tre foto sono l’immagine odierna dei nostri fallimenti

MIGRANTI

migranti marchiati, segregati e ignorati tre foto simbolo raccontano un giorno di ordinaria catastrofe umanitaria

tre immagini per descrivere un giorno di ordinaria catastrofe umanitaria. Foto-simbolo che raccontano un’Unione Europea molto diversa da come l’avevano immaginata i Padri fondatori

Dalla stazione dei treni di Keleti a Budapest al sud della Moravia in Repubblica Ceca, fino alla spiaggia di Bodrum, l’antica Alicarnasso un tempo culla della civiltà greca. Qui l’Europa assume connotati razzisti nella gestione dell’emergenza migranti. Sono immagini forti che, ancora una volta, condanno l’Ue alle sue responsabilità: uomini segregati, donne marchiate e bambini annegati. Ma tutti accomunati dal desiderio di raggiungere il suolo europeo.

Nella stazione di Keleti la pressione dei migranti aumenta giorno dopo giorno. Sono lì bloccati, o meglio segregati, dopo la decisione di Budapest di non permettere ai migranti, in gran parte siriani, di salire sui treni e raggiungere la Germania. Berlino è la meta più ambita dai profughi che gridano “Shukran Merkel”, dopo l’annuncio della cancelliera tedesca di sospendere il trattato di Dublino per chi arriva dalla Siria. Stamattina in circa 600 erano ancora accampati fuori dalla stazione mentre altri circa 1.200 erano sistemati all’interno in una cosiddetta “zona di transito”. Le autorità ungheresi, che contestano i regolamenti europei e in particolare la linea tedesca, per ora non hanno riaperto la stazione ai migranti per impedire che salgano a bordo dei convogli diretti in Germania e in Austria. Nonostante molti siano muniti di regolari biglietti ferroviari.

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se questa immagine …

se questa immagine  di un bambino siriano

annegato su una spiaggia del nostro Mediterraneo 

non cambierà il nostro atteggiamento  verso i rifugiati

e le troppe tragedie dei nostri giorni  cosa potrà mai riuscirci?

piccolo

Cosa ci sta succedendo?
Cosa siamo diventati?
 Queste immagini devono essere viste.
Da tutti. Fino a quando non ritroveremo  la nostra umanità. 
  Guardiamola questa immagine!
Anche se è straziante. Anche se ci fa stare male.
   Guardiamoci dentro.
E domandiamoci se stiamo facendo tutto quello che è giusto fare.
  Lasciamo scorrere le nostre lacrime. 
E chiediamo perdono per quello che non abbiamo fatto. 
Non possiamo sempre fare finta di niente!
Non ci possiamo sempre voltare dall’altra parte.
Non possiamo sempre chiudere gli occhi.

Perugia, 3 settembre 2015 – www.perlapace.it – T 335.6590356 – 075.5736890

bambino siriano

quel bambino che ci accusa

di Christine Pedotti
in “temoignagechretien.fr” del 3 settembre 2015


quel bambino ci accusa

Fino a quando, fino a quando? È il grande grido dei profeti d’Israele, è il grido che lanciamo anche noi. Bisogna sentirlo. Bisogna lanciarlo, sentirlo, e reagire. Dobbiamo reagire. L’immagine insostenibile di quel bambino morto, annegato, col volto nella sabbia di una spiaggia turca saprà generare in noi un sussulto, uno slancio di umanità? Sapremo dire NO? Non ci sono ragioni che tengano, né economiche, né di sicurezza, che valgano la morte di quel bambino. Sì, bisogna cedere all’emozione perché è il meglio di noi stessi ed è la sola capace di abbattere i nostri terribili egoismi. Ascoltiamo il nostro cuore, il nostro miglior consigliere. Quel bambino è nostro figlio, nostro nipote, il nostro figlioccio, il nostro piccolo vicino, il figlio di non so chi, ma è nostro figlio. Apriamo i nostri cuori e le nostre porte. Non accusiamo i governi, accusiamo le nostre paure, di cui i governi sono i nostri portavoce.

la candela di Ago

la candela di p. Agostino per i profughi mai arrivati

 

una candela per i piccoli e grandi profughi mai arrivati tra noi

questa mattina ho acceso una candela sulla spiaggia di Marina di Pisa, pregando in silenzio perché il dolore soffocava rabbia, idee e parole..
Che Dio  perdoni la nostra ipocrisia.
Ago

la newsletter di Combonifem:

 Se servisse la tua immagine sulla spiaggia, bambino mio, per scuotere gli animi, far capire l’orrore, aprire le frontiere, organizzare navi che traghettino la disperazione da un lato all’altro del mare, la pubblicheremmo ogni giorno. Passeremmo notti intere a tappezzarne i muri delle città, le ambasciate e le chiese, i palazzi istituzionali e le scuole. Cosicché l’orrore di vederti disteso con quella tua magliettina rossa e pantaloncini blu, quei capelli che sembrano pettinati dalla mano compassionevole del mare, possa cambiare lo scorrere degli eventi, evitare che la tua morte e tantissime altre avvengano ancora. > Se servisse l’immagine di quel tuo sonno eterno, adagiato su un arenile di un’estate in cui il mare è gioia di schiamazzi di bimbi che si rincorrono, di castelli di sabbia, di nuotate e sole, passeremmo le giornate a inviare mail affinché tutti condividessero quella ultima parte del tuo viaggio, affinché (come già sta accadendo sui social) diventi virale. Ma sai, bambino mio, pochi giorni fa circolavano foto di altri corpicini come il tuo e non è accaduto nulla. > Nulla ha evitato che altri bimbi come te, più fortunati di te, venissero marchiati con dei numeri, riportando alla memoria altre storie e dolori. Nulla ha evitato che si continuino a innalzare i muri, che uomini, donne e minori si rimpallino, come oggetti sgraditi, da un Centro di “accoglienza” a un altro, tra Paesi europei che si puntano il dito l’un l’altro per stabilire a chi tocchi farsi carico di altri numeri…  Oggi, diversi giornali pubblicano la tua foto, i direttori delle testate cercano di giustificare la scelta. Una giustificazione che nasce dall’intima consapevolezza che non è giusto. Dicono che è una foto che scuoterà l’Europa, shoccherà i potenti. Affermano che così non si potrà dire non sapevamo, che non si potrà più far finta di nulla. A noi pare che occorra pietas, che occorra ricordarsi che la morte necessita dignità sempre, che se fossi davvero un bimbo dei “nostri”, se ti vivessimo come tale, sentendo empatia e rispetto nei tuoi confronti, non saresti in prima pagina e non ci sarebbero parole per avvalorare una scelta differente. > Ancora si è convinti che una foto possa scuotere. La verità è che di foto, in questo tempo, ne abbiamo viste tante. E tutte ci hanno straziato il cuore. Tutte, compresa la tua. E ogni volta il senso di vuoto e impotenza, la sensazione di pugno allo stomaco è andata aumentando. Ma sai, bambino mio, niente è cambiato. Sembra che l’asticella dell’esposizione al dolore si possa alzare sempre di più. E la nostra paura è che arrivi un domani in cui esporre un piccolo corpo non provochi più alcun dolore, che l’assuefazione abbracci anche quel che di più caro ha questo mondo: le bambine e i bambini.  

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anche i rom disponibili ad accogliere i profughi

capo rom

rom e sinti di Prato pronti ad accogliere i profughi

i rom e i sinti di Prato sono pronti ad accogliere i profughi. A sostenerlo, in una nota, è il presidente della comunità pratese, Ernesto Grandini, che e’ anche membro del coordinamento di Left Lab, un’associazione locale della sinistra.

“La comunita’ rom e sinti di Prato- scrive-, come le altre diffuse su tutto il territorio nazionale, conosce bene la violenza verbale (e non solo) che alimenta odio, paura e razzismo nei confronti del diverso. Abbiamo sempre reclamato maggiori diritti per le minoranze, non solo per le nostre, ci siamo sempre battuti per l’eguaglianza, per il contrasto alla xenofobia e per il diritto ad una vita dignitosa per tutti. Come cittadini italiani e pratesi (perche’ questo siamo), come europei e come sinti, non possiamo continuare a guardare con indifferenza tutto quello che sta accadendo. La mia comunita’ e’ quindi disponibile ad accogliere i profughi, nella misura in cui puo’ essere per noi sostenibile e per loro dignitosa”. L’idea di Grandini e’ che i rom e i siti diventino soggetti attivi nella gestione del fenomeno dei profughi: “Siamo portatori incessanti di una domanda di accoglienza e tolleranza nei nostri confronti- aggiunge Grandini-. Oggi vogliamo provare a dare invece il nostro piccolo contributo in una citta’ come Prato, che rispetto a tante altre della Toscana sta accogliendo un gran numero di migranti. Non sara’ certo un gesto risolutivo ma potrebbe cambiare la vita a qualcuno ed e’ nostro dovere, come cittadini italiani, dare un contributo di solidarieta’ ai problemi che vive il territorio in cui viviamo e una risposta diversa dalla paura”.

il capo dei sinti: “Basta con le strumentalizzazioni politiche”

Ernesto Grandini replica a Lega e Fi di Prato critici verso la disponibilità della comunità ad accogliere i profughi nei campi: “Non vogliamo lucrare sull’accoglienza nè faremo tendopoli. C’è chi soffia sul fuoco dell’intolleranza” 

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 “Stiamo assistendo ad una strumentalizzazione a fini politici rispetto alla disponibilità della mia comunità ad essere luogo di accoglienza per i profughi a Prato. Lega e Forza Italia soffiano sul fuoco dell’intolleranza ipotizzando tendopoli di profughi a fianco dei campi nomadi e dicendo che vogliamo lucrare sui profughi. Nulla di tutto questo era indicato nel comunicato di ieri”. E’ la presa di Ernesto Grandini, presidente associazione Sinti italiani Prato e coordinamento LeftLab che non più tardi di ieri, mercoledì 2 settembre, aveva lanciato la proprosta di accogliere i profughi nei quattro campi del territorio.

 

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