una morte che rattrista

E’ morto José Ramos Regidor, teologo della Liberazione e fondatore di Com Nuovi Tempi

 

di Anna Maria Marlia e Fausto Tortora

Dopo una lunga e odiosa malattia José Ramos Regidor ci ha lasciati. Erano ormai diciassette anni che i lettori e gli amici di Confronti non leggevano più un suo scritto: aveva fatto parte della redazione di Com, poi dell’avventura Com-Nuovi tempi e infine di Confronti. Veniva anche dall’esperienza di I-doc, rivista internazionale e centro di documentazione sul post-Concilio Vaticano II. Ma, soprattutto, veniva da quel gruppo di salesiani “disobbedienti” (Girardi, Lutte, Gutierrez, Bellerate…) che, agli albori degli anni ’70, avevano animato il Pontificio Ateneo Salesiano di Roma con le loro proposte di riforma dell’ordine e della Chiesa cattolica.

Il primo lavoro di Ramos fu un ponderoso volume, con tanto di imprimatur, dedicato significativamente ad una rilettura critica del sacramento della penitenza, nel quale si sottopone questo sacramento ad una lettura storico-critica attraverso i secoli e che per molti rivelò che realtà, ritenute immutabili, erano sostanzialmente dipendenti dalle dinamiche di potere e di controllo esercitate a tutti i livelli dai sacerdoti, in quanto deputati al sacro.

Successivamente i suoi interessi di teologo militante si spostarono verso la Teologia della liberazione, sulle orme dei lavori di Gutierrez: di questa fu divulgatore originale e appassionato. Nell’approfondimento della Teologia della liberazione incontrò – con qualche decennio di anticipo rispetto all’attuale pontefice romano – l’ecologia e coniugò questo paradigma con l’esigenza della giustizia, soprattutto a partire dai popoli del Sud del mondo, marginali e impoveriti dalle dinamiche dello sviluppo capitalistico.

Chi, come noi l’ha conosciuto, quasi cinquant’anni fa, sa che la sua vita non è stata semplice né priva di difficoltà materiali, a partire dagli anni difficili dell’infanzia e dell’adolescenza in un piccolo paese dell’Estremadura. L’incontro con la nostra amica Maria Paola gli ha però regalato anni sereni in cui si è riconosciuto, anche attraverso la curiosità di entrambi, con mondi e persone diverse, come Alex Langer incontrato nel corso del suo ultimo impegno di sensibilizzazione politico-culturale: la Campagna Nord/Sud.

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in Vaticano ci sono dei cardinali che vogliono la morte di papa Francesco

attacco alla Curia e al prelato Balda

“sono finita nei guai per uno squallido gioco di potere tra cardinali”

la pr Francesca Chaouqui parla di una vera e propria guerra tra alti prelati all’ombra del Cupolone

di giacomo galeazzi e ilario lombardo
l’intervista a Francesca Chaouqui è durata un’ora, durante la quale ha risposto a molte domande
per ovvie ragioni di spazio è stata fatta una selezione per l’edizione cartacea della Stampa, del 12/12/2016

 

«Sono nei guai per uno squallido gioco di potere di cardinali. Chi ha armato la mano contro di me è un nemico del Papa, ho fornito le prove alla Gendarmeria». Per Francesca Immacolata Chaouqui, imputata col prelato Vallejo Balda nel processo Vatileaks «molti in Vaticano vogliono morto Francesco. Me lo ha detto un cardinale: Il Santo Padre passa, la Curia resta».  

 

Quale è il suo ruolo nel processo?  

«Mi vengono contestati l’associazione a delinquere e la diffusione di documenti riservati. Ma la mia vicinanza a Balda era dovuta al lavoro in comune nella commissione Cosea. Mai dato carte a nessuno».  

Cosa sta accadendo in Curia?  

«È una fase decisiva nella riforma. La segreteria per l’economia è operativa ma è inammissibile che l’australiano Danny Casey, il braccio destro del cardinale George Pell, guadagni 5 volte più del capo della Gendarmeria che comanda 200 persone. Nel nuovo dicastero ci sono stipendi mai visti prima in Vaticano».  

Come mai una giovane pr trentenne senza competenze specifiche finisce in una commissione finanziaria?  

«Ho curato le relazioni esterne dei principali studi legali. Mai sentita inadeguata, so analizzare i bilanci di banche e imprese, dalle Srl alle quotate. Sono stata io ad individuare la McKinsey per unificare in Curia gli enti di comunicazione, mentre altri 5 membri della commissione si preoccupavano di ricollocarsi in Curia. Io non ho fatto assumere figli o fratelli alla McKinsey. De Franssu è andato a presiedere lo Ior e ha piazzato il figlio a Promontory, che controlla i conti della banca».  

Il nuovo corso non funziona?  

«Il Vaticano non è quella fogna che si pensava di dover ripulire. C’è tanta gente onesta che fa il suo lavoro: non accetta che un comitato di polizia australiano vada in casa a dire che sono tutti ladri e poi guadagni stipendi esorbitanti».  

Chi l’ha voluta in Curia?  

«Non lo so e neppure il Papa lo sa. Mi telefonò l’assessore della Segreteria di Stato, Peter Wells. Ho fatto un errore ad accettare. Credevo di svolgere un servizio al Papa e mi sono ritrovata in gravi guai».  

Quanto conta adesso lo Ior?  

«Resta un ente fondamentale: garantisce la libertà di mandare soldi alle missioni e di gestire il patrimonio. È la banca centrale del Vaticano e per il 90% lì le cose sono pulite, sane. La nomina al vertice di Gianfranco Mammì fa ben sperare. La questione di conti dei laici si risolverà, i controllori di Moneyval hanno dato parere positivo. Sotto la direzione dei cardinali Abril, Parolin, Tauran lo Ior che esisteva prima non esisterà più».  

Suo marito ha mai lavorato per una società che è stata pagata dallo Ior o dal Vaticano per consulenze sui sistemi informatici?  

«Mai». 

Quali sono i suoi rapporti con Luigi Bisignani?  

«Lo conosco da un anno e mezzo, ma non abbiamo mai parlato di Vaticano, solo di politica, Generali, attualità. E’ associato al Vaticano come tanti, ma ciò non lo rende impresentabile. Mai lavorato con lui. Non gli ho chiesto favori e lui non ne ha chiesti a me. Una persona piacevole».  

Bisignani conosce la contessa Marisa Pinto, la sua mentore?  

«Sono amici. La contessa e il marito gli diedero il primo lavoro quando aveva 18 anni».  

Tra gli sponsor che l’hanno voluta in Vaticano c’è Tauran?  

«Non ne ho la minima idea». 

Tauran è legato alla contessa?  

«Sono dietrologie. È una menzogna di Balda che il cardinale Tauran mi abbia segnalato in Vaticano. Alla contessa voglio bene ma non c’entra nulla con incarichi di lavoro o in Curia».  

E la Ernst & Young dove lei lavorava? Ha avuto rapporti con la contessa?  

«Nel natale 2012 all’ambasciata di Spagna presso la Santa Sede ha patrocinato un concerto della fondazione “Messaggeri della pace” presieduta dalla Pinto».  

Perché a Balda assegnò lo stesso autista della contessa?  

«Conoscevo Pietro Grillo: fa questo mestiere per vari personaggi. Lo indicai a Balda quando le sue frequentazioni diventarono poco raccomandabili. In Curia erano già arrivate voci di suoi strani viaggi e di un pernottamento a Torino in un hotel di lusso. Non volevo che andasse a cena sul mare da solo con i maschi. Vedevo sfumare l’investimento professionale e di relazione che avevo fatto su di lui. Gli avevo consigliato di avere dei costumi più consoni alla vita di un prelato».  

Molte delle testimonianze, anche fotografiche, però dimostrerebbero che era lei a consigliargli un “nuovo stile di vita”?  

«Quando era mio amico non faceva vita mondana. Certo, gli ho presentato varie persone tra le quali la stessa manager tv Elena Metti» 

Aveva il suo personal shopper?  

«Il personal shopper era il mio in quanto donna e pr. Ho il mio parrucchiere. Un giorno Balda lo ha conosciuto, ha iniziato a frequentare il suo salone e ci ha portato la mamma. Poi ha deciso di fare con lui un percorso di styling, perché voleva cambiare la sua immagine. Stesso motivo con il personal trainer. Diceva di sentirsi insoddisfatto di quei vestiti che cominciavano ad andargli stretti». 

Ha fatto sesso con Balda?  

«Non mi è mai passato per la mente. Gli serviva un episodio scatenante per giustificare un ricatto e per inventarsi un motivo che lo avrebbe indotto a consegnare i documenti segreti. Così può dire che io l’ho raccontato ai due giornalisti (Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, coimputati nel processo, ndr) in modo che loro potessero fare pressione per farsi dare le carte».  

Lei ha detto che non avrebbe potuto fare sesso con lui perché non era interessato alle donne.  

«Fare sesso con lui è un’ipotesi inesistente, non perché non fosse interessato alle donne. Ma perché per me era un fratello, un amico, una persona con cui scherzare. Certo, in tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme non ha mai fatto una battuta su una donna. Mentre su altro sì». 

Su altro?  

«Inutile scendere in pettegolezzi». 

Lei però gli inviò un sms per invitarlo ad avere rapporti sessuali con sua cugina Silvana, in Calabria, così, scrisse, «può anche essere salvato il patrimonio genetico».  

«Era uno scherzo. Diceva spesso vorrei tanto avere un figlio, aveva paura di restare solo. Diceva: “Che sarà della mia vita quando mia madre non ci sarà più”. Era una goliardata, una battuta di pulcinella. Non ha visto nessuna cugina». 

Perché, in un altro sms, gli dice di rivolgersi a Sgalla (Roberto, capo dei servizi speciali della Polizia), che, «ben conosci – scrive lei – e fatti dire i pianti di questi giorni quando mi hai detto dei fogli spostati»  

«Non ho nulla da riferire sulle persone che conosco. Non sono oggetto di conversazioni giornalistiche». 

Lei ci ha detto che non lo conosceva. E’ così?  

«Non ho intenzione di parlarne». 

Quando conosce Nuzzi?  

«Quando lo chiamai a presentare un libro per lo studio legale in cui io lavoravo. Da lì si è creata un’amicizia che non c’entra con il Vaticano» 

Lei scrisse un tweet in cui sosteneva che il maggiordomo Paolo Gabriele non fu il corvo del primo Vatileaks? Chi lo fu allora?  

«Allora era una impressione. Ora ho le prove, perché le ho ricostruite in Vaticano, ma non posso parlarne. Fu usato per lotte di potere tra cardinali». 

Conosceva Gabriele?  

«Mai incontrato, né prima né dopo». 

C’è un legame tra Vatileaks e le dimissioni di Ratzinger?  

«Vatileaks 1 non c’entra con le dimissioni di Benedetto».  

Chi considera i suoi nemici?  

«Oggi, attraverso veline ai giornali, i miei nemici sono gli stessi che hanno attaccato il prelato dello Ior, Battista Ricca. I giornalisti sono strumenti, dietro ci sono mandanti che non perdonano a Francesco di aver fatto nomine prescindendo dalle gerarchie della Segreteria di Stato. Sono gli stessi interni che sperano che papa Bergoglio muoia da un giorno all’altro».  

C’è dietro un cardinale?  

«Ne ho riferito a Francesco e ho consegnato le prove alla Gendarmeria. Ho agito solo per amore del Papa. In Vaticano ho lavorato gratis e non mai fatto da intermediaria con la politica. Conoscevo già tutti».  

Perché allora il Papa dice di aver commesso un errore a nominare lei in Cosea?  

«Non mi sento offesa. Sono d’accordo con lui: c’è chi si è fatto nominare in una commissione per poi entrare nel vertice del più importante ente controllato, lo Ior». 

Lei accusa il vaticanista del Giornale Fabio Marchese Ragona di aver falsificato i tweet imbarazzanti del suo profilo datati 2013 contro il Segretario di Stato vaticano Bertone, l’ex ministro dell’Economia Tremonti…  

«I miei nemici sono gli stessi che armarono la mano di Ragona quando impacchettò la storia dei tweet falsi per la quale ora sono indagata a Roma». 

L ei ha detto che lo aveva denunciato, ma non è andata così…  

«Non l’ho denunciato per pietà e per un fatto pratico. Guadagna mille euro al mese, che cosa avrei potuto levargli?»  

Ha detto che erano stati gli hacker a intrufolarsi nel suo computer.  

«Nessuna intrusione, hanno usato Photoshop. Quanto ci vuole a costruire un coso falso?» 

Sallusti ha verificato che erano veri.  

«Sallusti facesse bene a tacere perché non ha verificato niente».  

Uno degli indagati dalla procura di Roma assieme a lei è Sauro Moretti che chiamò Ragona per convincerlo a non scrivere più. E’ andata così?  

«Accade questo: chiamo Vittorio Sgarbi che mi dice che il suo braccio destro Sauro Moretti conosce tutti al Giornale, vediamo se può darci una mano. Allora io chiamo Moretti. Lui mi dà il numero di Sallusti. Chiamo Sallusti, ma lui dice che è al mare. Ricordiamo che il pezzo esce il 10 agosto 2013, poco dopo la mia nomina in Cosea. Sallusti mi rimanda al vicedirettore. Le risposte che mi danno non mi convincono e io mi incavolo di più. Perché anche io ho dei limiti sui quali lavoro da tempo: sono incazzosa e aggressiva. Comunque, chiamo Paolo Berlusconi (altro indagato, ndr): mi promette che avrebbe verificato e qualora ci fossero state irregolarità queste sarebbero state sanate. Da quel momento si crea un bel dialogo con Paolo che non ha niente a che vedere con la Santa Sede. Perché posso assicurarvi che alla famiglia Berlusconi non gliene è mai fregato niente del Vaticano. Mi è stato promesso che Ragona non avrebbe più scritto falsità sul mio conto. E così è stato: non ha più scritto falsità. Ha continuato a scrivere sul Giornale e ad apparire su Sky, purtroppo. Dico purtroppo perché meritava di essere radiato dall’albo». 

Però non lo ha denunciato.  

«Ho fatto la visura su questa povero disgraziato e dopo aver visto che è un nullatenente che guadagna al massimo 1.100 euro al mese, ho detto vabbè offriamo questa sofferenza a Dio e andiamo avanti». 

Quale è il suo rapporto con Mario Benotti, indagato con lei a Roma per associazione a delinquere finalizzata all’accesso informativo abusivo.  

«E’ un caro amico, niente di più. E’ coinvolto in questa vicenda perché io e mio marito, indagato anche lui per intrusione informatica, abbiamo avuto pietà del difficile momento che stava vivendo con la compagna, perché la figlia della compagna era stata affidata al suo ex marito e gli avevano riferito che la piccola veniva trattata male. Benotti mi chiese la cortesia di far fare a mio marito una verifica sui profili social del padre per vedere se ci fossero degli elementi, poiché loro ritenevano che potessero esserci delle cose imbarazzanti nel passato di questa persona, non consone a un padre di famiglia. In questo caso sarebbero confluite nel fascicolo del giudice del Tribunale dei Minori affinché la bambina fosse tolta al papà e affidata alla mamma. Nessuna intrusione informatica. Mio marito ha solo fatto una verifica sul profilo Facebook». 

Perché per una semplice verifica Benotti si rivolge a un esperto informatico?  

«Non si rivolge a un esperto ma a un amico». 

Lei voleva portare Benotti come teste nel processo in Vaticano?  

«Beh è il teste di Balda. Ma non ne ho capito il motivo». 

Non è molto chiara la vicenda dei genitori del premier Matteo Renzi. Lei li ha portati a Santa Marta ed è stato scritto che il Papa, venuto a sapere che voleva fare incontrare loro con lui, è rimasto nella sua stanza.  

«Erano in udienza e dopo la fine dell’udienza, abbiamo fatto un giro per la basilica di San Pietro, alla Cappella Sistina e poi li ho portati a Santa Marta perché lì c’è un refettorio. Non c’era nessuna intenzione di far incontrare i genitori di Renzi e il Papa. Non avrebbero bisogno delle mie imboscate, se volessero incontrarlo. Si fa richiesta alla Prefettura della casa pontificia. Non faccio l’intermediaria di incontri per nessuno».  

Lei ha mai fatto da intermediaria tra il Vaticano e la politica?  

«Lavoro solo per chi mi paga». 

E’ vero che si era messa a disposizione di Maria Rosaria Rossi, senatrice di Fi molto vicina a Berlusconi? Lo sostiene la senatrice.  

«Con la Rossi c’è stata una chiacchierata poiché condivido il lavoro che sta facendo. E le ho detto semplicemente che avrebbero potuto contare su di me e sul mio lavoro di comunicatore. Il Vaticano non è stato oggetto della nostra chiacchierata». 

Che legami ha con gli uomini più vicini al premier, per esempio Marco Carrai che era presente sulla terrazza del dicastero vaticano nel noto party durante la canonizzazione dei due papi?  

«I miei rapporti personali e privati sono affari miei e non devo darne conto a nessuno». 

Ha però confermato di essere amica di Carrai. Inoltre, fa riferimento a lui in un messaggio a Balda, quando lo accusa di aver «messo in mezzo tutto il mondo».  

«Dopo che abbiamo litigato Balda ha iniziato a chiamare a raffica tutti, non so se ha chiamato pure Carrai. Altre persone mi hanno telefonato per dirmi che parlava male di me». 

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trasformare le nostre violenze in tenerezze

elogio della tenerezza

di Jean Vanier

Vanier

Nel libro della Genesi leggiamo che sulla terra c’era così tanta violenza che Dio rimpianse di aver
creato gli esseri umani (Gn 6,6). Così ci furono il diluvio e l’Arca di Noè. La storia della terra è una
storia di violenza; la terra è piena di violenza. Perché tanta violenza? Perché bisogna essere più
forti, i più forti
Allora respingo Dio ed elimino gli altri, per guadagnarmi la terra. Basta guardare i
tifosi di calcio o quando i canadesi battono gli americani a hockey! Diventano tutti matti: bisogna
vincere ad ogni costo, bisogna essere i più forti! Allora costruiamo frontiere e sistemi di difesa e
creiamo tutto un mondo fatto per proteggerci dalla violenza che produciamo. Il che non vuol dire
che non ci siano stati anche dei profeti di pace nella Bibbia. La storia del popolo ebraico è una storia
di grandi profeti che hanno annunciato l’alleanza. Dai tempi dell’alleanza con Noè, Dio ha
promesso di non sterminare più l’umanità e di darle la pace. Gli ebrei attendevano un messia forte.
Il popolo ebraico aveva patito l’oppressione, prima dei persiani, poi dei greci e infine dei romani.
La terra d’Israele era piccola, ma ricca, e vari imperi volevano possederla. Per circa 700-800 anni, il
popolo aveva subìto la dominazione di nemici che lo facevano soffrire. Perciò dal messia Gesù si
aspettava la liberazione. Verso la fine della vita di Gesù, ci fu infatti una progressiva delusione
anche tra i discepoli a lui più vicini Ma Gesù non è venuto solo per liberare Israele, è venuto per
liberare anche me, dalle mie violenze, dal desiderio di essere migliore degli altri calpestandoli.
All’Arca, abbiamo lavorato con uno psichiatra, un uomo eccezionale. Non era credente, ma era
profondamente umano. Un giorno sono andato a trovarlo e gli ho chiesto: «Secondo te, che cos’è la
maturità umana?». E lui mi ha risposto: «È la tenerezza». Perché la tenerezza è l’opposto della
violenza. È un atteggiamento del corpo: degli occhi, delle mani, del tono di voce [ … ]. Consiste nel
riconoscere che l’altro è bello e nel rivelarglielo. Ma con il nostro corpo, attraverso la nostra
maniera di ascoltarlo, le parole che gli rivolgiamo. Gesù è venuto a insegnarci la tenerezza. È
l’atteggiamento che permette di accogliere l’altro e di vivere in relazione con lui.
Ma poi c’è la paura. Ho paura che l’altro mi schiacci. Per questo il cuore del messaggio di Gesù è:
amate i vostri nemici! «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro
che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male» (Lc 6,27-28). È incredibile. Gesù è
probabilmente la prima persona nella storia dell’umanità che osi chiederci una cosa così
impossibile. Perché lo sappiamo tutti che è impossibile. Se venite a sapere che qualcuno parla male
di voi, dietro alle vostre spalle, provate a dire bene di lui! Non ci riuscirete. Vi si gonfieranno le
ghiandole, proverete ma… niente da fare! Perché la vita protegge la vita. Ci difendiamo. E se ci
arriva una pietra addosso, reagiamo eccome, ci proteggiamo! Se qualcuno cerca di schiacciarmi, io
mi difendo!
A meno che… Dio stesso non ci dia un difensore! Ed è ciò che effettivamente accade: è il Paraclito!
Vi dicevo che, fra le traduzioni del termine Paraclito, c’è il difensore, il consolatore, l’intercessore,
l’avvocato. È colui che parla in mio nome per difendermi. Amare i nemici non è una cosa possibile!
Perdonare non è possibile! Mi ricordo di essere andato in Rwanda dopo il genocidio. Ho parlato con
una giovane donna che aveva perso 75 membri della sua famiglia, tutti massacrati. E diceva: «Ho
tanto odio dentro di me! Nessuno che mi chiede perdono. E parlano di riconciliazione!». È
comprensibile che sussista un desiderio di vendetta e il bisogno di difendersi, quando si è subìto
tanto male – un male reale. Il perdono è qualcosa di molto difficile, soprattutto quando si è
profondamente feriti nel proprio corpo e nella psiche. Come quella ragazza che per anni ha subito
abusi sessuali da parte di uno zio che minacciava di ucciderla se avesse parlato. Un giorno ha avuto
il coraggio di parlarne a sua madre, la sorella dello zio. E la madre si è arrabbiata con lei,
accusandola di mentire. Per questa ragazza, la guarigione è un percorso lungo. E nel nostro mondo
ci sono tante situazioni di violenza, tante persone che fanno o subiscono il male! È una strada lunga,
imparare ad amare l’altro diverso da me. Ed è ancora più lungo perdonare. Abbiamo bisogno dello
Spirito di Dio, di una comunità, di essere accompagnati, per poter progressivamente prendere
coscienza del male subìto e camminare verso il perdono. Prima mi rendo conto che una persona mi
ha fatto del male e che questo male ha distrutto alcuni elementi della mia vita e della mia speranza.
Allora cerco di accettare questa realtà. Gesù è venuto a portarci la pace e il perdono. È venuto a
riconciliarci, trasformando le nostre violenze in tenerezza. Ma la strada è lunga. E perché tale
trasformazione si compia, occorre il sostegno di una comunità e di un accompagnatore. Il cammino
non si fa da soli, subito, con la bacchetta magica. Soprattutto se il male ci tocca da vicino: nella
nostra persona, nella famiglia, in un essere caro. Allora il perdono è davvero un processo molto
lungo!
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la nostra guerra contro la natura

siamo in guerra con la natura…

di Emilio Molinari

Molinari Emilio

L’ISIS ha dichiarato guerra all’occidente, rispondiamo senza pietà…
Eppure l’unanime grido: sono in gioco la nostra civiltà, i nostri valori, il nostro stile di vita, la nostra felicità e la nostra gioia…mi inquieta. Perché?
Perché sono convinto che siamo nel bel mezzo di una «Terza Guerra Mondiale a pezzi» di cui il terrorismo in nome di Dio è solo uno dei tanti pezzi. Che l’orrore parigino è solo una delle tante «rotture» con le quali il Pianeta ci segnala che non ci regge più… E non regge proprio il nostro stile di vita, la nostra felicità, la nostra gioia … e l’arroganza della nostra cultura.
Perché siamo in guerra con la natura, la quale proprio a Parigi, alla Cop 21 sul clima, ci presenta un conto salatissimo, tragico e ultimativo. E non sarà chiudendo la bocca agli ambientalisti in nome della sicurezza che risolveremo i problemi.
Siamo in guerra con gli emigranti che assediano le nostre frontiere.
Siamo in guerra con i beni comuni: l’acqua, la terra, l’aria, il fuoco.
Le guerre portano il segno dell’accaparramento dei combustibili fossili che scarseggiano. sono infinite e hanno provocato un milione di morti nella sola Iraq: dolore, torture e indicibili umiliazioni, inflitte a intere popolazioni dall’occidente, senza «dissociazione» alcuna da parte nostra. Ci scusiamo dopo, per gli errori commessi, mai per gli orrori e il dolore generati.
I mutamenti climatici provocano morte e dolore incalcolabili.
47 bambini ogni giorno muoiono affogati in Bangladesh, solo perché il paese va sott’acqua. E non per colpa dei poveri della terra, ma perché ogni ora il nostro mondo spara in atmosfera centinaia di milioni di tonnellate di CO2.
Siamo in guerra per l’acqua e con l’acqua e pensiamo di privatizzarla. I nostri governi e le nostre multinazionali negano l’accesso all’acqua potabile a un miliardo di persone e 5000 bambini muoiono ogni giorno per questa ragione.
Siamo, con l’accaparramento delle terre, in guerra con i contadini per prenderci le loro terre e cacciare uomini e donne che ci vivono da secoli.
La guerra agli emigranti è sotto i nostri occhi con muri, fili spinati, barche affondate e con il modo con il quale li trattiamo in occidente: sfruttati, umiliati, insultati, schiavizzati.
E siamo in guerra con i poveri delle favelas e con i poveri delle nostre stesse periferie cittadine
Ma non ci passa per la testa che al fondo c’è proprio il nostro stile di vita occidentale intoccabile e che sbandieriamo come una chimera a tutto il resto del mondo. Parliamo dei nostri valori mentre priviamo i nostri stessi cittadini europei dei diritti sociali fondamentali su cui si fondano le nostre costituzioni. Anzi, cancelliamo dalle costituzioni questi diritti e li sostituiamo con il pareggio di bilancio.
Circondati da povertà, da ingiustizia, da catastrofi ambientali, consideriamo le cose inutili indispensabili, e i nostri desideri diritti universali.
Vengono al pettine tutte le contraddizioni del «nostro sviluppo» e il mondo, come una locomotiva, corre inarrestabile verso la catastrofe, guidata da un impalpabile conduttore: il mercato, che guida la Casa comune senza «misericordia alcuna» ad una velocità infinitamente superiore alle nostre capacità di pensare.
Di pensare al dolore e all’odio che seminiamo in tutto il mondo e pensare a come rielaborare questo nostro dolore spettacolarizzato, per sentire quello ignorato, che provochiamo negli altri.
Il dolore universale è l’elemento da far emergere dai tragici fatti di Parigi.
Da decenni l’occidente genera indifferenti e conformisti. Incoscienti del grande dolore che il futuro prossimo ci riserva.
So che dire queste cose oggi con i morti di Parigi negli occhi, viene letto come tradire o giustificare l’orrore; è sottrarsi «all’arruolamento» nell’esercito occidentale.
In questo contesto, so di sottrarmi alle domande sul che fare per fermare l’ISIS, ma sento che la priorità è quella di generare un grande movimento per cambiare le coscienze e il nostro stile di vita. Sento che il Papa è l’unica autorità mondiale a parlare del «grido che sale dall’umanità e dalla Terra», Che è inascoltato.
Attaccato da destra e ignorato da una sinistra diffidente e in tutt’altre faccende affaccendata.
Attaccato da un laicismo ideologico che rischia di diventare una nuova forma di cecità che, mentre il mondo va a rotoli, sembra appassionarsi solo per i temi delle coppie gay o per l’eutanasia.
Mi è difficile come laico e di sinistra farmi capire su questo terreno.
Difficilissimo dire alla sinistra e ai laici di buona volontà, che oggi il Papa e l’Enciclica Laudato Si, sono forse l’unica chance che abbiamo. Che non è un tradimento delle nostre convinzioni «arruolarci» nelle file di un movimento che ha questo «manifesto per il XXI° secolo» come richiamo. Non piacerà se sento di dover lanciare un appello al mio mondo, laico e di sinistra.
E cioè che di fronte ai tamburi di guerra, all’imbarbarimento di quelli senza pietà e all’indifferenza dominante, occorre cogliere nel Giubileo della «misericordia» qualcosa anche di nostro, e nelle migliaia di iniziative e di mobilitazioni che determinerà, non un «fastidio». ma una occasione unica, anche nostra, di esserci, di partecipare e di mobilitazione. Un anno quello del Giubileo, in cui è doveroso costruire un ponte con i credenti, per dare vita assieme a un indispensabile grande movimento di resistenza alla Terza guerra mondiale, per la Pace con l’umanità e la natura e….per l’Egalitè e la Fraternitè sparite dai nostri «valori» laici e occidentali.

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