le novità dalle risposte al ‘questionario’

Sinodo, comunione ai divorziati e accoglienza ai gay: le risposte dei fedeli al questionario

VATICAN-SIRYA-POPE-PRAYER

<DATE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI>

LE RICHIESTE DEI FEDELI A FRANCESCO 

 

così Giovanni Panettiere sintetizza le risposte al ‘questionario’ in preparazione al sinodo sulla famiglia previsto per il prossimo settembre: nonostante la scarsa convinzione dei vescovi italiani a sensibilizzare i singoli fedeli (così come voluto da papa Francesco) le risposte che sono arrivate sembrano richiedere poche ma chiare innovazioni soprattutto in riferimento all’accoglienza sacramentale ai divorziati e agli omosessuali:

Comunione ai divorziati risposati, accoglienza degli omosessuali, ma anche più attenzione alle coppie in crisi, dialogo con i conviventi e rafforzamento dei corsi pre-matrimoniali. Il papa interpella la Chiesa sulle sfide della famiglia e i cattolici italiani fanno sentire la loro voce, sottolineando le urgenze pastorali nelle risposte all’inedito questionario in vista del Sinodo di ottobre. Sono state trasmesse alla Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana le sintesi elaborate dai 226 vescovi diocesani che nei loro territori hanno raccolto stimoli da parrocchie, associazioni e nuclei familiari. Oggi il Consiglio permanente della Cei (una sorta di cdm) esaminerà un testo d’insieme da inviare alla Segreteria generale del Sinodo come contributo finale della Chiesa italiana. In attesa del documento e di cifre ufficiali, alla luce di un’indagine sulle diocesi del nord, centro e sud del Paese, è possibile anticipare le priorità dei fedeli e tirare le somme di una consultazione fortemente voluta da Francesco.
Se il papa auspicava una diffusione capillare del questionario, nel Belpaese l’operazione è avvenuta solo in parte. Un po’ perché, come denunciato al Qn dal segretario generale del Sinodo, il cardinale in pectore Lorenzo Baldisseri, si sono avuti complessivamente dei ritardi nella distribuzione delle domande, un po’ perché nelle realtà più ampie — Torino e Bologna in testa — gli arcivescovi hanno preferito sensibilizzare per lo più il clero. È andata meglio nelle diocesi piccole, come per esempio Fidenza, Pavia, Lucca e Acireale, dove sono state coinvolte anche associazioni (Azione cattolica, Cl e Le Equipes Notre Dame). Ma non sempre la partecipazione è stata nelle attese a riprova di una certa immaturità del laicato italiano, quando si tratta di far sentire la propria opinione. «Non si è percepita l’importanza della richiesta di collaborazione», lamenta l’arcivescovo di Oristano, Ignazio Sanna.
Fra i temi maggiormente sentiti dalla base campeggia la situazione dei divorziati risposati che, diritto canonico alla mano, non possono accedere alla comunione, sempre che non si astengano dai rapporti sessuali. «La gente ci chiede di favorire l’accesso ai sacramenti per queste persone — avverte Sanna —. Se la voce è piuttosto unisona, qualcosa vorrà pure significare… Ci costringe a leggere il cambiamento con audacia e prudenza». Due parole care a Bergoglio che stigmatizza «la dogana spirituale» sui sacramenti. «Una maggiore attenzione ai casi concreti» è richiesta da monsignor Giovanni Giudici (Pavia), sebbene «non penso a una riforma».
Sull’omosessualità i fedeli invitano all’accoglienza, senza cedimenti, però, sulle nozze. «C’è un atteggiamento di motivato rifiuto rispetto a una legislazione che vorrebbe equiparare le unioni civili fra persone dello stesso sesso al matrimonio — si legge in una sintesi dei contributi arrivati al vescovo di Rovigo, Lucio Soravito De Franceschi —, mentre con le persone ci deve essere un atteggiamento di ascolto. Bisogna che la Chiesa accolga i figli senza alcuna remora e senza far differenze con gli altri». In sostanza, sintetizza monsignor Luciano Pacomio, biblista di fama e vescovo di Mondovì, «va superata, nel popolo di Dio come nella società, una cultura omofoba». Dalle risposte dei credenti si intravede anche lo ‘scisma sommerso’ fra le indicazioni morali del magistero e il comportamento dei coniugi sotto le lenzuola. Non lo nasconde monsignor Nino Raspanti, vescovo di Acireale, uno dei più giovani in Cei (è classe 1959), che ammette: «Capisco l’esigenza di una rivisitazione del concetto di natura. Va da sè che questo comporterebbe una qualche riconsiderazione delle linee operative dell’enciclica Humanae vitae, dedicata alla sessualità e ai contraccettivi». Si vedrà. Il Sinodo è lontano, ma in generale che cosa si aspettano i vescovi? «Spero in un’aria di Pentecoste. Occorre investire la Chiesa non di regole, bensì di Vangelo attraente», è l’augurio di monsignor Carlo Mazza (Fidenza). Chissà perché, a chilometri di distanza, a Santa Marta, Francesco sorride.

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risolvere i problemi dei rom … mandandoli via!

Ancora sgomberi a Pisa: due famiglie rom allontanate da Coltano

sembra un vizio non solo di amministrazioni ‘cattive’ di destra insensibili alla valorizzazione e al rispetto delle minoranze  culturali e ai problemi umani spesso legati ad esse perché represse o marginalizzate, ma anche di quelle ‘buone’ che celebrano ‘giornate della memoria’ e che organizzano dibattiti pubblici sui diritti umani e che progettano soluzioni abitative ‘per loro’, magari prescindendo da un ‘loro’ effettivo coinvolgimento essendo il vero motivo degli interventi non i ‘loro bisogni ma la nostra esigenza di operare delle migliorie per darci una buona coscienza ed eliminare le brutture più grosse per esibire una immagine di sé politicamente più accettabile, quando proprio non ci sia sotto, velatamente, un intento di assimilazione presentata come ‘inserimento’ e altre belle parole …

un intervento di ‘moduli abitativi’ per i rom di Coltano, molto pubblicizzato ed elogiato, presentato da molti come un tipo di soluzione ideale per comunità rom (anche se più che a politici o uomini delle istituzioni che poco o nulla conoscono i rom, le loro abitudini, il loro modo di organizzare la vita , è ai rom stessi che andrebbe chiesta una valutazione sulle soluzioni progettate per loro) è stato messo in atto dal comune di Pisa: peccato però che chi non accetta ‘a scatola chiusa’ tale soluzione non trova altra proposta che l’essere mandati via: sta succedendo proprio questo  a due famiglie (qui sotto la solidarietà di chi le conosce molto bene)

Il comunicato di Africa Insieme e Rebeldia e la solidarietà di p. Agostino Rota Martir che ha rischiato lui stesso di essere allontanato

Ci risiamo. Ancora una volta, la politica del Comune sui rom assume un solo e unico volto: quello degli sgomberi. Con un intervento effettuato la scorsa settimana, infatti, la Polizia Municipale ha notificato un’ordinanza di allontanamento a quattro nuclei familiari del campo di Coltano.

Come noto, l’insediamento di Coltano è diviso in due aree: da un lato il “villaggio”, con le famose “casette” assegnate ai rom; dall’altro il “campo”, dove abitano famiglie che non sono rientrate nell’area attrezzata. Da mesi si discute del destino di questa seconda area. Oggi l’amministrazione ha dato la sua risposta: quattro nuclei verranno sgomberati, ma solo a due di questi è stata proposta una dignitosa soluzione abitativa. Le altre famiglie – nelle quali vi sono anche bambini – dovranno allontanarsi. 

Ci risiamo, dunque: l’amministrazione comunale ripropone la consueta strada degli anni passati. Nel frattempo, il mondo intorno a noi è cambiato. L’Italia si è dotata di un programma nazionale denominato “Strategia di Inclusione”, che chiede di interrompere la spirale perversa degli sgomberi, e di avviare progetti di inserimento abitativo.

La Regione Toscana ha creato tavoli di lavoro con gli enti locali per trovare soluzioni abitative e per scongiurare gli sgomberi forzati. Vi sono fondi europei stanziati per progetti validi e innovativi, e già alcune città toscane hanno avuto accesso a questi fondi. Il Comune di Pisa non ha presentato alcun progetto ed è oggi il fanalino di coda delle politiche sociali sui rom, sia a livello regionale che nazionale. 

A pochi chilometri da Coltano, un altro campo – quello della Bigattiera – ha suscitato aspre polemiche nei mesi scorsi. Una mozione del Consiglio Comunale obbligava il Sindaco a ripristinare l’erogazione della luce elettrica e dell’acqua corrente, e a garantire il trasporto scolastico dei bambini [per il testo della mozione e il dibattito in aula si veda l’apposita pagina sul sito del Consiglio Comunale di Pisa]. Oggi, a quasi sei mesi di distanza, nulla si è mosso, e quella comunità continua ad essere priva dei servizi essenziali.

Un recente dossier dell’Associazione 21 Luglio – una delle più note organizzazioni internazionali di tutela dei diritti umani – inserisce Pisa tra le città dove più frequentemente sono violati i diritti dell’infanzia rom. Non è proprio un bel biglietto da visita per un Sindaco che si definisce “amico dell’infanzia”… 

Ancora una volta, ci troviamo a proporre la soluzione più semplice. Si revochi l’ordinanza di sgombero, e si apra un tavolo di lavoro con le famiglie interessate, con la Regione e con le associazioni, per trovare soluzioni condivise e rispettose dei diritti fondamentali. E’ davvero così difficile farlo? 

Africa Insieme / Progetto Rebeldia 

Pisa, 29 Gennaio 2014

bambino rom

 

Le 2 famiglie Rom di Coltano a rischio di allontanamento

La chiusura di uno spazio, quello che rimane del campo Rom di Coltano, può essere una scelta legittima e necessaria e questo compete giustamente al Comune, ma è importante farlo offrendo a chi lo abita delle alternative percorribili, come recita tra l’altro la “Strategia Nazionale d’inclusione dei Rom e Sinti” della Commissione Europea del 2011, sottoscritta anche dal Governo Italiano. 

Le famiglie Rom in questione (di fatto solo 2) in questi ultimi anni si sono trovate a vivere una situazione di emergenza, e forse le colpe sono da ripartire tra le diverse parti in causa e non solo verso i Rom. Sta di fatto che le 2 famiglie Rom hanno dimostrato di saper vivere nel rispetto delle regole fondamentali: ogni giorno accompagnano i loro figli a scuola (non potendo usufruire del servizio scuolabus del campo) e i genitori sono impegnati duramente ogni giorno nella raccolta del ferro per il mantenimento delle loro famiglie. Credo fermamente meritino che gli venga data un’altra chance, il loro allontanamento alla cieca provocherebbe un’ulteriore ferita che si aggiunge ad altre. 

Gli esseri umani non sono da considerarsi degli scarti, ce lo ricorda spesso e in varie occasioni papa Francesco e il suo stile ci entusiasma:

“Al contrario, un abbassamento di dieci punti nelle borse di alcune città, costituisce una tragedia. Uno che muore non è una notizia, ma se si abbassano di dieci punti le borse è una tragedia! Così le persone vengono scartate, come se fossero rifiuti.

Questa “cultura dello scarto” tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti.” (5 Giugno 2013) 

Anche il sottoscritto era destinatario della stessa ordinanza di allontanamento dal campo Rom, sono riconoscente all’Assessora Sandra Capuzzi per la sua comprensione, di fatto “graziandomi” offrendomi una alternativa percorribile e condivisa. Auspico che venga offerta anche a queste 2 famiglie Rom la possibilità di definire un percorso condiviso, anche per non aggravare ulteriormente la loro esistenza, soprattutto per il bene dei loro figli, evitando di fatto di sentirsi degli scarti, come dei rifiuti da spazzare via..ne vale veramente la pena? 

don Agostino Rota Martir

 campo Rom di Coltano – 30 gennaio 2014  

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p. Maggi e p. Ronchi commentano il vangelo

p. Maggi

 

I MIEI OCCHI HANNO VISTO LA TUA SALVEZZA

 

 PRESENTAZIONE DEL SIGNORE 

2 febbraio 2014, quarta domenica del tempo ordinario 

– Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi

 

Lc 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè,Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore –come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

Nonostante la straordinaria esperienza dello Spirito che i genitori di Gesù hanno avuto, in particolare sua madre, essi sono ancora ancorati alla tradizione del popolo che vede il rapporto con Dio basato sull’ osservanza, sull’obbedienza della sua legge. L’evangelista in questo episodio vuole anticipare, raffigurare, la difficoltà che avrà Gesù nel proporre al suo popolo, una diversa relazione con Dio, non più basata sull’obbedienza alle sue leggi, ma sull’ accoglienza del suo Spirito, del suo amore. Ecco allora che l’evangelista, nell’episodio conosciuto come la presentazione di Gesù al Tempio, presenta due comitive contrarie .

Una raffigurata dai genitori di Gesù che portano il bambino per adempiere un inutile rito, perché essi intendono fare figlio di Abramo quello colui che è invece è già Figlio di Dio.

E dall’altra parte, l’uomo dello Spirito, Simeone, intenzionato ad impedire l’inutile rito.

I genitori vanno per la purificazione della madre – perché la nascita di un bambino rendeva impura la madre e quindi la donna doveva purificarsi attraverso un’offerta, e qui è l’offerta dei più poveri, di una coppia di tortore – e soprattutto per pagare il riscatto del figlio. Ogni primogenito maschio che nasceva, infatti, il Signore lo voleva per sé.

Se i genitori lo volevano, dovevano pagargli l’equivalente di venti giornate di lavoro, cioè cinque sicli. Ebbene l’evangelista, mentre Maria e Giuseppe con il bambino si dirigono verso il Tempio per compiere questo rito, ci presenta con sorpresa – l’evangelista adopera un’espressione che indica la meraviglia Ecco, a Gerusalemme c’è un uomo di nome Simeone” , Simeone (che significa “il Signore è ascoltato”),è l’uomo dello Spirito , che tenta di impedire l’inutile rito.

Infatti Simeone prende il bambino tra le braccia mentre i genitori volevano adempiere ad ogni cosa della legge e pronuncia una profezia che lascia sconcertati i genitori. Infatti di Gesù dice che sarà gloria del suo popolo, Israele”, e questo Maria e Giuseppe lo sapevano, era il compito del Messia, del Figlio di Dio, ma,la novità,” luce per rivelarti alle genti” , cioè ai popoli pagani

L’amore di Dio, annunzia Simeone, è universale , non è più per un popolo – il popolo eletto -, ma è per tutta l’umanità. Pertanto i nemici di Israele, cioè i pagani, non dovranno più essere – come essi credevano, come la tradizione presentava – essere dominati, ma accolti da fratelli.

Poi Simeone, a Maria dà una benedizione, che finisce in una maniera abbastanza sinistra.

Dice che Gesù – e lo raffigura a quello che poi Luca più avanti nel suo vangelo presenterà come “una pietra”, una pietra che può essere angolare, che serve per la costruzione, o una pietra che fa inciampare le persone, le fa sfracellare- ed infatti dirà di Gesù che “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele ”  e, come segno di contraddizione, “anche a te” ,quindi si rivolge a Maria, la madre di Gesù,” una spada trafiggerà l’anima”, cioè la tua vita.

Qual è il significato di questa spada che trafigge l’intera vita di Maria? La spada , sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, è figura della Parola di Dio, che è efficace come una spada, dirà l’autore della lettera agli Ebrei, che “la parola di Dio è come una spada che arriva fino alle giunture e alle midolla e al punto di divisione dell’anima e dello Spirito”. Quindi Simeone a Maria, che raffigura il popolo di Israele, le annuncia che la parola di questo Figlio per lei sarà come una spada che la costringerà a fare delle scelte, e delle scelte molto dolorose. Infatti, nel prossimo episodio che l’evangelista presenterà, quello del ritrovamento di Gesù nel Tempio, farà sì che le prime e uniche parole che Gesù rivolgerà alla madre, saranno parole di rimprovero.

E’ ancora lungo il cammino di Maria. Maria dovrà comprendere che da madre del Figlio, dovrà trasformarsi in discepola. Un cammino lungo e doloroso, come una spada che trafigge l’anima.

 

Ronchi

Gesù, la luce preparata per i popoli

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. (…)
Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio per presentarlo al Signore, ma non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna se lo contendono: Gesù non appartiene al tempio, egli appartiene all’uomo. È nostro, di tutti gli uomini e le donne assetati, di quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; di quelli che sanno vedere oltre, come Anna, e incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro. Gesù non è accolto dai sacerdoti, ma da un anziano e un’anziana senza ruolo, due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. È la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l’eterna giovinezza di Dio. Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Parole che lo Spirito ha conservato nella Bibbia perché io le conservassi nel cuore: tu non morirai senza aver visto il Signore. La tua vita non si spegnerà senza risposte, senza incontri, senza luce. Verrà anche per me il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire, come forza di ciò che fa partire. Io non morirò senza aver visto l’offensiva di Dio, l’offensiva del bene, già in atto, di un Dio all’opera tra noi, lievito nel nostro pane. Simeone aspettava la consolazione di Israele. Lui sapeva aspettare, come chi ha speranza. Come lui il cristiano è il contrario di chi non si aspetta più niente, ma crede tenacemente che qualcosa può accadere. Se aspetti, gli occhi si fanno attenti, penetranti, vigili e vedono: ho visto la luce preparata per i popoli. Ma quale luce emana da questo piccolo figlio della terra? La luce è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata. La salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare dall’uomo, mescola la sua vita alle nostre. E a quella di tutti i popoli, di tutte le genti… la salvezza non è un fatto individuale, che riguarda solo la mia vita: o ci salveremo tutti insieme o periremo tutti. Simeone dice poi tre parole immense a Maria, e che sono per noi: egli è qui come caduta e risurrezione, come segno di contraddizione. Cristo come caduta e contraddizione. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, che fa cadere in rovina il nostro mondo di maschere e bugie, che contraddice la quieta mediocrità, il disamore e le idee false di Dio. Cristo come risurrezione: forza che mi ha fatto ripartire quando avevo il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. Risurrezione della nobiltà che è in ogni uomo, anche il più perduto e disperato. Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro alla vita, aprono brecce. Gesù ha il luminoso potere di far vedere che le cose sono abitate da un «oltre». (Letture: Malachìa 3,1-4; Salmo 23; Ebrei 2, 14-18; Luca 2, 22-40)
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