la ‘parresia’ di papa Francesco muove anche i vescovi più conservatori …

Venezia, l’affondo del patriarca:

“Chi non accoglie gli immigrati non può dirsi buon cristiano”

Francesco Moraglia: “Timori comprensibili se frutto di scarsa informazione. Non lo sono se frutto di chiusure pregiudiziali”

dopo Papa Francesco, anche monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, invita i suoi parroci all’accoglienza: “Tutti siamo chiamati in causa, personalmente e con le nostre comunità a fare la nostra parte.

“l’accoglienza diffusa è un modo per stemperare le difficoltà di ospitare chi scappa da Paesi che non solo impediscono condizioni di benessere, ma impediscono loro di poter vivere”

In un’intervista concessa a Repubblica, il patriarca se la prende con coloro che sono contrari all’immigrazione, affermando che questo non è un atteggiamento cristiano “perché il messaggio di Gesù è un messaggio di accoglienza. Per i cristiani l’altro rappresenta Cristo, e il nostro impegno è anche quello di accompagnare i fedeli a comprendere questa verità. L’apertura a Dio di esprime anche con l’accoglienza. Chi non crede ha lo stesso dilemma perché non può non riconoscere in queste persone un altro se stesso“.

Infine, una frecciatina alla Lega Nord, che “si è caratterizzata per espressioni molto forti, ma mi auguro che con il passare del tempo, nel rispetto dei cittadini e della legalità, vi sia disponibilità ad aprirsi all’accoglienza: è un problema reale che non può essere risolto solo con affermazioni drastiche“.

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la ‘valanga’ Aylan …

“Aylan e il paradosso dell’autorità impotente”

piccolo

 

intervista a Christian Salmon a cura di Wanda Marra
in “il Fatto Quotidiano” del 12 settembre 2015

“L’emozione suscitata dalla foto di Aylan non si è tradotta solo in un picco di audience, ma in azione concreta: folle di persone hanno affiancato i rifugiati, reti di accoglienza sono nate spontaneamente per offrire alloggio, città si sono fatte  avanti per accoglierei rifugiati prima che i politici, Merkel in testa, iniziassero a cavalcare l’onda”

Christian Salmon, teorico dello storytelling, la vede così.

Anche se sottolinea i limiti di quest’emozione collettiva. La foto di Aylan ha fatto cambiare la politica europea? L’emozione suscitata non deve impedirci di pensare, ma l’impatto di quelle immagini non va nemmeno sottovalutato. Contrariamente ad altri avvenimenti choc come i terremoti che si traducono in alti indici di ascolto tv e in donazioni di denaro alle organizzazioni umanitarie, i governi lo hanno capito benissimo e hanno tentato di collegarsi al movimento spontaneo di solidarietà per non esserne travolti. Stiamo assistendo alla nascita d’una opinione pubblica europea favorita da due eventi: la crisi greca e la crisi dei rifugiati. Si è fatta strada la sensazione che le istituzioni europee assommano in sé i difetti dell’autoritarismo e dell’impotenza. In Italia c’è stata polemica sulla decisione di Renzi di far vedere quella foto a un comizio del Pd: quale è il limite tra strumentalità e uso legittimo della forza comunicativa di quell’immagine? Non so se è possibile distinguere tra “strumentalizzazione” e uso strategico di un ’immagine. In entrambi i casi ci muoviamo all’interno di una logica emozionale che ha l’effetto di mascherare e occultare le cause e le sfide della crisi dei rifugiati. L’azione politica si fonda sulla passione collettiva, la scelta democratica cede il passo alle emozioni attraverso l’interposizione dei media. Fin quando un’altra immagine non venga a cancellare quella del piccolo Aylan. Matteo Renzi agisce da uomo dell’era post-politica: appartiene alla generazione di coloro che privi di sovranità debbono, come Sisifo, spingere il masso con la sola forza della comunicazione. Ma questa impotenza è impossibile da cambiare? Il potere sovrano poggia su due pilastri: la moneta e il territorio. Si esercita attraverso la politica monetaria e il controllo delle frontiere. La Costruzione europea è di fatto un processo di decostruzione: i governi eletti sono stati privati delle leve dell’azione politica (Maastricht e Schengen) mentre le nuove istituzioni europee sono prive di rappresentatività. La crisi greca ha reso evidente questo paradosso. La spoliticizzazione della questione monetaria e dalla gestione delle frontiere, entrambe affidate a organismi burocratici, ha prodotto questa strana situazione di autoritarismo impotente. Autoritarismo con la Grecia, impotenza con i rifugiati. Inoltre questa realtà non solo ha contribuito a decostruire la sovranità degli Stati-nazione che la componevano, ma ha fatto emergere un nuovo “decisionismo”non democratico. Si tratta di un doppio fallimento. Come si può governare l’uso di quelle immagini? La differenza è tra il pensiero magico che crede di cambiare le cose agitando feticci e a colpi di bacchetta magica e una parola politica autenticamente efficace, quella dei grandi capi di Stato come De Gaulle o Mandela che hanno cambiato il paradigma politico del loro Paese grazie alla potenza del loro esempio e delle loro parole Quale è la funzione delle immagini nel cambio di “paradigma” politico? Le immagini da sole non cambiano nulla. Conta ciò che le porta e le attraversa. È il fuori campo, è l’immaginario collettivo che è all’opera nel modo in cui le guardiamo. Tanto la crisi greca quanto la crisi dei rifugiati sono crisi di grande portata che ci fanno avvertire confusamente che condizioneranno il nostro futuro comune. Le crisi portano con  sé immagini traumatizzanti,immagini di violenza insopportabile, ma anche di resistenza. Questi avvenimenti, il no al referendum greco del 5 luglio o la crisi dei rifugiati, sono quelli che Baudrillard definiva
“avvenimenti canaglia” (rogue events) che ostacolano la folle corsa di una “tecnostruttura” che ha perduto il controllo degli avvenimenti… Perciò tali avvenimenti sono anche un’occasione per cambiare il volto dell’Europa.

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