dove nascerà Gesù bambino secondo Erri De Luca

NATALE

di Erri De Luca

Erri-De-Luca

Nascerà in una stiva tra viaggiatori clandestini.
Lo scalderà il vapore della sala macchine.
Lo cullerà il rollio del mare di traverso.
Sua madre imbarcata per tentare uno scampo o una
fortuna,
suo padre l’angelo di un’ora,
molte paternità bastano a questo.
In terraferma l’avrebbero deposto
nel cassonetto di nettezza urbana.
Staccheranno coi denti la corda d’ombelico.
Lo getteranno al mare, alla misericordia.
Possiamo dargli solo i mesi di grembo, dicono le madri.
Lo possiamo aspettare, abbracciare no.
Nascere è solo un fiato d’aria guasta. Non c’è mondo
per lui.

presepe 2
Niente della sua vita è una parabola.
Nessun martello di falegname gli batterà le ore dell’infanzia,
poi i chiodi nella carne.
Io non mi chiamo Maria, ma questi figli miei
che non hanno portato manco un vestito e un nome
i marinai li chiamano Gesù.
Perché nascono in viaggio, senza arrivo.
Nasce nelle stive dei clandestini,
resta meno di un’ora di dicembre.
Dura di più il percorso dei Magi e dei contrabbandieri.
Nasce in mezzo a una strage di bambini.
Nasce per tradizione, per necessità,
con la stessa pazienza anniversaria.
Però non sopravvive più, non vuole.
Perché vivere ha già vissuto, e dire ha detto.
Non può togliere o aggiungere una spina ai rovi delle
tempie.
Sta con quelli che vivono il tempo di nascere.
Va con quelli che durano un’ora.

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il presepe: un invito a a cambiare il mondo con una ‘tenerezza combattiva’

il presepe è una casa accogliente non escludente

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è giusto difendere pubblicamente il Natale (e ogni altra festa). Negli spazi pubblici, e quindi anche a scuola, le feste religiose possono essere tutte vissute e raccontate in un clima formativo come scambio di esperienze e ricerca comune. La laicità è inclusiva, espressione delle identità (in dialogo). E’ giusto, quindi, esporre pubblicamente il presepio (o il crocifisso) come segno di un’identità relazionale-universale

Ma i militanti di alcuni partiti o gruppi lo usano per scopi ristretti, contrari al suo significato. Manifestano con uno stile rivendicativo di contrapposizione escludente. Non si può pensare di affondare i barconi di disperati, di gridare contro l’islam, di chiamare alle armi, tenendo il presepe (o il crocifisso) in mano.
presepi Tra l’altro, molte esibizioni sono del tutto esterne, agitatorie, estranee alle dinamiche della scuola e del paese. Troppe sono le polemiche strumentali: a  Rozzano c’è un bravo preside come un bravo vescovo è quello di Padova, strapazzato da troppe persone superficiali, mentre cerca di far riflettere sul significato dei simboli.
Il presepe racconta una storia di povertà (abissale), di accoglienza (mancata) e di vita (gioiosa). Ai cristiani ricorda il mistero di un amore infinito.
Salvini ruspa Non è una “diga identitaria” ma una casa accogliente aperta allo stupore dei “piccoli” (pastori) e dei “popoli” (magi). E’ l’invito a cambiare il mondo con una “tenerezza combattiva” (Evangelii gaudium 85).
Sergio Paronetto
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quale natale? quello di Salvini?

il presepe che Salvini non conosce

di Piergiorgio Cattani
in “Trentino” del 13 dicembre 2015

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Natale è ormai una festa globale. La prima festa globale. Da non confondere con un altro Natale, quello religioso cristiano, ormai ricordato da sempre meno persone. Intendiamoci, la ricorrenza cade nello stesso giorno, il 25 dicembre. Una data fissa, circostanza indispensabile per programmare il marketing, per organizzare i pacchetti vacanza, per addobbare i centri commerciali. I due natali si sovrappongono e qualche eco dell’eco dell’antica festa religiosa permane ancora. Tuttavia, sempre di più, l’idolo del Natale, un vecchio nonno ciccione, opulento, vestito di rosso, ricco di regali sfarzosi, spodesta l’inerme, povero, avvolto in fasce neonato Gesù

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Babbo Natale è simbolo della società globalizzata, del consumo globalizzato. Del bene assoluto, ossia la crescita economica, quella misurata tramite il PIL. Anche in Cina si festeggia il Natale del consumo. Ma tra la gente questo giorno di spese in cui si fanno i regali non è ancora molto sentito. Il governo ha cercato di introdurre una “festa dei regali”: in stile americano, i grandi magazzini vorrebbero cogliere l’occasione per moltiplicare gli affari, per dare slancio a quel consumo interno che per ora non mantiene il passo del boom economico del Dragone. Le feste tradizionali, come quella di primavera (in cui si scambiano i regali), resistono; ma tutti scommettono che sarà per poco. Così come Halloween, anche il Natale del consumo comincia a farsi strada. Bene o male, in maniera massiccia o ancora poco presente, Babbo Natale – figura di cui non si possono dimenticare i legami con la Coca Cola – è noto ai quattro angoli del pianeta. In Africa ci sono addirittura monumenti alla Coca cola. E anche in quei due “nuovi continenti” virtuali che sono Google e Facebook.

Salvini ruspaHa sicuramente soppiantato Gesù bambino che un tempo portava qualche povero dono, sempre una cosa utile, un pennino per scrivere, un quaderno, qualche indumento. Eppure si discute ancora intorno al presepe. In Francia, la “cattolica” Marion Le Pen vuole difendere le tradizioni religiose, quando, secondo un recente sondaggio, solo il 4% dei francesi va a Messa la domenica: forse a Natale qualcuno di più ci andrà, ma la percentuale è in costante discesa. Poi arriva Salvini, devoto del presepe solo quando pensa di finire in televisione per difendere le “radici cristiane” dell’Italia. Del presepe, della sua simbologia e del suo inventore, Salvini non sa ovviamente nulla. Non sa nulla di quel San Francesco che ha varcato il mare con grande pericolo per incontrare il sultano d’Egitto Al Malik Al Kamil, nipote del più noto Saladino. E non va d’accordo con un altro Francesco, il vescovo di Roma, che parla di povertà, accoglienza, sobrietà, misericordia, pace. Intanto salta fuori la solita scuola che vuole festeggiare il Natale a modo suo, per non “offendere” i bambini non cristiani, con bizzarrie al limite del ridicolo, anch’esse scaturite da un’ignoranza diffusa. Da anni si ripete il rito leghista, che torna puntuale come l’inverno, nonostante la svolta nazionalista e post fascista impressa dal “giovane” Matteo (non bastava Renzi). Una scuola aveva però pensato a qualcosa di davvero originale: posticipare la festa al ritorno dalle vacanze. Apriti cielo. Ma in fondo l’idea era buona. In questo modo magari il Natale dei consumi, rimasto al 25 dicembre (data super convenzionale per la nascita di Gesù, non certo dedotta dai racconti evangelici, ma scaturita da una antecedente festa pagana del Sol Invictus), non offuscherebbe il Natale religioso. Pensate se venisse spostato al 20 gennaio, o prima, al 20 novembre quando non c’è neppure la neve (artificiale)… Probabilmente lo celebrerebbero soltanto i credenti. È ormai consuetudine che il carnevale si protragga anche in Quaresima. Nessuno dice nulla, non ho mai visto una manifestazione leghista per marcare questa “gravissima” offesa alla religione, o ai tempi liturgici che con tutta evidenza non sono conosciuti dalla maggior parte dei difensori della fede. “Padania cristiana, mai musulmana”. Uno slogan sempre verde, come il simbolo del Carroccio. E così si propaganda la bufala dei musulmani che impedirebbero l’allestimento del presepe, notizia inventata simile a quella degli “zingari che rapiscono i bambini”. Tranquilli però, in Regione Trentino Alto Adige, i segni natalizi non mancheranno. Si dà il caso però che proprio i fedeli musulmani siano più vicini allo spirito del Natale vero, rispetto a tanti occidentali ormai ignari della stessa narrazione biblica della nascita di Gesù. Si dà il caso che proprio gli islamici abbiano una grande devozione per Maria (assente nel presepe leghista). Ma forse proprio questo infastidisce i presunti guardiani della tradizione, essere “sorpassati” da quanti si vogliono dipingere come pericolosi sovvertitori, invasori pronti a “convertirci” con la spada (cioè con i kalashnikov). Magari invece potrebbe accadere che proprio loro ci facciano comprendere quando è davvero il Natale.

a Salvini forse farebbe bene rileggere queste parole di S. Giovanni Crisostomo:

Vuoi onorare il corpo di Cristo?

San Giovanni Crisostomo

Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: “Questo è il mio corpo”, confermando il fatto con la parola, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare” e “ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli fra questi, non l’avete fatto neppure a me”.

Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito, che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare, è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi.

Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai una calice d’oro e non gli darai in bicchiere d’acqua? che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario? che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d’oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe, o piuttosto non s’infurierebbe contro di te? e se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, e, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?

Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio sacro. Attacchi catene d’argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offre, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò, mentre adorni l’ambiente per il culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questo è il tempio vivo più prezioso di quello.

 

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sulla misericordia …

“misericordia voglio e non sacrifici”

di José María Castillo

Castillo
in “www.periodistadigital.com” del 10 dicembre 2015

Il vangelo di Matteo cita due volte il testo del profeta Osea (6, 6) che ho messo come titolo di questa riflessione. Lo ricorda quando riferisce che Gesù mangiava con pubblicani e peccatori (Mt 9, 13). E lo ripete nello spiegare perché i discepoli, quando avevano fame, violavano le norme religiose sul riposo del sabato (Mt 12, 7). Se l’evangelista Matteo ripete due volte la stessa massima sul tema della misericordia, senza alcun dubbio questo si deve al fatto che l’evangelista pensava che in questo punto si dice qualcosa di molto importante. In cosa consiste questa importanza? Come è logico, Gesù in questo passo afferma che Dio vuole che noi esseri umani abbiamo viscere di bontà e di misericordia con gli altri, anche se sono gente cattiva e persino quando la pratica della bontà comporti la violazione di una legge religiosa. Questo – benché risulti scandaloso per i più puritani – è quello che dice il Vangelo. Ma non si tratta solo di questo. Quello che dice Gesù è molto più forte. Perchè stabilisce una “antitesi” tra la “misericordia” ed il “sacrificio” (Ulrich Luz). Ossia, quello che Gesù dice è che, se bisogna scegliere tra l’“etica” ed il “culto” (tra la “giustizia” e la “religione”), la prima cosa è l’etica, l’onestà, la difesa della giustizia ed i diritti delle persone. Se questo non si antepone a tutto il resto, Dio non vuole che tranquillizziamo le nostre coscienze con messe, preghiere, devozioni e cose simili. È decisivo ricordare questo proprio ora. Quando celebriamo l’anno della misericordia. E quando vediamo che la corruzione, la sfrontatezza, le disuguaglianze e la prepotenza sui più indifesi gridano al cielo. Io non so perché, ma di fatto molto frequentemente la gente che accumula più denaro, più potere e più privilegi è allo stesso tempo la gente che ha le migliori relazioni con la Chiesa, che difende con le unghie e con i denti i privilegi della religione e le migliori relazioni possibili con il clero. Termino ricordando che, come è ben dimostrato, i rituali religiosi (osservati e compiuti nei minimi dettagli) di solito producono due effetti: 1) tranquillizzano la coscienza dell’osservante che li compie; 2) nella maggior parte dei casi si trasformano in abitudine, ma non modificano il comportamento, soprattutto quando si vede che questo comportamento è mal visto dalla religione. Da quello che raccontano si vangeli, Gesù andava “con cattive compagnie” e non era un modello di “osservanza religiosa”. Ed è in questo modo che in Gesù si è rivelato a noi Dio. Se questo ci risulta strano e anzi ci scandalizza, probabilmente è perché assomigliamo più ai farisei che ai veri seguaci di Gesù. Se non pensiamo a questo seriamente, praticheremo poca misericordia.

I

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