il dio nel quale è bene non credere

IL DIO IN CUI NON CREDO

di don Carlo Molari

Molari
1. Non credo nel Dio della “pura ragione”: non merita fiducia e non è sufficiente. Si può credere in Dio attraverso la riflessione filosofica, ma non giungere alla FEDE in Dio, cioè a considerare Dio come riferimento delle proprie decisioni, per giungere a conoscere e ad amare in un modo nuovo. Se non scopri che c’è un Dio che ti ama e che ti consente di giungere a una forma nuova di vita a che ti serve?

2. Non credo nel Dio che opera nella creazione e nella storia intervenendo, modificando le situazioni, completando le creature, rimettendo in funzione i meccanismi della creazione e della storia quando si inceppano. L’azione di Dio è un’azione creatrice che offre possibilità, che alimenta il processo, ma che non si sostituisce mai alle creature, proprio perché fa esistere ed operare le creature. […] Dio è provvidente non nel senso che risolve tutti i problemi, ma nel senso che, ovunque l’uomo si venga a trovare, il suo amore è tale che può condurlo al suo compimento. Dio non può risolvere alcun problema storico se non ci sono creature che, aprendosi alla sua azione, indicano e realizzano la soluzione. Il “dio tappabuchi” non può essere il Dio della fede.

3. Non credo nel Dio che punisce i peccati, che manda le pestilenze per far ravvedere gli uomini. Per moltissimo tempo si è pensato così.

4. Non credo nel Dio che cambia atteggiamento per la preghiera degli uomini. Come se noi pregando sollecitassimo Dio a fare qualcosa di nuovo. È una pretesa insensata, un modello antropomorfico. La preghiera ha un grande valore perché mette in moto in noi dinamiche di novità e di cambiamento, non perché modifica l’atteggiamento di Dio […] ma perché noi accogliamo la sua azione in modo molto più profondo e ricco.

5. Non credo in un Dio che può fare le cose perfette dall’inizio perché la creatura è tempo e può accogliere il dono solo a frammenti, nella successione. Dio è eterno, è pienezza di vita, è perfezione compiuta, ma la creatura è tempo e non può accogliere l’offerta divina tutta in un solo istante. Non ci può essere una creatura perfetta all’inizio. Nella prospettiva evolutiva si capisce bene che Dio alimenta il processo continuamente, cioè la creazione continua tuttora. Il compimento è il traguardo del cammino, la perfezione piena è solo alla fine.

6. Non credo nel Dio che vuole la riparazione del male attraverso la croce di Cristo o per mezzo di coloro che si uniscono alla sua sofferenza. Dio non vuole che gli uomini siano nel dolore, e quando qualcuno soffre Dio è dalla sua parte per sostenerlo nel suo cammino, perché possa giungere ad amare anche in quella condizione. I santi che hanno attraversato grandi sofferenze si sono santificati per l’amore a cui sono pervenuti. Lo stesso Gesù è giunto ad un amore supremo sulla croce e per questo è risorto. Amando Gesù ci ha salvato: è redentore non perché ha sofferto, ma perché la sofferenza è stata l’ambito in cui l’amore è fiorito in forme sublimi.

7. Non credo al Dio che parla all’uomo con parole umane. Dio parla nel silenzio perché non pronuncia parole umane, bensì divine, per noi silenziose. La sua Parola però alimenta la nostra vita come forza creatrice. Il contatto con Lui ci rigenera. Ma questo contatto non diventa parola, non diventa idea, non diventa immagine, bensì diventa esperienza vitale, evento di storia. Quando diciamo che la Scrittura è “parola di Dio” dobbiamo intendere la formula in senso analogico cioè di relazione. La Parola è quella forza di vita che ha suscitato gli eventi di salvezza, narrati dagli uomini secondo i modelli con cui li hanno vissuti e interpretati, e trascritta secondo i modelli culturali del tempo. Il processo che ci consente di cogliere il senso della Parola è rivivere le esperienze di fede che hanno caratterizzato l’evento narrato, coglierne la trama divina, e percepire nel silenzio la presenza che le ha rese possibili.

8. Non credo nel Dio del Progetto intelligente (Intelligent Design) come lo presentano i gruppi statunitensi che si battono per introdurre nelle scuole l’insegnamento alternativo all’evoluzionismo neo-darwinista. Il Dio della fede non è semplicemente il Dio delle origini ma del processo nella sua interezza. Le cause dei processi cosmici sono imperfette e il male accompagna sempre lo sviluppo della vita sulla terra. Il caos e la complessità caratterizzano molti eventi, perché Dio non interviene con azioni puntuali nelle situazioni della storia. L’azione divina in ogni circostanza offre molte possibilità per cui la casualità ha una parte importante nel divenire cosmico e negli eventi della storia. Il progetto salvifico si può realizzare anche attraverso fallimenti, vicoli ciechi, eventi casuali e imprevedibili che costellano il cammino evolutivo

(Carlo Molari).

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frati in cammino …

nove frati con la reliquia di s. Francesco a piedi da Assisi a Roma

 sarà sicuramente una bella esperienza ma personalmente penso che non sia precisamente questo ciò che papa Francesco intende per andare nelle ‘periferie’ ,,,
sul web il diario quotidiano

I nove frati francescani che da domani a giovedì 12 marzo saranno protagonisti del pellegrinaggio a piedi «Con san Francesco da papa Francesco» chiedono a tutti di camminare con loro. «Vogliamo essere accompagnati in questo percorso. Perché l’iniziativa non sia uno dei “fatti nostri” ma una via di condivisione e fraternità», sottolinea fra’ Marco Moroni. Giorno dopo giorno i religiosi racconteranno la loro esperienza sul web attraverso messaggi e fotografie che verranno pubblicati sui siti di Assisi dei quattro rami maschili dell’Ordine francescano (Minori, Minori Conventuali, Minori Cappuccini e Terz’Ordine Regolare): www.assisiofm.it; www.sanfrancescopatronoditalia.it; www.fraticappucciniassisi.it; www.provinciasanfrancescotor.it.

La storia li ha separati. Un pellegrinaggio “penitenziale” tornerà a riunirli. Sui passi che il loro fondatore, san Francesco, percorse nel 1209 per andare da Assisi a Roma. I frati dell’Ordine francescano escono dai loro conventi che formano il polmone spirituale della cittadina umbra e si mettono in cammino dalla “patria” del Poverello al centro della cristianità. «Con san Francesco da papa Francesco» è il filo conduttore del viaggio a piedi che da domani porterà nove religiosi di Assisi fino a piazza San Pietro. Sette giorni di marcia per questa delegazione che idealmente tornerà a unire i quattro rami maschili scaturiti dal carisma del santo: i Minori, i Minori Conventuali, i Minori Cappuccini e il Terz’Ordine Regolare. «Sarà una sorta di predica senza voce per dire a quanti incontreremo l’amore di Dio e per testimoniare la nostra fede», spiega fra’ Marco Moroni in una nota che presenta l’iniziativa.Più dimensioni si legheranno in questo evento: il richiamo alla Quaresima, l’Anno della vita consacrata, il desiderio di confermare la fedeltà al Papa, l’omaggio a Bergoglio dopo la sua visita ad Assisi del 4 ottobre 2013. Ma il pellegrinaggio di 185 chilometri sarà soprattutto un’“anteprima” dell’itinerario quadriennale che vedrà insieme i rami maschili presenti ad Assisi. Una sfida che nella settimana di marcia sarà rappresentata da un segno: il cingolo di Francesco. È la reliquia che i “figli” del Poverello avranno con loro. «Non solo esso rimanda ai tesori della vita consacrata – afferma fra’ Pasquale Berardinetti, uno dei referenti del progetto e responsabile della comunicazione dei Frati Minori dell’Umbria –. Per la nostra famiglia religiosa ha anche un valore proprio: chi appartiene ai quattro rami ha abiti diversi ma il cingolo è identico. Ciò dice l’impegno comune a vivere lo spirito di Francesco». E la reliquia, aggiunge fra’ Moroni, «sarà conforto, protezione e simbolo di unità».Il pellegrinaggio partirà domani alle 8.45 dalla tomba del santo nella Basilica di Assisi. La benedizione verrà impartita dal custode del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti. Nella prima tappa che avrà fra i suoi fulcri anche Santa Maria degli Angeli e che terminerà a Foligno il gruppo sarà scortato dai novizi. Poi il cammino toccherà Spoleto, Terni, Otricoli, Rignano Flaminio e infine Roma.

«Durante il percorso – sottolinea fra’ Berardinetti – i frati incontreranno le comunità anche grazie alla preziosa collaborazione dei parroci. E saranno ospiti delle famiglie che apriranno le loro case per dare un tetto ai pellegrini col saio». Il viaggio verrà scandito dalla preghiera. «Il gruppo – aggiunge fra’ Pasquale – pregherà nelle parrocchie davanti alla reliquia di Francesco. Ma raccoglierà anche le intenzioni di preghiera che chiunque vorrà affidare ai noi francescani». Anche in questo caso ci sarà un segno. «Per ogni intenzione che verrà chiesta – chiarisce il religioso – la persona che la domanderà lascerà un grano di incenso ai nove pellegrini. E quell’incenso sarà bruciato a Roma, a testimoniare l’unica invocazione che sale a Dio dalla Chiesa universale».

Nel tratto conclusivo i consacrati avranno al loro fianco anche i ministri generali. Fra il colonnato del Bernini entreranno giovedì 12 marzo, alla vigilia dell’anniversario dell’elezione di Francesco al soglio pontificio. «Avremo con noi – annuncia fra’ Marco – il sorriso, la fatica e la tenacia di un’esperienza di fraternità». E di unità.

Giacomo Gambassi

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