la traversata dello stretto di Gibilterra delle équipe di Emmaüs France

Emmaüs e la causa dei migranti

di Mégane de Amorim
in “La Croix” del 4 settembre 2017 (traduzione: www.finesettimana.org)

“Le équipe di Emmaüs France si preparano a compiere una traversata dello stretto di Gibilterra, allo scopo di promuovere il diritto alla libera circolazione… insistono sulla necessità di una “svolta a 180 gradi della politica migratoria del governo francese”

 

Le équipe di Emmaüs France si stabiliscono a Tenerifa (Spagna) in vista di una traversata dello stretto di Gibilterra entro questa settimana. Il movimento intende promuovere il diritto alla libera circolazione. Una posizione opposta a quella del governo francese che vuole “dissuadere” le migrazioni.

Remeranno o nuoteranno per più di cinque ore per raggiungere la spiaggia marocchina di Dalla, dalla città di Tenerifa. In totale, 43 membri volontari o stipendiati del movimento Emmaüs si stabiliscono oggi in Spagna per essere pronti a iniziare la traversata giovedì, sempre che le condizioni meteorologiche lo permettano.
Damien Carême, sindaco di Grande-Synthe (dipartimento Nord) e Thierry Kuhn, presidente di Emmaüs France, parteciperanno a questa azione di sensibilizzazione. “L’idea di questa traversata è rendere omaggio alle migliaia di persone morte nel Mediterraneo e soprattutto rivendicare la libera circolazione delle persone”, riassume Maria Guerra, coordinatrice del progetto.
Questo evento fa parte di una vasta campagna di Emmaüs France sul diritto alla libera circolazione. Si basa sull’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, secondo il quale “ogni persona ha il diritto di circolare liberamente” e “di lasciare qualsiasi paese, anche il proprio”. Per Frédéric Amiel, avvocato a Emmaüs, “questa traversata militante è il simbolo della libertà di circolazione” e dell’“ideale sostenuto da anni secondo il quale ognuno deve avere la possibilità di trovare protezione nel paese in cui si reca”.
“A suo tempo, l’abbé Pierre sosteneva già l’idea di una cittadinanza universale, ricorda Maria Guerra. La sua lotta acquista senso oggi, con migranti che arrivano sempre più numerosi e con la riflessione che si accentua sul problema delle frontiere”. Secondo Maria Guerra, originaria della Spagna, c’è “un vero dibattito all’interno della società tra coloro che vogliono costringere le persone a rimanere nel loro paese e mantenere i confini, e coloro che difendono la libera circolazione”.
In effetti, l’iniziativa di questa traversata del Mediterraneo ha scatenato vive reazioni. “Abbiamo ricevuto osservazioni molto dure, ma anche manifestazioni di solidarietà: significa che la libera circolazione pone profondi interrogativi alle persone”, sottolinea.
Frédéric Amiel, a nome di Emmaüs France, insiste sulla necessità di una “svolta a 180 gradi della politica migratoria del governo francese”. “Bisogna permettere alle persone di attraversare legalmente le frontiere, perché chiudendole si condannano i migranti all’annegamento”, sostiene.
All’opposto, il governo sembra piuttosto impegnato in una politica di “dissuasione migratoria”. Emmanuel Macron del resto ha affermato di essere a favore di una procedura d’asilo “fin dal territorio africano” nel vertice sulla crisi migratoria che ha riunito alcuni capi di Stato europei e africani lunedì scorso.

il commento di p. Maggi al vangelo della domenica

LO RICONOBBERO NELLO SPEZZARE IL PANE

commento al vangelo della terza domenica di pasqua (30 aprile 2017)  di p. Alberto Maggi:

Lc 24,13-35

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

La morte di Gesù ha causato la dispersione, la confusione nel gruppo dei discepoli. Le donne lo vanno in cerca dove lui non sta, il Signore, nel sepolcro, e trovano due uomini che dicono alle donne: “perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Gli uomini invece, i discepoli, vanno verso la storia, verso il passato, in un luogo glorioso d’Israele, che faccia ricordare loro la grande vittoria d’Israele sui popoli pagani. Vediamo cosa ci scrive l’evangelista Luca al capitolo 24, dal versetto 13.
“Ed ecco in quello stesso giorno”, il giorno della risurrezione, “due di loro”, questi loro sono gli apostoli, l’ultimo riferimento era agli apostoli, “erano in camino verso un villaggio di nome Èmmaus”, perché vanno a Èmmaus? Èmmaus è famoso nella storia d’Israele, lo(ne) troviamo le indicazioni nel primo libro dei Maccabei, al capitolo quarto, per una battaglia che Giuda il Maccabeo condusse contro i pagani, sconfiggendoli; fu una grande vittoria e, come c’è scritto in questo primo libro dei Maccabei, “e allora tutte le nazioni sapranno che c’è chi riscatta e salva Israele”. Il messia, che era stato atteso, era colui che avrebbe dovuto riscattare e salvare Israele, e invece Gesù è rimasto sconfitto, lui è stata una grande delusione. Dai vangeli sembra emergere che i discepoli sono più delusi della risurrezione di Gesù, che della sua morte, perché, se Gesù era semplicemente morto, voleva dire che si erano sbagliati. Sorgevano a quel tempo tanti pseudomessia, basta pensare (a) Giuda il Galileo, Teuda, che creavano una massa, che si rivoltava contro i Romani, e finiva sempre in una strage. Ebbene, morto un messia, se ne aspettava un altro. Ma se Gesù è risuscitato, significa che tutti i loro sogni di gloria, appunto di restaurazione, di liberazione d’Israele, di predominio sui Romani, questo si va a finire. Ma vediamo il testo. Quindi “vanno verso Èmmaus, e mentre conversano e discutono insieme, Gesù si avvicina e cammina con loro”, Gesù è il pastore che non abbandona i suoi discepoli. Ma, scrive l’evangelista, “i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Come mai gli occhi di questi discepoli sono impediti a riconoscerlo? È chiaro, loro guardano verso il passato, e non possono vedere il presente e il futuro, dove Gesù li conduce. “gli disse Gesù”, disse, “che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino? Si fermarono col volto triste e uno di loro di nome Clèopa”, C è l’abbreviazione di Cleópatros, che significa “del padre glorioso, del padre illustre”, che fa comprendere l’atteggiamento, il sentimento di questi discepoli, loro ricercano la gloria del loro popolo. E questo Clèopa si meraviglia dice: “ma sei solo tu? forestiero a Gerusalemme?”, e gli racconta di quello che riguarda Gesù il Nazzareno. Ecco, per loro Gesù era il Nazzareno, Nazzareno significava il rivoltoso, il rivoluzionario, è questo che loro avevamo creduto di seguire: un messia che avrebbe sconfitto i Romani. Ed ecco la delusione “con i capi sacerdoti e le nostre autorità”, è grave che questi discepoli, questi apostoli, definiscono nostre autorità quelli che hanno assassinato il loro maestro. Ed ecco la delusione di cui accennavamo prima: “noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”, ecco la grande delusione: speravano nel messia, invece è morto, e la prova che Gesù non era il messia, è che è morto, perché il messia non sarebbe potuto morire, e quindi la delusione della comunità che aveva riposto tutte le sue speranze in Gesù. Dice: è vero che alcune donne sono andate al sepolcro, “sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo”, ma, con reticenza, non affermano che loro non hanno creduto alle donne, perché le donne non sono testimoni credibili. Scrive l’evangelista: “quelle parole parvero loro come un vaneggiamento”. Ed ecco la risposta di Gesù di fronte a questa incredulità, è una risposta che si traduce in un rimprovero, “«Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava”, il verbo bisognava, letteralmente doveva, indica la volontà  di Dio che il Cristo patisse queste sofferenze, “e cominciando da Mosè fino a tutti i profeti spiegò”, o meglio interpretò, “loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a lui”, è importante questo verbo spiegare, interpretare: è il verbo da cui viene il termine tecnico ermeneutica, che cos’è l’ermeneutica? È l’arte o la tecnica di interpretare i testi. Gesù non si limita a leggere i testi di Mosè o dei profeti, o a raccontarli, ma lui li interpreta. Cosa significa questo? Questo è un criterio valido per tutti noi oggi, (significa) che, per leggere la Scrittura, bisogna interpretarla come? Con lo stesso spirito che l’ha ispirata, e qual è questo spirito che ha ispirato la Scrittura? L’amore del creatore per tutte le sue creature: è questo l’unico criterio che consente di comprendere la Scrittura. “quando furono vicini al villaggio”, il villaggio è sempre luogo della tradizione, del passato, quindi loro ancora non comprendono, vogliono andare verso il passato, Gesù mostra di andare più
lontano, loro vanno verso il vecchio e Gesù invece verso il nuovo. I discepoli insistono con Gesù “resta con noi perché si fa sera il giorno ormai al tramonto”, e Gesù, il pastore che non perde le sue pecore, rimane con loro. “quando fu a tavola con loro prese il pane”, e qui l’evangelista ci propone la scena dell’ultima cena, con gli stessi gesti le stesse azioni, “recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”, ricordiamo, per comprendere questo brano, che Luca è l’unico evangelista che, nel momento della cena, Gesù pronuncia le parole “fate questo in memoria di me”, quindi Gesù ripete la sua presenza, la sua memoria. “ed ecco che allora si aprirono loro gli occhi che lo riconobbero”, ecco nel momento che Gesù si manifesta come colui che spezza il pane, la propria vita per i suoi discepoli, loro, i discepoli, lo riconoscono. “Ma egli sparì”, qui veramente il verbo non è sparire, sparire significa scomparire; no, l’evangelista scrive “si rese invisibile”, è qualcosa di diverso, sparire significa che non c’è più, invisibile significa che c’è, ma non si vede. Perché Gesù si rende invisibile? Ce lo dice l’evangelista, alla conclusione di questo brano, “essi narravano”, poi ritornano a Gerusalemme, “ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane”. Questo è il messaggio che Luca, l’evangelista, lascia per le comunità e per i credenti di tutti i tempi: Gesù è invisibile, perché si rende visibile ogni volta che la comunità spezza il pane.

 

 

 

 

image_pdfimage_print