lettera aperta a papa Francesco 

 

“nella gioia dell’evangelo”

 

carissimo Papa Francesco, immaginiamo l’ingombro delle lettere sulla tua scrivania. E come non pensare che sarebbe pretesa che la nostra fosse letta e le fosse data risposta? Anche perché viene da un piccolo gruppo – composto da laici, presbiteri, religiosi –  che non può vantare altro che la sua passione e la sua piccolezza

  Innanzitutto vorremmo ringraziarti e poi vorremmo condividere brevemente con te qualche pensiero. Ringraziarti perché in te, nelle tue parole e nei tuoi gesti, questo piccolo gruppo si è sentito come interpretato. Alle nostre origini ci eravamo chiamati “Il vangelo che abbiamo ricevuto”. Convenivamo da varie parti d’Italia. Il piccolo gruppo milanese denominandosi anche “Laboratorio di sinodalità laicale” sottolineava una dimensione che ci sta a cuore. Ora che sei venuto tra noi, ci siamo dati un nome a te caro: “Nella gioia dell’evangelo”.  Portavamo e in parte ancora portiamo nel cuore la sofferenza per il rischio di un evangelo ridotto a codice di comportamento morale, mentre esso è soprattutto l’annuncio dell’amore del Padre, quale nella forza dello Spirito si è manifestato e reso disponibile a tutti nella vita umana e profetica di Gesù, il galileo di Nazareth. Siamo infatti convinti che solo restando dentro tutta l’ampiezza e la profondità dell’evangelo, è possibile parlare a noi stessi, ai nostri fratelli e alle nostre sorelle dentro e fuori della chiesa visibile, per sperimentare assieme a tutti la potenza liberante dell’evangelo. Nella tua voce abbiamo riascoltato con insistenza queste parole: evangelo, gioia, sinodalità. Abbiamo colto dalle tue parole e dai tuoi gesti uno sguardo diverso sul magistero del vescovo di Roma.

Ti poni come colui che si mette nella compagnia del suo popolo indicando in modo semplice orizzonti evangelici verso cui camminare insieme. Stai di fatto incoraggiando tutta la chiesa, con le sue strutture, a uscire dal ripiegamento su sé stessa, nella convinzione che solo “uscendo e rischiando” essa fa esperienza dell’evangelo che è chiamata ad annunciare.

A partire dal giorno della tua elezione, nel quale hai chiesto al popolo di invocare su di te la benedizione di Dio, tu hai dato valore alla reciprocità tra pastori e gregge loro affidato, all’olfatto del popolo di Dio, alla sua “infallibilità” nel credere, alla partecipazione e responsabilità di tutti i battezzati nella sfida dell’evangelizzazione. In questa prospettiva attendiamo che i molti carismi, che lo Spirito dona a battezzati e battezzate, e le molte diaconie, che questi esercitano nella chiesa e nel mondo, trovino adeguato riconoscimento nell’ordinamento e nella prassi ecclesiale. L’istituzione di una commissione chiamata a studiare la questione del conferimento del diaconato alle donne è senza dubbio una grande apertura di un nuovo orizzonte. Ma, al di là di questa specifica questione,

auspichiamo un globale ripensamento della visione del ministero, che nella storia ha conosciuto diverse variazioni. Infatti l’intera comunità ecclesiale è chiamata all’unico ministero di annunciare il Signore, lottando per la liberazione e integrità del creato e di ogni persona umana, a cominciare dagli scartati e ultimi della terra. Pertanto ci sembra urgente che le varie forme di ministero, lontane dal configurarsi come posizioni di potere, siano concepite e vissute nella chiesa e dalla chiesa, nello splendore della gratuità evangelica, a servizio del Regno e quindi di una umanità in cammino

Forte di questa convinzione ogni ministero che presiede alla comunione sentirà come irrinunciabile il richiamo ad essere disponibile all’ascolto, il richiamo al discernimento come dono dello Spirito e come frutto di cammini autenticamente sinodali, che sappiano coinvolgere le componenti laicali che oggi, a mezzo secolo dal concilio, restano ancora emarginate. Viviamo con sofferenza la sensazione di uno scollamento tra il messaggio che le tue parole custodiscono e la coscienza di parte della chiesa. Certamente è questione di semine lunghe e ci è  chiesta la pazienza del contadino del vangelo. Ma ci sembra di ravvisare tentativi di contrastare l’evangelo sia nell’indisponibilità di alcuni vertici ecclesiali, sia nelle reazioni di un certo numero, non trascurabile, di fedeli che sembrano impermeabili al tuo annuncio.

Ci chiediamo a volte come si possa partecipare alle assemblee liturgiche e poi assumere posizioni, coscientemente o no, opposte all’evangelo. Come ricucire la frattura? In tempi in cui ci si affida a slogan ci parrebbe opportuno puntare su un appello al “pensare”, a “esporsi al contatto” con il mondo, favorendo in ogni realtà ecclesiale, a partire dalle parrocchie, esperienze in cui “vedere, giudicare, agire, accompagnare”, come ci sembra tu abbia suggerito a Firenze

Luoghi e tempi non elitari, in stretta relazione con il popolo di Dio che vive fatiche e speranze della vita quotidiana, illuminata dalla gioia dell’evangelo. Tu spesso ci hai invitato a sognare. Ti abbiamo raccontato sogni. Nella fiducia di condividerne altri con te in un prossimo futuro. In comunione di preghiera

il gruppo NELLA GIOIA DELL’EVANGELO
Maria Cristina BARTOLOMEI,  Milano; 

Ugo Francesco BASSO,  Milano; 

Marco BERTÈ,  Parma;

   Gianfranco BOTTONI,  Milano;

Massimo CADAMURO,  Venezia; 

  Angelo CASATI,  Milano;

Francesco CASTELLI,  Milano;  

Ursicin Gion Gieli DERUNGS,  Milano;

Italo DE SANDRE,  Padova; 

Luciano GUERZONI,  Modena;

   Licinia MAGRINI,  Bologna;

  Giancarlo MARTINI,  Verbania; 

  Giovanni NICOLINI,  Bologna;

  Enrico PEYRETTI,  Torino; 

  Ugo Gianni ROSENBERG,  Torino; 

Francesco SCIMÈ,  Bologna;  

Carlo URBANI,  Venezia;

  Fabrizio VALLETTI,  Napoli.
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È possibile sottoscrivere questa lettera, inviando la propria adesione, entro la data del 20 febbraio 2017, indicando nome cognome e comune di residenza, al seguente indirizzo di posta elettronica:
lettera2017@gmail.com

20 aprile: giorno anniversario della morte di don Tonino Bello

caro don Tonino…

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lettera aperta a don Tonino Bello

nel giorno dell’anniversario della sua morte


20 aprile 2016

 Renato Sacco

coordinatore nazionale di Pax Christi

Caro don Tonino,
nell’anniversario della tua nascita al cielo pensavo di scrivere alcune righe per ricordare, anche a chi non ti ha conosciuto, le tante cose belle che hai fatto durante la tua vita. Ma non ci sono riuscito, e allora scrivo direttamente a te, non per imitare la tua grande capacità di scrivere lettere personali un po’ a tutti, non ne sono capace, ma perché così posso dirti liberamente alcuni pensieri, come mi vengono…
Volevo dirti che qui, sulla terra, abbiamo ancora bisogno di te: aiutaci a non perdere il coraggio di essere “in piedi, anzi in marcia, costruttori di pace”. Perché tira un’aria di guerra mica male.
Nel 2015 si sono spesi nel mondo quasi 1700 miliardi di dollari in armamenti.
Ti sarà giunta notizia anche lassù che l’Italia vende armi un po’ a tutti, anche ai Paesi sostenitori dell’Isis: Arabia Saudita, Qatar. Facciamo affari d’oro proprio con le armi! Altro che sogno di Isaia “forgeranno le lance in falci…”! Ma di guerre ce sono un mucchio, più o meno dimenticate. Ovviamente continua il progetto degli aerei F35 e qualcuno ha brindato perché Finmeccanica ha venduto al Kuwait ben 28 aerei da guerra Eurofighter Typhoon. Pensa che qualche autorevole quotidiano titolava mesi fa: “Quelle idee appassite: essere pacifisti in un mondo così bellicoso”.
Come vedi non è cambiato molto dai tuoi tempi, la cultura della guerra ha buone radici e forti sponsor. Insomma, come scrivevi tu, nella tua lettera ad Abramo, c’è ancora “nell’aria odore di zolfo”.

Tonino Bello
A dire il vero c’è papa Francesco (sai che molti vedono grandi somiglianze tra voi due) che continua a denunciare questa follia delle armi e della guerra, è arrivato anche a dire “Maledetti”. Ma per lui tira un’aria un po’ difficile. Molti lo criticano in modo esplicito, altri in modo più sottile. E tu sai bene cosa vuol dire essere criticato, anche pesantemente: lettere inviate a Roma con i tuoi scritti giudicati poco ortodossi, critiche per non aver usato il “pilleolo” durante una celebrazione, critiche per essere andato a Bari, allo stadio, nel luglio 1991 quando arrivarono migliaia di profughi dall’Albania. “A fame peste et bello… libera nos domine”, scrisse qualcuno.
E Francesco viene criticato per le sue aperture che “rovinano” la Chiesa, per essere andato l’altro giorno a Lesbo e aver portato con sé al ritorno 12 profughi. Tu ne sai qualcosa, visto che avevi ospitato in casa tua alcune famiglie sfrattate…
E allora ti chiedo, cerca (cercate un po’ tra tutti voi di lassù) di sostenere questo Papa. Anche noi ci proviamo a non lasciarlo solo, ma un vostro aiutino dall’alto non guasta. E, già che ci sei, dai un occhio anche a tutto il popolo della pace e anche a noi di Pax Christi che ci troviamo in assemblea nei prossimi giorni ad Assisi, (Misericordia è disarmo, giustizia, condivisione) proprio nella città di un altro Francesco, a te molto caro, visto che sulla tua tomba c’è scritto ‘terziario francescano’.
Che dire ancora? Grazie don Tonino!!
d. Renato Sacco,
coordinatore nazionale di Pax Christi

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