le religioni di fronte all’omosessualità

cosa manca alle religioni per accettare l’omosessualità

l’intervento del prof. Vito Mancuso al convegno sull’omosessualità tenutosi martedì 19 maggio nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica 

Schermata 2015-05-18 alle 23.46.06Anche se oggi il giudizio delle religioni sull’omosessualità è per lo più di condanna, qualcosa sta cambiando. È ormai citatissima la frase di papa Francesco del 28 luglio 2013: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? ». Affermazione scioccante perché i Papi, compresi gli immediati predecessori di Francesco, hanno sempre formulato esplicite valutazioni sull’omosessualità, e sempre di condanna. Nel 2006 il Dalai Lama riaffermava la disapprovazione buddhista: «Una coppia gay è venuta a trovarmi cercando il mio appoggio e la mia benedizione: ho dovuto spiegare loro i nostri insegnamenti. Una donna mi ha presentato un’altra donna come sua moglie: sconcertante». Nel 2014 l’approccio è stato diverso: «Se due persone, una coppia, sentono veramente che quel modo è più pratico, più fonte di soddisfazione, e se entrambi sono pienamente d’accordo, allora va bene»…

Oggi tutte le religioni presentano tale oscillazione, in esse si nota l’evoluzione prodotta dallo “spirito del mondo”, per riprendere l’espressione con cui Hegel qualificava l’azione divina. È in atto nel mondo una complessiva riscrittura dei rapporti tra singolo e società: all’insegna del primato non più della società e delle sue tradizioni, ma del singolo e della sua realizzazione, un movimento che sta portando a valorizzare i soggetti tradizionalmente più emarginati, tra cui appunto gli omosessuali. Ne viene che oggi l’atteggiamento delle religioni sull’omosessualità presenta orientamenti molto diversi, dalla tradizionale e intransigente condanna alla più totale accoglienza. È vero tuttavia che le religioni abramitiche sono tradizionalmente più chiuse e che tra esse la posizione più rigida è quella dell’islam: ancora oggi nella gran parte del mondo musulmano l’omosessualità non è socialmente accettata e in alcuni paesi (Afghanistan, Arabia Saudita, Brunei, Iran, Mauritania, Nigeria, Sudan, Yemen) è persino punita con la pena di morte. Ciononostante in altri paesi a maggioranza musulmana non è più illegale, e in Albania, Libano e Turchia vi sono addirittura discussioni sulla legalizzazione dei matrimoni gay.
All’interno dell’ebraismo gli ebrei ortodossi considerano l’omosessualità un peccato e tendono a escludere le persone con tale orientamento, gli ebrei conservatori accettano le persone ma rifiutano la pratica omosessuale, gli ebrei riformisti ritengono l’omosessualità accettabile in tutti i suoi aspetti tanto quanto l’eterosessualità.
All’interno del cristianesimo si riproduce la medesima situazione, non solo a seconda delle diverse chiese, ma anche all’interno di una stessa chiesa. I luterani per esempio in Missouri dicono no all’ordinazione, alla benedizione delle coppie, ai matrimoni e persino all’accoglienza tra i fedeli dei gay, mentre in altri stati Usa e in Canada dicono sì su tutte e quattro le questioni. Si può comunque dire che il mondo protestante pentecostale (tra cui avventisti, assemblee di Dio, mormoni, testimoni di Geova) è generalmente contrario ai diritti gay, mentre il protestantesimo storico (tra cui luterani, riformati, anglicani, battisti, valdesi) è più favorevole.
La Chiesa cattolica riproduce la medesima dialettica, anche se sbilanciata a favore del no. La dottrina è giunta a dire sì all’accoglienza delle persone gay (cf. Catechismo, art. 2358) ma è ferma nel dire no alla benedizione della coppia e al matrimonio. Tale no si basa sul ritenere peccaminosa ogni forma di espressione omosessuale della sessualità: «Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» (art. 2357). Da qui una conseguenza implacabile: «Le persone omosessuali sono chiamate alla castità» (art. 2359). Più controversa è la posizione sull’ordinazione sacerdotale. In un documento del 2005 della Congregazione per l’Educazione cattolica sull’ammissione in seminario di omosessuali si legge: «La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne». Ciò non impedisce tuttavia la presenza di omosessuali tra il clero cattolico e le comunità religiose maschili e femminili, con una percentuale difficilmente quantificabile ma certo non inferiore rispetto alla società, e da molti ritenuta doppia o ancora maggiore.
La maggioranza dei fedeli cattolici, soprattutto tra africani e asiatici, condivide l’intransigenza dottrinale, mentre a favore dei diritti gay vi sono specifici movimenti di fedeli omosessuali, non pochi teologi e religiosi, persino singoli vescovi, e qualche giorno fa la Conferenza episcopale tedesca e la Conferenza episcopale svizzera. Ha scritto quest’ultima: «La pretesa che le persone omosessuali vivano castamente viene respinta perché considerata ingiusta e inumana. La maggior parte dei fedeli considera legittimo il desiderio delle persone omosessuali di avere dei rapporti e delle relazioni di coppia e una grande maggioranza auspica che la Chiesa le riconosca, apprezzi e benedica”.
In ambito cristiano gli argomenti contro l’amore omosessuale sono due: la Bibbia e la natura. Il primo si basa su alcuni testi biblici che condannano esplicitamente l’omosessualità, in particolare Levitico 18,22-23 e 1Corinzi 6,9-10. Il secondo dice che c’è un imprescindibile dato naturale che si impone alla coscienza al punto da diventare legge, legge naturale, il quale mostra che il maschio cerca la femmina e la femmina cerca il maschio, sicché ogni altra ricerca di affettività è da considerarsi innaturale, espressione o di una patologia o di una vera e propria perversione, cioè o malattia o peccato.
Qual è la forza degli argomenti? L’argomento scritturistico è molto debole, non solo perché Gesù non ha detto una sola parola al riguardo, ma soprattutto perché nella Bibbia si trovano testi di ogni tipo, tra cui alcuni oggi avvertiti come eticamente insostenibili. I testi biblici che condannano le persone omosessuali io ritengo siano da collocare tra questi, accanto a quelli che incitano alla violenza o che sostengono la subordinazione della donna. E in quanto tali sono da superare.
Per quanto attiene all’argomento basato sulla natura, personalmente non ho dubbi sul fatto che la relazione fisiologicamente corretta sia la complementarità dei sessi maschile e femminile, vi è l’attestazione della natura al riguardo, tutti noi siamo venuti al mondo così. Neppure vi sono dubbi però che anche il fenomeno omosessualità in natura si dà e si è sempre dato. Occorre quindi tenere insieme i due dati: una fisiologia di fondo e una variante rispetto a essa. Come definire tale variante? Le interpretazioni tradizionali di malattia o peccato non sono più convincenti: l’omosessualità non è una malattia da cui si possa guarire, né è un peccato a cui si accondiscende deliberatamente. Come interpretare allora tale variante: è un handicap, una ricchezza, o semplicemente un’altra versione della normalità? Questo lo deve stabilire per se stesso ogni omosessuale. Quanto io posso affermare è che questo stato si impone al soggetto, non è oggetto di scelta, e quindi si tratta di un fenomeno naturale. E con ciò anche l’argomento contro l’amore omosessuale basato sulla natura viene a cadere.
Gli argomenti a favore si concentrano in uno solo: il diritto alla piena integrazione sociale di ogni essere umano a prescindere dagli orientamenti sessuali, così come si prescinde da età, ricchezza, istruzione, religione, colore della pelle. Accettare una persona significa accettarla anche nel suo orientamento omosessuale. Non si può dire, come fa la dottrina cattolica attuale, di voler accettare le persone ma non il loro orientamento affettivo e sessuale, perché una persona è anche la sua affettività e la sua sessualità.
La maturità di una società si misura sulla possibilità data a ciascuno di realizzarsi integralmente in tutte le dimensioni della sua personalità. Io credo che anche la maturità di una comunità cristiana si misura sulla capacità di accoglienza di tutti i figli di Dio, così come sono venuti al mondo, nessuna dimensione esclusa.

Vito Mancuso la Repubblica 19 maggio 2015

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il teologo Mancuso al forum dei cristiani omosessuali

 

Prospettive teologiche sull’amore omosessuale e il suo esercizio mediante l‘affettività (link)

Intervista a “Pride”, Maggio 2012 (pp.17-18) (PDF)

trascrizione dell’intervento di Vito tenuto al II Forum dei Cristiani Omosessuali Italiani (Albano Laziale 31 marzo 2012) effettuata da Lidia Borghi, trascrizione non rivista dall’autore

[…]  Io dirò delle cose e sono sicuro che la gran parte di queste cose, probabilmente tutte le cose che dirò, sono a tutti voi già note, tento però di dar ordine, di sistematizzarle; la forma in cui i contenuti si possiedono a volte è ancora più importante dei contenuti stessi.
Uno dei compiti del pensiero, diceva già Aristotele e ribadiva Tommaso D’aquino, è proprio mettere ordine e tento di farlo con questo.

il titolo che all’inizio mi è stato proposto era il seguente: “Prospettive teologiche per l’accoglienza e l’inclusione delle persone omosessuali e transessuali nella chiesa in cammino”.
Questo era il tema che mi è stato assegnato. Io ne ho scelto un altro… Ne ho scelto un altro non perché non intendo confrontarmi con questo argomento proposto, ma perché penso che la prima forma di accoglienza sia la comprensione, l’intelligenza
Il primo luogo… Il primo luogo nel quale avviene l’accoglienza è la mente, la mente… e poi il cuore
Se non si sciolgono le barriere della mente, anche le barriere del cuore fanno fatica a essere abbattute ed è per questo… ed è per questo che  la nostra chiesa per secoli e secoli e secoli e ancora oggi fa fatica ad accogliere l’amore omosessuale.

Non è per cattiveria, è proprio per queste… per alcuni blocchi mentali… per alcuni problemi mentali, per alcune cose, in particolare due, che tenterò di affrontare. Quindi, senza conoscenza, senza la luce della conoscenza, non si può accogliere.

L’ignoranza genera il contrario dell’accoglienza oppure è un’accoglienza di serie B, di serie C, un’accoglienza che sa tanto di tolleranza… Avete capito cosa intendo.

Quindi è per questo che io ho scelto questa mattina con voi di affrontare le due obiezioni più forti in ambito cristiano contro l’amore omosessuale. Sono due obiezioni e sono entrambe molto forti, molto radicate.

Quindi quali sono queste due obiezioni, che cosa dicono e perché a mio avviso si possono, si devono superare. Questo è quello che tenterò di fare. La prima è l’obiezione nel nome della natura, della na-tu-ra, la seconda è l’obiezione nel nome della Bibbia.

La prima è diciamo preminente in ambito cattolico. La seconda è preminente in ambito protestante, ma ambito cattolico e ambito protestante spesso si ritrovano uniti e quindi anche in ambito cattolico spesso vi sono obiezioni contro l’amore omosessuale esattamente a partire dalla Bibbia e immagino che anche in ambito protestante si possano fare obiezioni nel nome della natura.

Allora io procederò in questi termini… primo: l’obiezione che proviene dall’ambito della natura, della cosiddetta legge naturale; secondo: l’obiezione nel nome della Bibbia; terzo: conclusione.

Beh, l’obiezione contro l’amore omosessuale nel nome della natura è la grande obiezione del Magistero ecclesiastico ed è la teologia ufficiale che ne dipende. Dicono, cosa dicono?

Dicono quanto segue: “C’è un imprescindibile dato di fatto naturale che si impone nella coscienza di qualunque persona retta.” Un-imprescindibile-dato-di-fatto-naturale, che si impone, si impone al punto da diventare legge, una legge naturale.

E tale legge stabilisce che il maschio cerchi la femmina, la femmina cerchi il maschio e che ogni altra ricerca di affettività sia innaturale e quindi immorale. Ciò che è innaturale è necessariamente anche immorale. È un obiezione da poco?

No, non è un’obiezione da poco, non lo è, visto che la vita si diffonde così per quanto riguarda noi Homo sapiens sapiens da duecentomila di anni e si diffonde così da milioni di anni, se consideriamo gli altri… gli ominidi per esempio e da miliardi di anni, se consideriamo gli esseri viventi; escludendo qui i batteri, che si riproducono in modo asessuato, per il resto tutte le specie di esseri viventi si riproducono esattamente così, unione sessuale di maschio più femmina.

Ciascuno di noi, qui oggi presente, è venuto al mondo così, grazie all’incontro, quella notte, quella mattina… Io ogni tanto ci penso: chissà i miei quando l’hanno fatto, come l’hanno fatto? Ognuno di noi è venuto al mondo così.

Come rispondere a questa obiezione? Io ci ho pensato… Ho pensato che noi siamo in primavera, siamo anche fortunati adesso che è una bellissima giornata di primavera; io quindi vorrei partire dal significato profondo del termine primavera e dalla sua connessione con il termine verità: riflettere sulla primavera ci può aiutare a comprendere come l’identificazione della natura, con la necessità e con la legge – natura=necessità=legge che si impone – questa identificazione della natura con la necessità e con la legge è parziale e quindi è sbagliata. Come si dice primavera in latino?

Mentre venivamo… mentre venivamo in macchina mi è stato detto che Albano laziale contiene… me lo diceva Franco… Albano laziale compete con Roma per quanto riguarda i resti archeologici degli antichi Romani; è quanto mai appropriato porre qui, parlando in italiano, che è la continuazione naturale del latino… porre questa domanda: i nostri padri come dicevano quando volevano dire primavera?

Come si dice in latino primavera? In latino primavera – qualcuno l’ha già detto – si dice “ver”, genitivo “veris”, “ver/veris”; è la medesima radice da cui viene l’aggettivo “verus-vera-verum”, da cui viene l’avverbio “vere”, da cui viene il sostantivo “veritas/veritatis”.

Questa stretta connessione primordiale tra verità e primavera ci fa comprendere che verità è ciò che fa fiorire la vita, ciò che consente alla vita di passare dal gelo dell’inverno al tepore primaverile da cui sorge la vita. Verità=vita, verità=logica della vita, verità=primavera. Siamo sì in presenza di una legge naturale, certo; è la legge naturale, questa?

Sì, è la legge naturale ma non è una legge naturale nel senso di nomos/norma, ma è una legge nel senso di logos/logica.

Nomos/norma è una legge che ti imprigiona, che ti incatena alla necessità naturale, che ti dice “è così e non può essere che così, fai così”.

Logos/logica è una legge dinamica, che ti pone all’interno della processualità della vita e che ti fa fiorire, fa fiorire te in quanto pezzo di mondo che vivi dentro di te la primavera, la stagione della primavera, della fioritura, cioè dei legami e che, al di là per gli esseri umani della dimensione semplicemente stagionale e temporale, si dà come dimensione costitutiva.

Costitutiva di ogni nostra manifestazione. Poi, anche nel pieno dell’inverno, anche il quattro novembre o se volete il due che è ancora più… possiamo fiorire e fioriamo, abbiamo aspetti di primavera, diciamo (?) questa dimensione di una legge naturale che è logos/logica.

Perché, vedete, quando parliamo di vita, soprattutto quando parliamo di vita umana, noi sbaglieremmo, sbagliamo – togliamo pure il condizionale – noi sbagliamo se ci limitiamo a pensare che la vita sia “bios”; qui ci viene in aiuto l’altra grande lingua classica, il greco antico: gli antichi greci quando parlavano di vita sapevano bene che non avevano a che fare unicamente con la vita come “bios”, tant’è che in greco antico per dire vita ci sono tre termini, non uno solo: c’è la vita “bios”, la vita biologica, la vita di queste palme che vedo lì e degli ulivi, come “bios”, ma vita in greco si dice anche “zoé”, è la vita animale, la vita della zoologia e noi siamo vita biologica ma siamo anche vita animale; vita in greco antico si dice “psyché”, anche ed è la vita psichica, la vita del carattere, del temperamento, delle emozioni, dei sentimenti. Il fenomeno umano poi prosegue.

Non è semplicemente e solo “bios”, vita biologica, vita animale, vita psichica, giunge anche a essere “logos”, vita della mente, vita razionale, vita progettuale, calcolante e giunge a essere “noùs”, “nòesis”, “noùs”, che è intelletto e anche spirito, che è la dimensione della libertà, dimensione della libertà che significa che noi siamo sì determinati dalla nostra biologia, siamo sì determinati dalla nostra zoologia, siamo sì determinati dalla nostra psicologia, ma non al punto tale da essere necessitati da tutto ciò.

Noi possiamo talora oltrepassare tutto questo, produrre (?) qualcosa di nuovo, creare, essere capaci di creatività.

L’amore è il momento più alto della creatività. Quindi nel suo senso più radicale la verità è strettamente connaturata alla natura, scaturisce dalla natura, l’obiezione che viene fatta nel nome della legge naturale va presa sul serio: non ci può essere nessun pensiero adeguato che si contrapponga alla natura.

Noi siamo natura. Non c’è nessuna possibilità di pensarsi in contrapposizione, di pensarsi a prescindere dalla natura, ma quello che io ho sottolineato è che questa legge naturale non è una norma che congela il fenomeno umano unicamente sul “bios”, ma è una legge che favorisce la logica della relazione armoniosa, perché il fenomeno umano possa fiorire in tutti questi suoi cinque aspetti costitutivi, fino a giungere alla creatività, alla libertà della vita spirituale.

Questa secondo me è la vera legge naturale, questa armonia relazionale che fa fiorire la vita in tutti, in tutti i suoi aspetti.

Un approfondimento al riguardo: io dirò delle cose adesso, non so se voi siete d’accordo o no, poi ci sarà il dibattito, ma io dico le mie idee, come sono abituato a fare in qualunque ambito e in qualunque situazione, senza piegare il mio pensiero agli interlocutori, stando attento all’interlocutore ma senza piegarlo e non lo vorrei piegare neanche qui; vedete, io personalmente non ho dubbi sul fatto che la relazione fisiologicamente corretta sia quella della complementarietà dei sessi maschio+femmina, femmina+maschio, la-relazione-fisiologicamente-corretta…

Cioè, cosa vuol dire fisiologicamente corretta? Vuol dire che esiste appunto un “logos”, una “ratio”, una logica all’interno della “physis”, all’interno della natura e vi è una clamorosa innegabile attestazione della natura al riguardo…

Gli esempi li ho già fatti prima, insomma, a partire dal fatto del nostro essere qui… Poi tra l’altro per noi cristiani c’è anche l’esplicita attestazione biblica in Genesi 1, 27 e in tanti altri passi anche del Nuovo Testamento e così via, quindi primo polo del problema; secondo polo del problema, non ci sono neppure dubbi, però, che il fenomeno omosessualità avviene, si dà, si è sempre dato, sempre si darà, sia negli esseri umani, sia negli altri esseri viventi, quindi sono questi due poli che occorre tenere insieme: esiste una fisiologia di fondo ed esiste una variante rispetto a tale fisiologia.

La questione diventa: come definire tale variante? Come la definiamo? Difformità? Alterità? Alterazione? Trasgressione?

Normalmente la storia e non solo la storia, anche la cronaca, la cronaca dei giornali nei nostri giorni, presenta due interpretazioni, normalmente, superate dalla scienza, superate dalla… ma normalmente parlando, ancora oggi sono due: malattia e peccato. Questa variante o è una malattia o è un peccato o tutte e due.

A mio avviso nessuna delle due è convincente e occorre lavorare a livello del pensiero, il pensiero è importantissimo, lavorare sulla cultura, lavorare sulle idee, è decisivo, è importantissimo, perché una società – e non solo una società – insomma perché ci possa essere effettivo progresso. Decisivo.

Quindi bisogna lavorare per sconfiggere questa modalità che ancora oggi è largamente maggioritaria secondo cui appunto l’omosessualità sia o una malattia o un peccato. Non lo si dice magari, non lo si dice, magari perché si sa che non è più “politically correct”, però mi pare di poter affermare – non sono un esperto a riguardo – che nella… come si dice, nelle dimensioni profonde del nostro Paese, ancora questa sia la convinzione e occorre lavorare per superare questa convinzione, perché l’omosessualità non è una malattia da cui qualcuno possa guarire né tanto meno un peccato che uno volentieri commette.

C’è il documento della Congregazione per la Dottrina della fede del 1986 secondo cui l’omosessualità è una manifestazione del peccato originale. Potete leggere questo documento firmato dall’allora prefetto Joseph Ratzinger…

Il paragrafo 6 dice: “Il deterioramento dovuto al peccato continua a svilupparsi nella storia degli uomini di Sodoma. Non vi può essere dubbio sul giudizio morale ivi espresso contro le relazioni omosessuali”.

Ecco, io sono del tutto contrario a questa prospettiva. Combatto, combatterò, ma rimane il problema: che cos’è, allora? Come la definiamo? È importante…

Come la definiamo questa variante, questa altra manifestazione? Io penso che questo sia il compito che ciascuno di voi debba fare per se stesso. Io non ho nessun titolo per parlare al riguardo.

Dico solo: quelle… due modalità… quelle due modalità o peccato oppure malattia sono inaccettabili, vanno superate, poi è compito vostro, è compito di chi pensa queste cose in modo… e chi le vive e chi le pensa di giungere…

Io mi limito a dire due cose al riguardo. Primo: tale stato di fatto si impone al soggetto. Non c’è una scelta, poi voi mi direte se è vero o no quello che dico, ma non c’è scelta da parte sua, così come gli eterosessuali non scelgono di essere eterosessuali; è la natura che esibisce dentro di noi questa attrazione, di cui noi siamo a volte persino vittime.

Se penso alle prime manifestazioni della mia sessualità, della mia attrazione per il sesso femminile, beh, sono dolorose a volte queste situazioni di dipendenza.

Si è necessitati da questo punto di vista, c’è qualcosa che si impone, c’è qualcosa di più forte di noi che ci si impone.

Secondo: tale stato non deve in nessun modo essere negato, represso, messo a tacere. Io mi limito a dire queste cose e aggiungo: può essere sublimato questo stato?

Può essere sublimato? Lo avverto, ne sono consapevole, ma non lo esercito attivamente, lo sublimo. Può esserlo? Sì, io ritengo di sì.

La spiritualità cristiana presenta esempi molto luminosi di sublimazione della sessualità, ovviamente sia eterosessuale sia omosessuale.

Alcune delle persone migliori che conosco – non tutte le persone migliori che conosco – ma alcune delle persone migliori che conosco sono esattamente persone che hanno sublimato questa forza della sessualità che agisce dentro di loro in funzione di un amore più grande.

Ancora nell’ultimo libro che è adesso arrivato in libreria del cardinal Martini che è un dialogo con Ignazio Marino – “Credere e conoscere”, pubblicato da Einaudi – ancora adesso il cardinal Martini ribadisce questa sua profonda convinzione secondo cui la forza della sessualità può essere sublimata in funzione di un amore più grande.

E quindi la risposta è sì, certo e questo vale naturalmente tanto per gli omosessuali quanto per gli eterosessuali.

Vedete, a differenza di altre specie, proprio per il fatto che noi non siamo solamente “bios” e non siamo solamente “zoé”, per chi è solamente “bios” e “zoé”, cioè per – voglio dire – gli animali normalmente intesi, non c’è questa possibilità di sublimazione, perché la forza della sessualità diventa una costrizione.

Visto che noi possiamo giungere anche ad essere “noùs”, il momento più alto della vita umana, cioè libera creatività spirituale, esattamente per questo noi possiamo sublimare l’energia sessuale.

Però questo vale per tutti e soprattutto questo non significa che la condizione omosessuale debba essere necessariamente sublimata, come vuole il Magistero attuale.

Lo si può fare ma non deve essere necessariamente così, non deve essere necessariamente così. La sublimazione della sessualità non può essere imposta a nessuno, né agli eterosessuali, né agli omosessuali. Perché? Perché noi siamo passione.

Qual è il nostro nome… dal punto di vista emotivo qual è la caratteristica che ultimamente definisce noi stessi?

Secondo me – poi ciascuno può rispondere alla sua maniera – ma secondo me è esattamente la passione. Noi siamo passione. L’intelligenza, la volontà, l’istinto, tutto questo… ultimamente convergono, sono uniti, sono definiti dal nostro essere passione e il nostro essere passione naturalmente può essere distruttivo, può essere distruttivo, ma una sola cosa è sicura: se si spegne la passione si spegne la vita.

Allora, se la sublimazione è in funzione di una più alta passione, va bene. Se la sublimazione è in funzione dello spegnimento della passione, va male e va combattuta.

Ecco, questa è la modalità – non so se sono riuscito – questo è il succo del primo punto di questo mio intervento: c’è un’obiezione nel nome della natura, questa obiezione è seria, non è un’obiezione ridicola, ha un preciso fondamento, ma si supera nella misura in cui si comprende che la legge della natura non è una norma che si impone al soggetto come qualche cosa che lo schiaccia e che lo definisce unicamente in funzione del suo essere vita biologica e vita zoologica o di essere in funzione della riproduzione… non è, non è una legge che si impone in questi termini, ma questa legge naturale, per gli homo sapiens sapiens si dà anzitutto come fioritura di tutti i livelli della vita, tutti, il principale dei quali, il più alto dei quali, è la vita come “noùs”, come spiritualità e quindi è conforme alla vera legge naturale ciò che fa fiorire la vita del singolo, del singolo concreto, del singolo individuo concreto in tutti i suoi aspetti. Vengo adesso alla seconda obiezione, quella in nome della Bibbia: (…) ULTERIORE SPIEGAZIONE DEI 5 TERMINI GRECI PER “VITA”.

“Bios”: vita biologica, vita delle piante; “zoé”: vita animale, che è quella della riproduzione, dell’alimentazione; “psychè”: psiche, che è la vita psichica; carattere, emozioni, temperamento… ciascuno di noi ha il suo carattere: c’è chi di noi è un allegro, c’è chi di noi è un allegro assai, c’è chi è un andante, c’è chi un allegretto, c’è chi un largo, ciascuno di noi ha il suo temperamento; “logos”: la ragione calcolante, progettuante… la ragione, la vita della mente in quanto ragione: c’è un bellissimo libro di Hannah Harendt, “La vita della ragione”… “Nous”: che normalmente viene tradotto come intelletto e si distingue in intelletto attivo e intelletto passivo, ma che in questa prospettiva è ancora più giusto forse tradurre con “spirito”, la vita dello spirito, cioè la capacità di creatività, di porre qualcosa di nuovo, perché fino a quando noi ci fermiamo nel nostro essere viventi alla dimensione di “bios”, di “zoé”, di “psyché” e anche di “logos”, noi semplicemente ripetiamo la struttura, la struttura che ci ha generato, (?) possiamo solo trasgredire la struttura, innovarla, rivoluzionarla, infrangerla per porre strutture più grandi, migliori, più aperte, esattamente perché c’è questa quinta dimensione della mente e della vita umana che è la dimensione della creatività.

Le obiezioni in nome della Bibbia. Dicono: la parola di Dio condanna esplicitamente la pratica omosessuale, non condanna la tendenza, ma condanna senza appello ogni forma di pratica attiva, diciamo così, di amore omosessuale. È un’obiezione da poco? No, non è un’obiezione da poco, per chi è cristiano, per chi vuole, come dire, prendere sul serio la Bibbia, non è un’obiezione da poco.

Vi sono testi biblici molto espliciti al riguardo. Li conoscete, sicuramente, ma ne leggo alcuni, per esempio il Levitico. Levitico 18:22: “Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna, è cosa abominevole”. Tra l’altro questa prescrizione si trova tra due condizioni che sono, uno: l’infanticidio e, secondo: la bestialità. Capite che ci si muove su terreni come dire ad alta elettricità. E se uno lo faceva?

Levitico 20:13 dice: “Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio. Dovranno essere messi a morte. Il loro sangue ricadrà su di loro”. Si potrebbe pensare che trattandosi di brani del cosiddetto Antico Testamento, siano superati nel Nuovo. Ci pensa però il Vaticano, con un documento della Congregazione per la dottrina della fede, quello citato sopra, a fare chiarezza. Adesso farò una lunga citazione di questo documento: San Paolo vi propone la stessa dottrina, elencando tra coloro che non entreranno nel regno di Dio anche chi agisce da omosessuale.

Si cita prima Corinzi 6:9: “Non illudetevi – scrive San Paolo – né immorali, né idolatri, né adulteri, né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio”.

Continua il documento vaticano: “In un altro passaggio del suo epistolario egli, fondandosi sulle tradizioni morali dei suoi antenati, presenta il comportamento omosessuale come un esempio della cecità nella quale è caduta l’umanità.”

E poi si fa riferimento a Romani 1:18-32; in particolare il versetto 27 dice: “Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento.”

E poi si cita anche – prima – Timoteo 1:10 dove anche qua c’è un elenco che in mezzo a sacrileghi, a profanatori, a parricidi, a matricidi, ad assassini, a fornicatori, a mercanti di uomini, a schiavisti, a bugiardi, ecc., in mezzo a tutti questi ci sono anche coloro che sono definiti sodomiti. Quindi che dire?

Il documento vaticano ha ragione e l’obiezione è un’obiezione pertinente e non c’è nessuna scappatoia esegetica, a mio avviso, nella misura in cui si sta in questi testi, che non potrà mai negare come questi testi siano esplicitamente contrari con una carica direi proprio quasi di aggressività, una grande carica di aggressività esplicitamente contraria all’amore omosessuale. E Gesù?

Gesù come si pone, che cosa dice? Gesù non dice nulla. Fanno notare gli esperti, gli studiosi, che Gesù sul discorso dell’amore omosessuale non ha detto una parola. E non disse neppure una parola… E quindi?

E quindi è molto curioso vedere come, a seconda della prospettiva che si vuole affermare, vi siano esegeti che dicono: “Vedete? Gesù non ha detto nulla. Quindi?
E quindi evidentemente accetta in questo l’impostazione tradizionale giudaica, quindi evidentemente accetta la condanna proprio perché non ha detto nulla.

Quando Gesù non era d’accordo lo diceva. Non avendo detto nulla, accetta. Chi tace acconsente.”

Infatti, se voi leggete il libro il cui titolo è “L’omosessualità nella Bibbia” edito dalla casa editrice San Paolo, trovate esattamente questa prospettiva.

Di contro, ci sono altri teologi, altri teologi che dicono che il silenzio di Gesù va inteso non come un consenso rispetto alla prospettiva tradizionale ma come una sospensione del giudizio.

Vi leggo le parole di Giannino Piana, che è un teologo morale che ha scritto un libro al riguardo, proprio al riguardo del problema di cui stiamo dibattendo: “Si tratta di un silenzio eloquente che non può non sorprendere e che deve essere seriamente tenuto in conto. Forse proprio da questo dovrebbe prendere spunto il Magistero della chiesa per riformulare la propria posizione sull’omosessualità e più in generale su tutte le tematiche connesse all’esercizio della sessualità”.

Cioè, Giannino Piana dice: “Prendete esempio, cari vescovi, cari cardinali, da Gesù, tacete su questa cosa, non dite nulla e fate che ciascuno determini…”

Allora, che cosa dobbiamo pensare? Che cosa pensare? Come rapportarsi da credenti con i testi dell’Antico Testamento, con quelli del Nuovo Testamento, con il silenzio di Gesù?

Certamente tutti voi conoscete, sono sicuro che tutti voi la conoscete, perché è così bella questa cosa, questa pagina che vi sto leggendo, che tutti voi la conoscete, l’avete letta, l’avete fatta leggere.

Tutti voi conoscete la pagina che ora vi leggerò. Risale a più di dieci anni fa, viene dagli Stati Uniti d’America, ma è intatta nella sua brillantezza, è una pagina piena d’ironia che aiuta a capire come uscire dal ginepraio dei precetti biblici.

La storia si svolge in America e inizia quando una nota conduttrice di un programma radiofonico che si chiamava – anzi si chiama, perché è una signora ancora… almeno, Wikipedia English la dà come ancora vivente e operante – dottoressa Laura Schlesinger, nata a New York nel 1947, nata da padre ebreo e da madre italiana e a quel tempo ebrea osservante – era aderente appunto all’ebraismo ortodosso – in una sua trasmissione, basandosi su Levitico 18:22, afferma che l’omosessualità è condannata come abominio dalla Bibbia e quindi non può essere tollerata in nessun caso.

Il passo è chiaro. Non c’è esegesi, non c’è possibilità di traduzione, quel passo lì è chiaro, basta leggere, si prende, si legge e fine della discussione.

Chi vuol essere un cristiano e anche un ebreo coerente non può che trarne una conclusione.

Ora, qualche tempo dopo, un ascoltatore le scrive la seguente lettera che ora vi leggo, che immagino molti di voi, penso tutti voi, conoscete:

“Cara Dottoressa Schlesinger, le scrivo per ringraziarla del suo lavoro educativo sulle leggi del Signore. Ho imparato davvero molto dal suo programma, ed ho cercato di dividere tale conoscenza con più persone possibile.

Adesso, quando qualcuno tenta di difendere lo stile di vita omosessuale, gli ricordo semplicemente che nel Levitico 18:22 si afferma che è un abominio. Fine della discussione. Però, avrei bisogno di alcun consigli da lei, a riguardo di altre leggi specifiche e su come applicarle.

Primo: Vorrei vendere mia figlia come schiava, come sancisce Esodo 21:7. Quale pensa sarebbe un buon prezzo di vendita?

Secondo: Quando sull’altare sacrificale accendo un fuoco e vi ardo un toro, so dalle scritture che ciò produce un piacevole profumo per il Signore (Lev.1.9). Il problema è con i miei vicini: loro, i blasfemi, sostengono che l’odore non è piacevole. Devo forse percuoterli?

Terzo: So che posso avere contatti con le donne solo quando non hanno le mestruazioni (Lev.15: 19-24). Il problema è come faccio a chiederle questa cosa? Molte donne s’offendono.

Quarto: Il Levitico ai versi 25:44 afferma che potrei possedere degli schiavi, sia maschi che femmine, a patto che essi siano acquistati in nazioni straniere. Un mio amico afferma che questo si può fare con i filippini, ma non con i francesi. Può farmi capire meglio? Perché non posso possedere schiavi francesi?

Quinto: Un mio vicino insiste per lavorare di Sabato. Esodo 35:2 dice chiaramente che dovrebbe essere messo a morte. Sono moralmente obbligato ad ucciderlo personalmente?

Sesto: Un mio amico ha la sensazione che anche se mangiare crostacei è considerato un abominio (Lev. 11:10), lo sia meno dell’omosessualità. Non sono affatto d’accordo. Può illuminarci sulla questione?

Settimo: Sempre il Levitico ai versi 21:20 afferma che non posso avvicinarmi all’altare di Dio se ho difetti di vista.
Devo effettivamente ammettere che uso gli occhiali per leggere… La mia vista deve per forza essere 10 decimi o c’è qualche scappatoia alla questione?

Ottavo: Molti dei miei amici maschi usano rasarsi i capelli, compresi quelli vicino alle tempie, anche se questo è espressamente vietato dalla Bibbia (Lev 19:27). In che modo devono esser messi a morte?

Nono: Ancora nel Levitico (11:6-8) viene detto che toccare la pelle di maiale morto rende impuri. Per giocare a pallone debbo quindi indossare dei guanti?

Decimo: Mio zio possiede una fattoria. È andato contro Lev. 19:19, poiché ha piantato due diversi tipi di ortaggi nello stesso campo; anche sua moglie ha violato lo stesso passo, perché usa indossare vesti di due tipi diversi di tessuto.
È proprio necessario che mi prenda la briga di radunare tutti gli abitanti della città per lapidarli come prescrivono le scritture?
Non potrei, più semplicemente, dargli fuoco mentre dormono, come simpaticamente consiglia Lev 20:14 per le persone che giacciono con consanguinei?

So che Lei ha studiato approfonditamente questi argomenti, per cui sono sicuro che potrà rispondere a queste semplici domande. Nell’occasione, la ringrazio ancora per essere così solerte nel ricordare a tutti noi che la parola di Dio è eterna ed immutabile. Sempre suo. Un ammiratore devoto.”

Credo che qualcuno potrebbe obiettare… ci fosse qui qualche teologo della Congregazione per la dottrina della fede potrebbe fare questa obiezione: “Mancuso, ma questi testi riguardano solo l’Antico Testamento.

Sono chiaramente superati dal Nuovo Testamento e i testi di San Paolo rimangono inequivocabili come condanna“.

Ora, però anche con i testi di San Paolo possono nascere problemi analoghi; qualcuno per esempio potrebbe scrivere alla nostra dottoressa chiedendo spiegazioni sulla politica a proposito di Romani 13:1.

Cosa dice Romani 13:1? “Non c’è autorità se non da Dio. Quelle che esistono sono stabilite da Dio” e riflettere un po’ su tutti i governi, i governi italiani… Insomma, siamo proprio sicuri? Sono proprio tutti stabiliti da Dio?

Si potrebbero chiedere spiegazioni sui rapporti con gli animali a proposito di Filippesi 3:2, quando San Palo dice “Guardatevi dai cani”. In che senso mi devo guardare dai cani? Devo mettere la museruola a tutti, portarli al canile?

Si potrebbero chiedere spiegazioni sulla dignità della donna a proposito prima in Corinzi 11:10, dove si legge “La donna deve avere sul capo un segno di autorità a motivo degli angeli”. E infatti io ero bambino e ricordo ancora nelle chiese le donne che usavano il velo… Quando si entrava in chiesa. Mia nonna… Mia mamma non me la ricordo, ma mia nonna sì, con il velo. E viene da qui.

Si potrebbe chiedere spiegazioni a proposito di Efesini 5:23-24: “Il marito è il capo della moglie e come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai mariti in tutto”.

Quindi sono molte le cose… tra l’altro… che si potrebbero chiedere come obiezioni a San Paolo e a questa ipotetica dottoressa… che… No, la dottoressa non era ipotetica per quanto riguarda l’intervento al Nuovo Testamento.

Adesso entra in gioco con un’ipotesi per le cose che riguardano il luogo (?). Il punto qual è? Il punto è che occorre superare la lettera della Scrittura.

È lo stesso San Paolo che dice: “la lettera uccide” – in 2 Corinzi 3:6 – lo spirito della vita… la lettera uccide e che questa lettera biblica abbia ucciso e purtroppo continui ad uccidere a volte non solo moralmente ma anche fisicamente è un dato di fatto.

La Bibbia non è la parola di Dio, la Bibbia contiene la parola di Dio. Dio non è un grande vecchio con la barba bianca che dice parole…

Come le direbbe? In arabo, in greco, in ebraico, in latino? Come le direbbe? In inglese, oggi?

Questa parola è questo logos/logica che fa fiorire la vita, questa è la-parola-di-Dio, questa primavera che fa fiorire la vita, l’energia che accompagna ogni fenomeno vitale perché fiorisca.

E allora, nella misura in cui tu ti poni di fronte alla scrittura, tu credente, prendi in mano le pagine dei Vangeli, le pagine dell’Antico e le pagine del Nuovo, ti poni di fronte a questa scrittura e trovi… e fai scaturire da questa Scrittura, da alcuni passi – non da tutti perché alcuni sono irrecuperabili – ma da alcuni passi fai fiorire questa logica/logos della vita che fiorisce e che vuole relazioni armoniose, che vuole l’amore, allora tu fai sì che dalla Scrittura scaturisca la parola di Dio, da intendersi come relazione, relazione armoniosa.

Se invece questo non avviene, la lettera diventa una grandissima gabbia entro cui la mente, il cuore e le vite delle persone sono rinchiuse.

Concludo… Ho risposto così alla seconda obiezione, facendo capire che uno: senza mistificare i testi… È vero, i testi dicono questo, ma ce ne sono altri che dicono delle cose che oggi sono impresentabili.

Vuoi degli esempi? Vatti a leggere la lettera della dottoressa Schlesinger. E quindi che cosa devo fare? Non è più la parola di Dio la Bibbia? No, la Bibbia la contiene, appunto ed ho spiegato in che senso.

Concludo, dicendo quanto segue: a mio avviso, sulla questione della condizione omosessuale e dell’amore omosessuale ci sono due estremi, che vanno entrambi evitati: da un lato negare la dignità della condizione omosessuale considerandola una malattia e una perversione, questo è un estremo e su questo mi sono soffermato.

Ce n’è un altro su cui non mi sono soffermato, perché il tempo è stato quello che è ed è quello di fare della condizione omosessuale il punto di vista privilegiato se non addirittura l’unico in base al quale considerare se stessi e le proprie relazioni con il mondo.

Questo è l’altro estremo che a mio avviso va evitato. Vedete, voi siete cristiani, siete qui perché siete cristiani ed è (?) come se ci sia un compito rispetto ad un cristiano, consista nel far capire che la propria vita, la vita umana non è riducibile alla sessualità, non è identificabile il mistero della persona con la sua tendenza sessuale, di qualunque orientamento sia, etero o omo, quindi se il primo estremo è mortificante nei confronti della condizione omosessuale e va superato, l’altro estremo è quello di fare della condizione omo/eterosessuale, insomma della sessualità, il punto di vista privilegiato in base al quale pensare e vedere il mondo; è sbagliato, secondo me.

Commette, questo secondo punto di vista, lo stesso errore del primo, quello di pensare che la vita sia solo “bios” e “zoé”, vita biologica e vita animale. Non è così. La vita biologica e la vita animale sono importantissime.

Senza la vita biologica e senza la vita animale non fiorisce l’anima, non fiorisce la vita spirituale. Ma la dignità ultima delle persone è più della vita biologica e della vita animale.

Io penso che lo specifico dell’essere cristiani in rapporto alla sessualità consista in una particolare visione antropologica che ritiene primo: che l’amore è la dimensione decisiva dell’essere uomo.

In che cosa ci compiamo noi come esseri umani? Nell’amore.

E, secondo: che tale amore riguarda anche lo spirito, anzi lo spirito ancora più del corpo, perché l’amore vive la sessualità, attiene a tutte le dimensioni dell’uomo, attiene al corpo, attiene alla psiche e attiene allo spirito.

Grazie per l’attenzione.

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i poveri al centro della chiesa di papa Francesco

“mettere i poveri al centro non significa assistenza sociale”

lo ha detto papa Francesco: “Evangelizzare gli emarginati, non vuol dire solo fare assistenza sociale, tanto meno attività politica, ma avere la gioia di servirli e di portare loro il lieto annuncio”

“Essere cristiano ed essere missionario è la stessa cosa”

La missione del cristiano? «Evangelizzare i poveri», cioè «avvicinarli», «avere la gioia di servirli, di liberarli dalla loro oppressione, e tutto questo nel nome e con lo spirito di Cristo». Lo ha detto Francesco prima dell’Angelus recitato dallo studio su piazza San Pietro davanti ad alcune decine di migliaia di fedeli. Chiedendo «quanto la Chiesa sia fedele a questo programma di Gesù», il Papa ha precisato che questa «priorità» per la Chiesa non significa «solo fare assistenza sociale, tanto meno attività politica».

Papa Francesco  ha svolto questa riflessione a partire dal brano del Vangelo in cui si narra di Gesù che nella sinagoga di Nazaret apre il rotolo del profeta Isaia e spiega la missione del «portare il lieto annuncio ai poveri». Quel Gesù, ha specificato il Pontefice, che «è diverso dai maestri del suo tempo: non ha aperto una scuola per lo studio della Legge,ma va in giro a predicare e insegna dappertutto: nelle sinagoghe, per le strade, nelle case. Gesù è diverso anche da Giovanni Battista, il quale proclama il giudizio imminente di Dio, mentre Gesù annuncia il suo perdono di Padre». 

Il Papa ha dunque chiarito il senso della venuta di Cristo: «Evangelizzare i poveri: questa – ha ribadito – è la missione di Gesù; questa è anche la missione della Chiesa, e di ogni battezzato nella Chiesa. Essere cristiano ed essere missionario è la stessa cosa. Annunciare il Vangelo, con la parola e, prima ancora, con la vita, è la finalità principale della comunità cristiana e di ogni suo membro». Quindi, a braccio, ha aggiunto: «Si nota qui che Gesù indirizza la Buona Novella a tutti, senza escludere nessuno, anzi privilegiando i più lontani, i sofferenti, gli ammalati, gli scartati della società». 

Ma, si è poi domandato il Papa, che cosa significa evangelizzare i poveri? «Significa avvicinarli, avere la gioia di servirli, liberarli dalla loro oppressione, e tutto questo nel nome e con lo Spirito di Cristo, perché è Lui il Vangelo di Dio, è Lui la Misericordia di Dio, è Lui la liberazione di Dio. E’ Lui che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà». 

«Probabilmente – ha notato Bergoglio – al tempo di Gesù queste persone non erano al centro della comunità di fede. E ci domandiamo: oggi, nelle nostre comunità parrocchiali, nelle associazioni, nei movimenti, siamo fedeli al programma di Gesù? L’evangelizzazione dei poveri, portare loro il lieto annuncio, è la priorità?»  

Ed ecco la risposta di Francesco: «Attenzione: non si tratta solo di fare assistenza sociale, tanto meno attività politica. Si tratta di offrire la forza del Vangelo di Dio, che converte i cuori, risana le ferite, trasforma i rapporti umani e sociali secondo la logica dell’amore. I poveri, infatti, sono al centro del Vangelo». 

«La Vergine Maria, Madre degli evangelizzatori, – ha concluso il Pontefice -ci aiuti a sentire fortemente la fame e la sete del Vangelo che c’è nel mondo, specialmente nel cuore e nella carne dei poveri». 

Dopo la preghiera mariana e i saluti, il Papa si è congedato con l’ormai tradizionale: «A tutti auguro buona domenica e buon pranzo. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Arrivederci! »

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un po’ più di silenzio non guasterebbe

Enzo Bianchi:

“Gesù non ha mai parlato dei gay

la Chiesa taccia

sì alle unioni civili”

Enzo BianchiIl priore di Bose Enzo Bianchi sostiene le ragioni del riconoscimento delle unioni civili tra persone omosessuali ed anche la separazione tra coniugi che non vanno più d’accordo. Lo ha affermato nel corso di una assemblea pastorale diocesana tenutasi a Trento, secondo quanto riporta L’Adige. «La Chiesa non può avvallare il divorzio, ma se due persone non stanno bene assieme, e si avvelenano reciprocamente l’esistenza, è meglio che si separino. – scrive il quotidiano trentino – Diversamente, se due persone dello stesso sesso si vogliono bene e sono propense ad aiutarsi ed a sostenersi reciprocamente è giusto che lo Stato preveda una regolarizzazione del loro rapporto». Il priore della comunità monastica di Bose ha tenuto una lezione magistrale dedicata interamente al valore cristiano della misericordia, poi ha risposto alle domande dei presenti.

«Dobbiamo chiedere scusa – ha detto Bianchi – alle famiglie per la presunta superiorità mostrata dai religiosi nei tempi passati: la vita di coppia è molto difficile, e noi dobbiamo essere in grado di riconoscere il grande merito di chi sceglie di costruire un nucleo famigliare. Tuttavia, in una realtà in cui tutto è precario, dal lavoro alle relazioni, non possiamo aspettarci che l’amore o la famiglia non lo sia. Su questo, però, non possiamo permetterci in alcun modo di giudicare, né, tantomeno, di escludere» riporta ancora l’Adige.

Enzo Bianchi ha spiegato che «se Cristo nel Vangelo parla del matrimonio come unione indissolubile nulla dice in merito all’omosessualità. L’onestà, quindi, ci obbliga ad ammettere l’enigma, a lasciare il quesito senza una risposta. Su questo, io vorrei una Chiesa che, non potendo pronunciarsi, preferisca tacere. Che la Chiesa faccia il matrimonio per persone dello stesso sesso – ha concluso – è una cosa senza senso. Tuttavia, se lo Stato decide di regolarizzare una realtà affettiva, lasciamo fare, applicando la misericordia come vuole il Vangelo, non come la vogliamo noi».

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da 10 a 12 milioni i rom in Europa

quanti sono i Rom in Europa

di Roberta Lunghini

Quanti sono i Rom in Europa

si stima che i Rom che vivono in Europa siano 10-12 milioni

Si tratta di una popolazione giovane: la loro età media è di 25 anni (mentre quella della popolazione UE è di 40 anni) e il 35,7% ha meno di 15 anni (contro una media UE del 15,7%). Alla grande maggioranza degli appartenenti a questa comunità manca l’istruzione necessaria per trovare buoni posti di lavoro. Tuttavia, negli Stati membri dove la loro presenza è più forte, si rilevano già effetti sull’economia: in Bulgaria circa il 23% dei nuovi occupati sono Rom, in Romania circa il 21%. I dati sono contenuti in una Comunicazione della Commissione Europea di qualche anno fa. In attuazione della quale, il Ministero della salute italiano ha predisposto il “Piano d’azione salute per e con le comunità Rom, Sinti e Caminanti”. Le cui tre macroaree di azione sono:
1. Formazione del personale sanitario e non;
2. Conoscenza e accesso ai servizi per RSC (Rom, Sinti e Camminanti);
3. Servizi di prevenzione, diagnosi e cura

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il commento al vangelo della domenica

OGGI SI E’ COMPIUTA QUESTA SCRITTURA 

commento al vangelo della terza domenica del tempo ordinario (24 gennaio 2016) di p. Alberto Maggi :

p. Maggi

Lc  1,1-4; 4,14-21

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». 

La liturgia di questa domenica ci presenta l’inizio del vangelo di Luca e poi passa a presentare la prima predica di Gesù nel suo paese, Nazaret, che fu un grande fallimento. Ma vediamo quello che ci scrive l’evangelista.
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi… Luca prende quasi due terzi del vangelo di Marco e lo mette nella sua opera. Luca, dagli studi più recenti, appare come un rabbino, quindi una persona molto colta, molto a conoscenza di tutta la storia e la tradizione del suo popolo. 
Come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri – letteralmente “servitori”, è importante questo termine – della Parola. I credenti sono servi di questa parola, non devono dominare questa Parola, non ne sono i padroni. Si mettono a servizio di questa parola perché giunga ad ogni creatura.
Così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, quindi si vede proprio lo scrupolo del rabbino, l’attenzione, e di scriverne un resoconto ordinato per te. Ed ecco questa opera che viene dedicata all’illustre Teòfilo. Letteralmente “illustre”, eccellentissimo, era un titolo che veniva riservato ai grandi personaggi, negli Atti degli Apostoli sono i governatori romani. Teòfilo. Il nome Teofilo significa amico di Dio, o amato da Dio. Chi è questo Teofilo? Gli studio più recenti, dagli inizi del 2000, confermano che questo Teofilo è il terzo figlio di Anna, il sommo sacerdote, ed è stato anche lui sommo sacerdote fra il 37 e il 41 ed era il cognato di Caifa.
Quindi Luca rivolge la sua opera a un sommo sacerdote che, con la sua famiglia, ha avuto un’importante storia nella vita di Gesù.
 In modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Ecco ci fa comprendere che questo sommo sacerdote ha accolto Gesù come messia della sua vita. Allora l’evangelista gli vuole mostrare l’origine, la profondità di questo messaggio. Poi la liturgia salta e ci porta addirittura al capitolo 4.
Gesù ritornò in Galilea, la Galilea era la regione disprezzata, ricordiamo nel vangelo di Giovanni, con che disprezzo ci si riferisce a questa regione quando i farisei, i sommi sacerdoti, dicono: “Non sorge profeta dalla Galilea”, quindi una regione ignorata da Dio.
 Con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Mai l’evangelista afferma che Gesù sia andato in una sinagoga per il culto, Gesù va nelle sinagoghe per insegnare il suo messaggio, libera dall’insegnamento che gli scribi impartivano proprio nelle sinagoghe.
E naturalmente questo non poteva che essere occasione di incidenti. La prima delle quattro volte che Gesù entra in una sinagoga è sempre in una situazione di conflitto.  Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Nella liturgia sinagogale c’era – come da noi – un ciclo triennale di letture. Si iniziava con un salmo, il salmo 92, poi c’era la lettura di brani della Legge, dal libro del Deuteronomio, e poi si terminava con quella che era la lettura del saluto, la lettura di un profeta.
Quindi Gesù si alza per leggere, gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa – quel sabato toccava leggere questo profeta, ma Gesù qui fa una prima trasgressione. Scrive l’evangelista: aprì il rotolo e trovò (viene tradotto con “trovò” ma il verbo giusto è “cercò”). Il verbo greco è eurisko, da cui viene la famosa esclamazione di Archimede che tutti quanti conosciamo, Eureka! Cosa significa? Ho trovato. Ma ho trovato quello che ho cercato. Quindi Gesù non è d’accordo con quello che la liturgia gli presenta in quel giorno, ma va in cerca di ubrano particolare.
E qual è? E’ il brano della consacrazione del messia, il capitolo 61 del profeta Isaia. “Lo Spirito del Signore è sopra di me” Nella liturgia ebraica i testi erano letti nella lingua sacra, l’ebraico, ma siccome il popolo non comprendeva più questa lingua sacra, c’era un traduttore che, ad ogni versetto, traduceva il brano.
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione; ecco “unzione”, in ebraico messiah, da cui deriva messia, quindi consacrato con l’unzione da Dio. E mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. Qual è il lieto annunzio che i poveri attendono? La fine della povertà. E sarà questo l’obiettivo di Gesù, creare una società alternativa dove le persone, anziché accumulare per sé, condividano con gli altri.
A proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; i ciechi erano i prigionieri che vivevano in grotte sotterranee. A rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore», l’anno di grazia è il giubileo, quello della liberazione nel paese di tutti gli abitanti. E Gesù interrompe la lettura, non poteva essere interrotta, perché il versetto continuava con quella che era l’attesa del popolo: il giorno di vendetta del nostro Dio.
E’ questo che la gente s’attende. Gesù non è d’accordo con Isaia. Da parte di Dio c’è soltanto una parola d’amore, di grazia, ma non di vendetta. La tensione è al massimo.
Scrive l’evangelista:  Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Quindi la lettura è finita. Nella sinagoga, gli occhi di tutti, quindi c’è grande tensione, erano fissi su di lui. Ebbene Gesù incomincia con quella che poi causerà un’esplosione di ira. Cercheranno di ammazzarlo.
Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». E l’evangelista aggiunge “con i vostri orecchi”. Perché? Prepara il rifiuto, con la citazione del profeta Ezechiele, che dice: Figlio dell’Uomo tu abiti in mezzo a una genia di ribelli che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genia di ribelli.
Prepara il rifiuto che vedremo nella prossima puntata

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Cristina Simonelli riflette sulla ‘laudato sì’ di papa Francesco

papa Francesco ha da poco pubblicato la prima enciclica sull’ambiente: 180 pagine ricche di riflessioni teologiche e con numerosi atti d’accusa verso i potenti e le nazioni sviluppate

la teologa Cristina Simonelli così la commenta:

 

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la ‘giornata della memoria’ a Lecco dedicata quest’anno all’ ‘olocausto degli zingari’

“l’olocausto dimenticato” degli zingari

tema della Giornata della Memoria

di C.Franci

olocausto dimenticato degli zingari 

la locandina dello spettacolo che andrà in scena mercoledì 27 gennaio alle ore 21 a Teatro della Società. Ingresso libero

 

 E’ una storia meno nota del genocidio ebraico ma ugualmente drammatica quella raccontata nello spettacolo teatrale di Pino Petruzzelli che andrà in scena mercoledì 27 Gennaio, Giorno della Memoria, alle ore 21 presso il Teatro della Società di Lecco.

“Zingari, l’olocausto dimenticato” l’eloquente titolo della rappresentazione, scelta dalla Provincia e dal Comune di Lecco per onorare l’importante appuntamento del 27 gennaio. Viaggio nella memoria di una pagina di storia di cui si sente poco parlare, lo spettacolo, prodotto dal Centro Teatro Ipotesi in collaborazione col Teatro Stabile di Genova, getta luce sul genocidio di più di 500 mila rom e sinti avvenuto nei campi nazisti, nato come quello ebreo dal pregiudizio e dal razzismo imperanti nella Germania degli anni ’30.

“Nei vari processi contro i nazisti responsabili di crimini contro l’umanità, primo fra tutti quello di Norimberga, mai nessuno si preoccupò di sentire la testimonianza di uno zingaro. Al processo di Gerusalemme, nonostante Eichmann si fosse dimostrato consapevole delle pratiche di deportazione degli zingari, il capo d’imputazione che riguardava questo argomento venne annullato. Nessun responsabile fu chiamato a rendere conto dello sterminio degli zingari”

Queste le parole del regista e attore Pino Petruzzelli, già autore di diversi reportages – sempre in forma di spettacolo – dedicati al Marocco, all’Albania, al G8 di Genova e al Messico. Da oltre un anno l’artista, nato a Brindisi, viaggia per l’Europa sulle orme dei cosiddetti zingari, tra Italia, Bulgaria, Albania, Francia e nei paesi della ex Jugoslavia.

“Miscuglio di razze deteriorate” , “asociali e fannulloni” erano alcune delle definizioni che i ricercatori del Centro per l’Igiene e la Razza avevano coniato nella Berlino nazista, infuocando un odio e una repressione crudele, quale fu quella che avvenne nei campi di sterminio.   

Lo spettacolo, come spiegato da Ugo Panzeri e Simona Piazza, rispettivamente consigliere provinciale con delega alla Cultura e assessore alla Cultura del Comune di Lecco, è stato portato a Lecco con il preciso intento di rendere la cittadinanza cosciente di questa seconda Shoah, com’è stata spesso definita: “Ancora oggi gli zingari ai nostri occhi vengono visti con una diversità che imbarazza e crea discriminazione – ha detto Ugo Panzeri – eppure questo popolo fa parte della realtà europea da migliaia di anni e come quello ebraico ed altri prima di loro ha subito una crudele ferita, che  non può e non deve essere dimenticata. La rappresentazione teatrale vuole ricordarci che è esistita anche questa piaga, di cui dobbiamo conservare memoria”.

“Parliamo di vittime ingiustamente dimenticate – ha aggiunto Simona Piazza – lo spettacolo è  importante per riflettere anche sulle nuove generazioni, potenzialmente sensibili ai concetti di diversità e discriminazione. Occorre istruire i ragazzi su quello che è stato un vero e proprio sterminio programmato, che ha toccato non solo gli ebrei ma tanti altri popoli”.

L’appuntamento dunque è per mercoledì 27 gennaio alle ore 21 presso il Teatro della Società, ingresso libero.

Lo stesso giorno, alle ore 11 a Palazzo delle Paure, si terrà la cerimonia di consegna delle medaglie d’onore ai familiari di quattro cittadini italiani residenti in Provincia di Lecco che furono deportati o internati nei lager nazisti, e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra nella seconda guerra mondiale. L’iniziativa è della Prefettura di Lecco e vedrà la presenza dei ragazzi del Liceo musicale di Lecco che accompagneranno la cerimonia suonando dei brani scelti per l’occasione.

 

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“pensate ai poveri”

appello del Papa ai leader di Davos

pensate ai poveri, nessun robot potrà mai sostituire l’uomo

papa8

di Franca Giansoldati

nessun robot potrà mai “rimpiazzare il lavoro di un uomo”, né il nostro pianeta potrà mai essere trasformato in un giardino vuoto “per il diletto di pochi scelti”

Appello del Papa ai leader del mondo che prendono parte al forum economico di Davos.”Non dimenticatevi dei poveri”. Bergoglio ha affidato un messaggio al cardinale Turkson che ha letto all’apertura del summit. “Faccio appello una volta ancora a tutti voi: Non dimenticate i poveri!. Questa è la sfida primaria che, come dirigenti nel mondo degli affari, avete dinanzi. Chi ha i mezzi per condurre una vita dignitosa, invece di essere preoccupato per i privilegi, deve cercare di aiutare i più poveri ad accedere anch’essi a condizioni di vita rispettose della dignità umana, in particolare attraverso lo sviluppo del loro potenziale umano, culturale, economico e sociale».

Le ultime statistiche mondiali hanno registrato che entro il 2016, l’1% più ricco della popolazione mondiale arriverà ad avere una ricchezza maggiore del restante 99%. Disuguaglianza di ricchezza a livello globale resta un fenomeno che non accenna ad attenuarsi. Se nel 2010 le 388 persone più facoltose del pianeta detenevano la stessa ricchezza della metà più povera del mondo, oggi sono appena 62. E se nulla cambierà, nel 2020 saranno solo in 11. Metà del pianeta, di cui poco meno di 800 milioni di persone sono intrappolate nella povertà estrema, di fronte a 62 super-ricchi, che, dal 2010 ad oggi, hanno visto incrementare il proprio patrimonio di ben 542 miliardi di dollari. Un quadro che di certo non migliora in termini di disuguaglianza di reddito.

Bergoglio ha aggiunto che emerge il bisogno di dar vita a nuovi modelli imprenditoriali che, nel promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate, “siano anche in grado di utilizzarle per creare un lavoro dignitoso per tutti, sostenere e consolidare i diritti sociali e proteggere l’ambiente. L’uomo deve guidare lo sviluppo tecnologico, senza lasciarsi dominare da esso”. A Davos si affronta la questione della quarta rivoluzione industriale e degli effetti che la robotica avrà sulla persona umana e sul suo impiego. “Nessun uomo potrà essere ripiazzato da una macchina senz’anima”, né il nostro pianeta “sarà trasformato in un giardino vuoto per il diletto di pochi scelti. Al contrario è il momento per dirigere e governare i processi in corso e per edificare società inclusive, basate sul rispetto della dignità umana, sulla tolleranza, sulla compassione e sulla misericordia”.

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