20 aprile: giorno anniversario della morte di don Tonino Bello

caro don Tonino…

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lettera aperta a don Tonino Bello

nel giorno dell’anniversario della sua morte


20 aprile 2016

 Renato Sacco

coordinatore nazionale di Pax Christi

Caro don Tonino,
nell’anniversario della tua nascita al cielo pensavo di scrivere alcune righe per ricordare, anche a chi non ti ha conosciuto, le tante cose belle che hai fatto durante la tua vita. Ma non ci sono riuscito, e allora scrivo direttamente a te, non per imitare la tua grande capacità di scrivere lettere personali un po’ a tutti, non ne sono capace, ma perché così posso dirti liberamente alcuni pensieri, come mi vengono…
Volevo dirti che qui, sulla terra, abbiamo ancora bisogno di te: aiutaci a non perdere il coraggio di essere “in piedi, anzi in marcia, costruttori di pace”. Perché tira un’aria di guerra mica male.
Nel 2015 si sono spesi nel mondo quasi 1700 miliardi di dollari in armamenti.
Ti sarà giunta notizia anche lassù che l’Italia vende armi un po’ a tutti, anche ai Paesi sostenitori dell’Isis: Arabia Saudita, Qatar. Facciamo affari d’oro proprio con le armi! Altro che sogno di Isaia “forgeranno le lance in falci…”! Ma di guerre ce sono un mucchio, più o meno dimenticate. Ovviamente continua il progetto degli aerei F35 e qualcuno ha brindato perché Finmeccanica ha venduto al Kuwait ben 28 aerei da guerra Eurofighter Typhoon. Pensa che qualche autorevole quotidiano titolava mesi fa: “Quelle idee appassite: essere pacifisti in un mondo così bellicoso”.
Come vedi non è cambiato molto dai tuoi tempi, la cultura della guerra ha buone radici e forti sponsor. Insomma, come scrivevi tu, nella tua lettera ad Abramo, c’è ancora “nell’aria odore di zolfo”.

Tonino Bello
A dire il vero c’è papa Francesco (sai che molti vedono grandi somiglianze tra voi due) che continua a denunciare questa follia delle armi e della guerra, è arrivato anche a dire “Maledetti”. Ma per lui tira un’aria un po’ difficile. Molti lo criticano in modo esplicito, altri in modo più sottile. E tu sai bene cosa vuol dire essere criticato, anche pesantemente: lettere inviate a Roma con i tuoi scritti giudicati poco ortodossi, critiche per non aver usato il “pilleolo” durante una celebrazione, critiche per essere andato a Bari, allo stadio, nel luglio 1991 quando arrivarono migliaia di profughi dall’Albania. “A fame peste et bello… libera nos domine”, scrisse qualcuno.
E Francesco viene criticato per le sue aperture che “rovinano” la Chiesa, per essere andato l’altro giorno a Lesbo e aver portato con sé al ritorno 12 profughi. Tu ne sai qualcosa, visto che avevi ospitato in casa tua alcune famiglie sfrattate…
E allora ti chiedo, cerca (cercate un po’ tra tutti voi di lassù) di sostenere questo Papa. Anche noi ci proviamo a non lasciarlo solo, ma un vostro aiutino dall’alto non guasta. E, già che ci sei, dai un occhio anche a tutto il popolo della pace e anche a noi di Pax Christi che ci troviamo in assemblea nei prossimi giorni ad Assisi, (Misericordia è disarmo, giustizia, condivisione) proprio nella città di un altro Francesco, a te molto caro, visto che sulla tua tomba c’è scritto ‘terziario francescano’.
Che dire ancora? Grazie don Tonino!!
d. Renato Sacco,
coordinatore nazionale di Pax Christi

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contro il conformismo, anche in teologia

la teologia non conformista fa bene alla Chiesa

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 Adista Segni Nuovi n° 15 del 23/04/2016

nell’ambito di un dibattito apertosi in Germania sul rapporto tra teologia accademica e magistero del papa e dei vescovi, il vescovo di Passau, mons. Stefan Oster, ha affermato che la teologia progressista può intaccare la fede degli studenti, condividendo l’opinione del vescovo di Regensburg, mons. Rudolf Voderholzer, secondo cui la teologia dovrebbe essere maggiormente subordinata al magistero. Anne Strotmann, redattrice della rivista tedesca “Publik-Forum” ha completato recentemente i suoi studi in teologia e ha un’opinione diversa. Ecco la sua lettera aperta al vescovo, pubblicata sulla rivista il 25 marzo scorso 


Ho constatato nelle ultime settimane come un’antica controversia possa  acquistare nuova forza. Si tratta del rapporto tra magistero del vescovo e teologia accademica. Mi sono guardata intorno abbastanza per sapere che ci sono ancora fantastici teologi e soprattutto teologhe che non ottengono mai il nulla osta, cioè l’autorizzazione all’insegnamento da parte della Chiesa. Eppure sono persone come loro che mi hanno ridato il desiderio di essere cristiana. Sono coloro a cui Lei rimprovera di impedire agli studenti di credere ad avermi aiutato, spiegandomi contenuti di fede ingombranti. Proprio come Lei, ritengo necessario che la Chiesa sia indipendente, che sia una cosa diversa da società e popolo. Che possa parlare ed esprimere le sue opinioni. In questo siamo d’accordo. Ma l’affermazione che i professori progressisti vogliono costruire un contro-magistero rispetto a Roma, la ritengo esagerata, o meglio, un cliché. E poiché stiamo parlando di cliché: anch’io ne soffro insieme a loro. Mi irritano le critiche stupide alla Chiesa e alla religione, perché so che la Chiesa è una cosa diversa. Ma posso capire la frustrazione che ci sta dietro. Lei lamenta che i giovani non trovano la Chiesa e la fede perché non vanno oltre le eterne controversie dell’ordinazione delle donne, della contraccezione, del matrimonio gay, della comunione per i divorziati risposati. È triste, ma la cosa può anche essere vista in senso opposto: se tradizioni e dogmi finiscono in una retorica di esclusione, si può anche diventare furenti. Furenti per amore.

Dalle strutture autoritarie traggono profitto i conformisti

I giovani teologi e le giovani teologhe conoscono il potere del magistero. Studiano, pensano, credono, amano con delle forbici nella testa. Dalle strutture autoritarie traggono profitto principalmente i conformisti. Non meraviglia che manchi loro il fuoco per accendere in altri l’entusiasmo per la fede cristiana. Di fatto pensavo che il rapporto tra il magistero vescovile e la teologia accademica fosse diventato meno teso. I vescovi esitano a sanzionare insegnanti e professori con il divieto di insegnamento, e vivono il dialogo. Ma, oggi come un tempo, spetta a loro l’ultima parola, la decisione finale. Io mi augurerei che i vescovi avessero ancor più fiducia e i teologi ancor più coraggio nel parlare chiaramente.

Solo se io posso dichiarare onestamente ciò che credo o non credo, dire quelli che sono davvero i miei problemi, nasce qualcosa di diverso dello pseudo-dialogo del catechismo. Sono stati dei teologi “progressisti” a costruirmi i primi ponti. Se qualcuno mi avesse risposto con gli schemi delle formule cristiane, avrei abbandonato le lezioni delusa. Naturalmente bisogna prima conoscere le tradizioni, Lei ha ragione (e io ho la fortuna di una socializzazione cattolica ampiamente senza incidenti). Ma le controversie scientifiche sono super. Sono riconoscente per il fatto di aver avuto molti formidabili insegnanti (uomini e donne) di diverse discipline che naturalmente non erano sempre d’accordo. Non esiste una univocità. Non solo i teologi, la Scrittura stessa si contraddice spesso su singole questioni. Ciò che io trovo affascinante è che attraverso tutte queste narrazioni, attualizzazioni, traduzioni risplenda la verità del Vangelo. Che evidentemente non è riducibile ad una frase, altrimenti il nostro canone (il Nuovo Testamento, ndr) non avrebbe 27 libri. Per me, la lingua dei teologi progressisti era quella giusta per parlare di Gesù.

Perché aver paura di una teologia libera?

Comunque, dal suo appello posso trarre qualcosa e rispetto alla realtà dell’islam in Germania, porre anche delle domande autocritiche: io stessa ho notato come il contatto con un’altra pratica di fede vissuta con entusiasmo abbia arricchito la mia. Ho imparato ad amare aspetti della mia confessione che prima non avevano alcun significato per me. E questo non per un atteggiamento di difesa, ma perché ho innanzitutto preso sul serio l’“Altro”. Questo aiuta contro le proprie zone d’ombra.

Evidentemente Lei non ha paura dell’altro. Perché allora aver paura che la teologia libera faccia vacillare il fondamento della fede cristiana? La Chiesa è sempre stata cambiamento. È sempre stata cultura. Ed è stata illuminata al massimo dallo Spirito Santo proprio dove essa era sovversiva nell’amore. Come agisca in modo nuovo il Vangelo in questo tempo, entrambi siamo curiosi di scoprirlo. Continuiamo a discutere. Le contrapposizioni tra “conservatori” e “progressisti” sono sempre più assurde. Non si tratta piuttosto di differenza tra conformisti senza amore e persone appassionate che riflettono? 

 
 
 
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