una chiesa che deve aggiornarsi – 100 giovani scrivono al papa

cento giovani di Shalom al papa «chiesa prigioniera dei poteri»

i ragazzi scrivono al papa:

«Ti vogliamo aiutiamo a scuotere la polvere. Senza un cambio di rotta si ridurrà a una setta di fanatici creduloni»

 Una lettera forte nei toni, severa nel giudizio di una Chiesa, in particolare quella gerarchica, elitaria e prigioniera del potere.

Cento giovani di Shalom chiedono «una Chiesa egualitaria, senza orpelli e titoli, dove le guide siano realmente i servi e gli esempi. Una chiesa capace di dialogare col mondo contemporaneo che non racconti favole come quella di Adamo e Eva, una Chiesa che non contrapponga più un ottuso dogmatismo alla scienza o una morale arcaica alla vita delle persone rendendole schiave di complessi di colpa per peccati che semplicemente non esistono».  

Una lettera aperta indirizzata a papa Francesco «che vuol fare chiasso in una Chiesa stanca, chiusa nelle sue liturgie incomprensibili, sperando che voglia e sappia tornare a Gesù, al suo messaggio originario, il Vangelo, che è impegno per l’uomo e per un mondo egualitario, dove operare per la giustizia e il bene sono l’unico motivo per cui valga veramente la pena di dirsi cristiani».

«Auspichiamo – hanno detto i giovani – che il Papa ci prenda sul serio, perché siamo preoccupati e anche arrabbiati, poiché fermamente convinti che se questa chiesa, vecchia di almeno duecento anni, non si converte e cambia subito, si ridurrà a una setta di fanatici creduloni e presto o tardi si estinguerà».

«Siamo un gruppo di giovani del Movimento Shalom – si legge nella lettera – studenti universitari, lavoratori, disoccupati. La maggior parte di noi sono battezzati, ma pochi i praticanti. Non manca fra di noi chi si dichiara ateo o appartenente ad altre religioni soprattutto all’Islam. Abbiamo preso sul serio la tua proposta di un sinodo universale aperto a tutti senza porre limiti alla libertà di pensiero. I tuoi messaggi sono conformi alle nostre aspirazioni, sai parlare alla mente e al cuore. La nostra costante ricerca del Gesù della storia ci ha tristemente convinti che i tratti fondamentali del vissuto del Nazareno, sia largamente sconosciuto dagli uomini contemporanei e nascosto dalle discrepanze vistose di una Chiesa istituzionale ferma nelle sue formule arcaiche e nelle gerarchie di potere. Noi crediamo che la tua volontà sia quella di metterci in cammino verso di Lui totalmente senza nulla annacquare. Se è così vogliamo darti una mano per scuotere la polvere che si è accumulata nei secoli. Il volto di una Chiesa che si rinnova passa obbligatoriamente attraverso il coraggio e l’intelligenza di saper offrire la fede in un linguaggio comprensibile all’uomo moderno. Gesù Cristo è un Dio dal volto profondamente umano e tu, malgrado i contrasti che incontri, ce lo mostri costantemente e tenacemente. È urgente per essere credibili restituire una piena armonia fra fede e scienza, fra morale e scienza. Mostrare al mondo la capacità di evolversi è il segno più eloquente che Lui è ancora al timone della barca. Altrimenti affondiamo».

«L’ostinazione a mettere “toppe nuove in abiti vecchi e vino nuovo in otri vecchi” ha come risultato l’insignificanza e la sterilità di un annuncio incomprensibile e talvolta disumano. Noi pensiamo che l’eclissi del cristianesimo sia dovuta principalmente all’abbandono del Vangelo e alle macroscopiche incoerenze e scandali».

I 100 ragazzi di Shalom sono «convinti che l’autentica ortodossia e la vera tradizione sia l’annuncio di Gesù Cristo nella sua potenza rinnovatrice, liberatrice e rivoluzionaria. Un Dio dal volto profondamente umano. Questa è l’unica fedeltà che noi giovani Shalom concepiamo e per cui ci battiamo. Siamo sicuri che i nostri ideali possano trascinare altri giovani ad investire le loro energie per un mondo alternativo quello sognato da Gesù, di cui tu tante volte ci parli. Questo Sinodo che intraprendiamo dovrebbe avere come priorità assoluta la volontà da parte di tutta la Chiesa di mettere al centro il Vangelo».

lettera a Gesù bambino – contro un natale consumistico

no al Natale ridotto a invenzione magica e affare


Staglianò: no al Natale ridotto a invenzione magica e affare
Antonio Staglianò

Caro Gesù bambino,

a te lo posso dire che sei “bambino” e so che ne fai un punto d’onore. E sì, è bello essere bambini. Purtroppo, come tante altre cose belle e buone di questa vita, noi, gli umani ne smarriamo il senso e il gusto.

Crescere è certamente giusto ed è un bene, d’altronde lo si dice anche di te, che crescevi in età e sapienza (cf. Lc 2, 40), ma sta proprio qui il problema della questione: si tratta veramente di crescere in età “e” (nel senso correlativo) in sapienza? Da vescovo mi pongo questo problema e avverto che debba essere una mia principale ansia pastorale: i piccoli del gregge che mi hai affidato stanno crescendo in età e sapienza? Che crescano in età, beh Gesù, quella mi pare che sia un’evidenza, ma il loro cuore matura il gusto per la vita? La loro intelligenza assume il sapore del vero senso delle cose? Ecco, mi ritrovo a vegliare e a vigilare su questa preoccupazione in nome di quella verità nella carità che tu stesso mi stimoli a trafficare tra gli uomini e le donne, tra i piccoli e i grandi.

Senti, Gesù bambino, ti racconto un fatto… Qualche giorno, per san Nicola, mi son ritrovato a parlare a dei bambini della mia diocesi e ho tentato di comunicare loro una verità bella che credo possa contribuire a farli crescere in sapienza. Ho detto loro che Babbo Natale è veramente esistito, ma non così come loro lo hanno conosciuto, cioè come una funzione del mercato – appare sempre in tv insieme a qualcosa che devi comprare, sia un panettone o un cellulare – e per “portare” regali che i genitori devono però acquistare. Questo Babbo Natale è un personaggio immaginario, anche bello, che però sa solo portare regali ai soliti bambini, discriminando i bambini poveri, non solo quelli lontani dell’Africa o di altri continenti, ma anche quelli più vicini a noi nelle nostre città e nei nostri paesi.

Il “vero Babbo Natale”, invece, ha avuto un nome e un cognome: è san Nicola di Myra o di Bari. Sì, veramente un Babbo Natale, nel senso che quel santo vescovo è stato per davvero un babbo, cioè un padre che ha fatto fare esperienza del dono gratuito ai piccoli, ai più fragili, consegnando loro quella gioia e quella pace che solo il tuo Natale, Gesù, riesce a realizzare. Ebbene, pare che alcuni grandi non abbiano gradito questo mio annuncio: e no! Babbo Natale, dicono, deve restare quello che è, Babbo Natale, cioè un’invenzione magica per l’immaginario incantato dei più piccoli: e però non si lamentano nel vedere come è trattato dalla pubblicità dell’ipermercato.

Ma sai, Gesù, anche i grandi in questo senso mi preoccupano, perché riescono a trattare persino te come trattano Babbo Natale: tu stesso, per tanti di loro, sei diventato un personaggio, una invenzione del pensiero e, quando ti va bene, un’idea scalda cuore. Ma dimmi Gesù, posso dire che sei venuto al mondo in persona, in carne e ossa? Ho diritto a dire che allo specchio di te ogni falsità si dissolve e ogni bella realtà risplende? E che c’è di più bello della vita, della mia vita, della vita di ogni uomo, di ogni persona che vivendo entra in relazione, in empatia con gli altri, si scopre fratello o sorella e con la potenza del tuo Spirito dilata gli spazi dell’amore?

Gesù bambino questo ti chiedo: fa’ che la società, l’economia, la finanza e persino «questo cattolicesimo stanco e degradato nelle forme della convenzione e della devozione senza fede» non abbiano a impedire ai bambini di venire da te. Perché ai bambini «appartiene il regno di Dio» (Mc 10, 14). E il regno di Dio si realizza quando Dio regna e Dio regna quando la verità si fa carne, esperienza quotidiana, amicizia sociale, bontà e attenzione per l’altro. Tutti si accorgono se per i nostri fratelli migranti facciamo solo discorsi, ma non ci immedesimiamo nella carne del loro dolore: il gesto della cura ha corpo e si vede solo se è un prendersi a carico le sofferenze concrete di altri.

Gesù, bambino tra i bambini, devo anche chiederti scusa a nome di tanti, oserei dire a nome di tutti, per ogni qual volta non abbiamo avuto grande rispetto e riguardo per i bambini, per la loro intelligenza, per il loro diritto di crescere e diventare sanamente grandi. Perdona per ogni minimo gesto, anche appena pensato o tentato avverso alla loro integrale purezza, alla loro connaturale libertà.

Sai Gesù, scrivendoti questa lettera mi sento anche io un po’ bambino. E come bambino pure io mi attendo qualche dono: ma da te in persona! Da te che sei il volto del Babbo, il volto del Padre; da te che sei il vero Natale! Chissà, magari anch’io vescovo, in persona, come san Nicola, riuscirò a donare, con cuore di padre, quei doni che dal tuo Natale ricevo io stesso in dono.
Ora dormi, Gesù, oppure se vuoi gioca… i bambini, d’altronde, giocando crescono, senza finzioni, nel rispetto di quelle regole che permettono di vincere e di «maturare in età e grazia e sapienza».

delusione e indignazione per le scelte di Draghi sull’immigrazione

lettera aperta

a Lampedusa conosciamo le vere storie di migranti


Forum Lampedusa Solidale 
Invito al premier Draghi per un nuovo sguardo sui diritti umani negati
A Lampedusa conosciamo le vere storie di migranti

 

la sua recente dichiarazione a proposito della garanzia dei salvataggi «in acque territoriali italiane» è – oltre che discutibile – totalmente illogica e contraria a quanto stabilito dalla normativa internazionale in tema di soccorso e salvataggio, oltre che in netto contrasto con la Costituzione e con il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo

Caro presidente Mario Draghi,

da mesi tutte le parti politiche, i media e i tecnici ribadiscono le altissime aspettative intorno al suo operato e quello dell’esecutivo che lei guida. A fronte di tanto apprezzamento dobbiamo però confidarle la nostra delusione e, non lo nascondiamo, a tratti anche la nostra indignazione per alcune scelte, non solo lessicali, riguardo al tema immigrazione. Le chiediamo la pazienza di leggerci e speriamo in una sua risposta. Noi viviamo a Lampedusa e sicuramente nessuno di noi vanta un curriculum paragonabile al suo né a quello dei suoi collaboratori. Tuttavia abbiamo esperienza, perché da anni siamo testimoni di ciò che avviene sulla frontiera.

Comprendiamo che nessuno può sapere tutto e sicuramente sul tema lei deve essersi affidato a collaboratori e consulenti che, è nostra opinione, la stanno esponendo a una interpretazione dei fatti che, sempre a nostro avviso, proprio per la considerazione di cui lei gode, non si addice alla sua riconosciuta statura morale, ancor prima che intellettuale. La prima cosa che vivere su quest’isola ci ha insegnato è che chi tenta di arrivare in Europa non è ‘UN’ pericolo ma è ‘IN’ pericolo. Ma quanto costa gestire la frontiera nell’ottica esclusivamente securitaria e di esternalizzazione?

La sua recente dichiarazione a proposito della garanzia dei salvataggi «in acque territoriali italiane» è – oltre che discutibile – totalmente illogica e contraria a quanto stabilito dalla normativa internazionale in tema di soccorso e salvataggio, oltre che in netto contrasto con la Costituzione e con il riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo. Noi in questi anni abbiamo imparato a conoscere i nomi di uomini, donne bambini affogati nel Mediterraneo. Abbiamo partecipato alle sepolture di chi sulla propria tomba non ha neanche un nome.

Lei, presidente, conosce alcune di queste storie?

Ha mai ascoltato, come noi, i loro terrificanti racconti? Ecco perché ringraziare la sedicente ‘Guardia costiera libica’ per la cattura dei naufraghi in mare, secondo noi e secondo quanto riportato ancora in questi giorni nei report delle Nazioni Unite e della Procura presso il Tribunale internazionale dell’Aja, vuol dire ringraziare dei carnefici. Anche per questa ragione riteniamo che lei debba domandarsi se stringere accordi con i governi della Libia o della Tunisia, pagando miliardi di euro per delegare ad altri il lavoro sporco dei respingimenti, oltre che essere una strategia che non funziona, non fa altro che alimentare i crimini e legittimare i criminali.

Lo sa che bloccare le navi delle Ong nei porti non ha alcun effetto deterrente sulle partenze, ma aumenta il numero dei morti e sottrae testimoni alle tragedie del Mediterraneo? È a conoscenza del fatto che le 130 persone affogate il 23 aprile scorso sono rimaste per oltre 48 ore in vana attesa che qualcuno prestasse loro soccorso, nella piena consapevolezza delle autorità europee, compresa l’Italia? La Procura dell’Aja ha definito quella tragedia come «un crimine». Quei naufraghi si trovavano in acque internazionali; se dovesse accadere ancora l’Italia continuerà a disinteressarsi ai salvataggi pur avendo i mezzi per poter intervenire? Diverse chiese e comunità di fede hanno espresso preoccupazione per i diritti delle persone e anche papa Francesco, proprio riguardo a quella strage, ha chiesto di pregare «per coloro che possono aiutare ma preferiscono guardare da un’altra parte». Ma quale sarà il giudizio storico di tali condotte? Noi sappiamo che l’unica soluzione possibile per porre immediatamente fine a tutto ciò è aprire immediatamente canali legali e sicuri di ingresso in Europa; ripristinare un meccanismo certo di soccorso e sbarco in un luogo sicuro, come richiesto dalle Nazioni Unite, e tornare a presidiare il Mediterraneo, anche nell’interesse dei nostri tanti pescatori. Le chiediamo perciò di voler rispondere a queste nostre domande, e la invitiamo a venire a Lampedusa, dove potrebbe ascoltarci e ascoltare le storie che ci impediscono di restare in silenzio.

Forum Lampedusa Solidale

Il Forum Lampedusa Solidale nasce nel 2015 dall’incontro di associazioni, movimenti ecclesiali, organizzazioni di volontariato, parrocchiani, donne e uomini della società civile che condividono sia il desiderio di riappropriarsi dei luoghi, fisici e sociali, dell’accoglienza, sia la volontà di attivare percorsi di partecipazione per la cura dell’intera comunità isolana. L’attività svolta dal Forum non si limita, infatti, alla mera distribuzione di beni ai migranti che sull’isola approdano, ma punta a creare una rete di competenze e di servizi per chiunque sull’isola viva o si trovi a passare per qualsiasi motivo, formulando proposte e realizzando pratiche in grado di dare risposte concrete alle necessità e alla dignità degli stranieri e della comunità che li ospita.

il sogno di papa Francesco di un’Europa sanamente laica

la lettera del papa all’Europa:

sii te stessa, ritrova i tuoi ideali


nella lettera al cardinale Parolin sulla Unione Europea:
“Sogno un’Europa sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma 

Il Papa all'Europa: sii te stessa, ritrova i tuoi ideali

L’Europa ha avuto e deve ancora avere “un ruolo centrale”: lo sottolinea papa Francesco in una lettera al cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in occasione di alcuni anniversari: il 40° anniversario della Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea, il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e l’Unione Europea e il 50° anniversario della presenza della Santa Sede come Osservatore Permanente al Consiglio d’Europa.

IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA DEL PAPA

“Tale ruolo – sottolinea il Pontefice parlando dell’Europa – diventa ancor più rilevante nel contesto di pandemia che stiamo attraversando. Il progetto europeo sorge, infatti, come volontà di porre fine alle divisioni del passato. Nasce dalla consapevolezza che insieme e uniti si è più forti, che l’unità è superiore al conflitto e che la solidarietà può essere uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita”.

“Nel nostro tempo che sta dando segno di ritorno indietro, in cui sempre più prevale l’idea di fare da sé, la pandemia – dice il Papa – costituisce come uno spartiacque che costringe a operare una scelta: o si procede sulla via intrapresa nell’ultimo decennio, animata dalla tentazione all’autonomia, andando incontro a crescenti incomprensioni, contrapposizioni e conflitti; oppure si riscopre quella strada della fraternità, che ha indubbiamente ispirato e animato i Padri fondatori dell’Europa moderna, a partire proprio da Robert Schuman“.

Il Papa lancia, quindi, un appello all’Europa affinché ritrovi sé stessa. “All’Europa allora vorrei dire: tu, che sei stata nei secoli fucina di ideali e ora sembri perdere il tuo slancio, non fermarti – scrive il Papa nel messaggio al Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, per condividere con lui delle riflessioni in occasione delle celebrazioni di alcuni anniversari – a guardare al tuo passato come a un album dei ricordi. Nel tempo, anche le memorie più belle si sbiadiscono e si finisce per non ricordare più. Presto o tardi ci si accorge che i contorni del proprio volto sfumano, ci si ritrova stanchi e affaticati nel vivere il tempo presente e con poca speranza nel guardare al futuro. Senza slancio ideale ci si riscopre poi fragili e divisi e più inclini a dare sfogo al lamento e lasciarsi attrarre da chi fa del lamento e della divisione uno stile di vita personale, sociale e politico”.

“Europa, ritrova te stessa! Ritrova dunque i tuoi ideali – prosegue il Papa – che hanno radici profonde. Sii te stessa!”

“Non avere paura della tua storia millenaria che è una finestra sul futuro più che sul passato. Non avere paura del tuo bisogno di verità che dall’antica Grecia ha abbracciato la terra, mettendo in luce gli interrogativi più profondi di ogni essere umano; del tuo bisogno di giustizia che si è sviluppato dal diritto romano ed è divenuto nel tempo rispetto per ogni essere umano e per i suoi diritti; del tuo bisogno di eternità, arricchito dall’incontro con la tradizione giudeo-cristiana, che si rispecchia nel tuo patrimonio di fede, di arte e di cultura”.

Sogno un’Europa sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non contrapposti. Una terra aperta alla trascendenza, in cui chi è credente sia libero di professare pubblicamente la fede e di proporre il proprio punto di vista nella società” scrive ancora papa Francesco nella Lettera al cardinale Parolin.

“Sono finiti i tempi dei confessionalismi, ma – si spera – anche quello di un certo laicismo che chiude le porte verso gli altri e soprattutto verso Dio, poiché è evidente che una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza, non rispetta adeguatamente la persona umana. I cristiani hanno oggi una grande responsabilità: come il lievito nella pasta, sono chiamati a ridestare la coscienza dell’Europaper animare processi che generino nuovi dinamismi nella società. Li esorto dunque a impegnarsi con coraggio e determinazione a offrire il loro contributo in ogni ambito in cui vivono e operano”.

contro il cardinale Viganò – lettera di suor A. Potente

lettera aperta a monsignor Carlo Maria Viganò

Siamo profondamente indignate per le parole che lei, cristiano e vescovo, ha espresso in appoggio al presidente Trump, fautore di una politica che, in questi ultimi mesi, si è mostrata sempre più discriminatoria e violenta, sia nell’emergenza sanitaria, sia in questi ultimi fatti di razzismo.

Ci sembra che usare le Scritture per giustificare la politica violenta del presidente Trump è come dare le “perle ai porci” secondo le parole evangeliche: Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe (cfr. Mt 7,6). Il linguaggio che lei usa nel suo messaggio al presidente degli Stati Uniti (vedi lettera del 7 giugno 2020) per noi donne, cristiane e religiose domenicane, ci allibisce ma allo stesso tempo ci provoca a prendere le distanze e a denunciare l’ambiguità del suo pensiero e della sua posizione; trattandosi inoltre, di un linguaggio dualista e discriminatorio.

Non ci rassegniamo a pensare che un membro del Magistero della chiesa cattolica possa usare le Scritture per sostenere tale politica che va contro ogni principio evangelico. Avevamo già deplorato la sua richiesta di dimissioni di papa Francesco, ma ora ci sembra una vera e propria bestemmia usare il termine biblico “figli della luce” per dichiarare che Trump e anche lei e tutto il suo entourage, siete vittime di particolari complotti ecclesiali e sociopolitici. Negare l’evidenza di questi ultimi avvenimenti razzisti da parte di membri della polizia, appoggiati e difesi dallo stesso presidente Trump, lo reputiamo contrario al vangelo. I figli della luce, di cui lei tanto parla, sono coloro che nella luce camminano, vedono e con parresia denunciano ciò che vedono.

Sulle labbra di Gesù di Nazaret, dei suoi primi discepoli e discepole, non si è mai trovato beati i forti, i prepotenti, gli oppressori, ma beati gli umili, i miti, gli amanti della giustizia e della pace, pur nella precarietà della condizione umana e storica. Non riusciamo a comprendere come lei possa dimenticarsi di questo messaggio ed estrapolare il linguaggio giovanneo di luce e tenebre, per appoggiare un governo così violento come è l’attuale governo degli Stati Uniti. Violento in parole (basta vedere i messaggi del presidente Trump negli ultimi giorni) e in opere. E questo non solo all’interno degli Stati Uniti ma anche nella politica mondiale, nei rapporti internazionali, persino nel volersi appropriare di un vaccino che come ogni metodo di cura, dovrebbe essere patrimonio dell’umanità. Siamo davvero allibite, ma allo stesso tempo siamo fiduciose che questi rigurgiti di razzismo, che lei attribuisce -facendo una grande confusione- ai figli delle tenebre, non trovino spazio nell’animo umano e soprattutto in quello di donne e uomini che soffrono. Noi, donne religiose ci sentiamo davvero “figlie di Eva”, ma non secondo la metafora usata da lei. Anzi, pensiamo che certi atteggiamenti, così come il linguaggio che lei usa, non sono alimentati dai figli di Eva come lei dice, ma da una mentalità omofoba e dunque discriminatoria, come mostra il Presidente Trump da lei appoggiato. Sappia che anche noi preghiamo per Trump e per il suo Paese, ma non con la stessa intenzione da lei auspicata. Noi preghiamo come donne di fede, con le stesse parole che la vera tradizione biblica ci ha insegnato: chiediamo di collaborare perché gli umili e non i ricchi vengano esaltati; chiediamo che non esistano più potenti e prepotenti che umiliano e che distruggono la speranza dei popoli. Quindi preghiamo anche per Trump e anche per lei che dice di sostenerlo. Sia chiaro però, che noi stiamo dalla parte dei più deboli e oppressi certe che solo a loro è stata rivelata la sapienza che i dominatori di questo mondo non hanno potuto conoscere (cfr 1 Cor 2,8)

papa Francesco tira le orecchie ai vescovi italiani e un monaco di rilievo li invita ad una maggiore aderenza al vangelo

con una tempestività eloquente papa Francesco invoca il Signore perché dia ‘prudenza ‘ al suo popolo e lo renda capace di ‘obbedienza’ alle disposizioni per la fine della quarantena

ai nostri vescovi non fischiano forte gli orecchi?

papa Francesco rompe il silenzio sulla fase 2 del post-coronavirus e chiede ai cattolici di obbedire alle regole del governo:

«In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni»

poche parole ma eloquenti prima della messa celebrata a Santa Marta per fare capire che occorre procedere per gradi

 

 

qui sotto la lettera che un noto e stimato monaco scrive ad un vescovo per scrivere a tutti i vescovi italiani perché siano mossi meno dalla difesa di privilegi ‘cattolici’ e più da motivazioni ‘evangeliche’

lettera a un vescovo

di fr. MichaelDavide Semeraro
in “www.finesettimana.org” del 27 aprile 2020

fratel MichaelDavide Semeraro è monaco benedettino dal 1983. Dopo i primi anni di formazione monastica ha conseguito il Dottorato in Teologia Spirituale presso l’Università Gregoriana di Roma. Nel suo servizio di intelligenza della fede e di accoglienza della vita, cerca di coniugare la sua esperienza monastica con l’ascolto delle tematiche che turbano e appassionano il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Carissimo Vescovo,

permettimi di condividere con te la riflessione di questa mattina. Penso alla reazione forte della CEI alla dichiarazione del Presidente del Consiglio circa la famigerata “fase 2”. Se ho capito bene, si invoca la “libertà di culto” per reagire alla delusione del mantenimento delle restrizioni circa le celebrazioni liturgiche con la sola eccezione per i funerali. Non ritengo assolutamente di conoscere l’insieme della questione e non penso di avere né soluzioni da proporre, né approcci più saggi di quello di chi è costituito in autorità nella Chiesa. Ma condivido con te questa suggestione che mi è salita dal cuore passando dalle “ultime notizie” all’angolo della mia cella in cui mi dedico alla Lectio divina:
Libertà di culto o libertà nel culto?
Proprio in forza del Vangelo e del mistero pasquale di Cristo Signore, ciò che ci caratterizza non è solo la libertà di culto, ma anche la libertà da un certo culto, che permette di maturare un bene cristiano prezioso: una libertà nel culto. Se con le altre religioni condividiamo la giusta rivendicazione della libertà di culto per tutti, precipuo di ciò che il Cristo ci ha “guadagnato” è che la nostra pratica di fede non si identifica con il culto. In alcuni momenti, il culto si può trascendere, senza venir meno alla fedeltà discepolare. Un miracolo che era avvenuto fin qui era la serena alleanza tra la Chiesa, lo Stato e persino la scienza. Gli unici che si sono opposti a questa serena assunzione di responsabilità sono stati i tradizionalisti e quei politici stigmatizzati da papa Francesco in Gaudete et Exsultate 102. Taluni invocano la “religio” e la “christianitas”, ma così poco conoscono del profumo sottile e sempre eccedente del Vangelo di Cristo. Mi auguro vivamente che i vescovi del nostro Paese non prestino oltre il fianco alla tentazione, in nome del culto, di perdere un appuntamento storico per rimettere al primo posto il Vangelo. Anche quando i sacramenti non possono essere celebrati, il Vangelo è sufficiente come sorgente di comunione tra i discepoli e di carità verso tutti. Spero tanto che la nostra Chiesa in Italia non ceda alla tentazione di passare dalla testimonianza appassionata, serena e creativa ad una denuncia di non riconoscimento del “diritto di culto” assumendo la postura di “perseguitata”. Questo rischia di rendere vano il grande guadagno di queste settimane difficili in cui siamo stati capaci di vivere in regime di alleanza nella consapevolezza che nessuno sa bene come comportarsi per evitare il peggio e cercare il meglio. Non penso che si possa accusare il Governo in carica della colpa di “incertezza”, quando la situazione non permette di capire l’evoluzione della pandemia. Sarebbe un peccato passare dall’accompagnamento dei fedeli a vivere serenamente le restrizioni imposte, a lanciarsi in una “crociata” sul diritto alla “libertà di culto”. Sinceramente, penso non si possa nemmeno minimamente immaginare che il nostro Governo attuale voglia calpestare la libertà di culto proprio mentre persino i nostri fratelli musulmani, nel tempo sacro del Ramadan, hanno serenamente accettato di viverlo in modo diverso. Forse è più vero che le forze politiche potrebbero approfittare di questa crepa che si è creata nelle ultime ore per far rientrare alcune pressioni tanto “cattoliche” quanto poco “evangeliche”. Penso in particolare al senso ampio della vita di fede e l’attenzione ai più poveri.

Come discepoli del Risorto possiamo andare al Tempio come facevano i primi cristiani e “spezzare il pane” a casa. Se questo non è possibile o diventa troppo pericoloso o semplicemente incerto abbiamo sempre le nostre “serene catacombe” dove con fiducia attendiamo tempi migliori senza inutili agitazioni. Il Cristo Signore ci dona, con le sue parole e i suoi gesti, di vivere il culto senza identificarci con il culto. Il dialogo magnifico tra il Signore Gesù e la Samaritana può esserci di guida, di luce, di pace. Vedo il rischio di sprecare ciò che siamo stati capaci di recuperare stupendamente in queste settimane prestando il fianco a posizioni che difendendo la religione, in realtà, hanno a cuore la preservazione di un mondo di privilegi e di egoismi.

La nostra fede in Cristo ci spinge piuttosto ad una rinuncia unilaterale ai nostri diritti per portare insieme agli ultimi i <pesi> di doveri condivisi per rendere più prossimo il Regno di Dio. Se anche fossimo gli ultimi tra gli ultimi a ritrovare la possibilità di radunarsi nelle nostre chiese, potremmo portarlo con grazia e perfino con eleganza.

Quando parla un Vescovo si esprime il Collegio dei vescovi, successori degli apostoli. Quando si parla ad un Vescovo, ci si rivolge al Collegio dei vescovi, successori degli apostoli. E’ quello che sto facendo all’alba di questo giorno nel tempo che dedico abitualmente alla Lectio divina: attraverso di te chiedo ai Vescovi della Chiesa che è in Italia di non rendere vana la libertà che Cristo ci ha conquistato con la sua morte in croce. Di questo mistero l’Eucaristia è memoria irrinunciabile. Eppure, la nostra vita di battezzati – anche senza Eucaristia – è incarnazione nella realtà che rimane più grande di ogni idea dogmatica e di pratica anche cultuale. In ultimo, mi sento di rammentare che sempre si debba vigilare nel purificare ogni presa di posizione sugli ideali e i principi, dalla nostra paura di aprirci all’inedito e al nuovo accettando anche di rinunciare alla nostra influenza e, persino, al nostro potere religioso. Ti chiedo scusa di importunarti così presto al mattino e spero tu possa accogliere la confidenza di un monaco che spera di morire cristiano. Ti chiedo di benedirmi e di correggermi se ti sembra necessario.
fr MichaelDavide

 

 

la lettera amara di un nonno in attesa di morire: “senza cuore siamo solo numeri”

 

la toccante lettera del nonno prima di morire per Covid-19

“nelle Rsa senza cuore siamo solo numeri”

 

una lettera commovente di un nonno ai suoi nipoti:

“se potessi tornare indietro sceglierei di morire con voi vicino”

 

 

Di seguito il testo integrale della lettera d’ addio di un anziano morto per coronavirus all’ interno di una Rsa (Residenza sanitaria assistita) dove purtroppo si sono registrati numerosi decessi e dove le persone sono morte da sole e a causa della pandemia non si è potuto neanche celebrare un funerale

Da questo letto senza cuore scelgo di scrivervi cari miei figli e nipoti. (L’ho consegnata di nascosto a Suor Chiara nella speranza che dopo la mia morte possiate leggerla). Comprendo di non avere più tanti giorni, dal mio respiro sento che mi resta solo questa esile mano a stringere una penna ricevuta per grazia da una giovane donna che ha la tua età Elisa mia cara. È l’unica persona che in questo ospizio mi ha regalato qualche sorriso ma da quando porta anche lei la mascherina riesco solo a intravedere un po’ di luce dai suoi occhi; uno sguardo diverso da quello delle altre assistenti che neanche ti salutano.
Non volevo dirvelo per non recarvi dispiacere su dispiacere sapendo quanto avrete sofferto nel lasciarmi dentro questa bella “prigione”. Si, così l’ho pensata ricordando un testo scritto da quel prete romagnolo, don Oreste Benzi che parlava di questi posti come di “prigioni dorate”. Allora mi sembrava esagerato e invece mi sono proprio ricreduto. Sembra infatti che non manchi niente ma non è così…manca la cosa più importante, la vostra carezza, il sentirmi chiedere tante volte al giorno “come stai nonno?”, gli abbracci e i tanti baci, le urla della mamma che fate dannare e poi quel mio finto dolore per spostare l’attenzione e far dimenticare tutto. In questi mesi mi è mancato l’odore della mia casa, il vostro profumo, i sorrisi, raccontarvi le mie storie e persino le tante discussioni. Questo è vivere, è stare in famiglia, con le persone che si amano e sentirsi voluti bene e voi me ne avete voluto così tanto non facendomi sentire solo dopo la morte di quella donna con la quale ho vissuto per 60 anni insieme, sempre insieme.
In 85 anni ne ho viste così tante e come dimenticare la miseria dell’infanzia, le lotte di mio padre per farsi valere, mamma sempre attenta ad ogni respiro e poi il fascino di quella scuola che era come un sogno poterci andare, una gioia, un onore. La maestra era una seconda mamma e conquistare un bel voto era festa per tutta la casa. E poi, il giorno della laurea e della mia prima arringa in tribunale. Quanti “grazie” dovrei dire, un’infinità a mia moglie per avermi sopportato, a voi figli per avermi sempre perdonato, ai miei nipoti per il vostro amore incondizionato. Gli amici, pochi quelli veri, si possono veramente contare solo in una mano come dice la Bibbia e che dire, anche il parroco, lo devo ringraziare per avermi dato l’assoluzione dei miei peccati e per le belle parole espresse al funerale di mia moglie. Ora non ce la faccio più a scrivere e quindi devo almeno dire una cosa ai miei nipoti… e magari a tutti quelli del mondo.
Non è stata vostra madre a portarmi qui ma sono stato io a convincere i miei figli, i vostri genitori, per non dare fastidio a nessuno. Nella mia vita non ho mai voluto essere di peso a nessuno, forse sarà stato anche per orgoglio e quando ho visto di non essere più autonomo non potevo lasciarvi questo brutto ricordo di me, di un uomo del tutto inerme, incapace di svolgere qualunque funzione.
Certo, non potevo mai immaginare di finire in un luogo del genere. Apparentemente tutto pulito e in ordine, ci sono anche alcune persone educate ma poi di fatto noi siamo solo dei numeri, per me è stato come entrare già in una cella frigorifera. In questi mesi mi sono anche chiesto più volte: ma quelli perché hanno scelto questo lavoro se poi sono sempre nervosi, scorbutici, cattivi? Una volta quell’uomo delle pulizie mi disse all’orecchio: “Sai perché quella quando parla ti urla? Perché racconta sempre di quanto era violento suo padre, una così con quali occhi può guardare un uomo?”. Che Dio abbia pietà di lei. Ma allora perché fa questo lavoro? Tutta questa grande psicologia, che ho visto tanto esaltare in questi ultimi decenni, è servita solo a fare del male ai più deboli? A manipolare le coscienze e i tribunali? Non voglio aggiungere altro perché non cerco vendetta.
Ma vorrei che sappiate tutti che per me non dovrebbero esistere le case di riposo, le Rsa, le “prigioni” dorate e quindi, si, ora che sto morendo lo posso dire: mi sono pentito. Se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi restare con voi fino all’ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto arrugginito e quindi anche pericoloso. Questo coronavirus ci porterà al patibolo ma io già mi ci sentivo dalle grida e modi sgarbati che ormai dovrò sopportare ancora per poco…l’altro giorno l’infermiera mi ha già preannunciato che se peggioro forse mi intuberanno o forse no.
La mia dignità di uomo, di persona perbene e sempre gentile ed educata è stata già uccisa. Sai Michelina, la barba me la tagliavano solo quando sapevano che stavate arrivando e così il cambio. Ma non fate nulla vi prego…non cerco la giustizia terrena, spesso anche questa è stata così deludente e infelice. Fate sapere però ai miei nipoti (e ai tanti figli e nipoti) che prima del coronavirus c’è un’altra cosa ancora più grave che uccide: l’assenza del più minimo rispetto per l’altro, l’incoscienza più totale.
E noi, i vecchi, chiamati con un numeretto, quando non ci saremo più, continueremo da lassù a bussare dal cielo a quelle coscienze che ci hanno gravemente offeso affinché si risveglino, cambino rotta, prima che venga fatto a loro ciò che è stato fatto a noi.

una lettera immaginaria della Madonna a Gesù Bambino per la sua nascita … e a noi

la lettera di “Maria” al Figlio, duemila anni dopo

una lettera immaginaria della Madonna a Gesù Bambino per la sua nascita e a noi

don Francesco Cosentino

 

Mi sembra ieri. Vibravi dentro di me e ancora non immaginavo nulla della splendida avventura in cui Dio mi stava trascinando. Un figlio ti cambia la vita per sempre, perché è il miracolo partorito dalle tue viscere. Ma, nel mio caso, fu sconvolgente.

Vivevo una specie di sogno celeste, con il tremore di chi era stata sorpresa da una luce che veniva dall’alto, ma doveva comunque fare i conti con le pentole della cucina e la roba da rassettare. E, nel frattempo, tu crescevi. In silenzio ti guardavo diventare uomo e lacrime di stupore e di gioia solcavano il mio viso, mentre dolcemente pronunciavo il tuo nome.

Non immaginavo ancora, che la luce che aveva squarciato le finestre della mia povera casa di Nazareth e spalancato le porte del mio cuore a Dio, sarebbe stata presto oscurato dall’incomprensione, dall’ostilità e dalla violenza degli uomini. Ma intanto crescevi. Aiutavi tuo padre nella bottega, giocavi con gli altri ragazzi, godevi spensierato dei semplici giorni del villaggio, ma, allo stesso tempo, a volte ti facevi serio e osservavi l’orizzonte. Avevi già nel cuore il desiderio di raggiungere tutti, di sanare le ferite, di rialzare i caduti, di piantare l’amore nelle viscere della storia. Figlio mio, ma in realtà figlio dell’umanità. Ben presto non più mio, ma pane per coloro che avevano fame.

Ecco, caro Figlio, anche oggi stai per nascere. Il tuo Natale, oggi, è diventato una festa di luci, un tripudio di colori e una melodia di nenie. Eppure, ancora una volta, ti troverà soprattutto chi saprà visitare la semplicità e la povertà della grotta, chi imparerà il ritmo del battito del tuo cuore proprio come ho fatto io appena ti ho sentito nel grembo, chi darà alla luce sogni di pace e di futuro, portando avanti quella promessa di liberazione di cui mi parlò l’Angelo quando mi annunciò la tua venuta.

È Natale, amati compagni di cammino. Dopo duemila anni, con il cuore di Madre, vorrei invitarvi a preparare bene la Sua venuta.

È Natale se vi spogliate della pretesa di farcela da soli e imparate a tendere la mani a questo Bambino. Se non avete paura di entrare anche voi nella grotta, dove a volte la fatica, la stanchezza, il buio vengono a sorprendervi e pare che non ci sia più nulla per cui valga la pena impegnarsi, mentre l’aurora di Dio sta già nascendo dentro di voi.

È Natale, se al di là di tutto, voi sapete ritrovare il senso vero della famiglia. Fermarsi, ascoltarsi, parlarsi. Ma anche abbracciarsi, con quel calore dell’amore di Dio per mettere in circolo la rivoluzione della tenerezza. Rompete i muri dell’egoismo, vincete le resistenze, superate quei silenzi mortali e, finalmente, datevi un abbraccio vero. Non importa se siete rotti, spezzati, piegati; non siete una famiglia perfetta quando la vostra casa, le situazioni di ogni giorno e il conto in banca sono a posto, ma quando avete il coraggio di amarvi sempre e di nuovo, e di sapervi stringere in un abbraccio.

È Natale se vi prendete cura della madri e delle donne, ancora fin troppo silenziate, maltrattate e violentate, mentre invece sono loro a generare la vita.

È Natale, se sapete accogliere il Bambino negli occhi di tutti i bambini. Ricordatevi del Vangelo: sono innocenti, sono angeli e guai a chi li scandalizza, li turba, li umilia, li ferisce.

È Natale se vi impegnate a cercare e trovare Dio non solo in questo freddo giorno di dicembre, ma nelle cose ordinarie di ogni giorno, nei luoghi che frequentate e nell’impegno del vostro lavoro, nei bilancio della vita che faticate a portare avanti. Perché voi lo sapete, per una strana scelta della Provvidenza Divina, questo Figlio è nato da una povera fanciulla di Nazareth, il più sperduto dei paesi. Se Dio ha fatto in me grandi cose, può farle anche in voi.

Lo accarezzavo sempre quando era Bambino. Fatelo anche voi in questo Natale, con atteggiamento materno: date alla luce il sogno di Dio, magari accarezzando chi è solo, chi è ammalato, chi è deluso, chi è triste, chi si è fermato.

Ogni volta che accogliete mio Figlio, il mio cuore si commuove come nel giorno dell’Annunciazione. Aprite il Vangelo, ascoltatelo e parlate con Lui. Nelle vostre case, in questo Natale, accendete una candela sul tavolo e sedetevi tutti attorno: mamme, papà, figli, nonni. E gustate la bellezza dell’amore di Dio nel silenzio del cuore e nello sguardo innamorato che voi sapete darvi.

Ve lo auguro, con cuore di Madre.

contro la deriva pericolosa del populismo “intellettuali di titto il mondo unitevi”

LETTERA DI UNA PROFESSORESSA

“intellettuali di tutto il mondo unitevi, contro la deriva pericolosa del populismo e della miseria”

“non ho vissuto l’età dei totalitarismi, l’età della morte del pensiero critico, ma oggi più che mai posso considerare quanto sia pericoloso il sonno della ragione”

da  Huffington Post

 

 la lettera di una professoressa, Antonella Botti, che esprime preoccupazione per la piega odierna del dibattito politico

 

Non ho vissuto l’età dei totalitarismi, l’età della morte del pensiero critico ma oggi più che mai posso considerare quanto sia pericoloso il sonno della ragione. Nell’età del ritorno dei Malvolio di montaliana memoria un semplice prendere le distanze non può bastare, non è piu possibile una “fuga immobile” anzi può rappresentare una scelta immorale, un disimpegno colpevole. Oggi non è più tempo di tacere, è tempo di prendere una posizione perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio le grandi conquiste culturali del secondo dopoguerra. La cooperazione internazionale, la democrazia, l’integrazione, la tolleranza non possono essere valori negoziabili. 

Quello che maggiormente preoccupa non è il ristretto e circoscritto disegno politico di Salvini ma la constatazione dei consensi numerosi che colleziona, non è di Di Maio che mi preoccupa e del suo serbatoio di voti “protestanti”, ma la constatazione che la protesta sinistroide abbia consegnato il paese ad una destra becera e livida e che una larga fetta anche di intellettuali non si sia resa ancora conto che si è prostituita alla peggiore delle destre, non a quella progressista e europeista, ma alla destra razzista e violenta di Salvini. Ad una destra incapace di cogliere i segni del tempo, incapace di progettare un mondo di uomini in grado di vivere insieme pacificamente nella consapevolezza che ogni vero progresso raggiunge la sua pienezza col contributo di molti e con l ‘inclusione di tutti, seguendo l’insegnamento terenziano alla base della nostra cultura occidentale: “Homo sum humani nihil a me alienum puto”.

Appartengo al mondo della formazione, sto, pertanto, in trincea a contatto con una generazione vivace, intelligente, elettronica e “veloce” che “vivendo in burrasca” rischia di precipitare nel baratro dell’indifferenza o, nella peggiore delle ipotesi, dell’intolleranza, dell’aggressività pericolosa e ignorante.

Questi stessi giovani, invece, meritano di essere salvati, meritano una cultura in grado di coniugare pathos e logos, una cultura che percepisca l ‘uomo come fine e non come mezzo, che consideri l'”altro da sé” una risorsa importante giammai una minaccia.

Nell’età delle interconnessioni non c ‘è niente di più assurdamente anacronistico dei muri e dei silenzi colpevoli. È solo nelle DIVERSITÀ che si può cogliere il vero senso della BELLEZZA e l’essenza di un impegno costruttivo che non è mai discriminante ma sempre inclusivo, totalizzante e interdipendente.

Non è neanche questione di destra o di sinistra, di rosso o nero ma il problema è, soprattutto, di carattere culturale. La vera emergenza è quella di costruire un argine contro ogni forma di populismo, contro la xenofobia, contro i nuovi razzismi in nome di una società civile che riparta dall’UOMO, non prima dall’uomo Italiano, né come in passato prima dall’uomo della Padania, ma dall’UOMO in quanto umanità È necessario che in ogni campo sia politico che economico, culturale e sociale non si perda mai di vista l’uomo, la sua dignità, il suo inestimabile valore e, al di là di ogni faglia e filo spinato, lo si consideri il fine ultimo di ogni progetto.

INTELLETTUALI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI,

c’è molto da fare, a partire dalla formazione scolastica. Se uniti si costituirà una forza inarrestabile, la forza della cultura, la sola che possa costituire un argine autentico contro la deriva pericolosa del populismo e della miseria, principalmente di quella della mente e dello spirito.

una lettera a papa Francesco nel momento in cui è pugnalato alla schiena

carissimo Francesco,

nel settembre 2015, intervistato da una radio portoghese, ti chiedevi come sarebbe stata la tua croce. Eccola, o almeno eccone una. Dopo le prime avvisaglie dei mesi scorsi, hai ricevuto la risposta che desideravi. È la croce più bella, la più gloriosa. È quella dei profeti, la stessa del Salvatore: il discredito operato dalla gerarchia dei dossier, il sinedrio che si riprende la rivincita sulla benevolenza dimostrata dal popolo. La burocrazia che rimette sotto sequestro il carisma, confermando l’impossibilità (con l’azione di un singolo -anche se Papa- e dall’alto) di riuscire a sanare la corruzione morale diventata struttura e sistema. Ci vorrebbe una rivolta della base, ma la base è abituata ad obbedire nel senso di adulare, e non di ascoltare. Quindi si farà stordire, rimarrà alla finestra e dopo ti abbandonerà. Sbadigliante e balbettante, come sempre. Incapace di analizzare oggettivamente e restia a schierarsi, per non perdere le piccole sicurezze.  E noi, invece, gioiamo per te, perché in questa solitudine (anche se apparentemente amara) l’Amore di Dio si manifesterà ancora più potentemente nella tua vita, ormai purificata da applausi, selfie, e pubblici riconoscimenti. Potrai lasciare ogni tentennamento, ogni concessione al poco evangelico “politicamente corretto” ed essere radicale, come desideri e come lo Spirito ti suggerisce. Potrai girare la piramide secondo le disposizioni del Concilio Vaticano II. Potrai riportare la Chiesa nelle strade a farsi salvare dagli oppressi e a denunciare l’iniquità sociale. Potrai seguire l’esempio del Santo di Assisi e liberare la Chiesa dal demone della ricchezza e dei privilegi. Potrai spingerci ad entrare, finalmente, nel Nuovo Testamento, quello dei due comandamenti dell’Amore, del volto autentico di Dio: Misericordia e Compassione. Potrai contribuire a guarire la Chiesa dal maschilismo coinvolgendo e responsabilizzando davvero le donne e a guarirla dal clericalismo coinvolgendo e responsabilizzando davvero i c.d. laici.

Coraggio Francesco!

Scruta i segni dei tempi ed interpretali alla luce del Vangelo (GS,4) e non del diritto canonico. È questo il tempo opportuno: il Signore invita i testimoni a subentrare ai funzionari.

Ti ringraziamo perché hai restituito la cittadinanza nella Chiesa a quelli come noi che fanno dell’opzione preferenziale per i poveri l’unica ragione di vita.

E ringraziamo Dio perché i nostri occhi hanno potuto vedere l’Evangelii Gaudium, la Laudato Si’, e i venerdì della misericordia. E sappiamo che molte persone, in passato, avrebbero voluto vedere e ascoltare queste cose e non le hanno potute vedere ed ascoltare (Mt 13, 16-17).
Anche per questo, affidandoti a Maria e a Santa Teresa di Gesù Bambino, chiediamo al Signore di benedirti.

Un abbraccio
da Altranarrazione
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