il degrado di Napoli non è colpa dei rom – parola dei parroci di Miano

Miano
parroci invitano a superare gli stereotipi sui rom    versione testuale
“Il degrado a Miano non lo porteranno i rom, ma ha cause fortemente radicate in una criminalità organizzata che ha occupato, poi gestito, spazi vuoti”
Lo scrivono, in una nota inviata al Sir, i parroci di Miano (diocesi di Napoli), don Francesco Minervino, padre Lillo Di Rosa, don Salvatore Cinque, fra Gerardo Ciufo, padre Carlo De Angelis, dopo la decisione delle autorità competenti di sistemare dei rom “profughi” dall’incendiato campo di Scampia nell’ex caserma Boscariello a Miano e la protesta da parte di alcuni cittadini. “La gente del nostro quartiere è brava gente solidale e accogliente verso tutti e particolarmente verso coloro che sono in stato di disagio – sottolineano i parroci -. A Miano il degrado ha una storia antica fatta di non gestione, non soluzioni, rimandi. Questo intossica la convivenza e si arriva paradossalmente a prendersela con il più debole. Come in tutte le situazioni che non si affrontano, si accumula delusione e la delusione ha un prezzo: diventano tutti più elettrici, offensivi, difensivi. Ci sono situazioni che durano da anni e che la politica non risolve, distratta e troppo assente”. Di fronte “alle molteplici emergenze del nostro territorio, la Chiesa oggi si sente sotto pressione, perché chiamata a fare da ‘supplente’ in diverse emergenze. La Chiesa è accanto ai poveri, ma non ha il potere di sradicare la povertà. Alle politiche sociali, quando mancano o sono carenti, non è possibile rispondere in termini di supplenza”, evidenziano i sacerdoti. “Come normali cittadini e ancor più come cattolici siamo tenuti a superare e a far superare stereotipi e slogan che non fanno altro che diffondere pregiudizi e soprattutto non bisogna soffiare sul fuoco dell’odio razziale. Dobbiamo essere convinti che ogni essere umano, come ogni vita umana, merita sempre e comunque rispetto, anche chi questo rispetto sembra non meritarlo o volerlo. Può sembrare per alcuni un limite, ma segna la civiltà di un popolo”.
 
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