Gesù bambino scrive ai bambini

 

Boff

 

Leonardo Boff scrive a Gesù Bambino sul materialismo del Natale

 

Il materialismo di Babbo Natale e la spiritualità di Gesù Bambino

 

Un bel giorno, il Figlio di Dio volle sapere come andavano i bambini e le bambine, che una volta, quando era tra noi, “toccava e benediceva”, e aveva detto: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di loro è il Regno di Dio “(Lc 18, 15-16).

Come negli antichi miti, salì su un raggio del cielo e arrivò sulla Terra qualche settimana prima di Natale. Prese la forma di uno spazzino che puliva le strade. Così poteva vedere meglio i passanti, i negozi tutti illuminati e pieni di cose avvolte a mo di regalo e soprattutto le sue sorelle e i suoi fratelli più piccoli che passavano lì, mal vestiti e molti di loro affamati, chiedendo le elemosine. Si rattristò moltissimo perché si rese conto che quasi nessuno dava ascolto alle parole che lui aveva detto: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, è me che accoglie” (Marco 09:37).

Vide pure che quasi nessuno parlava del Bambino Gesù che nella notte di Natale veniva di nascosto per portare doni a tutti i bambini. Il suo posto era stato preso da un vecchietto bonaccione, vestito di rosso, con un sacco sulle spalle e con la barba lunga che gridava stupidamente per tutto il tempo: “Oh, Oh, Oh, Babbo Natale è qui” Sì, nelle strade e nei grandi magazzini c’era lui che abbracciava i bambini e prendeva dal suo sacco i doni che i loro genitori avevano acquistato e messo li dentro. Dicono che è arrivato da lontano, dalla Finlandia, in sella a una slitta trainata da renne. La gente si stava pian piano dimenticando di un altro vecchietto, questo si davvero buono: San Nicola. Di famiglia ricca, a Natale faceva regali ai bambini poveri dicendo che era il bambino Gesù che glieli inviava. Di tutto questo nessuno parlava. Solo si parlava di Babbo Natale, inventato non più di cento anni fa.

Altrettanto triste come vedere bambini abbandonati per la strada, era vedere come si instupidivano, sedotti dalle luci e dal bagliore dei regali, dai giocattoli e da mille cose che padri e madri sono soliti comprare per regalare durante la cena del Natale.

Gli annunci pubblicitari, molti ingannevoli, se gridano ad alta voce, suscitando il desiderio dei piccoli che poi corrono dai genitori chiedendo loro di acquistare ciò che hanno visto. Il Bambino Gesù, travestito da spazzino, si rese conto che ciò che gli angeli cantarono di notte nei campi di Betlemme “vi annuncio una gioia che sarà di tutto il popolo, perché oggi vi è nato un Salvatore … Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini di buona volontà” (Lc 2, 10-14), ormai non significava nulla. L’amore era stato sostituito da oggetti e l’allegria di Dio, che si è fatto bambino, era scomparsa in nome del piacere di consumare.

Triste, sali su un altro raggio celeste, ma prima di tornare in cielo, lasciò scritta una letterina per le bambine e i bambini. La trovarono sotto le porte delle case e soprattutto nelle baraccopoli delle colline della città, chiamate favelas.

La letterina diceva cosi:

Cari fratellini e sorelline:

presepe-tuttacronaca

Se guardando il presepe e vedendo lì il Bambino Gesù, con Giuseppe e Maria, vi riempite della fede in Dio che si fece bambino, un bambino come ognuno di voi, e che è il Dio-fratello che è sempre con noi…

Se riuscite a vedere negli altri bambini, e soprattutto nei più poveri, la presenza nascosta di Gesù bambino che nasce dentro di loro…

Se siete in grado di far rinascere il bambino nascosto dentro i vostri genitori e negli altri adulti che conoscete, perche risorga in loro l’amore, la tenerezza, la cura e l’amicizia invece di molti doni…

Se guardando il presepe e vedendo Gesù mal vestito, quasi nudo, vi ricordate di tanti altri bambini altrettanto mal vestiti, e vi fa male nel fondo del cuore questa situazione disumana e vorreste condividere con loro quello che possedete, e vorreste fin d’ora cambiare queste cose quando sarete grandi perche non ci siano più bambini che piangono di fame e di freddo…

Se quando scoprite i tre Re Magi che portano doni al Bambino Gesù ritenete che anche i re, i capi di stato e altre persone importanti dell’umanità arrivano da tutto il mondo per contemplare la grandezza nascosta di quel Bambinello che piange sopra la paglia…

Se vedendo nella natività il bue, l’asinello, le pecore, le caprette, i cani, i cammelli e l’elefante, pensate che l’universo intero è anche illuminato dal Bambino Divino e che tutto, stelle, soli, galassie, pietre, alberi, pesci, animali e noi esseri umani, formiamo la Grande Casa di Dio…

Se guardate il cielo e vedete la stella con la sua coda luminosa e ricordate che c’è sempre su di voi una Stella come quella di Betlemme, che vi accompagna, vi illumina, e vi propone i cammini più belli…

Se tendete bene le orecchie e ascoltate tramite i sensi interiori una musica soave e celestiale, come quella degli angeli nei campi di Betlemme, che annunciava la pace sulla Terra…

Sappiate allora che io, il Bambino Gesù, sto nascendo di nuovo e rinnovando il Natale. Sarò sempre vicino, camminando con voi, piangendo con voi e giocando con voi, fino al giorno in cui tutta l’umanità e l’universo, arriverà alla casa di Dio, che è Padre e Madre di bontà infinita, per stare insieme eternamente felici come una grande famiglia riunita.

Firmato: Gesù Bambino

Betlemme, 25 dicembre dell’anno 1

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maggi e antonelli commentano il vangelo

p. Maggi

SIAMO VENUTI DALL’ORIENTE PER ADORARE IL RE 

6 gennaio Epifania del Signore

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi

Mt 2,1-12

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da

oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto

spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato

e con lui tutta Gerusalemme.

Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui

doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per

mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città

principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui

era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente

sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad

adorarlo».

Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché

giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono

una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si

prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e

mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro

paese.

Nella festa dell’Epifania la chiesa ci presenta il testo di Matteo nel quale si annunzia l’amore universale

di Dio per tutta l’umanità. Questo amore universale non intende soltanto l’estensione, cioè ovunque, ma

la qualità di questo amore, per tutti.

Vediamo allora il capitolo 2 di Matteo.

 

“Nato Gesù a Betlemme di Giudea al tempo del Re Erode …”, e

qui l’evangelista richiama l’attenzione. Infatti, con un avverbio, coglie la sorpresa di quanto avviene.

“Ecco”,

quando l’evangelista adopera questo avverbio ‘ecco’ è sempre per una sorpresa, “alcuni maghi

vennero da oriente”.

Questo episodio è stato talmente sconcertante e talmente imbarazzante per la

chiesa primitiva, che poi si è provveduto, man mano nel tempo, a trasformarlo quasi in un evento da

fiaba, un evento folclorico, anziché di profonda ricchezza teologica.

Perché? Con il termine mago si indicavano gli ingannatori, i corruttori, era un’attività condannata dalla

Bibbia e vista severamente dalla prima comunità cristiana. Per il dicaché, il primo catechismo della

chiesa, l’attività del mago è proibita ed è collocata tra il divieto di rubare e il divieto di abortire, e anche

nel Nuovo Testamento il mago viene visto in maniera negativa.

Eppure i primi che vengono per adorare Gesù, per accogliere Gesù, sono proprio dei maghi e per di più

pagani, quindi le persone ritenute le più lontane da Dio. I pagani non sarebbero risuscitati, i pagani non

erano degni della salvezza, e per di più sono dediti ad un’attività che la stessa Bibbia condanna. Ecco la

sorpresa.

Questo fatto è stato talmente imbarazzante che poi, nella tradizione i maghi sono diventati l’innocuo

termine ‘magi’, si è provveduto a dare loro dignità regale e a farli diventare re, in base ai doni stabilito il

numero, e stabilito anche il nome. I personaggi del presepio erano pronti a discapito della ricchezza

teologica di questo brano.

Vengono questi e dicono di aver visto spuntare la sua stella. Qual è il significato della stella? Era

credenza comune che ogni individuo, quando nasceva, aveva una stella con lui e che poi scompariva con

la sua morte. Usiamo anche noi l’espressione popolare “essere nato sotto una buona stella”, ma qui

soprattutto l’evangelista si riferisce alla profezia di Balaam, nel libro dei Numeri al capitolo 24, dove si

legge

 

“un astro sorge da Giacobbe”, una stella, “e uno scettro si eleva da Israele”.

Era la profezia con la quale si indicava prima il re Davide e poi era passata ad indicare il messia, quindi

l’evangelista vuol dire che questa è la stella che indica il segno divino della nascita del messia. Ebbene,

“All’udire questo Erode restò turbato”,

si capisce perché Erode era un re illegittimo, sospettoso di

chiunque potesse togliergli il regno.

Quindi qui è venuto a sapere che è nato il re dei Giudei, lui che ha ucciso addirittura tre figli suoi, ma

quello che è strano è che con lui si turba, si spaventa tutta Gerusalemme. Sia Erode che Gerusalemme

hanno paura per quello che stanno per perdere, Erode il trono, e Gerusalemme il tempio, l’egemonia e

l’esclusiva sulla figura di Dio.

Trono e tempio sono all’insegna del potere. Ebbene, dopo l’episodio dell’informazione sulla nascita di

questo messia, con l’intento di Erode di arrivare a scoprire il luogo dove andare ad adorarlo … è la

menzogna del potere, perché in effetti poi vedremo che deciderà di di ammazzare – andiamo al versetto

9 –

 

“Udito il re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva”.

La stella, segno divino, non brilla su Gerusalemme, che fin dall’inizio in questo vangelo, viene collocata in

una luce tetra, in una luce negativa. Gerusalemme è la città di morte, quella che uccide i profeti e gli

inviati da Dio, e la stella, segno divino, non brilla su Gerusalemme. Come Gesù risuscitato, in questo

vangelo, non apparirà mai a Gerusalemme.

2

La stella li precede esattamente come il Signore precedeva il popolo d’Israele nel cammino dell’esodo

della liberazione. “

 

Finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino”. L’evangelista è

cosciente di non star dando una indicazione storica, una cronaca. Non è possibile che una stella si fermi

su un luogo, quindi sono indicazioni teologiche, sono i segni divini.

E mentre Gerusalemme, ed Erode, hanno tremato per la paura di quello che stavano per perdere, ecco

che i pagani, e per di più dediti a un’attività rimproverata dalla Bibbia, provano una gioia grandissima per

quello che stanno per dare.

Infatti entrano, si prostrano, adorano. Quindi riconoscono in Gesù non solo il re, ma il figlio di Dio, quindi

riconoscono in lui la divinità, e dove vuole arrivare l’evangelista è la conclusione con i doni portati da

questi magi, doni che indicano che il privilegio esclusivo che Israele deteneva, ora è patrimonio di tutta

l’umanità.

Questi doni sono l’oro, incenso e la mirra. L’oro era simbolo di regalità. Ebbene, anche i pagani

entreranno a far parte non del regno di Israele, che non verrà risuscitato, ma del regno di Dio, cioè quel

regno senza confini, che è l’amore universale di Dio che non conosce confini. Quindi anche i pagani

entrano a far parte, a pieno diritto, del regno.

L’incenso era l’esclusiva dell’offerta dei sacerdoti nel tempio. Ebbene anche il privilegio di essere un

popolo di sacerdoti, il Signore aveva detto a Israele “Voi sarete un regno di sacerdoti, un popolo

sacerdotale”, laddove sacerdotale significa avere un rapporto diretto con il Signore, anche questo

privilegio che era di Israele, passa a tutta l’umanità.

Tutta l’umanità diventa popolo sacerdotale, cioè un popolo che può entrare in relazione immediata,

senza mediatori, con Dio. E infine la mirra. La mirra è il profumo della sposa verso il suo sposo, troviamo

questo nel Cantico dei Cantici. Uno dei privilegi di Israele era di considerarsi il popolo sposa di Dio, il

Signore era lo sposo, Israele la sposa.

Ebbene, anche questo privilegio, di essere considerata lo sposo di Dio, non è più esclusivo di Israele, ma

passa a tutta l’umanità. Questo è l’annunzio dell’Epifania, l’amore universale di Dio per tutta l’umanità,

nessuno si può sentire escluso da questo amore.

 

RE E MAGHI 

Alberto Maggi
Al tempo di Gesù chi erano le persone ritenute più lontane da Dio? Indubbiamente i pagani. I pagani erano disprezzati, dovevano essere sottomessi. Basti pensare che il pio salmista nel salmo 79 scrive “Signore, riversa lo sdegno sulle genti e sui regni che non invocano il tuo nome”. Quindi le persone più lontane da Dio sono i pagani. E tra i pagani qual era la categori…a di persone più disprezzata, la più ignobile? Indubbiamente quelli che esercitavano l’attività di mago, un’attività severamente proibita e condannata dalla Bibbia, dal libro del Levitico. E’ comprensibile quindi lo sconcerto, la sorpresa della comunità cristiana primitiva nel trovarsi di fronte a questa pagina di Matteo, al capitolo 2, nel quale si legge che i primi a riconoscere Gesù come Dio e Signore sono proprio dei pagani, cioè persone lontane, escluse da Dio, ma che esercitavano addirittura un’attività talmente condannata e maledetta che nel primo catechismo della chiesa cristiana che si chiama Didaché, cioè dottrina, insegnamento, l’attività del mago è proibita ed è situata tra il divieto di rubare e quello di abortire. E quindi creò sconcerto il fatto che fossero proprio dei maghi. Il termine “mago” all’epoca dell’evangelista significava “ingannatore, condannatore”. Nel Talmud si legge che “chi impara qualcosa da un mago, merita la morte”. E quindi creò grande sconcerto. Allora questo scandalo della misericordia che adesso vedremo, cioè l’amore universale di Dio, un amore universale per la sua estensione (ovunque), ma soprattutto per la qualità (per tutti), un amore dal quale nessuno, qualunque sia la sua condizione o la sua condotta, si possa sentire escluso. Tutto questo sconcertò la chiesa e cominciò anche qui in questa pagina un’operazione di annacquamento della portata teologica dell’evangelista. Anzitutto il nome. Il termine “mago” era sconveniente, era indecente, e si creò il termine neutro, insignificante, “magi”. Quindi non tre maghi, come scrive l’evangelista, ma “magi”. Poi in base ai doni viene definito il numero,re, per dare dignità a queste persone che erano soltanto dei pagani, degli ingannatori, dei corruttori,venne data loro la dignità regale, vennero poi suddivisi per razza, bianco, nero e meticcio, e infine trovarono i nomi Gasparre, Melchiorre e Baldassarre, e i personaggi dei presepi erano pronti, ma a scapito della portata teologica di questo brano. In questo brano l’evangelista scrive che: “E’ nato Gesù … Ecco”, suscita sorpresa, “alcuni maghi”, non magi, il termine greco è maghi, “vennero da oriente”. Quindi sono dei pagani e dicono di aver visto una stella. Si credeva a quell’epoca che ogni persona nata avesse una stella; lo diciamo anche noi nella lingua italiana, “essere nato sotto una buona stella”. (..)Vedremo che la stella dei maghi non brillerà su questa città, e Gesù risuscitato mai apparirà in questa città assassina e sinistra. Ebbene questi maghi continuano a seguire questo segno di Dio, questa stella, “e giungono sul luogo in cui si trovava il bambino”, ed ecco qui importante la logica che l’evangelista ci vuole trasmettere. Anzitutto provano una gioia grandissima, mentre Erode e Gerusalemme – cioè l’istituzione religiosa – sono turbati per quello che sanno che dovranno perdere, i maghi, questi pagani, sono entusiasti e pieni di gioia per quello che stanno per dare, hanno capito che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.(..)

Il Bimbo che fa tremare il Re

Nella celebrazione di ieri, dopo la lettura del vangelo, là dove si legge che “Erode cerca il bambino per ucciderlo”, mi sono chiesto ed ho chiesto ai presenti: «Perché mai Erode, armato e potente, dovrebbe aver paura di un Bambino, debole e indifeso?». Il Potere ha sempre paura di un amore che non sia sdolcinata evanescenza. Il potere ha paura dell’amore “archtetto…nico” (direbbe Balducci) e combattivo. Oggi leggo, sull’ultimo numero di Qualevita dellamico pasquale, questo bello e significativo brano di un certo Pietro Verri, filosofo e scrittore milanese del fine Settecento.
«Se vuoi essere tu il padrone, poiché non puoi fare tutto da te medesimo e ti sarà forza servirti dell’opera de’ tuoi ministri, bada bene alla scelta.
Un uomo che abbia principi e che operi di conseguenza non è da sceglier¬si, perché s’opporrà alla tua volontà ogniqualvolta ella sia diversa da’ suoi principi.
Guardati dall’uomo virtuoso, fermo e che abbia l’animo libero; egli cerche¬rebbe di fare l’interesse de’ popoli, […] sacrificherebbe tutto alle sue idee e ti darebbe inciampo ad eseguire la volontà tua e ad agire da vero padrone. La superstizione è necessaria per sempre più contenere il popolo. I ministri del culto sono interessati a coltivarla, perché essa dà loro pane e considera¬zione. Bada a non screditarli, ma bada pure a contenerli.
Quanto meno ha il popolo di religione e quanto ha più di superstizione, tanto più è sicura l’obbedienza. L’uomo religioso ragiona; l’uomo fanatico odia chi ragiona, lo perseguita, lo maledice, lo sradicherebbe dal mondo se potesse. La superstizione tiene il popolo avvilito, è l’anello al naso del buffalo, non lo togliere se vuoi lunga¬mente regnare».
Aldo Antonelli
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‘anticapitalista’? va punito!

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

Papa “marxista”, a rischio i dollari dei filantropi Usa

 

non solo M. Novak o qualche personaggio della destra americana liberista e anticlericale: ora anche la destra liberista  ‘cattolica’ reagisce duramente contro papa Francesco per le sue posizioni anticapitaliste

alcuni grandi finanziatori degli Stati Uniti stanno riconsiderando le donazioni alla Chiesa, e questo mette a rischio le sue attività in tutto il mondo:

Ricchi cattolici allarmati dalla linea di Francesco. Problemi per il restauro della cattedrale di St. Patrick  

Finché si trattava di Rush Limbaugh, l’eccentrico commentatore radiofonico conservatore americano, oppure del Tea Party, magari influenzato da un antico pregiudizio anticattolico, si poteva anche passarci sopra. Ora però, se è vero quello che il fondatore di Home Depot Ken Langone ha detto alla tv Cnbc, le posizioni di Papa Francesco sull’economia stanno creando un problema un po’ più serio da risolvere.

Alcuni grandi finanziatori degli Stati Uniti stanno riconsiderando le donazioni alla Chiesa, e questo mette a rischio le sue attività in tutto il mondo. Nell’esortazione Evangelii Gaudium, il pontefice aveva messo in guardia dagli eccessi del capitalismo. I conservatori americani avevano reagito male, e Limbaugh lo aveva accusato di usare un linguaggio marxista. Nella sua intervista ad Andrea Tornielli della «Stampa», Francesco aveva risposto che il marxismo è un’ideologia sbagliata, «ma io ho conosciuto diversi marxisti che erano brave persone, e quindi quell’aggettivo non mi offende».

La disputa con Limbaugh e il Tea Party si era chiusa là, ma ora se ne starebbe aprendo un’altra più pericolosa. Ken Langone è un cattolico molto devoto, ed è anche il fondatore della grande catena di negozi per la casa Home Depot. Ha sempre fatto donazioni consistenti alla Chiesa, e il cardinale di New York Timothy Dolan lo ha coinvolto nella raccolta di circa 180 milioni di dollari necessari per restaurare St. Patrick, la cattedrale sul Fifth Avenue costruita nel 1878.

«Un potenziale donatore a sette cifre – ha detto Langone al canale economico Cnbc – mi ha detto che è riluttante a partecipare, perché è preoccupato dalle critiche del Papa verso il capitalismo. Le considera un elemento di esclusione».

Il donatore era rimasto particolarmente colpito dalle parole secondo cui «la cultura della prosperità ha reso i ricchi incapaci di provare compassione per i poveri». Langone ha detto di aver sollevato il problema proprio con Dolan: «Eminenza, questo è un ostacolo ulteriore di cui non abbiamo bisogno. Gli americani sono tra i più generosi filantropi del mondo, ma devono essere approcciati nella maniera giusta. Si ottiene di più col miele, che con l’aceto».

Secondo il fondatore di Home Depot, Dolan lo ha tranquillizzato, spiegandogli che il donatore incerto ha frainteso le parole di Francesco: «Il Papa ama tanto i poveri, quanto i ricchi. Quando questo donatore capirà bene il suo messaggio, non avrà problemi a contribuire». Langone ha risposto che gliene parlerà, ma non ha voluto rivelare il nome della persone o gli effetti della sua ambasciata.

Il problema, se fosse più diffuso di una semplice defezione, potrebbe diventare complicato per il Vaticano, andando oltre le difficoltà per raccogliere i fondi necessari a restaurare St. Patrick. Stati Uniti e Germania, infatti, sono i Paesi che contribuiscono di più alle attività della Chiesa in tutto il mondo: se i rubinetti dei filantropi cattolici americani si chiudessero, rimpiazzarli sarebbe molto difficile, proprio per finanziare le attività mirate ad aiutare i poveri come Catholic Charities.

Naturalmente può darsi che abbia ragione Dolan: un dubbio non basta a creare un fenomeno, e una migliore comprensione delle posizioni di Francesco può risolvere la questione. E’ curioso poi che proprio su queste posizioni economiche e sociali la Casa Bianca spera di ricostruire il suo rapporto col Vaticano, dopo le difficoltà del passato legate alle differenze sull’aborto e i temi della vita.

P. Mastrolilli

 

 

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M. Novak durissimo contro papa Francesco

 papa-francesco

su ‘il sussidiario.net’ M. Borghesi pubblica queste interessanti note sulle reazioni estremamente negative che il conservatorismo americano, soprattutto il liberista M. Novak, ha avuto nei confronti di papa Francesco per le sue dichiarazioni contro il capitalismo che impoverisce e uccide:

lo  schiaffo di Francesco ai catto-capitalisti

Papa Francesco Si tratta di rilievi al sistema
capitalista che, secondo Novak, non possono essere accolti. «Da Max Weber in
poi, il pensiero sociale cattolico è stato accusato di essere la causa della
povertà in molte nazioni cattoliche. E proprio su questo versante papa Francesco
inavvertitamente rafforza le tesi di Weber».
Il risentimento di Novak è comprensibile. Assunto alla fama come il Weber
cattolico, colui che al posto de L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo di Weber poneva l’etica “cattolica” come vero fondamento del
capitalismo “democratico”, si ritrova ora un Pontificato che diffida di quel
sistema che egli, da tempo, ha contribuito a legittimare e a sollevare da ogni
possibile accusa. Un punto, tra molti della Evangelii gaudium, è inaccettabile
per Novak: «la sua superficiale allusione alle teorie della “ricaduta
favorevole”». È la teoria del trickle-down che è al centro del modello
liberista. Come scrive il Papa nella sua Lettera: «In questo contesto, alcuni
ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che
ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per
sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non
è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella
bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati
del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad
aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per
potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una
globalizzazione dell’indifferenza» (Evangelii gaudium, 54). Una critica che non
è piaciuta a Novak. Soprattutto l’idea che il modello capitalista non sia
confermato dai fatti come fonte generalizzata di benessere. La risposta,
pungente, data la nazionalità del Papa, risiede nel fatto che in «Argentina e in
altri sistemi statici, privi di ogni meccanismo di mobilità sociale, questo
commento sarebbe comprensibile. Laddove invece, come in America, intere
generazioni dimostrano l’efficacia della mobilità sociale, l’affermazione del
Papa non corrisponde affatto al vero. La mobilità sociale promossa da alcuni
sistemi capitalistici rappresenta la realtà vissuta e sperimentata da una vasta
percentuale della popolazione americana e non già una “fiducia grossolana ed
ingenua”»..
La critica di Novak, cioè del più illustre catto-capitalista negli Usa,
dimostra, nel suo nervosismo, come la Evangelii gaudium abbia colpito nel segno.
Al punto che lo stesso Pontefice, nella intervista ad Andrea Tornielli per La
Stampa (Mai avere paura della tenerezza, 15 dicembre 2013), ha tenuto a
puntualizzare il punto controverso sollevato da Novak: «Nell’esortazione non c’è
nulla che non si ritrovi nella Dottrina sociale della Chiesa. Non ho parlato da
un punto di vista tecnico, ho cercato di presentare una fotografia di quanto
accade. L’unica citazione specifica è stata per le teorie della “ricaduta
favorevole”, secondo le quali ogni crescita economica, favorita dal libero
mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale
nel mondo.

(ilsussidiario.net)

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p. Maggi e p.Pagola commentano il vangelo

 

p. Maggi

II NATALE 

5 gennaio 2014

IL VERBO SI FECE CARNE E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi

Gv 1,1-18

[ In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è

stato fatto di ciò che esiste.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre

non l’hanno vinta. ]

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per

dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

[ Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo

è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono

nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da

Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la

sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. ]

Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di

me è avanti a me, perché era prima di me».

Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù

Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è

lui che lo ha rivelato.

1

Nel prologo al suo vangelo Giovanni riassume e formula tutto il contenuto della sua opera. Quindi sonodiciotto versetti preziosi e molto molto ricchi. Per comprenderli iniziano dall’affermazione clamorosa chel’evangelista mette alla fine del prologo. Scrive l’evangelista:“Dio nessuno lo ha mai visto”. Questa è un’affermazione grave, perentoria, che, tra l’altro, contraddice la stessa Bibbia, perché nella Bibbia si afferma che Mosè ed altri personaggi hanno visto io.Giovanni non è d’accordo,“Dio nessuno lo ha mai visto”. Pertanto le descrizioni che si sono fatte di Dio,anche da parte di Mosè, sono limitate, sono incomplete, a volte devianti, o addirittura false. Quindi Dio nessuno lo ha mai visto.“Il figlio unigenito”, unigenito nel senso dell’unicità di questo figlio, “che è Dio”,che è Dio lui stesso,“ed è nel seno del Padre”, cioè nella piena intimità del Padre, “è lui che lo ha rivelato”.con questa affermazione l’evangelista conclude il prologo invitando quindi a porre tutta l’attenzione sulla figura di Gesù. Cosa vuole dire che Dio nessuno lo ha mai visto e solo il figlio ce lo ha rivelato? Che Gesù non è uguale a Dio, ma Dio è uguale a Gesù. Se noi diciamo che Gesù è uguale a Dio significa che abbiamo un’immagine, un’idea di Dio. Ebbene l’evangelista ci invita a sospendere questa immagine e a centrare tutta la nostra attenzione su Gesù. Tutto quello che vediamo in Gesù questo è Dio. Quindi non Gesù è uguale a Dio, ma Dio è uguale a Gesù, e molte immagini e molte idee su Dio, vedendo il comportamento e l’insegnamento di Gesù, inevitabilmente verranno a cadere. Quindi l’evangelista ci invita a porre tutta l’attenzione su Gesù perché in lui si manifesta Dio. E proprio perché in Gesù si manifesta la divinità, e andiamo a ritroso in questa lettura del prologo, c’è stato bisogno di una nuova relazione tra gli uomini e Dio. Mosè, il servo di Dio, aveva imposto una relazione tra i servi e il loro Signore, basata sull’obbedienza; ebbene Gesù, che non è il servo di Dio, ma il figlio di Dio, propone una nuova relazione tra dei figli e il loro Padre, non basata sull’obbedienza, ma sulla somiglianza e l’accoglienza del suo amore. Ecco perché allora nel versetto che precede l’evangelista ha scritto“Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità”,‘grazia e verità’ è un’espressione che indica l’amore fedele, l’amore vero,“vennero per mezzo di Gesù Cristo”. Quindi una nuova relazione non più basata sulla legge, masull’accoglienza del suo amore. E, sempre andando a ritroso nella lettura di questo prologo, scrive l’evangelista  dalla sua pienezza”,cioè dalla pienezza di questo uomo nel quale si manifesta la condizione divina,“noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia”. Cosa vuol dire l’evangelista? E’ il dinamismo della vita del credente e della omunità cristiana.

All’amore ricevuto dal Padre corrisponde un amore comunicato ai fratelli, questo è il dinamismo di crescita dei credenti. Più sarà grande la risposta di questo amore al fratello e più, a sua volta, sarà grande da parte di Dio la risposta del suo amore. Quindi più noi comunichiamo quest’amore ai fratelli e più da Dio riceviamo amore. Questo in un crescendo senza fine.

Questa crescita nell’amore è quello che realizza l’individuo e il credente. E, andando ancora indietro saltando qualche versetto, l’affermazione importante dell’evangelista che“il Verbo’, ‘il Verbo’ significa la parola creatrice, la sapienza creatrice“si fece …”, l’evangelista non scrive che si fece uomo, ma usa il termine carne che indica l’uomo nella sua piena debolezza. Il progetto di Dio non si realizza in un superuomo, difficile da imitare, soltanto da ammirare, ma si realizza nella debolezza umana. Questo vuol dire che Dio si manifesta nell’umanità. Più l’uomo diventa umano più manifesta il divino che è in lui. E questo Verbo che si fece carne, questo progetto di Dio, che si fa carne, è la pienezza dell’amore di Dio che si manifesta in un uomo che diventa l’unico vero santuario dal quale si irradia l’amore del Padre.

E questo Verbo che si è fatto carne, si è fatto uomo nella sua debolezza, scrive l’evangelista,“E’ pieno, di grazia e verità”, cioè completo. La caratteristica che distingue Gesù è l’amore fedele. L’amore quando è vero? Quando è fedele. E questo Verbo che si è fatto carne, che si è fatto uomo, ci rimanda allora all’inizio del prologo, dove l’evangelista scrive,“In principio era il Verbo”.Giovanni prende le distanze dalla teologia del libro del Genesi, dove si affermava che“In principio Dio creò il cielo e la terra”.

No, l’evangelista non è d’accordo, in principio, prima ancora di creare il cielo e la terra, c’era questo Verbo, cioè questa parola creatrice, sapienza creatrice, una parola che ha un progetto e, prima ancora della creazione, questo progetto interpellava Dio.

E qual’era questo progetto? Donare all’uomo la condizione divina. Questo è il progetto di Dio

sull’umanità, quindi possiamo definire il prologo l’inno d’amore di Dio per tutta l’umanità, l’inno

dell’ottimismo di Dio. Dio è talmente innamorato degli uomini che, prima ancora di creare il mondo, aveva il progetto di dare agli uomini la sua stessa condizione, la condizione divina.

E per questo, proprio al centro del prologo, quindi il versetto più importante di tutta questa

composizione, l’evangelista scrive che “Mentre questo progetto venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto”, questo è un monito sempre presente per tutte le comunità,“A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”.

Figli di Dio non si nasce, ma si diventa, accogliendo Gesù come progetto d’amore di Dio per la propria esistenza. Questo fatto di poter diventare figli di Dio a chi accoglie Gesù, significa che Dio non assorbe quindi l’uomo, non lo distoglie o lo distrae dagli altri, è un Dio che potenzia l’uomo, gli comunica la sua stessa capacità d’amore perché con lui e come lui vada verso gli altri.

La novità portata da Gesù è che non si vive più per Dio, ma si vive di Dio. Questo è il prologo di Giovanni, quindi un inno all’ottimismo di Dio sull’umanità e una proposta per ogni uomo di diventare figlio di Dio. Figli di Dio non si nasce, ma si diventa, per una scelta continua e quotidiana dell’amore fedele come quello che il Padre ci comunica.

anche p. Pagola commenta il brano odierno del vangelo:

RECUPERARE LA FRESCHEZZA DELL’EVANGELO

Nel prologo dell’Evangelo di Giovanni si fanno due affermazioni fondamentali che ci obbligano a rivedere in maniera radicale il nostro modo d’intendere e di vivere la fede cristiana, dopo venti secoli di non poche deviazioni, riduzionismi e impostazioni poco fedeli all’Evangelo di Gesù.
La prima affermazione è questa: La Parola di Dio si fece carne. Dio non è rimasto in silenzio, chiuso per sempre nel suo mistero. Ci ha parlato. Ma non… ci si è rivelato per mezzo di concetti e dottrine sublimi. La sua Parola si è incarnata nella vita concreta di Gesù perché la possano intendere e accogliere fino i più semplici.
La seconda affermazione dice così: Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Come teologi parliamo molto di Dio, ma nessuno di noi lo ha visto. Capi religiosi e predicatori parliamo di lui con sicurezza, ma nessuno di noi ha visto il suo volto. Solo Gesù, il Figlio unico del Padre, ci ha raccontato come è Dio, come ci ama e come cerca di costruire un mondo più umano per tutti.
Queste due affermazioni sono lo sfondo del programma rivelatore del Papa Francesco.
Per questo cerca “una Chiesa radicata nell’Evangelo di Gesù, senza complicarci con dottrine o abitudini “non legate direttamente al nucleo dell’Evangelo”.Se non facciamo così, “non sarà l’Evangelo a essere annunciato, ma qualche sottolineatura dottrinale o morale che procede da certe opzioni ideologiche”.
L’atteggiamento del Papa è chiaro. Solo in Gesù ci è stata rivelata la misericordia di Dio. Per questo dobbiamo tornare alla forza trasformatrice del primo annunzio evangelico senza eclissare la Buona Notizia di Gesù e “senza ossessionarci con una moltitudine di dottrine che si cerca d’imporre a forza d’insistenza”.
Il Papa pensa a una Chiesa nella quale l’Evangelo possa recuperare la sua forza di attrazione, senza che sia oscurata da altri modi di intendere e vivere oggi la fede cristiana. Per questo, ci invita a “recuperare la freschezza originale dell’Evangelo” come la cosa più bella, la più grande, la più attraente e, nello stesso tempo, la più necessaria, senza chiudere Gesù “nei nostri noiosi schemi”.
In questi momenti non possiamo permetterci di vivere la fede senza sollecitare nelle nostre comunità cristiane la conversione a Gesù Cristo e al suo Evangelo, alla quale ci chiama il Papa. Egli stesso chiede a tutti noi che “applichiamo con generosità e coraggio i suoi orientamenti senza proibizioni né paure”
José Antonio Pagola.
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il rom si tuffa nel fiume e salva la ragazza

 

Il nomade che salva la donna finita nel fiume con l’auto

 

 

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Si chiama Sedrik Dori il nomade 23enne che ieri ha salvato una donna finita nel fiume Bacchiglione a Vicenza dopo che la sua jeep aveva sfondato il guard rail. Il giovane ha assistito alla scena dal vicino campo nomadi e non ha esitato a tuffarsi in acqua e a nuotare fino alla donna per soccorrerla. I due sono stati poi raggiunti dai vigili del fuoco e dal 118 e trasportati all’ospedale per accertamenti. Racconta Dori: “Sono corso lungo l’argine e mi sono buttato nel fiume. Ho preso la ragazza e l’ho trascinata a riva. Ho avuto molta paura”. A chi gli dice che probabilmente le ha salato la vita, risponde solo con un “grazie”, come se avesse ricevuto un complimento. Alla donna, visitata in ambulanza, è stato diagnosticato un principio di ipotermia. L’auto, una jeep, è stata portata fuori dal fiume con una gru.

Vicenza: giovane nomade salva una donna finita in un fiume

 

 Sedrik Dori, giovane rom di 23 anni, da ieri sera è un eroe, nonostante questo appellativo lo faccia sorridere. Di fatto il giovane è stato il protagonista di una vera e propria impresa. Nella serata di ieri, infatti, una donna di 37 anni alla guida del suo fuoristrada ha perso il controllo della guida e, dopo aver sfondato il guard rail, è finita nel fiume Bacchiglione.

Sedrik, dal vicino campo nomadi, ha assistito alla scena e senza pensarci si è tuffato nel corso d’acqua per soccorrere la 37enne. I due sono stati poi raggiunti dai vigili del fuoco e dal 118 e trasportati all’ospedale per accertamenti.

“Ho visto l’automobile uscire di strada e finire in acqua – ha dichiarato il giovane nomade – e senza pensarci due volte sono corso lungo l’argine e mi sono tuffato nel fiume. Ho preso la ragazza e l’ho trascinata a riva. Ho avuto molta paura”.

“Delle persone di passaggio, nessuno ha avuto il coraggio di aiutare Sedrik”, denunciano la madre e la nonna del giovane ragazzo. “Tutti si sono limitati a guardare, se non era per lui la donna sarebbe annegata”.

E proprio alla giovane 37enne, visitata in ambulanza, è stato diagnosticato un principio di ipotermia ed è stata subito accompagna in ospedale. Per controlli è stato portato in ospedale anche il giovane soccorritore. L’auto, una jeep, è stata portata fuori dal fiume con una gru.

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la misericordia e la rigidità ortodossa in Vaticano: due linee inconciliabili

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 ‘il Foglio’ esulta per la presa di posizione molto dura del prefetto’ per la dottrina della fede’ il supertradizionalista – voluto da papa Benedetto xiv –  card. Muller che boccia le ‘aperture’ della conferenza episcopale tedesca nella persona in particolare del suo presidente mons. Zollitsch che, ancorché vicino alla conclusione del suo mandato, non demorde e cerca di far passare una linea più in sintonia con la ‘misericordia’ evangelica e ‘francescana’:

 

Allegria del vangelo va bene, ma senza esagerare, dice il tedesco custode della fede ai tedeschi in rivolta

di Matteo Matzuzzi
in “Il Foglio” del 29 novembre 2013

Sarà pure in scadenza di mandato, ma Robert Zollitsch, il presidente uscente della Conferenza episcopale tedesca, non ha alcuna intenzione di prepararsi al pensionamento chiudendosi in un meditabondo silenzio. Tutt’altro. Prima dell’addio alla presidenza dei vescovi di Germania, ultima carica che ancora ricopre – a settembre, appena un mese dopo aver compiuto i settantacinque anni canonici, è stato sollevato dalla guida della diocesi di Friburgo, rimanendovi come amministratore apostolico – vuole accelerare sulla riammissione dei divorziati risposati al sacramento dell’eucaristia. E pazienza se il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede – anche ieri ricevuto in udienza da Francesco – da Roma, ha detto che non se ne parla: “Noi andiamo avanti”, ha risposto Zollitsch durante il Consiglio diocesano autunnale del 15-16 novembre. A riportarlo è il Konradsblatt, il settimanale online della diocesi di Friburgo. A inizio ottobre, molto rumore aveva fatto il documento diffuso dall’ufficio preposto alla cura delle anime della diocesi tedesca, in cui si invitava “a rendere visibile l’atteggiamento umano e rispettoso di Gesù nel contatto con le persone divorziate e con chi ha deciso di risposarsi con rito civile”. Tradotto, via libera alla comunione ai divorziati risposati, giustificando il tutto con la misericordia che perdona ogni peccato. A riportare a terra chi s’era già librato in voli pindarici arrivava il custode dell’ortodossia, Gerhard Ludwig Müller, che dall’ex Sant’Uffizio ammoniva sul rischio di “banalizzare la misericordia”, dando l’immagine sbagliata secondo la quale “Dio non potrebbe far altro che perdonare”. Ecco perché il prefetto aveva chiesto alla diocesi di Friburgo di ritirare il testo, in quanto utilizzava “terminologia non chiara” e perché “contrastante con l’insegnamento della chiesa”. Müller invitava infine a “non creare smarrimento tra i fedeli relativamente al magistero della chiesa sull’indissolubilità delle nozze”. Ma Zollitsch non ne vuole sapere: quel documento rientra tra i contributi in vista del Sinodo sulla famiglia in programma a Roma nell’ottobre del 2014. Bisogna dare spazio a tutti gli “impulsi costruttivi” che provengono dalla base e si dirigono ai vertici episcopali. Il primo a sposare la linea del capo dei vescovi tedeschi è stato il cardinale Reinhard Marx, pastore della diocesi di Monaco e Frisinga che lasciando perdere il diplomaticamente corretto, sfidava apertamente Müller. “Il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede non può fermare il dibattito”, diceva in occasione di una conferenza in cui erano riuniti tutti i vescovi bavaresi. Se la prendeva con la lectio sulla pastorale del matrimonio tenuta dal titolare dell’ex Sant’Uffizio e pubblicata sull’Osservatore Romano a fine ottobre: “Parlare del divorzio come di fallimento morale è del tutto inadeguato”, tuonava Marx, ribadendo che di tutte quelle questioni “necessarie e urgenti” sulla famiglia si sarebbe discusso al Sinodo “in modo ampio e con risultati al momento non prevedibili”. Pazienza, dunque, se Müller chiariva che l’insegnamento dottrinale della chiesa non può essere cambiato da un vescovo diocesano o da una conferenza episcopale. L’insegnamento della chiesa può essere certamente aggiornato, “ma questo è un compito che spetta al Papa, in pieno accordo con i vescovi”. In Germania, però, non ci sentono. Anche il vescovo di Stoccarda, monsignor Gebhard Fürst, chiede di far presto e di arrivare ad approvare “le nuove regole sulla comunione ai divorziati risposati entro il marzo del 2014”, quando si terrà la riunione primaverile della Conferenza episcopale tedesca. Il caso vuole che quell’appuntamento sarà l’ultimo con Robert Zollitsch in veste di presidente. Il presule di Stoccarda non bada molto ai paletti posti da Roma, guarda con fiducia l’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di Francesco in cui si sottolinea la necessità di potenziare il ruolo delle chiese locali “anche in alcune questioni dottrinali”, e spiega che loro, vescovi di Germania, altro non fanno che “rispondere alle domande dei fedeli”. Dopotutto, “le aspettative sono sì grandi, ma grande è anche l’impazienza”. Insomma, non bisogna perdere tempo in troppe discussioni polverose impregnate di teologia e dottrina. La chiesa tedesca vuole agire subito, anticipando e, possibilmente, orientando il grande dibattito sinodale del prossimo autunno.

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lettera a papa Francasco sul ‘questionario’

 

il papa

 

Verso il Sinodo

Tutto cambia, anche la famiglia

 

il teologo basco José Arregui sul suo blog ha postato una ‘lettera’ a papa Francesco (‘caro papa Francesco’) nella quale evidenzia il coraggio del papa di interpellare tutti, col ‘questionario’ in vista del sinodo straordinario sulla famiglia, su tematiche importantissime che riguardano la vita e le modalità di vivere l’amore e le relazioni umane in declinazione anche diversa e difforme dalle modalità classiche della tradizione ‘cattolica’ data la sensibilità odierna cambiata radicalmente rispetto ai paradigmi precedenti

risponderà papa Francesco a questa lettera o, più plausibilmente, terrà conto papa Francesco del contesto radicalmente nuovo così ben delineato e problematizzato dalla lettera?

Caro papa Francesco,
(…) è già arrivato nelle nostre mani il questionario sulla famiglia che ha inviato ai vescovi di tutto il mondo (…). Comprendiamo di non essere solo l’oggetto ma anche i destinatari di queste domande (…). Per questo ci permettiamo di risponderle direttamente, per l’amore e la fiducia che ci ispira. Grazie per averci interpellato su tante questioni scomode che sono state e continuano a essere tabù! (…).
Prima questione: se l’insegnamento della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa circa sessualità, matrimonio e famiglia è conosciuto e accettato tra i credenti.
Forse non è molto conosciuto, ma di sicuro non è ben accetto o è semplicemente ignorato. Negli ultimi decenni si è fatto sempre più profondo il solco (…) tra la dottrina ufficiale e il sentire della maggioranza dei credenti e delle credenti. Questo è grave e ci fa soffrire. Però crediamo sinceramente che la ragione non sia l’ignoranza e ancor meno l’irresponsabilità dei credenti, ma il ripiegarsi della gerarchia su schemi del passato.
I tempi sono molto cambiati, e in fretta, per quanto attiene alla famiglia, al matrimonio, alla procreazione e alla sessualità in generale. Sappiamo che sono temi delicati (…), ma non si può aver cura della vita riproponendo il passato. Crediamo profondamente che lo Spirito della vita continui a parlarci dal cuore della vita (…). Crediamo che la Ruah vivente non possa essere rinchiusa in nessuna dottrina né testo del passato, e che continui a ispirare il sentire di tutti i credenti e tutte le donne e gli uomini di oggi. (…).
Papa Francesco, ci congratuliamo per la sua volontà di ascoltare la voce dello Spirito negli uomini e nelle donne di oggi e osiamo chiederle: continui a pronunciare parole di misericordia e incoraggiamento, non torni a “verità” e “norme” obsolete che non hanno senso. (…)

Seconda questione: sul posto che occupa tra i credenti il concetto di “legge naturale” in relazione al matrimonio.
Lo diremo con franchezza: per l’immensa maggioranza dei pensatori, degli scienziati e dei credenti della nostra società, il concetto di “legge naturale” non occupa alcun posto. Sì, la natura che siamo ha un ordine meraviglioso, leggi meravigliose (…). Ma la legge suprema della natura è la sua capacità di trasformazione (…). La natura è creatrice, ingegnosa. Di questa capacità, di questa creatività sacra, sono frutto tutti gli atomi e le molecole, tutti gli astri e le galassie. Di essa sono frutto tutti gli esseri viventi, tutte le lingue e le culture, tutte le religioni. Di questa saranno frutto, tra migliaia di milioni di anni, infinite nuove forme che non conosciamo.
La natura è abitata dallo Spirito, dalla santa Ruah che aleggiava sulle acque della Genesi, che continua a vibrare nel cuore di tutti gli esseri, nel cuore di ogni atomo e di ogni particella.
Tutto vive, tutto si muove. Tutto cambia. Anche la famiglia ha subìto un’evoluzione continua, dai primi clan alla famiglia nucleare, passando per quella patriarcale (…).
Il modello familiare continua a cambiare sotto i nostri occhi: famiglie senza figli, famiglie monoparentali, famiglie con figli e figlie di genitori diversi… E continuerà a cambiare, non sappiamo come. (…). Chiediamo alla Chiesa di non parlare male delle nuove forme di famiglia, che già ogni giorno devono affrontare le minacce che vengono da un sistema economico crudele, inumano. Alla Chiesa non spetta sentenziare ma accompagnare, alleviare come lei stesso ha detto.

Terza questione: come si vive e come si trasmette nelle famiglie la fede, la spiritualità, il Vangelo.
Questione decisiva. Vediamo con dolore che le famiglie non sono più “Chiese domestiche” dove si prega, si coltiva, si respira, si trasmette la buona notizia di Gesù. Ma non crediamo sia giusto incolparle di questo. La crisi della religione e della trasmissione della fede nella famiglia ha a che vedere in primo luogo con la profonda trasformazione culturale che stiamo vivendo. E costituisce una grande sfida non solo, né forse in prima istanza, per le famiglie stesse, ma per l’istituzione ecclesiale che deve far proprie le nuove chiavi spirituali e forme religiose che lo Spirito sta inspirando negli uomini e nelle donne di oggi.

Quarta questione: come affrontare nella Chiesa alcune “situazioni matrimoniali difficili” (convivenze, “unioni libere”, divorziati risposati…).
Papa Francesco! Grazie ancora anche solo per il fatto di proporre tali questioni! (…). Conosce bene la complessa e mutevole storia, a partire dagli albori della Chiesa, del “sacramento del matrimonio”. La storia è stata molto variabile e continuerà ad esserlo. Guardi per esempio ciò che succede tra di noi, in questa Europa ultramoderna. I nostri giovani non hanno casa né risorse economiche per sposarsi e vivere in coppia fino ai 30 anni (nel migliore dei casi): come può la Chiesa chiedere loro di astenersi da relazioni sessuali fino a quest’età?
Le forme cambiano ma crediamo che il criterio sia molto semplice e che Gesù sarebbe d’accordo: “Dove c’è amore c’è sacramento, ci si sposi o meno; e dove non c’è amore non c’è sacramento, per quanto sposati canonicamente si possa essere”. (…). E se la coppia, come succede spesso, è in difficoltà è solo da Dio che verrà ciò che aiuterà a risolvere le difficoltà, se possibile; e solo da Dio verrà ciò che l’aiuterà a separarsi in pace se non è possibile risolvere le difficoltà né tornare ad amarsi.
Che si eliminino quindi, è la nostra preghiera, gli impedimenti canonici, affinché coloro il cui matrimonio è fallito possano rifarsi una vita con un altro amore. Che la Chiesa non aggiunga dolore a dolore. E che in alcun modo sia loro impedito di condividere il pane alla mensa di Gesù, perché Gesù a nessuno lo impedì.

Quinta questione: sulle unioni tra persone dello stesso sesso.
Il danno causato dalla Chiesa alle persone omosessuali è immenso e un giorno la Chiesa dovrà chiedere loro perdono.
Speriamo che papa Francesco, in nome della Chiesa, chieda loro perdono per la vergogna, il disprezzo e il sentimento di colpa instillati in loro per secoli!
La gran parte degli uomini e delle donne della nostra società non può comprendere questa ossessione, questa ostilità. Come si può continuare a sostenere che l’amore omosessuale non è naturale, se è così comune e naturale (…) tra tanti uomini e donne di tutti i tempi e tutti i continenti, e anche tra tante altre specie animali?
In questo, come in tanti altri casi, la Chiesa dovrebbe indicare la via ma è invece la società a farlo.
Ci rallegriamo che sempre più Paesi riconoscano alle coppie omosessuali gli stessi diritti delle coppie eterosessuali. Cosa impedisce che vengano chiamati “matrimoni”? Non si chiamano forse così quelle unioni eterosessuali che non hanno dato figli? Si cambi allora il dizionario e il Diritto canonico in modo che sia aggiornato ai tempi e vicino alle persone.
E cosa impedisce che il matrimonio omosessuale sia chiamato sacramento? È l’amore ciò che ci fa umani e che ci fa divini. È l’amore che fa il sacramento. (…).

Sesta questione: sull’educazione dei figli in seno alle situazioni matrimoniali irregolari.
Crediamo che questo linguaggio – “regolare”, “irregolare” – sia fuorviante. Di più: dannoso. Causa danno a un bambino sentire che è nato o vive in una famiglia “irregolare”. E causa danno ai suoi genitori. Ciò che causa danno non è l’essere un’eccezione, ma l’essere censurato per questo. (…) La Chiesa non è chiamata a definire ciò che è regolare e ciò che non lo è, ma ad accompagnare, animare, sostenere ciascuno così com’è.

Settima questione: sull’apertura degli sposi alla vita.
Fortunatamente si possono contare sulle dita di una mano i credenti al di sotto dei sessant’anni che hanno sentito parlare dell’Humanae Vitae, l’enciclica di Paolo VI (1968) che dichiarò peccato mortale l’uso di ogni metodo contraccettivo “non naturale”, ogni metodo che non fosse l’astinenza o l’adeguamento al ciclo. Ma fece soffrire quasi tutti i nostri genitori. Questa dottrina, adottata contro il parere di molta parte dell’episcopato, era fuori luogo allora e non lo è meno il fatto che sia stata mantenuta fino ad oggi.
Oggi nessuno la comprende e quasi nessuno, tra gli stessi cattolici, la mette in pratica. E pochi, tra sacerdoti e vescovi, si azzardano ancora a proporla. Non ha senso affermare che la relazione sessuale debba essere aperta necessariamente alla riproduzione. Non ha senso continuare a distinguere tra metodi artificiali e naturali e ancor meno ha senso condannare un metodo perché “artificiale”, poiché, per la stessa ragione, dovremmo condannare un vaccino o una qualsiasi iniezione. (…)
Per la prima volta da molti millenni la relazione sessuale non è più necessaria per la riproduzione. È un cambiamento tecnologico che comporta un cambiamento antropologico e richiede un nuovo paradigma morale.

(…) Ottava questione: sulla relazione tra la famiglia, la persona e l’incontro con Gesù.
Crediamo che Gesù venga a noi per strade diverse, in ogni situazione. In qualsiasi tipo di famiglia, in qualsiasi situazione familiare. Crediamo che Gesù non faccia distinzioni tra famiglie regolari e irregolari (…). Che ripiegarci su noi stessi (sulle nostre idee e leggi, sulle nostre ombre e paure) sia l’unica cosa che ci allontana dall’altro e da Dio. E crediamo che l’umiltà, la fiducia ci avvicinino ogni giorno al prossimo, e ogni giorno ci aprano alla presenza del vivente, stando dove stiamo ed essendo come siamo. E crediamo che una Chiesa che annunci questo, come Gesù, sia una benedizione per l’umanità (…).

di José Arregui, teologo basco. Articolo tratto dal suo blog (www.periodistadigital.com/religion)

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le scuse della questura per il twitt cretino

 

Tweet razzista: la Questura si scusa

In un comunicato formale, apparso su Facebook, si annuncia l’identificazione del responsabile. E si garantisce che episodi del genere non potranno ripetersi

Ha un nome e un volto l’autore, o sarebbe meglio dire l’autrice, del tweet pubblicato sul profilo ufficiale della Procura di Roma il 26 dicembre. Una frase che ha scatenato un pandemonio sui social e, quasi in tempo reale, tra le mura della Questura stessa, facendo partire immediatamente le ricerche del responsabile.
“Ho risistemato lo sgabuzzino. m’è sembrato lo sgombero di un campo nomadi. meno male che sono preparata!!!”. Questo il tweet incriminato, prontamente fatto sparire e sostituito con un altro per spiegare che si era trattato di un errore e che sarebbero stati presi provvedimenti opportuni nei confronti di chi l’aveva scritto. Un episodio sul quale un deputato Pd ha annunciato di voler presentare un’interrogazione in Parlamento.
Oggi le scuse ufficiali, su Facebook. “In relazione al tweet apparso sul profilo della Questura di Roma nella giornata del 26 dicembre, si rappresenta che le immediate verifiche adottate, hanno consentito di accertare che un operatore addetto al sistema, ha impropriamente pubblicato un “post” privato” sulla pagina istituzionale. “La Questura si dissocia, ovviamente, da quanto pubblicato, precisando che nei confronti del dipendente verranno adottate le misure del caso” si legge ancora nella nota, che precisa che in futuro non si ripeteranno episodi del genere. “Sono state avviate idonee procedure finalizzate ad evitare per il futuro il ripetersi di casi del genere, ciò anche per tutelare un servizio che, dalla sua istituzione, ha riscosso unanime apprezzamento dalle Istituzioni, dagli organi di stampa e dai cittadini”.

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l’opportunità di un anno nuovo

 

 

2014 fiorito

Anno nuovo: come continuare a camminare

“Nella nostra civiltà meccanica siamo dominati dal tempo metrico degli orologi. Ne subiamo il ricatto”.

Non ricordo in quale delle molte prefazioni scritte per le varie Mostre di Roma Umberto Eco ha così, lapidariamente, liquidato il nostro rapporto con il tempo; tempo che S. Agostino diceva di saper bene cosa fosse finché non gli venisse chiesto, ma di non saperlo più quando gli veniva domandato di darne una definizione.

Nondimeno Umberto Galimberti, su Repubblica del 25 marzo 1998, scriveva testualmente: “Il senso del nostro tempo è sempre meno tempo dell’uomo e sempre più tempo della tecnica che ha fatto crollare tutte le ideologie“.

Non sono molto tenero con questi riti sguaiati di fine anno, che sembrano esorcizzare l’usura del tempo e il tramonto dei sogni. Uno dei trionfi della ragione umana è stato quello di aver dato un ordine al tempo dividendolo secondo misure precise in modo di avere l’illusione di dominarlo. “Ciò che si misura si domina”! Con la funesta conseguenza di considerate il tempo solo in termini quantitativi e non più nella sua qualità.

“L’anno che è passato”; “l’anno che viene”; “quanti anni hai?”; “quanti anni mi rimangono?”; “ci siamo fatti vecchi”… Tutte espressioni che connotano il nostro rapporto con il tempo imprigionato in una unidimensionalità che ammuffisce la ricchezza esperienziale del già vissuto e sterilizza le potenzialità sorgive di un futuro tutto verboso, ridotto a semplice bella copia del presente, senza più l’ardire di pensare e di osare l’impossibile.

Nonostante il progresso, o forse per sua disgrazia, siamo ancora figli della cultura greco-pagana che vedeva il tempo come un ripetersi ciclico di fatti e misfatti, un succedersi circolare di enti ed eventi.

Mentre non abbiamo tenuto in considerazione la concezione cristiana del tempo inteso come “καίρόσ”: opportunità, occasione propizia, tempo giusto. Mummificati dalla dittatura del pensiero unico e drogati dall’etica del consumismo, abbiamo imprigionato anche il cosiddetto “tempo libero”, talmente condizionato e manipolato, che le sue possibilità umanizzanti e socializzanti appaiono ormai gravemente compromesse.

L’inizio di un anno, pertanto, mentre pone una questione filosofica che ci porta a meditare sul tempo, dovrebbe aprirci anche ad una questione etica: come continuare a camminare?

 

 

 

 

 

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