“cara Chiesa tra riti e scandali hai tradito Gesù Cristo”
Ermanno Olmi
Lettera a una Chiesa che ha dimenticato Gesù
questo l’inizio:
questo l’inizio:
di Maurizio Chierici
in “il Fatto Quotidiano” del 23 febbraio 2016
Quasi una favola quando nasce un bambino. Ottant’anni fa, Mussolini ammoniva le donne senza figli: se le bare supereranno le culle prenderò provvedimenti dragoniani. Ottant’anni dopo, famiglie cambiate, bambini sempre meno. Meno della metà dei piccoli che aprivano gli occhi nei favolosi anni Sessanta quando i “profughi economici” (oggi maledetti dai pifferai della politica pop) non arrivavano a 63mila. Ormai sono sei milioni. Per fortuna. Senza le loro facce nere, gialle, marron saremmo in ginocchio.
Non solo perché aiutano le promesse di Renzi con 7 miliardi di tasse, ma soprattutto per aver addolcito le abitudini delle generazioni on line allergiche ai lavori fangosi: contadini che sudano, operai Cinq’ ghej, cinque soldi come i migranti lombardi nella Svizzera del dopoguerra. Muratori su e giù da impalcature traballanti, mani nelle immondizie, schiavi nella raccolta di arance e pomodori: 12 ore sotto l’occhio dei caporali pagando oro il piatto delle brodaglie e le baracche del sonno. Anni così che ogni giorno dimentichiamo.
E dimentichiamo i turbanti dei sikh che alle tre del mattino mungono nelle stalle il Parmigiano Reggiano, Grana Padano e ogni formaggio della pianura del benessere perché bergamini lombardo-emiliani non se ne trovano più. Qualcuno va meglio nel nord delle fabbriche. Migliaia di artigiani e piccoli imprenditori si affacciano con l’ottimismo di chi vuol cambiare ma si allarga ogni anno la folla di chi scappa dalle guerre o dalla fame: piega la testa e tira la vita. Non tutti sono angeli: chi ruba, chi spaccia, chi beve e poi orrori di sangue che la nostra innocenza non può sopportare. Siamo perbene: mai femminicidi o esaltati che fanno a pezzi donne troppo sole. Mai clan oscuri, niente mafie, nessuna corruzione. Per carità, gli italiani non imbrogliano, quindi non sopportano la barbarie dei profughi selvaggi. “Nigeriano strangola la fidanzata; marocchino strappa la borsa alla vecchia signora”: gli appositi giornali informano così. Quarant’anni fa, Basaglia approvava ogni deformazione a patto che i titoloni annunciassero “sano di mente stermina la famiglia”. IN PIÙ GLI EXTRA fanno figli. Troppi. Si ammalano e pretendono due stanze per fare casa: “Paghiamo sempre noi”. Bisogna riconoscere che senza i bambini arcobaleno, le scuole dei paesi abbandonati nei mille chilometri dell’Appennino sarebbero scatole vuote, maestri disoccupati nel silenzio delle comunità fantasma. Perché le nostre ragazze non fanno figli o li cercano a 40 anni? Come mai i bambini non rientrano nei programmi degli gnomi che controllano mercati, finanza, segreti delle banche? Li considerano clienti da coccolare ma fino a una certa età. Intanto i giovani studiano o lavorano inseguendo la stabilità necessaria a mettere su famiglia. Disoccupate e disoccupati bussano a porte che non si aprono. E fanno i conti. Un bambino costa più di un peccato mortale: asili nido talmente cari da scoraggiare la voglia di tenerezze mentre dalla Francia ai paradisi del nord, lo Stato “rimborsa” per 3 anni madre e padre e allunga la protezione contante fino alla maggiore età. C’è da dire che la famiglia è cambiata: meno matrimoni (civili e religiosi) mentre si allunga l’anticamera delle convivenze nell’attesa di chissà quale domani. Meno male che i profughi da tante cose continuano a fare bambini neri, gialli, marron. Non è semplice mescolarli a scuola o nel lavoro ai piccoli bianchi dell’Italia che invecchia. Loro non sanno niente di noi; noi niente di loro. La politica guarda e tace: si arrangino da soli.
Nurit Peled-Elhanan è professoressa di lingua e pedagogia all’università ebraica di Gerusalemme, è stata tra le fondatrici del Parent’s Circle, associazione di parenti palestinesi e israeliani che hanno avuto vittime; in un attentato kamikaze compiuto a Gerusalemme in Ben Yehuda sua figlia di 13 anni è stata uccisa. È stata insignita del premio Sakharov del Parlamento Europeo per i Diritti Umani
Il 7 ottobre 2015 è uscita, per le Edizioni Gruppo Abele, la traduzione italiana del libro di Nurit Peled-Elhanan “La Palestina nei testi scolastici di Israele. Ideologia e propaganda nell’istruzione”, uscito nel Regno Unito nel 2012, mai tradotto in ebraico e boicottato in Israele.
“Nonostante tutte le altre fonti di informazione, i testi scolastici costituiscono potenti mezzi mediante cui lo Stato può configurare le forme di percezione, classificazione, interpretazione e memoria necessarie a determinare identità individuali e nazionali. Ciò vale in particolar modo per Paesi come Israele, dove storia, memoria, identità personale e nazione sono intimamente legati”.
lo studio, condotto su un campione di testi scolastici pubblicati tra il 1996 e il 2009, scelti in base alla popolarità dei libri fra gli insegnanti, analizza i discorsi e i mezzi semiotici mediante i quali vengono rappresentati la Palestina e i palestinesi. Vengono ben esemplificati alcuni dei principali sistemi di creazione di propaganda, quali l’utilizzo della dicotomia ebreo-non ebreo e la conseguente spersonalizzazione dei palestinesi, il culto della continuità e la legittimazione storica dello Stato di Israele e la cancellazione di 1.300 anni di presenza palestinese sulla terra di Palestina
L’autrice spiega che una delle aree su cui il Ministero dell’istruzione è particolarmente attento, è la comunicazione riguardante l’esercito (IDF). Scrive Nurit, “Fin da piccoli i bambini israeliani imparano che devono diventare dei buoni soldati. Sono sottoposti a questo brainwashing da quando hanno tre anni, quando ricevono le visite dei soldati nelle scuole e ogni vacanza è caratterizzata dalla presenza o rappresentazione di qualche eroe.”
La seconda area riguarda i Palestinesi, la cui stessa esistenza è negata nei libri.
“Nelle scuole in pratica non imparano niente sul Medio Oriente, perché lo stato di Israele è loro proposto come parte dell’Europa, né imparano nulla dei loro vicini o delle nazioni confinanti. Neppure della storia degli ebrei negli altri paesi. L’unica cosa che imparano sono i pogrom, l’olocausto e il fatto che il sionismo ha salvato gli ebrei dai cristiani. Rappresentazione quest’ultima che potrebbe funzionare per l’Europa dell’Est ma non per i paesi arabi”.
Dalla lettura dei libri di testo israeliani si capisce che “i palestinesi costruiscono i loro edifici illegalmente perché non vogliono pagare le tasse e che vivono in modo primitivo perché non amano la modernità”.
i palestinesi non sono mai chiamati palestinesi se non quando l’argomento è il terrorismo. Vengono chiamati arabi. “Arabi su cammelli, vestiti come Ali Baba. Li descrivono come spregevoli, devianti e criminali, gente che non paga le tasse, che vive a spese dello stato, che non vuole progredire” racconta. “Vengono rappresentati solo come rifugiati, agricoltori arretrati e terroristi. Non si vede mai un bambino palestinese, un dottore, un insegnante, un ingegnere o un agricoltore moderno.”
L’aspetto più importante, in tutti i testi analizzati, riguarda la ricostruzione storica degli eventi del 1948, l’anno in cui Israele iniziò ad attaccare i palestinesi per affermare la propria identità di stato indipendente e centinaia di migliaia di persone furono. L’uccisione dei palestinesi è raccontata come qualcosa che fu necessario per la sopravvivenza del nascente stato ebraico, afferma l’autrice: “Non è che i massacri vengano negati, ma nei testi scolastici israeliani vengono presentati come eventi che nel corso del tempo si sono rivelati positivi per lo stato ebraico.”
“I bambini crescono per servire nell’esercito e interiorizzare l’idea che i palestinesi siano gente la cui vita può essere sacrificata impunemente. E non solo questo, ma gente il cui numero deve essere ridotto. “
Nel libro sono descritte le forme di razzismo presenti in Israele.
“Una domanda che tormenta tanta gente è come ci si può spiegare il comportamento brutale dei soldati israeliani verso i palestinesi, l’indifferenza alla sofferenza umana, le sofferenze che vengono inflitte. Ci si chiede come possano questi graziosi bambini e bambine ebrei diventare mostri una volta indossata l’uniforme. Io credo che la causa principale sia nell’educazione. Così ho voluto vedere come i testi scolastici rappresentano i palestinesi.” Peled afferma di non aver trovato, in “centinaia e centinaia” di libri, una sola fotografia che mostrasse un arabo come una “persona normale”. All’interno di Israele, dice, Nurit “vedo solo un avanzamento verso il fascismo. Ci sono 5,5 milioni di palestinesi controllati da Israele che vivono in un’orribile condizione di apartheid, senza diritti civili né umani. L’altra metà sono ebrei e stanno anch’essi perdendo i loro diritti, giorno dopo giorno”. Peled è convinta che il sistema educativo aiuti a perpetuare uno stato ingiusto, non democratico e insostenibile. “In ogni cosa che fanno, dalla scuola materna fino alle superiori, vengono imbottiti in tutti i modi possibili, attraverso le letture, le canzoni, le vacanze e i passatempi, di nozioni patriottiche scioviniste.”
Barbara Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus
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