papa Francesco interpellato dalla bodonville

 

 

 

 

 il Papa venuto «quasi dalla fine del mondo», a due anni dall’elezione, ha concesso una intervista ai ragazzi della rivista La Cárcova news: scelta significativa, perché La Cárcova è una delle villas miserias nei sobborghi della Grande Buenos Aires 

 

La rivista di una bidonville argentina intervista il Papa. E Francesco risponde

Ecco lo straordinario dialogo

carcova
a cura di Alver Metalli

Lei parla molto di periferia. Questa parola gliel’abbiamo sentita usare tante volte. A che cosa e a chi pensa quando parla di periferie? A noi gente delle villas?
Quando parlo di periferia parlo di confini. Normalmente noi ci muoviamo in spazi che in un modo o nell’altro controlliamo. Questo è il centro. Nella misura in cui usciamo dal centro e ci allontaniamo da esso scopriamo più cose, e quando guardiamo al centro da queste nuove cose che abbiamo scoperto, da nuovi posti, da queste periferie, vediamo che la realtà è diversa.
Una cosa è osservare la realtà dal centro e un’altra è guardarla dall’ultimo posto dove tu sei arrivato. Un esempio: l’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa.
La realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro. Compresa la realtà di una persona, la periferia esistenziale, o la realtà del suo pensiero; tu puoi avere un pensiero molto strutturato ma quando ti confronti con qualcuno che non la pensa come te, in qualche modo devi cercare ragioni per sostenere questo tuo pensiero; incomicia il dibattito, e la periferia del pensiero dell’altro ti arrichisce.

I nostri problemi li conosce. La droga avanza e non si arresta, entra nelle villas e attacca i nostri giovani. Chi ci deve difendere? E noi come possiamo difenderci?
E’ vero, la droga avanza e non si ferma. Ci sono paesi che ormai sono schiavi della droga. Quello che mi preoccupa di più è il trionfalismo dei trafficanti. Questa gente canta vittoria, sente che ha vinto, che ha trionfato. E questa è una realtà. Ci sono paesi, o zone, in cui tutto è sottomesso alla droga.
Riguardo all’Argentina posso dire questo: fino a 25 anni fa era ancora un paese di passaggio, oggi è un paese di consumo. E, non lo so con certezza, ma credo che si produca anche.

Qual è la cosa più importante che dobbiamo dare ai nostri figli?
L’appartenenza. L’appartenenza a un focolare. L’appartenenza si dà con l’amore, con l’affetto, con il tempo, prendendoli per mano, accompagnandoli, giocando con loro, dandogli quello di cui hanno bisogno in ogni momento per la loro crescita. Soprattutto dandogli spazi in cui possano esprimersi. Se non giochi con i tuoi figli li stai privando della dimensione della gratuità. Se non gli permetti di dire quello che sentono in modo che possano anche discutere con te e sentirsi liberi, non li stai lasciando crescere.
Ma la cosa ancora più importante è la fede. Mi addolora molto incontrare un bambino che non sa fare il segno della croce. Vuol dire che al piccolo non è stata data la cosa più importante che un padre e una madre possono dargli: la fede.

Lei vede sempre una possibilità di cambiamento, sia in storie difficili, di persone che sono provate dalla vita, sia in situazioni sociali o internazionali che sono causa di grandi sofferenze per le popolazioni. Cosa le dà questo ottimismo, anche quando ci sarebbe da disperarsi?
Tutte le persone possono cambiare. Anche le persone molto provate, tutti. Ne conosco alcune che si erano lasciate andare, che stavano buttando la loro vita e oggi si sono sposate, hanno una loro famiglia. Questo non è ottimismo. E’ certezza in due cose: primo nell’uomo, nella persona. La persona è immagine di Dio e Dio non disprezza la propria immagine, in qualche modo la riscatta, trova sempre il modo di recuperarla quando è offuscata; e, secondo, è la forza dello stesso Spirito Santo che va cambiando la coscienza.
Non è ottimismo, è fede nella persona, che è figlia di Dio, e Dio non abbandona i suoi figli.
Mi piace ripetere che noi figli di Dio ne combiniamo di tutti i colori, sbagliamo ad ogni piè sospinto, pecchiamo, ma quando chiediamo perdono Lui sempre ci perdona. Non si stanca di perdonare; siamo noi che, quando crediamo di saperla lunga, ci stanchiamo di chiedere perdono.

Come si può arrivare ad essere sicuri e costanti nella fede? Noi attraversiamo alti e bassi, in certi momenti siamo coscienti della presenza di Dio, che Dio è un compagno di cammino, in altri ce ne dimentichiamo. Si può aspirare ad una stabilità in una materia come quella della fede?
Sì, è vero, ci sono alti e bassi. In alcuni momenti siamo coscienti della presenza di Dio, altre volte ce ne dimentichiamo. La Bibbia dice che la vita dell’uomo sulla terra è un combattimento, una lotta; vuol dire che tu devi essere in pace e lottare. Preparato per non venir meno, per non abbassare la guardia, e allo stesso tempo godendo delle cose belle che Dio ti dà nella vita. Bisogna stare in guardia, senza essere né disfattisti né pessimisti.
Come essere costanti nella fede? Se non ti rifiuti di sentirla, la troverai molto vicina, dentro al tuo cuore. Poi, un giorno potrà capitare che tu non senta un bel niente. Eppure la fede c’è, è lì, no? Occorre abituarsi al fatto che la fede non è un sentimento. A volte il Signore ci dà la grazia di sentirla, ma la fede è qualcosa di più. La fede è il mio rapporto con Gesù Cristo, io credo che Lui mi ha salvato. Questa è la vera questione riguardo alla fede. Mettiti a cercare tu quei momenti della tua vita dove sei stato male, dove eri perso, dove non ne azzecavi una, e osserva come Cristo ti ha salvato. Afferrati a questo, questa è la radice della tua fede. Quando ti dimentichi, quando non senti niente, afferrati a questo, perché è questa la base della tua fede. E sempre con il Vangelo in mano. Portati sempre in tasca un piccolo Vangelo. Tienilo in casa tua. Quella è la Parola di Dio. E’ da lì che la fede prende il suo nutrimento. Dopotutto la fede è un regalo, non è un atteggiamento psicologico. Se ti fanno un regalo ti tocca riceverlo, no? Allora, ricevi il regalo del Vangelo, e leggilo. Leggilo e ascolta la Parola di Dio.

La sua vita è stata intensa, ricca. Anche noi vogliamo vivere una vita piena, intensa. Como si fa a non vivere inutilmente? E come fa uno a sapere che non vive inutilmente?
Beh, io ho vissuto molto tempo inutilmente, eh? In quei momenti la vita non è stata tanto intensa e tanto ricca. Io sono un peccatore come qualunque altro. Solamente che il Signore mi fa fare cose che si vedono; ma quante volte c’è gente che fa il bene, tanto bene, e non si vede. L’intensità non è direttamente proporzionale a quello che vede la gente. L’intensità si vive dentro. E si vive alimentando la stessa fede. Come? Facendo opere feconde, opere d’amore per il bene della gente. Forse il peggiore dei peccati contro l’amore è quello di disconoscere una persona. C’è una persona che ti ama e tu la rinneghi, la tratti come se non la conoscessi. Lei ti sta amando e tu la respingi. Chi ci ama più di tutti è Dio. Rinnegare Dio è uno dei peggiori peccati che ci siano. San Pietro commise proprio questo peccato, rinnegò Gesù Cristo… e lo fecero Papa! Allora io cosa posso dire?! Niente! Per cui, avanti!

Lei ha attorno a sè persone che non sono d’accordo con quello che fa e che dice?
Si, certo.

Come si comporta con loro?
Ascoltare le persone, a me, non ha mai fatto male. Ogni volta che le ho ascoltate, mi è sempre andata bene. Le volte che non le ho ascoltate mi è andata male. Perché anche se non sei d’accordo con loro, sempre – sempre! – ti danno qualcosa o ti mettono in una situazione che ti spinge a ripensare le tue posizioni. E questo ti arricchisce. E’ il modo di comportarsi con quelli con cui non siamo d’accordo. Ora, se io non sono d’accordo con qualcuno, smetto di salutarlo, gli chiudo la porta in faccia, non lo lascio parlare, e non gli domando le ragioni del disaccordo, evidentemente mi impoverisco da solo. Dialogando, ascoltando, ci si arricchisce.

La moda di oggi spinge i ragazzi verso rapporti virtuali. Anche nella villa è così. Come fare perché escano dal loro mondo di fantasia? Come aiutarli a vivere la realtà e i rapporti veri?
Io distinguerei il mondo della fantasia dalle relazioni virtuali. A volte i rapporti virtuali non sono di fantasia, sono concreti, sono di cose reali e molto concrete. Ma evidentemente la cosa desiderabile è il rapporto non virtuale, cioè il rapporto fisico, affettivo, il rapporto nel tempo e nel contatto con le persone. Io credo che il pericolo che corriamo ai nostri giorni è dato dal fatto che disponiamo di una capacità molto grande di riunire informazioni, dal fatto insomma di poterci muovere in una serie di cose virtualmente, ed esse ci possono trasformare in “giovani-museo”.
Un “giovane-museo” è molto ben informato, ma cosa se ne fa di tutto quello che sa? La fecondità, nella vita, non passa per l’accumulazione di informazioni o solamente per la strada della comunicazione virtuale, ma nel cambiare la concretezza dell’esistenza. Ultimamente vuol dire amare.
Tu puoi amare una persona, ma se non le stringi la mano, o non le dai un abbraccio, non è amore; se ami qualcuno al punto di volerlo sposare, vale a dire, se vuoi consegnarti completamente, e non lo abbracci, non gli dai un bacio, non è vero amore. L’amore virtuale non esiste. Esiste la dichiarazione di amore virtuale, ma il vero amore prevede il contatto fisico, concreto. Andiamo all’essenziale della vita, e l’essenziale è questo.
Dunque, non “giovani-museo” informati solo virtualmente delle cose, ma giovani che sentano e che con le mani – e qui sta il concreto – portino avanti le cose della loro vita…
Mi piace parlare dei tre linguaggi: il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. Ci deve essere armonia tra i tre. In modo tale che tu pensi quello che senti e quello che fai, senti quello che pensi e quello che fai, e fai quello che senti e quello che pensi. Questo è il concreto. Restare solamente nel piano virtuale è come vivere in una testa senza corpo.

C’è qualcosa che vuol suggerire ai governanti argentini in un anno di elezioni?
Primo, che propongano una piattaforma elettorale chiara. Che ognuno dica: noi, se andremo al governo, faremo questo e quest’altro. Molto concreto! La piattaforma elettorale è qualcosa di molto sano; aiuta la gente a vedere quello che ognuno pensa. C’è un aneddoto raccontato da dei giornalisti furbetti che si riferisce ad una delle elezioni di molti anni fa. Più o meno alla stessa ora questi giornalisti si sono incontrati con tre candidati. Non ricordo bene se erano candidati a deputati o a sindaci. E chiesero a ognuno di loro: lei cosa pensa riguardo a questa cosa? Ciascuno ha detto quello che pensava e ad uno di loro un giornalista disse: “ma quello che lei pensa non è la stessa cosa che pensa il partito che lei rappresenta! Guardi la piattaforma elettorale del suo partito”. Per dire che a volte gli stessi candidati non conoscono la piattaforma elettorale del proprio raggruppamento.
Un candidato deve presentarsi alla società con una piattaforma elettorale chiara, ben pensata. Dicendo “Se io verrò eletto deputato, sindaco, governatore, farò “questo”, perché penso che “questo” è quello che deve essere fatto”.
Secondo, onestà nella presentazione della propria posizione.
Terzo – è una delle cose che dobbiamo raggiungere, speriamo che ci si riesca – una campagna elettorale di tipo gratuito, non finanziata. Perché nel finanziamento della campagna elettorale entrano in gioco molti interessi che poi ti chiedono il conto. Quindi essere indipendenti da chiunque mi possa finanziare la campagna elettorale. Evidentemente è un ideale, perché sempre c’è bisogno di soldi per i manifesti, per la televisione… In ogni caso che il finanziamento sia pubblico. Io, come cittadino, so che finanzio questo candidato con questa precisa somma di denaro. Che tutto sia trasparente e pulito.

Quando verrà in Argentina?
In linea di massima, nel 2016, ma non c’è ancora niente di sicuro perché bisogna trovare l’incastro con altri viaggi in altri paesi.

Per televisione sentiamo notizie che ci preoccupano e ci addolorano; che ci sono fanatici che la vogliono uccidere. Non ha paura? E noi che le vogliamo bene che cosa possiamo fare?
Guarda, la vita è nelle mani di Dio. Io ho detto al Signore: Tu prenditi cura di me. Ma se la tua volontà è che io muoia o che mi facciano qualcosa, ti chiedo un solo favore: che non mi faccia male. Perché io sono molto fifone per il dolore fisico.

Traduzione dallo spagnolo di Mariana Gabriela Janún

QUI L’ORIGINALE

Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco

Francesco intervistato dal giornale delle favelas

Le domande dei fedeli raccolte con i bigliettini
di Gian Guido Vecchi
in “Corriere della Sera” del 11 marzo 2015
La prospettiva di Magellano. «Una cosa è osservare la realtà dal centro e un’altra è guardarla dall’ultimo posto dove tu sei arrivato. Un esempio: l’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa. La realtà si vede meglio dalla periferia che dal centro». Il Papa venuto «quasi dalla fine del mondo», a due anni dall’elezione, ha concesso una intervista ai ragazzi della rivista La Cárcova news: scelta significativa, perché La Cárcova è una delle villas miserias nei sobborghi della Grande Buenos Aires, una bidonville nata cinquant’anni fa intorno all’ultima stazione della ferrovia. È stato José María Di Paola, «padre Pepe», discepolo di Bergoglio che fu minacciato di morte da narcotrafficanti, a portare il mese scorso a Francesco le domande raccolte tra la gente della baraccopoli e a registrarne le risposte. Un’idea nata a gennaio alla fine di una processione religiosa, durante la festa popolare. «C’è di mezzo anche qualche bicchiere di vino, a volerla dire tutta, che nella giusta misura stimola le idee ardite», racconta su terredamerica.com il giornalista Alver Metalli, ispiratore del «giornale di strada». A gennaio la parrocchia organizza i campeggi estivi, bambini e adulti scrivono e raccolgono le domande, «di bigliettini ne sono arrivati un buon numero». Questioni che guardano alle urgenze del quotidiano. Come quando, in piena campagna elettorale, chiedono al Papa suggerimenti per i governanti: «Primo, che propongano una piattaforma elettorale chiara. Che ognuno dica: noi, se andremo al governo, faremo questo e quest’altro. Molto concreto!», spiega Francesco. Ci vuole «onestà nella presentazione della propria posizione». E soprattutto «una campagna elettorale di tipo gratuito, non finanziata», aggiunge: «Nel finanziamento della campagna entrano in gioco molti interessi che poi ti chiedono il conto. Quindi essere indipendenti da chiunque mi possa finanziare la campagna elettorale. Evidentemente è un ideale, perché sempre c’è bisogno di soldi per i manifesti, la televisione… In ogni caso che il finanziamento sia pubblico. Io, come cittadino, so che finanzio questo candidato con questa precisa somma di denaro. Che tutto sia trasparente e pulito». Bergoglio parla anche di droga: «Ci sono Paesi che ormai ne sono schiavi. Quello che mi preoccupa di più è il trionfalismo dei trafficanti». La cosa più importante da dare ai figli? «L’appartenenza a un focolare. L’appartenenza si dà con l’amore, l’affetto, il tempo, prendendoli per mano, giocando…». Poi ripete: «Mi addolora molto incontrare un bimbo che non sa fare il segno della croce. Vuol dire che non gli è stata data la cosa più importante: la fede». Bergoglio andrà in Argentina «in linea di massima nel 2016» anche se «non c’è ancora niente di sicuro». Alla fine gli domandano se non tema che dei fanatici lo uccidano. «Guarda, la vita è nelle mani di Dio», dice. «Io ho detto al Signore: Tu prenditi cura di me. Ma se la tua volontà è che io muoia o che mi facciano qualcosa, ti chiedo un solo favore: che non mi faccia male. Perché io sono molto fifone per il dolore fisico».
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papa Francesco: il bilancio di due anni

Francesco, la Chiesa millenaria che vorrebbe tornare giovane

di Marco Politi
in “il Fatto Quotidiano” del 9 marzo 2015

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Due anni dopo la sua elezione Francesco ha già reso irreversibile il volto nuovo del pontificato. Tornare ad un pontefice-icona, dottrinario, monarca assoluto, non sarà più possibile: pena una drammatica perdita di contatto con la società contemporanea, credente o non credente.

Linguaggio

È stato rivoluzionato il linguaggio. Quando Francesco dice che i cattolici non devono figliare “come conigli” o spiega al clero di Roma (giorni fa) che ci sono “persone disturbate che si rifugiano nelle istituzioni forti: Esercito e Chiesa”, usa il linguaggio di un parroco in grado di farsi ascoltare da tutti. Un papa-prete capace di parlare anche agli atei come nessun altro prima di lui. Papa Bergoglio ha aperto la transizione verso una Chiesa più comunitaria e partecipata. “Sinodale”, secondo l’espressione degli Ortodossi. Un modello di Chiesa in cui il capo non decide in solitudine imperiale, ma insieme ai vescovi.

papa-francescoIl concilio Vaticano II lo ha chiamato “collegialità”, indicando l’immagine di “Pietro insieme agli apostoli”. Collegialità L’avvio di questa riforma si è tradotto nella creazione di un consiglio cardinalizio, coordinato da Oscar Rodriguez Maradiaga e formato da otto porporati di tutti i continenti, cui si aggiunge il segretario di Stato. È il cosiddetto C9, incaricato di “consigliare (il Papa) nel governo della Chiesa universale”.

Un embrione di collegialità.

All’ultimo concistoro del febbraio scorso l’assemblea dei cardinali di tutto il mondo ha ribadito la necessità di un “sano decentramento” delle competenze, sin qui esercitate esclusivamente dalla Curia romana. E negativo però il ritardo della riforma del governo centrale della Chiesa. Il secondo passo in direzione della collegialità è rappresentato dalla nuova funzione del Sinodo dei vescovi (il parlamentino di Santa Romana Chiesa), non più destinato a rimanere una semplice arena di opinioni, ma – grazie a Francesco – diventato titolare di un potere propositivo per trovare soluzioni ai problemi pastorali più urgenti. L’avere scelto il vescovo teologo Bruno Forte come segretario speciale delle due sessioni sinodali dedicate ai problemi familiari segnala la volontà di “aggiornamento”, per usare lo slogan felice di Giovanni XXIII.

Divorziati e gay

Concedere democrazia – libertà di parola e di voto come durante il Concilio – significa tuttavia fare i conti con le opposizioni e la possibilità di perdere qualche battaglia: è accaduto al Sinodo del 2014. Francesco ha aperto su temi sin qui tabù: la comunione ai divorziati risposati, le convivenze, le coppie omosessuali, la transessualità ma le resistenze interne al mondo ecclesiastico hanno impedito finora un cambio ufficiale di atteggiamento della Chiesa. L’appassionato intervento sinodale del cardinale di Vienna Christoph Schoenborn sulla solidarietà di due partner gay non ha ricevuto – almeno per il momento – il consenso della maggioranza dell’episcopato. Due anni dopo l’elezione si avverte un solco tra Francesco e quella parte della gerarchia in Vaticano e all’estero, rimasta attaccata alla visione di un papato sacrale, giudice dottrinale inflessibile delle “deviazioni” dai comandamenti del catechismo. Il cardinale americano Francis George (ex arcivescovo di Chicago), quando chiede se “Francesco si rende conto dell’effetto di certe sue parole?”, evidenzia un’offensiva in atto contro il pontefice argentino. Un solco netto esiste anche tra la fascia di sacerdoti – spesso giovani – imbevuti di spiritualismo, dogmatismo e ideologia del potere sacerdotale, che resistono alla declericalizzazione auspicata da Francesco, e invece quei preti, secondo i quali annunciare il Vangelo nella società urbana globalizzata esige di fare i conti  con la mescolanza delle culture e – come invita a fare il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino di considerare il mondo “brutto, sporco e cattivo”.

Il ruolo delle donne

Francesco ha avuto il merito di mettere sul tavolo un argomento tabù come il ruolo delle donne nei luoghi decisionali della Chiesa, ma non ha incontrato una risposta entusiastica da parte degli episcopati nel mondo. Nemmeno le donne dell’associazionismo cattolico si sono per ora mobilitate. Colpa di una “certa sfiducia e un’antica abitudine a tacere”, commenta la storica Lucetta Saraffia, che vorrebbe vedere le donne partecipare ai sinodi. Non è detto che in tutti questi campi, su cui si è fatto sentire Francesco, si realizzino cambiamenti concreti già durante il suo pontificato. Lui è un seminatore, i sassi sul suo cammino sono tanti e i suoi avversari – nota il segretario della pontificia Commissione per l’America latina, professor Guzman Carriquiry – si comportano alla pari dei farisei che seguivano Gesù “con animo incattivito, scandalizzati dei suoi incontri con prostitute e peccatori, sempre male interpretando, sperando di poter intravvedere qualsiasi minima deviazione riguardo alla Legge, per giudicarlo e condannarlo…”. Lotta alla pedofilia In tre ambiti precisi il pontefice argentino ha già voltato pagina. Per la prima volta ha destituito, processato ecclesiasticamente e degradato (ridotto allo stato laicale) un vescovo pedofilo: l’ex nunzio nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski. Per volontà di Francesco subirà inoltre un processo penale in Vaticano. Tuttavia nel comitato anti-abusi, da lui creato, sono emerse resistenze a proposito di nuove Linee guida internazionali più stringenti.

La banca vaticana

La banca vaticana è stata sottoposta ad una drastica ripulitura dei conti correnti, sono stati firmati accordi di cooperazione giudiziaria con Italia, Germania, Stati Uniti, è stata creato un comitato antiriciclaggio e una Segreteria per l’Economia, guidata dal cardinale George Pell, che vigilerà sugli appalti e la regolarità dei bilanci delle varie articolazioni della Santa Sede e che ha portato alla luce fondi riservati (benché regolari) di alcuni organismi, che non erano stati inseriti nel bilancio consolidato del Vaticano. Il presidente delle Ior, il francese Jean-Baptiste de Franssu, spinge per una gestione unica del patrimonio finanziario e immobiliare della Santa Sede. Il terzo settore in cui Francesco ha mostrato una forte impronta è quello geopolitico. Politica estera Ha ridato slancio alla presenza del Vaticano sulla scena internazionale, impedendo una catastrofica invasione occidentale della Siria, indicando a Israele e Palestina la via di una pace dei coraggiosi, denunciando il traffico di armi dietro ai conflitti in corso, impegnandosi contro le “moderne schiavitù” (la tratta sessuale, quella dei migranti, le fabbriche clandestine). Suo obiettivo, discusso con il presidente Barack Obama, è far dichiarare dall’Onu la tratta degli esseri umani un “crimine contro l’umanità”. I suoi interventi contro la corruzione, la criminalità organizzata, l’ideologia neoliberista del profitto senza regole, il primato assoluto del mercato che produce “scarti” vecchi o giovani, alimentando il precariato permanente, hanno suscitato un’eco vastissima a livello internazionale, ben al di là del mondo cattolico, ma le leadership politiche ed economiche non hanno mostrato nessuna intenzione di elaborare un modello economico ispirato al “bene comune”. Per molti aspetti Francesco è applaudito, ma resta solo. Dentro e fuori la Chiesa. La sua – benché non lo mostri – è un’autentica lotta contro il tempo. L’anno prossimo compirà già ottant’anni e i suoi amici latino-americani non dubitano che quando la vecchiaia si farà sentire, anche Jorge Mario Bergoglio sarà pronto a dimettersi come Benedetto XVI (magari tornando in Argentina). Lo ha anticipato lui stesso ai giornalisti, durante un viaggio. Il papato a termine è l’ultima (silenziosa)  riforma di questo pontificato.

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incredibile ma vero: no carta igienica, no pasta al piccolo rom!

 “maestra, posso avere ancora un po’ di pasta?”

“no, per punizione!”

 

quale marachella ha combinato mai il piccolo rom da meritare il fermo diniego a un po’ di pasta che aveva appena gustato e che avrebbe rimangiato con gli occhi?
sentiamolo direttamente da p. Agostino che condivide quotidianamente da anni la vita col gruppo di rom cui appartiene questo bimbo:

agostino

 

“Maestra posso avere ancora un pò di pasta?”

Il piccolo Rom chiede alla sua maestra, alla mensa della scuola.

“No, perchè non porti la carta igienica a scuola, quante volte te l’ho detto..”
 
Può succedere anche questo..che fare? Questa mattina ho portato io 4 pacchi di carta igienica alla scuola con il messaggio alla maestra in allegato.
ciao Ago
 
 questa la letterina che p. Agostino ha messo in mano alla maestra:
carta igienica
  carta igienica1
 
di seguito il testo della letterina che p. Agostino ha messo nelle mani della irremovibile maestra (a fronte di altri insegnanti di ben altra sensibilità manifestata in circostanze di difficoltà vissute dai bambini rom che frequentano quella scuola):
“Pisa 10 Marzo 2015
Cara maestra dell’alunno Rom … ecco finalmente la carta igienica più volte richiesta da lei, perché l’alunno possa mangiare un piatto in più per sfamare il suo appetito!
Deduco: senza carta igienica non si ha diritto di mangiare mezzo piatto in più di pasta o spaghetti! sono rimasto esterrefatto …
Credo sia un aspetto di quella DISUMANIZZAZIONE che oggi vediamo proliferare con tanta facilità un po’ ovunque … e spesso coinvolge anche le donne (Ahimè), arrivando ad accantonare i loro sentimenti più genuini e belli, di donna e di madre!
Mi dispiace costatare questo, ma ne prendo atto, purtroppo.
Il mio è un gesto semplice e povero, le consegno ben quattro pacchi di carta igienica, non solo per le necessità dell’alunno … ma anche per altri che potrebbero rischiare di essere privati di mezzo piatto di pasta in più … e se ne fa uso anche lei non mi offendo proprio.
Distinti saluti
p. Agostino Rota Martir 
P.S.: è un’iniziativa del tutto personale, la famiglia dell’alunno ne è all’oscuro GRAZIE”

(la maestra non ha ancora risposto alla missiva di p. Agostino)

 
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