il commento al vangelo

OGNI UOMO VEDRA’ LA SALVEZZA DI DIO 

commento al vangelo della seconda domenica di avvento (6 dicembre 2015) di p. Alberto Maggi:

p. Maggi

Lc   3,1-6

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

Quando leggiamo il vangelo, per gustarne la ricchezza dobbiamo metterci nei panni dei primi lettori o dei primi ascoltatori che non sapevano come andava a finire. E vedremo nel brano di questa domenica, 6 dicembre, seconda di Avvento, i primi sei versetti del capitolo terzo del vangelo di Luca, come l’evangelista crea la sorpresa.
Scrive l’evangelista: Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare… l’inizio di questo brano è ridondante, solenne, perché poi l’evangelista vuole destare la sorpresa e sarà veramente una sorpresa. Inizia con Tiberio Cesare. A quel tempo i potenti si consideravano degli dei, quindi l’evangelista inizia con la persona che è più vicina a Dio, ed è un Dio lui stesso, l’imperatore.
Mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, vediamo come è solenne e pomposo questo inizio, l’evangelista va a pescare anche un certo Lisània, personaggio semi sconosciuto, tetràrca dell’Abilène, cioè dell’anti Libano,  sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa.
Perché “sommi sacerdoti”? Il sommo sacerdote era uno. Ma l’evangelista ne pone due, Anna e Caifa. Perché tutto questo? L’evangelista vuole raggiungere il numero sette. Il numero sette, nel linguaggio  della Bibbia, rappresenta quello che è pieno, quello che è completo, quello che è totale. Potremmo dire con un linguaggio comprensibile a noi oggi “era il G7 del tempo”, i massimi potenti della terra.
Ebbene ecco la sorpresa:   la parola di Dio venne su … Su chi scenderà la parola di Dio? Qui abbiamo Tiberio Cesare, l’imperatore, Dio  lui stesso, abbiamo anche i sommi sacerdoti che erano i rappresentanti di Dio sulla terra. A chi si rivolgerà Dio per manifestare la sua parola? Ebbene, quando Dio deve intervenire nella storia – questa è la sopresa – evita accuramente luoghi e persone sacri e religiosi perché sa che notoriamente sono ostili e refrattari al suo messaggio.
Infatti ecco la sorpresa, la parola di Dio venne su … nessuno dei potenti, ma su un certo Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Ma che ci fa Giovanni nel deserto? Giovanni, in quanto figlio di un sacerdote, all’età di diciotto anni doveva presentarsi al tempio per essere esaminato per verificare che non avesse nessuno dei difetti che impedivano l’esercizio del sacerdozio e poi continuare, perpetuare il sacerdozio del padre.
Giovanni no. Giovanni è il bambino che fin dal seno della madre è stato ripieno di Spirito Santo, lui è l’uomo dello Spirito, non l’uomo del rito.
Per cui rompe con la società e va nel deserto, lontano da Gerusalemme e lontano dal tempio. La parola di Dio scende proprio su di lui.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, il Giordano ci ricorda il fiume che il popolo ebraico ha dovuto attraversare per entrare nella terra promessa; ora la terra promessa è diventata una terra di schiavitù dalla quale il popolo deve uscire.  Predicando un battesimo … il termine “battesimo” non ha il nostro significato liturgico, era un rito nel quale – il termine significa immersione – ci si immergeva completamente nell’acqua, si moriva simbolicamente a quello che si era stato, e si usciva come una persona nuova.
Quindi Giovanni predica questo segno come immagine di un cambiamento di conversione. Nella lingua greca la conversione si esprime in due maniere: una è la conversione religiosa, il ritorno a Dio, il ritorno alla religione e gli evangelisti evitano accuratamente questo termine. L’altro, adoperato dall’evangelista, è il cambiamento di comportamento, un cambiamento radicale nella propria esistenza.
Ecco perché questo messaggio di cambiamento non poteva essere rivolto alla casta sacerdotale al potere, che non ama i cambiamenti. Ma Giovanni dice: “Cambiate vita”. Cosa significa conversione? Se fino ad ora hai vissuto per te, da adesso vivi per gli altri.
Ebbene questo avviene per il perdono dei peccati. Quello che fa  Giovanni è inaudito, è una sfida tremenda, perché i peccati venivano perdonati andando al tempio di Gerusalemme, portando delle offerte a Dio. Giovanni non è d’accordo. Lui, l’uomo dello Spirito, dice che il perdono dei peccati non avviene attraverso un rito liturgico, offrendo dei doni al Signore, ma attraverso un cambiamento radicale di vita – vivendo per gli altri, e questo ottiene la cancellazione dei peccati.
Com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa, e qui l’evangelista cita quello che si chiama “il libro della consolazione”, la seconda parte del profeta Isaia ed è stata scritta da un profeta anonimo, alla fine  dell’esilio, ed è un invito a lasciare la terra della schiavitù.  «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Il testo del profeta Isaia diceva: “Ogni uomo vedrà la gloria di Dio”. L’evangelista lo modifica: “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”. La gloria di Dio si manifesta nella salvezza di ogni uomo. E’ importante quest’accezione “ogni uomo”. Non ci sono persone escluse dall’amore di Dio. Non ci sono persone escluse da quest’invito alla conversione per realizzare il regno di Dio. Ogni uomo è destinato a sperimentare la gloria del Signore, l’amore del Signore.
Dirà poi Pietro negli Atti degli Apostoli, ricollegandosi a tutto questo, che Dio gli aveva rivelato che nessun uomo poteva essere considerato immondo, cioè impuro, escluso dall’amore di Dio. Ecco questo è l’annunzio della buona notizia: la parola di Dio si rivolge su Giovanni per un invito a un cambiamento di vita e questo è un messaggio offerto a tutta l’umanità.
Nessuno se ne può sentire escluso.

 

image_pdfimage_print

la saggia posizione del vescovo di Padova sul presepe a scuola

reazioni scalmanate invece a proposito delle sue parole …

gesù bambino

è stata volutamente mal interpretata la proposta, – invece, molto saggia e per niente rinunciataria (‘un passo indietro’) – del vescovo di Padova a proposito del presepe e dei segni religiosi a scuola né può interpretarsi come un’autocorrezione la precisazione che ha rilasciato in seguito alle reazioni scalmanate e ultrastrumentali che sono seguite alle sue parole

presepe

lui stesso precisa:«Non ho mai detto “rinunciamo al presepe” e non ho fatto riferimento ad alcun luogo specifico». E chiarisce: «Fare un passo indietro non significa creare il vuoto o assecondare intransigenze laiciste, ma trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo…” ( qui peraltro si può scorgere il vero rispetto per le tradizioni: non ripeterle come qualcosa di mummificato, ma di ripensarle e ritradurle nell’oggi in un contesto di dialogo e di arricchimento e di modificazione reciproci)

di seguito alcuni articoli (con i rispettivi link) di rassegna stampa che il sito ‘rassegna stampa – finesettimana’ ha raccolto:
  • Di fronte al “significato” del presepe, è chiaro che quello evocato dal Vescovo di Padova è un passo avanti e non un passo indietro. Mentre ciò che il Governatore del Veneto difende come un soprammobile, è la propria più clamorosa smentita e contestazione.
“la ricetta prospettata dal vescovo – “i tanti passi indietro”… (non  sembra che il vaticanista de il Foglio colga il senso di quanto detto dal neovescovo di Padova: più che di passi indietro parla di passi da compiere insieme e quindi rivedendo le proprie tradizioni con uno sguardo diverso…)
«Non ho mai detto “rinunciamo al presepe” e non ho fatto riferimento ad alcun luogo specifico». E chiarisce: «Fare un passo indietro non significa creare il vuoto o assecondare intransigenze laiciste, ma trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo…” (ndr.: ecco il vero rispetto per le tradizioni: non ripeterle come qualcosa di mummificato, ma di ripensarle e ritradurle nell’oggi in un contesto di dialogo e di arricchimento e di modificazione reciproci)
image_pdfimage_print
image_pdfimage_print