“il vostro parlare sia ‘sì – sì’, ‘no – no'”

elogio della trasparenza

di José María Castillo

Secondo il Dizionario della RAE (Real Academia Española, ndt), il termine “trasparenza” deriva dall’aggettivo “trasparente”, che in senso figurato indica quello che è chiaro ed evidente. Detto ciò, ha sempre richiamato la mia attenzione l’insegnamento insistente di Gesù nei vangeli sull’importanza della trasparenza nelle nostre vite, specialmente nella vita dei cristiani. Così come la necessità di evitare l’occultamento di tante cose che in alcun modo non vogliamo che si sappiano. Debbo avvertire innanzitutto che il problema che si pone a noi cristiani con il tema della trasparenza, non è semplicemente il problema della sincerità, ma qualcosa di molto più serio. Quello che sta in gioco, quando si tratta di questa questione, è il problema della nostra autenticità. Un cristiano autentico è una persona trasparente. E, se non lo è, per qualsiasi motivo, smette di essere cristiano. Così in maniera seria e forte si pongono il tema ed il problema della trasparenza per chi dice di credere in Cristo e di essere quindi un cristiano al cento per cento. Se non è trasparente, non basta esserlo con le convinzioni e le osservanze religiose. Perché dico questo? Gesù afferma che noi cristiani siamo “la luce del mondo” (Mt 5, 14). La luce non si accende per nasconderla, ma perché la vedano tutti. Perché vedano cosa? “Le vostre buone opere” (Mt 5, 16). Cioè il vostro comportamento. Con questo Gesù ci vuole dire: non abbiate nulla da nascondere nella vostra vita. Ossia, che la vostra vita nella sua interezza sia trasparente. Proprio per questo, è curioso e strano quello che lo stesso Gesù dice a noi cristiani di dover nascondere. La nostra onestà e la nostra bontà? No. Questo lo vedono tutti. Quello che dobbiamo nascondere sono le elemosine che diamo (Mt 6, 2-4), le preghiere che facciamo (Mt 6, 5-6) e i digiuni o le pie privazioni che ci imponiamo (Mt 6, 16-18). Ossia, è esattamente il contrario di quello che tante volte si fa nella Chiesa. La rettitudine e l’onestà calpestate si coprono il più possibile. Perché “i panni sporchi della madre-Chiesa si lavano in casa”, non si spifferano. E con quest’argomento, così potente ed “evangelico”, per secoli si sono nascosti autentici delitti che a volte non possiamo neanche immaginare. Non voglio rendermi noioso. Ma c’è un fatto che non posso tacere. Quando il vangelo di Giovanni racconta la passione del Signore, ci ricorda che il sommo sacerdote chiese a Gesù cos’era quello che aveva insegnato (“tês didachês autoû”) (Gv 18,19); la risposta di Gesù fu immediata e netta: “egò parresía leláleka tô kósmô”, “Io ho parlato apertamente al mondo” (Gv 18, 20). La chiave è il termine “parrhesía”, che è la libertà per dire tutto (“pan, rêsis”). È la libertà di cui godono i cittadini liberi (Demostene, Or. 111, 3 s). Ossia, dire tutto quello che bisogna dire. E dirlo con totale libertà, senza tacere nulla. È quello che facevano i primi cristiani di Gerusalemme quando ricevevano lo Spirito (At 4, 28.31). Dove non c’è piena trasparenza non può essere presente ed operante lo Spirito di Dio. E quindi in un ambiente così non può essere presente il Vangelo di Gesù. O la sua vera Chiesa. Anzi, solo dove si vive quest’ideale o si lotta per ottenerlo, è possibile affermare veramente che si ama la Chiesa e che si soffre per mano sua e per il suo bene.
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Articolo pubblicato il 1.9.2017 nel Blog dell’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com ) 

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il degrado di Napoli non è colpa dei rom – parola dei parroci di Miano

Miano
parroci invitano a superare gli stereotipi sui rom    versione testuale
“Il degrado a Miano non lo porteranno i rom, ma ha cause fortemente radicate in una criminalità organizzata che ha occupato, poi gestito, spazi vuoti”
Lo scrivono, in una nota inviata al Sir, i parroci di Miano (diocesi di Napoli), don Francesco Minervino, padre Lillo Di Rosa, don Salvatore Cinque, fra Gerardo Ciufo, padre Carlo De Angelis, dopo la decisione delle autorità competenti di sistemare dei rom “profughi” dall’incendiato campo di Scampia nell’ex caserma Boscariello a Miano e la protesta da parte di alcuni cittadini. “La gente del nostro quartiere è brava gente solidale e accogliente verso tutti e particolarmente verso coloro che sono in stato di disagio – sottolineano i parroci -. A Miano il degrado ha una storia antica fatta di non gestione, non soluzioni, rimandi. Questo intossica la convivenza e si arriva paradossalmente a prendersela con il più debole. Come in tutte le situazioni che non si affrontano, si accumula delusione e la delusione ha un prezzo: diventano tutti più elettrici, offensivi, difensivi. Ci sono situazioni che durano da anni e che la politica non risolve, distratta e troppo assente”. Di fronte “alle molteplici emergenze del nostro territorio, la Chiesa oggi si sente sotto pressione, perché chiamata a fare da ‘supplente’ in diverse emergenze. La Chiesa è accanto ai poveri, ma non ha il potere di sradicare la povertà. Alle politiche sociali, quando mancano o sono carenti, non è possibile rispondere in termini di supplenza”, evidenziano i sacerdoti. “Come normali cittadini e ancor più come cattolici siamo tenuti a superare e a far superare stereotipi e slogan che non fanno altro che diffondere pregiudizi e soprattutto non bisogna soffiare sul fuoco dell’odio razziale. Dobbiamo essere convinti che ogni essere umano, come ogni vita umana, merita sempre e comunque rispetto, anche chi questo rispetto sembra non meritarlo o volerlo. Può sembrare per alcuni un limite, ma segna la civiltà di un popolo”.
 
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il commento al vangelo della domenica

SE TI ASCOLTERA’ AVRAI GUADAGNATO IL TUO FRATELLO 

commento al vangelo della ventitreesima domenica del tempo ordinario (10 settembre 2017) di p. Alberto Maggi:

Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se t ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tuto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tuto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Dopo aver parlato dello scandalo della comunità verso i piccoli, cioè gli emarginati, che possono essere scandalizzati da quello che vedono all’interno della comunità in termini di ambizione, di superiorità, Gesù ora arriva a parlare dello scandalo dei dissidi all’interno della comunità. E’ quanto scrive Matteo al capitolo 18, versetti 15-20.
“«Se tuo fratello»”, quindi si tratta di un componente della comunità, “«commetterà una colpa contro di te, va’ e …»”, non ammoniscilo, come riporta questa traduzione, ma “«convincilo»”. Non è la posizione di un superiore verso un inferiore per ammonirlo, ma è la posizione del fratello che cerca di ricomporre l’unità, cerca di superare il dissidio. Sempre ricordando quanto Gesù già ha ammonito, cioè che prima di guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello, occorre stare attenti che uno non abbia la trave conficcata nel suo (trave che deforma la sua realtà).
“«Tra te e lui solo»”, quindi al dissidio non deve essere data pubblicità, si deve risolvere il problema. Ed è la persona offesa che deve andare verso l’offensore, perché chi sbaglia, chi offende spesso non ha il coraggio, non ha la forza di chiedere scusa, di chiedere perdono. Allora deve essere la parte lesa, la persona offesa, che va verso l’offensore e ricomporre il dissidio. 
“«E se t ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi con te una o due persone »”; sono quelli che nella comunità svolgono il ruolo di costruttori di pace, “ «perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni »”. Secondo quanto affermava il libro del Deuteronomio, capitolo 19, versetto 15, sulla validità di una testimonianza.
“«Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità »”. Il termine greco è ecclesia che rappresenta la comunità dei convocati, l’assemblea dei convocati da Gesù, “ «E se non ascolterà neanche la comunità, sia per te»”, quindi non per la comunità, ma per te, “ «come il pagano e il pubblicano »”. Cosa significa? Non significa che quest’individuo, causa del dissidio, vada escluso dall’amore della comunità, e neanche dal tuo amore, ma significa che questo amore sarà a senso unico.
Mentre nella comunità l’amore donato viene anche ricevuto, perché i fratelli si scambiano vicendevolmente questo amore, verso la persona che è causa del dissidio, l’amore va dato come quello verso i nemici. Gesù dirà di amare i nemici, dirà di pregare per i persecutori. Quindi non significa escludere questa persona dal tuo amore, ma amarlo in perdita, a senso unico.
E sempre parlando della tematica del perdono, Gesù assicura: “ «In verità io vi dico: tuto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo »”. Si tratta sempre del perdono, chi non perdona lega il perdono di Dio, “«E tuto quello che scioglierete in terra sarà sciolto in cielo »”. Si tratta del perdono, Il perdono di Dio diventa operativo ed efficace quando si traduce in perdono verso gli altri. Quindi chi non perdona lega il perdono di Dio, mentre chi perdona lo scioglie.
Al termine del capitolo, al versetto 35, infatti, Gesù dirà: “Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi se non perdonerete di cuore il vostro fratello”. Quindi questa affermazione di Gesù non riguarda la concessione alla sua comunità del potere di legiferare in ogni materia e in ogni campo, ma della responsabilità nel concedere il perdono: se non perdoni leghi il perdono di Dio.
E poi Gesù conclude: “«Ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo»”, il verbo mettere d’accordo è sinfoneo, da cui la parola “sinfonia”. E’ importante perché indica la vita della comunità. Sinfonia significa che diverse voci, diversi strumenti suonano ciascuno dando il meglio di sé. Non ci deve essere una uniformità di voci e di suoni, ma c’è una varietà nell’unico spartito che è quello dell’amore. Quindi è l’amore vissuto nelle varie forme, fiorito nelle varie modalità.
“«Per chiedere qualunque cosa, il Padre mi oche è nei cieli gliela concederà. Perché dove due o tre … »”, ecco ritornano i due o tre che sono stati fautori della pace, coloro che sono andati a eliminare il dissidio, la loro funzione di costruttori di pace, rende manifesta la presenza del Signore. “ «… sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro»”.
E ritorna la tematica cara all’evangelista, quella del Gesù, il Dio con noi. Mentre nella tradizione ebraica si diceva che dove due o tre si riuniscono per studiare la Torah, la legge, la Shekinà, cioè la gloria di Dio è in mezzo a loro, Gesù si sostituisce alla legge. L’adesione a Dio non avviene più attraverso una legge esterna all’uomo, ma nell’immedesimazione con una persona: Gesù, il Figlio di Dio, il modello dell’umanità. Gesù assicura che quando c’è questa unità, quando si ricompongono i dissidi all’interno della comunità, la sua presenza è ininterrotta e crescente.

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gli scemi e i furbi – dove porterà la logica del ‘mica siamo scemi!”?

gli scemi del mediterraneo

 Renato Sacco

(coordinatore Nazionale di Pax Christi)

“non siamo gli scemi del Mediterraneo, dobbiamo difendere i nostri interessi in Egitto e anche in Libia, investimenti italiani compresi”

Questi in sintesi i concetti espressi da Alfano, Cicchitto, Casini durante l’audizione dello scorso 4 settembre, davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato sul ritorno del nostro Ambasciatore in Egitto, dopo l’uccisione di Giulio Regeni.
Mica siamo scemi, dobbiamo pensare ai nostri interessi. E quindi all’Egitto continuiamo a vendere armi, e con la Libia facciamo accordi anche se sappiamo di fosse comuni con migranti torturati e uccisi, come scrive Nello Scavo sull’Avvenire di oggi.
Ma noi mica siamo gli scemi del Mediterraneo.
E a Regeni, che non era in Egitto per studiare !! (come sostiene il deputato Pini) possiamo dedicare una scuola, dice il ministro Alfano.  
            Mica sono scemo, potrà allora dire tranquillamente il figlio ai genitori che gli fanno le raccomandazioni, adesso che inizia la scuola: io penso ai fatti miei. 
            Mica sono scemo, risponderanno gli alunni agli insegnanti che a scuola cercheranno di educare alla Costituzione, ad alcuni valori fondamentali della vita.
E così potremmo andare avanti: mica sono scemo a pagare le tasse;  mica sono scemo a fare la pace, possono dire Trump, Putin, Assad o il Coreano Kim Jong-un.
            E così la politica, invece di trasmetterci i grandi ideali su cui fondare la convivenza umana, ci trasmette la logica del mica sono scemo.
Dove ci porta questa strada?
Domenica scorsa abbiamo pregato per Giulio, a 19 mesi dalla sua morte, e per lui continuiamo a chiedere verità; non vorremmo aver scoperto un’altra tragica verità su cui si poggia certa politica, quella del mica sono scemo.

no. non ci rassegniamo a questa logica.
a costo di passare per scemi.

 

 

 

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la traversata dello stretto di Gibilterra delle équipe di Emmaüs France

Emmaüs e la causa dei migranti

di Mégane de Amorim
in “La Croix” del 4 settembre 2017 (traduzione: www.finesettimana.org)

“Le équipe di Emmaüs France si preparano a compiere una traversata dello stretto di Gibilterra, allo scopo di promuovere il diritto alla libera circolazione… insistono sulla necessità di una “svolta a 180 gradi della politica migratoria del governo francese”

 

Le équipe di Emmaüs France si stabiliscono a Tenerifa (Spagna) in vista di una traversata dello stretto di Gibilterra entro questa settimana. Il movimento intende promuovere il diritto alla libera circolazione. Una posizione opposta a quella del governo francese che vuole “dissuadere” le migrazioni.

Remeranno o nuoteranno per più di cinque ore per raggiungere la spiaggia marocchina di Dalla, dalla città di Tenerifa. In totale, 43 membri volontari o stipendiati del movimento Emmaüs si stabiliscono oggi in Spagna per essere pronti a iniziare la traversata giovedì, sempre che le condizioni meteorologiche lo permettano.
Damien Carême, sindaco di Grande-Synthe (dipartimento Nord) e Thierry Kuhn, presidente di Emmaüs France, parteciperanno a questa azione di sensibilizzazione. “L’idea di questa traversata è rendere omaggio alle migliaia di persone morte nel Mediterraneo e soprattutto rivendicare la libera circolazione delle persone”, riassume Maria Guerra, coordinatrice del progetto.
Questo evento fa parte di una vasta campagna di Emmaüs France sul diritto alla libera circolazione. Si basa sull’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, secondo il quale “ogni persona ha il diritto di circolare liberamente” e “di lasciare qualsiasi paese, anche il proprio”. Per Frédéric Amiel, avvocato a Emmaüs, “questa traversata militante è il simbolo della libertà di circolazione” e dell’“ideale sostenuto da anni secondo il quale ognuno deve avere la possibilità di trovare protezione nel paese in cui si reca”.
“A suo tempo, l’abbé Pierre sosteneva già l’idea di una cittadinanza universale, ricorda Maria Guerra. La sua lotta acquista senso oggi, con migranti che arrivano sempre più numerosi e con la riflessione che si accentua sul problema delle frontiere”. Secondo Maria Guerra, originaria della Spagna, c’è “un vero dibattito all’interno della società tra coloro che vogliono costringere le persone a rimanere nel loro paese e mantenere i confini, e coloro che difendono la libera circolazione”.
In effetti, l’iniziativa di questa traversata del Mediterraneo ha scatenato vive reazioni. “Abbiamo ricevuto osservazioni molto dure, ma anche manifestazioni di solidarietà: significa che la libera circolazione pone profondi interrogativi alle persone”, sottolinea.
Frédéric Amiel, a nome di Emmaüs France, insiste sulla necessità di una “svolta a 180 gradi della politica migratoria del governo francese”. “Bisogna permettere alle persone di attraversare legalmente le frontiere, perché chiudendole si condannano i migranti all’annegamento”, sostiene.
All’opposto, il governo sembra piuttosto impegnato in una politica di “dissuasione migratoria”. Emmanuel Macron del resto ha affermato di essere a favore di una procedura d’asilo “fin dal territorio africano” nel vertice sulla crisi migratoria che ha riunito alcuni capi di Stato europei e africani lunedì scorso.

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il commento al vangelo della domenica

SE QUALCUNO VUOLE VENIRE DIETRO A ME, RINNEGHI SE STESSO 

commento al vangelo della ventiduesima domenica del tempo ordinario (3 settembre 2017) di p. Alberto Maggi:

Mt 16,21-27

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non t accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Ai discepoli che seguono Gesù pensando che lui sia il messia trionfatore, vincitore, quello annunziato dalla tradizione, che a Gerusalemme avrebbe conquistato e preso il potere, Gesù per la prima volta parla apertamente di quello che l’attende a Gerusalemme.
Siamo al capitolo 16 del vangelo di Matteo, dal versetto 21. “Da allora Gesù cominciò”, quindi significa una serie di insegnamento che contnuano lungo tuto il suo percorso, “a spiegare ai suoi discepoli che doveva …”, il verbo dovere è un verbo tecnico che indica la volontà di Dio, “andare a Gerusalemme e soffrire”.
Questo verbo è una creazione degli evangelisti perché assomiglia molto al termine Pasqua, infatti il verbo soffrire in greco è Pàsco ed ha assonanza con il termine Pasca, che significa Pasqua, perché gli evangelisti hanno visto in Gesù il vero agnello pasquale. “Soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi”; tutti questi sono i component del sinedrio, il massimo organo giuridico di Israele, “venire ucciso”, quindi Gesù non andrà a conquistare il potere, ma sarà ucciso dai detentori del 1
potere religioso. I massimi rappresentanti dell’istituzione religiosa saranno gli assassini di Gesù. Però aggiunge, “E risorgere il terzo giorno”.
Il terzo giorno non è un’indicazione cronologica, il numero tre indica ciò che è pieno, ciò che è completo, quindi sarà ucciso, ma tornerà in vita pienamente. Ebbene, appena Gesù ha detto questo, Pietro entra in gioco. L’evangelista presenta Simone soltanto con il soprannome negativo, termine tecnico con il quale Matteo indica l’opposizione, la contrarietà di questo discepolo a quanto Gesù annunzia.
“Pietro lo prese a sé”, quindi lo afferra e non appena Gesù ha cominciato a spiegare, Pietro comincia al sua resistenza. “E cominciò a rimproverarlo”, letteralmente sgridarlo, ed è il termine che si adopera per scacciare i demoni. Quindi per Pietro quello che Gesù ha deto non corrisponde alla volontà divina, ma è addirittura un pensiero satanico, un pensiero demoniaco.
La traduzione traduce con “Dio non voglia”, ma letteralmente è “ «Ti perdoni»”, e si sottintende Dio. E’ un’espressione che veniva adoperata per quelli che avevano abbandonato Dio. Si trova anche nel profeta Geremia, capitolo 5, versetto 7. Quindi “ «Ti perdoni, Signore; questo non t accadrà mai »”. Quindi per Pietro quello che Gesù sta dicendo è una cosa lontana da Dio, per cui Dio deve perdonarlo, addirittura un pensiero demoniaco.
“Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! »” Sono gli stessi termini che Gesù ha adoperato nel deserto per rifutare le seduzioni del tentatore. Come al tentatore, al diavolo, Gesù dice “Vatene”, però Gesù non rompe con il discepolo, gli dà una possibilità: “torna a metterti dietro di me”.
Fintanto Pietro sta davanti e vuole lui indicare la traccia, la via, lui è il Satana, l’avversario. Allora Gesù dice “«Vatene dietro di me, Satana! Tu mi sei di scandalo »”. Quello che Gesù aveva definito una pietra adatta per la costruzione della sua ecclesia, cioè la comunità dei credenti convocati dal Signore, quello che era stato chiamato ad essere un mattone per la costruzione, adesso diventa una pietra di inciampo, una pietra di scandalo.
Perché? “«Perché non pensi secondo Dio»”, cioè le categorie dell’amore e del servizio, “«ma secondo gli uomini»”, cioè le categorie del potere e del dominio. Gesù comprende che non è solo Pietro ad avere questa mentalità, ma anche tutti i discepoli. Ecco allora che si rivolge a tuto il resto dei suoi. “Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me»”, Gesù ha invitato Pietro ad andare dietro di lui e ora fa comprendere quali sono le condizioni per poterlo seguire.
“«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso »”, rinnegare se stesso non significa mortificare la propria esistenza, ma rinunciare a quest pensieri di ambizione, di successo, di supremazia, e poi prosegue, letteralmente “«e sollevi la sua croce»”. La croce non viene data da Dio, ma viene presa dagli uomini. L’evangelista adopera il termine “sollevare”, che indicava il momento nel quale il condannato doveva sollevare da terra il patibolo e caricarselo sulle spalle.
Poi da lì, dal tribunale, uscire dalla porta della città per andare nel luogo dove doveva essere giustiziato. Era il momento più tremendo, il momento della solitudine. La gente aveva l’obbligo religioso di insultare e malmenare questa persona.

“«Sollevi la sua croce»”, la croce era la pena di morte riservata ai rifuti della società. Quindi Gesù non sta parlando di sofferenze e di dolore, ma sta parlando dello scandalo che seguire Gesù comporta, uno scandalo che arriva a far considerare Gesù e quelli che lo seguono rifuti della società, persone addirittura rifiutate da Dio, perché la croce era il supplizio per i maledetti da Dio, “«e mi segua»”.
Gesù quindi non sta parlando della morte in croce, ma della via verso il supplizio, una via in solitudine, una via del disonore. Se i discepoli non sono pronti a perdere la propria reputazione – perché di questo si tratta – che non pensino a seguirlo, perché seguire Gesù significa andare incontro al massimo disonore. E poi Gesù aggiunge: “ «Perché chi vuole salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà»”.
Chi vive per gli altri realizza pienamente la propria esistenza, chi vive centrato esclusivamente sui propri bisogni, sulle proprie necessità, la distrugge. Quindi questa è l’alternativa che Gesù offre. Vivere per gli altri, dare, non è perdere, ma guadagnare. Significa realizzare pienamente se stessi.
E Gesù commenta: “«Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?»” A che serve guadagnare tanto, conquistare tanto e poi smarrire se stesso? Questo è il significato. E’ una critica che Gesù fa alle persone di potere, qualunque potere. Le persone che hanno conquistato il potere, divorati dalla loro ambizione, sono persone che hanno tanto, ma non hanno nulla perché hanno completamente smarrito se stesse.
Sono persone alla deriva dalla vita, alla deriva dalla felicità. “ «Perché il Figlio dell’Uomo »”, Figlio dell’uomo indica Gesù nella pienezza della condizione divina, “ «Sta per venire nella gloria del Padre suo»”. Gesù contrappone al massimo disonore, la pena di morte alla quale è stato condannato dal sinedrio, quindi il massimo disonore dell’isttuzione religiosa, il massimo onore da parte di Dio.
Quindi “«nella gloria del Padre suo con i suoi angeli»”. E qui Gesù cita il libro dei Proverbi, capitolo 24, verseto 12, “«e renderà a ciascuno secondo le sue azioni»”, leteralmente “la prassi”. L’uomo è valutato per la vita che ha pratcato, per le opere che ha fato, e non per le idee o le dotrine religiose che ha professato. E’ quello che si fa per gli altri che determina la propria esistenza.
C’è un’altra parte che non è presente nella versione liturgica, ma è importante. Gesù annunzia che “I present non moriranno prima di aver visto arrivare il Figlio dell’uomo con il suo regno”. Infat annunzia l’episodio che poi seguirà che è quello della trasfgurazione, in cui Gesù dimostra che la morte non distrugge la persona, ma la potenzia pienamente.

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il messaggio diGesù inequivocabilmente ‘antirazzista’

 

rifugiati migranti

‘ero straniero e mi avete accolto’

la grande attualità del messaggio ‘antirazzista’ di Gesù

Quello dell’accoglienza dei migranti è un tema cruciale della nostra epoca. E se quotidianamente si sente purtroppo parlare di razzismo, su ilLibraio.it il biblista Alberto Maggi riparte dal messaggio di Gesù

“Prima noi”, è il mantra con il quale si mascherano spietati egoismi e si giustificano inaudite durezze di cuore. È la formula magica di quanti chiariscono subito “non sono razzista, però…”, un “però” eretto come un invalicabile muro a difesa del “noi”, pronome che include, a secondo degli interessi, un popolo o la famiglia, una religione o un quartiere. Mentre per “prima” s’intende l’accesso e l’esclusiva precedenza a tutto quel che permette alla vita di essere dignitosa, dalla casa al lavoro, dall’assistenza sanitaria alla scuola; beni e valori che, sono fuori discussione, devono essere riservati per primi a chi ne ha pienamente diritto per questioni di lignaggio. Ovviamente, al “noi” si contrappone il “loro”, che include per escluderli, tutti quelli che non appartengono allo stesso popolo, alla stessa cultura, società, religione, o famiglia.   

In questo ambiente stupisce il comportamento del Cristo che da una parte arriva a identificarsi con gli ultimi della società (“Ero straniero e mi avete accolto”, Mt 25,35.43), e proclama benedetti quanti avranno ospitato lo straniero  (“Venite benedetti del Padre mio”¸ Mt 25,34), dall’altra, Gesù accusa con parole tremende quelli che non lo fanno (“Via, lontano da me, maledetti… perché ero straniero e non mi avete accolto”, Mt 25,41.43), con una maledizione che richiama quella del primo assassino della Bibbia, il fratricida Caino (“Ora sii maledetto”, Gen 4,11). Se la risposta alle altrui necessità era un fattore di vita, la mancata risposta è causa di morte. Per Gesù negare l’aiuto all’altro è come ucciderlo.

Gesù non solo si identifica nello straniero, ma nei vangeli il suo elogio va proprio per i pagani, personaggi tutti positivi (eccetto Pilato in quanto incarnazione del potere) e portatori di ricchezza. Si teme sempre cosa e quanto si debba dare allo straniero e non si riconosce quel che si riceve dallo stesso. Nella sua attività Gesù si troverà di fronte ottusità e incredulità persino da parte della sua famiglia e dei suoi stessi paesani, ma resterà ammirato dalla fede di uno straniero, il Centurione, e annuncerà che mentre i pagani entreranno nel suo regno, gli israeliti ne resteranno esclusi (Mt 8,5-13; Mt 27,54).

L’AUTORE

Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici«G. Vannucci» a Montefano (Macerata), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Ha pubblicato, tra gli altri: Chi non muore si rivede – Il mio viaggio di fede e allegria tra il dolore e la vita, Roba da preti; Nostra Signora degli eretici; Come leggere il Vangelo (e non perdere la fede); Parabole come pietre; La follia di Dio e Versetti pericolosi. E’ da poco uscito per Garzanti L’ultima beatitudine – La morte come pienezza di vita.

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