca di costruire un mondo più umano per tutti.
Queste due affermazioni sono lo sfondo del programma rivelatore del Papa Francesco.
Per questo cerca “una Chiesa radicata nell’Evangelo di Gesù, senza complicarci con dottrine o abitudini “non legate direttamente al nucleo dell’Evangelo”.Se non facciamo così, “non sarà l’Evangelo a essere annunciato, ma qualche sottolineatura dottrinale o morale che procede da certe opzioni ideologiche”.
L’atteggiamento del Papa è chiaro. Solo in Gesù ci è stata rivelata la misericordia di Dio. Per questo dobbiamo tornare alla forza trasformatrice del primo annunzio evangelico senza eclissare la Buona Notizia di Gesù e “senza ossessionarci con una moltitudine di dottrine che si cerca d’imporre a forza d’insistenza”.
Il Papa pensa a una Chiesa nella quale l’Evangelo possa recuperare la sua forza di attrazione, senza che sia oscurata da altri modi di intendere e vivere oggi la fede cristiana. Per questo, ci invita a “recuperare la freschezza originale dell’Evangelo” come la cosa più bella, la più grande, la più attraente e, nello stesso tempo, la più necessaria, senza chiudere Gesù “nei nostri noiosi schemi”.
In questi momenti non possiamo permetterci di vivere la fede senza sollecitare nelle nostre comunità cristiane la conversione a Gesù Cristo e al suo Evangelo, alla quale ci chiama il Papa. Egli stesso chiede a tutti noi che “applichiamo con generosità e coraggio i suoi orientamenti senza proibizioni né paure”
José Antonio Pagola.
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