”curricula o ‘curriculum’ anche se è plurale?

il plurale di curriculum è curriculum!

una volta per tutte! …  anche se per ogni dizionario della lingua italiana il plurale in “a” è ormai entrato nell’uso comune e perciò può essere ammesso

Umberto Croppi Headshot

 

C’è un’Italia degli intercalari, dei “come dire“, dei vizi linguistici, delle scoperte lessicali che fanno fino. L’ultima frontiera pare essere quella dei curricula. Solo pochi anni fa a nessuno sarebbe venuto in mente di flettere al plurale la parola curriculum, ma qualcuno, sempre più spesso, per far sfoggio della conoscenza del latino ha cominciato a usare un inaudibile neutro plurale. Come quando – ci spiegava il nostro professore al liceo – con una derivazione dalla lingua avita il carabiniere meridionale, al posto di blocco, ci chiede: documenta!

E come nel celebre saggio del marchesino Eufemio, il neolatinista di turno riceve il premio, che consiste nell’imitazione di timidi laudatores (questo va bene al plurale, vedremo perché) che, per non sbagliare, ne rilanciano l’espressione. È ormai una specie di virus.

Come tutti sanno, una parola straniera entrata nel nostro vocabolario non segue più le regole della lingua di provenienza. Così film, bar, camion, boutique, non si declinano al plurale secondo la propria lingua d’origine, a meno che uno non voglia proprio citarli in quella lingua e, quindi, evidenziarli in corsivo. Vi sono poi parole latine, per così dire, riacquisite attraverso l’inglese o altri idiomi, come forum, che pure hanno perso la valenza originale. Come la mettiamo allora con mass media? Vallo a chiedere agli inglesi, loro hanno coniato il termine e l’hanno voluto così e così resta.

Dice: però il latino non è una lingua straniera, è la matrice dell’italiano e allora dobbiamo rispettarla. Si ma le cose non cambiano: i referendum sono i referendum, come i lapsus, gli alibi, i vademecum e i virus, anche al plurale.

E poi, a ben vedere, curriculum, per come noi la usiamo, non è neppure una parola latina in senso stretto. Per i nostri antenati Romani, il curriculum era una corsetta, una breve corsa. C’era, semmai, il cursus honorum a tenere il conto degli incarichi pubblici di una personalità.

Il “curriculum vitae”, latinismo usato per descrivere in breve le proprie esperienze lavorative e di studio, è un neologismo introdotto in documenti pubblici italiani solo alla fine dell”800, che utilizzato nella sua forma breve, curriculum, compare addirittura alla metà del secolo scorso; in seguito anche italianizzato in curricolo (il cui plurale è, ovviamente, curriculi).

L’argomento che vale su tutti ce lo fornisce, tuttavia, qualsiasi dizionario della lingua italiana: s.m.inv. sostantivo maschile – non neutro – e invariabile. Invariabile, appunto!
Dice, ancora, ma il plurale in “a” è ormai entrato nell’uso comune e perciò può essere ammesso.

Manco per niente, è vero il contrario: sentire “curricula” stride come un freno arrugginito, proprio perché suona falso e rischia di gettare su chi usa questa forma innaturale l’ombra del parvenu (plurale parvenu o parvenus, a scelta).

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