questo è davvero mancato nel profetico e coraggioso viaggio in Africa

Uganda: gay inascoltati da Papa Francesco

la delusione della comunità gay dell’Uganda: nessuna risposta all’appello di Frank Mugisha

uno sguardo ‘altro’ sulla realtà del viaggio che merita di essere accolto e ascoltato
Presidente-Museveni_Papa-Francesco

la visita in Africa di Papa Francesco è stata caratterizzata da ‘spettacolarità’ quasi scontate per quanto riguarda il Kenya. Visita alla baraccopoli di Nairobi, appelli alla pace e contro il terrorismo. Evidente, secondo gli osservatori locali dell’opposizione, la volontà politica di non toccare i reali problemi quali, ad esempio, la sistematica violazione dei diritti umani e le esecuzioni extra-giudiziarie attuate dal Governo keniano contro le comunità somala e mussulmana sulla costa accusate di favorire il terrorismo o gli intrecci e connivenze tra il Governo keniano e la mafia italiana ben istallata sempre sulla costa

La visita in Uganda nasconde aluni retroscena poco noti. Primo tra tutti l’intreccio di interessi tra il partito al potere (National Revolutionary Mouvement – NRM) e la Chiesa Cattolica in sostegno alla vittoria elettorale del Presidente Yoweri Museveni. Proprio in Uganda, il Papa degli ‘ultimi’ ha ricevuto un appello alla giustizia dalla comunità gay, da anni sotto pressione.  Un appello lanciato dal attivista Frank Mugisha leader carismatico di Sexual Minorities Uganda  che raggruppa varie associazioni ugandesi in difesa dei diritti delle minoranze sessuali. Mugisha chiede a Papa Francesco di lanciare un messaggio di tolleranza e amore invertendo così la politica omofobica adottata dalla Chiesa cattolica ugandese. L’appello del attivista e intellettuale africano ha trovato ampio spazio sui media africani (tra i quali ‘Allafrica’) e su quelli internazionali, quali ‘Aljazeera’, scontrandosi con un muro di silenzio da parte del Vaticano.

Mugisha ha sempre avuto il pregio di parlare chiaro. Anche in questo caso dimostra fedeltà e coerenza ai suoi principi, rivelando, senza fanatismo, intolleranza o condanne di parte, il vero volto della Chiesa Cattolica in Uganda riguardo le minoranze sessuali. Un volto che contrasta con le affermazioni riconciliatorie di Papa Francesco verso l’universo gay racchiuse nella sua famosa farse: «Chi sono io per giudicare?»

In Occidente la Chiesa si è schierata contro la legge ugandese anti gay denominata ‘Kill the gay bill’ che prevedeva prima la pena di morte e successivamente l’ergastolo per i gay recidivi. La realtà in Uganda è esattamente l’opposto. La Chiesa cattolica ha allacciato una indissolubile alleanza con gli elementi più radicali della Chiesa protestante e dell’Islam impegnati nella condanna e nel rafforzamento delle discriminazioni e repressioni della comunità LGBTI nel Paese africano. La Chiesa cattolica, qui in Uganda, si è trasformata, dal dicembre 2013, in una gran cassa per la caccia alle streghe rivolta contro gay, lesbiche e transessuali, promuovendo tra i fedeli atteggiamenti violenti contro le minoranze sessuali. Attività delle quali non si parla in Occidente.

Il vescovo di Kampala, Cyprian K. Lwanga, artefice della visita di Papa Francesco in Uganda, nel 2012 spostò la posizione della Chiesa cattolica in Uganda dal campo contrario alla legge repressiva contro gli omosessuali al campo anti-gay capitanato dalla Chiesa Anglicana e da varie sette evangeliche americane. Questo nuovo orientamento determinò una alleanza di istituzioni religiose ampliata alle frange più radicali del Islam, dando vita a una vera e propria crociata contro gli omosessuali.

Nel luglio 2012 il Vescovo Lwanga firmò, insime con altri leader protestanti e musulmani, una lettera indirizzata al Presidente Museveni, dopo la decisione del Presidente di ostacolare l’approvazione della legge per timore di ricadute negative a livello internazionale. Una seconda lettera, pure questa firmata dal Vescovo Lwanga, fu indirizzata il 17 gennaio 2014 al Presidente Museveni per chiedere di approvare la legge votata in tutta fretta nel dicembre 2012 dal Parlamento grazie ad una procedura anticostituzionale (mancanza di quorum) ideata dal Presidente del Parlamento Rebecca Kadaga.
La legge fu approvata nel febbraio 2014 per convenienze politiche del Presidente Museveni e successivamente abrogata dalla Corte Costituzionale, dietro richiesta dello stesso Museveni. L’iter nebuloso e contraddittorio di questa legge di breve durata rientra nella classica gestione politica del Grande Vecchio. Da una parte ha accontentato l’opinione pubblica e i potentati religiosi approvando la legge contro i diritti umani degli omosessuali, dall’altra ha evitato frizioni con la Comunità Internazionale impartendo discreto e confidenziale ordine alla Corte Costituzionale di abrogarla.  Attualmente rimane in vigore la legge contro gli atti ‘immorali’, del periodo coloniale che considera l’omosessualità un atto criminale ma si dimostra mite nei provvedimenti legali.

 

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p. Zanotelli mette a confronto due viaggi in Africa

Francesco e Renzi, due modi diversi di andare in Africa

 l’analisi di padre Zanotelli

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in “www.farodiroma.it”

“Il cuore del ministero di Papa Francesco è la richiesta di una Chiesa povera per i poveri, che cammina con la gente. La tentazione del potere per la Chiesa è enorme, anche la vita religiosa tende a imborghesirsi, si tende a fare dei religiosi una piccola élite, in Africa come in Europa”

Sono parole di padre Alex Zanotelli, uno dei “profeti scomodi” della Chiesa Italiana, che ha commentato il viaggio d Papa Francesco prima a TV 2000, l’emittente della Conferenza Episcopale Italiana e poi ad A Sua Immagine, il programma di Rai Uno in collaborazione con la stessa Cei. Il religioso fu allontanato dalla direzione di Nigrizia per la sua denuncia della politica italiana a favore della produzione e del commercio delle armi, un grido che ha anticipato di circa 30 anni le posizioni di Papa Francesco su questo tema. Missionario comboniano, Zanotelli ha trascorso due decenni proprio a Nairobi, nella baraccopoli di Korogocho, prima di rientrare in Italia per ragioni di salute. Ora è missionario a Napoli, al quartiere Sanità, sempre dalla parte degli ultimi. Intervistato da Lorena Bianchetti, il religioso trentino mette coraggiosamente a confronto il viaggio che sta compiendo Francesco in Africa con quello del premier Renzi che nello scorso luglio è partito alla volta dell’Africa con una folta delegazione di manager per favorire gli investimenti all’estero delle imprese italiane, con seicento milioni di euro a disposizione delle ditte che investono nell’Africa subsahariana. Prima tappa è stata Maputo, dove nel 2011 l’Eni ha scoperto nella provincia di Cabo del Gado un giacimento off-shore di due miliardi e mezzo di metri cubi di gas, capaci di soddisfare i bisogni energetici delle famiglie italiane per i prossimi trent’anni. Renzi ha detto che l’Eni investirà 50 miliardi di dollari in Mozambico. È chiaro che gli investimenti andranno a beneficio delle imprese italiane, poco o nulla andrà a beneficio del popolo mozambicano. È questo l’aiuto allo “sviluppo”?

zanotelli (2) Seconda tappa, Brazzaville, capitale del Congo, dove l’Eni è ben piazzata per l’estrazione del petrolio. Renzi firma un altro accordo con il governo congolese per un giacimento di petrolio off-shore. Terza tappa, Luanda, capitale dell’Angola, tra le nazioni più ricche di risorse dell’Africa. Anche qui l’Eni è presente, fin dal 1961. Renzi apre al governo angolano la scatola di Pandora delle imprese italiane. Il messaggio di Renzi è chiaro: è venuto in Africa per fare affari. E i soldi della Cooperazione italiana servono spesso a sostenere le imprese nostrane con appalti all’estero che spesso hanno ben poca utilità per le popolazioni locali. Infatti “mentre le élites borghesi al potere, con le quali il governo italiano si accorda, diventano sempre più ricche , il popolo diventa sempre più povero”, afferma Zanotelli che trova “molto grave che il viaggio di Renzi sia stato organizzato quasi in funzione dell’Eni che, in Africa, ha sulla coscienza un grave crimine ambientale: il disastro ecologico del Delta del Niger. Nonostante le proteste e le lotte del popolo Ogoni che vive in quella regione, nonostante la costante pressione dei movimenti ambientalisti nostrani, i vari governi italiani (da Berlusconi a Renzi), non hanno mai voluto affrontare l’argomento”. “Ho lavorato personalmente – rivela il sacerdote – per l’invio di una Commissione parlamentare nel Delta del Niger, ma il ministero degli affari esteri ha negato il permesso”. “Ritengo altresì grave – afferma Zanotelli – la presenza di Finmeccanica nella delegazione che ha seguito Renzi. In un continente dilaniato da guerre e guerriglie, come può l’Italia presentarsi vendendo altre armi? Come ha potuto il governo italiano inviare la portaerei Cavour per il periplo dell’Africa, esibendo la nostra migliore produzione di armi ai governi africani? Non si può dare con una mano l’aiuto per la lotta contro la fame nel mondo, e con l’altra offrire armi. Inoltre, non è con questo tipo di “cooperazione” che risolveremo il dramma delle migrazioni. Nonostante Renzi a
Maputo abbia detto che serve ciò che stiamo facendo in Mozambico, è proprio il tipo di “sviluppo” promosso dal presidente del consiglio che forza la gente a fuggire dalle zone rurali per ammucchiarsi nelle baraccopoli o a imbarcarsi sui barconi della “speranza”. È proprio il nostro Sistema economico-finanziario, del quale Renzi è un paladino, che ridurrà l’Africa a essere per tre quarti non abitabile (per il surriscaldamento) e forzerà almeno duecento milioni di africani a fuggire, secondo i dati Onu”. “Non è questa – conclude padre Alex – la strada della cooperazione, della solidarietà, del futuro per noi e per loro”.

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il no alla guerra di M.Ovadia

“fare la guerra rischia di legittimare l’Isis”

intervista a Moni Ovadia

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“Per fermare l’Isis non servono altre bombe né una guerra globale ma un’azione diplomatica seria. Altrimenti si rischia di fare proprio il loro gioco”

Ad affermarlo è Moni Ovadia, “ebreo agnostico di professione saltimbanco” come lui stesso si è definito in una lettera recente al papa. Ovadia è un grande conoscitore e protagonista della Cultura Ebraica, dal Mediterraneo all’Est Europa. “I criminali tagliagole dell’Isis – sottolinea al nostro giornale – si fanno esplodere perché non hanno aeroplani, bombardieri, F35… Per cui non c’è da stupirsi più di tanto se utilizzano il proprio corpo come bombe. Quello hanno, quello usano”.

La Francia ha subito reagito con bombardamenti in Siria. E gli altri paesi dell’Europa si stanno organizzando rapidamente per le missioni militari. E’ questa la strada giusta?
L’opzione militare secondo me è la peggiore che si possa intraprendere. L’Isis non lo combatti con gli aerei. Anche perché, per un terrorista che fai fuori ammazzi nove civili innocenti. Fare la guerra all’Isis significa legittimarlo. E’ esattamente quello che cercano. Quindi è a mio parere un errore madornale. Dall’appoggio dato dagli americani ai Mujaheddin e ad Al Qaeda contro i sovietici, in avanti, queste guerre hanno provocato solo catastrofi, morti e più terrorismo.

Se non è l’opzione militare quale altra strada bisogna intraprendere?
La prima cosa da chiarire è se si vuole combattere effettivamente l’Isis. Perché se questa è la vera volontà allora si dovrebbe chiedere al potente alleato turco di utilizzare i Peshmerga curdi (le forze armate del Kurdistan, ndr) che sono dei grandissimi combattenti. Ma la Turchia non lo fa perché non vuole che i curdi abbiano un loro stato. E poi gli americani devono decidere cosa fare con l’Arabia saudita che è il loro migliore alleato e che è stato il massimo finanziatore dell’estremismo islamico. L’occidente deve decidere, al di là delle chiacchiere e della retorica se è più interessato alla strada della democrazia o a quella del business e dell’egemonia. Se sceglie la seconda il terrorismo durerà ancora a lungo.

Come si evita una guerra globale?
Togliendo acqua nello stagno dove nuotano i terroristi, togliendo benzina al loro fuoco, e questo si fa costruendo accordi e inglobando tutti i paesi di quell’area in un dialogo diverso. E l’occidente deve smetterla di considerare il sangue in modo diverso. Le guerre occidentali nel medio oriente e in nord Africa hanno fatto negli anni milioni di morti. Questo sangue non è diverso da quello dei morti di Parigi.

L’ex premier britannico ha chiesto scusa per la guerra del Golfo ammettendo che quell’azione militare ha praticamente creato le basi per una nascita dell’Isis
Blair è un ipocrita, dopo aver fatto questa dichiarazione dovrebbe andare a seppellirsi in un convento per la vergogna. Lui e l’ex presidente Bush hanno scatenano una guerra sulla base di un cumulo di menzogne. Il loro è un crimine di guerra. Non basta chiedere scusa. E poi perché non c’è nessuno che voglia finalmente aprire gli occhi sul martirio del popolo palestinese?il no

L’Europa che politica deve attuare?
L’Europa deve innanzitutto diventare “politica”. E oggi non lo è e peraltro ha una classe dirigente antropologicamente di una mediocrità senza fine. E’ un’istituzione che si occupa di sostenere gli interessi dei potenti in Europa e del cosiddetto libero mercato che poi non è affatto libero. L’Europa deve decidere cosa vuole fare da grande. E’ indispensabile  un’Europa politica unita e con una sola difesa centrata sulla pace. L’Europa può diventare il continente di equilibrio che media tra gli uni e gli altri ma è difficile con questi “omuncoli” che la dirigono. Il tanto vituperato Prodi era l’uomo che voleva veramente questo processo di unità e gli hanno messo i bastoni tra le ruote in tutti i modi. E lo sapete chi è stato il vero avversario di Prodi? Proprio Tony Blair.

Fonte: “Il Radiocorriere Tv”

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ancora lui, il monsignore ‘faraone’: un ritratto

il monsignore, la Madonna e il postribolo

dal sostegno a Berlusconi all’epoca del processo Ruby all’augurio di morte a Papa Francesco. Pontifica, insulta, sputa sentenze. Ossessionato dal satanismo, dall’omosessualità e dal mondo giovanile. Fino all’islamofobia e alla nostalgia delle Crociate. Un ritratto senza sconti dell’Arcivescovo di Ferrara Luigi Negri, esponente di primo piano di quella parte più retriva del mondo cattolico oggi dominante in Emilia Romagna.

di Alessandro Somma

C’erano una volta Peppone e don Camillo, comunista vecchio stampo l’uno e prete partigiano l’altro, emblemi dell’eterna lotta tra il diavolo e l’acqua santa cui si è tradizionalmente assistito nella Regione rossa per eccellenza: l’Emilia-Romagna. C’erano, perché nel tempo il fronte dei comunisti vecchio stampo è stato rimpiazzato da un ceto politico selezionato per la sua vicinanza ideologica ora con la classe imprenditoriale, ove presente, ora con la cultura cattolica, diffusa nelle aree a vocazione agricola. Anche dalle parti di don Camillo, però, si sono avute trasformazioni epocali. Nell’Emilia-Romagna delle cooperative rosse oramai in combutta con le cooperative bianche, la geografia del potere clericale ha assunto tinte fosche: quelle della parte più retriva del mondo cattolico, premoderna e antilluminista, pronta a contrastare la liberazione dell’umano da ordini sovraumani repressivi, per questo omofoba, islamofoba, misogina e in genere antropologicamente incapace di provare empatia per tutto quanto non sia contemplato dal dogma.

Insomma, da alcuni anni la Chiesa emiliano-romagnola è controllata da Comunione e liberazione, il movimento fondato da don Giussani che, dopo anni di emarginazione, è riuscito finalmente a invadere la stanza dei bottoni. Fu Papa Wojtyla, nella seconda parte del suo pontificato, a contribuire in modo significativo a questo risultato, nominando i ciellini Carlo Caffarra Arcivescovo di Ferrara e Comacchio nel 1995 e di Bologna nel 2004, e Luigi Negri Vescovo di San Marino e Montefeltro nel 2005. Fu invece Papa Ratzinger, nel 2012, a individuare come Vescovo di Reggio Emilia e Guastalla un altro devoto di don Giussani: Massimo Camisasca. La città di Giuseppe Dossetti è così ora in mano allo storiografo ufficiale del fondatore di Cielle, già cappellano del Milan di Sacchi, nonché zio di Michele Camisasca: per anni dirigente del personale presso la Regione Lombardia di Roberto Formigoni, che gli attribuì l’incarico sulla base di un concorso poi ritenuto illegittimo dalla Corte dei Conti.

Si deve a Papa Ratzinger anche la nomina ad Arcivescovo di Ferrara-Comacchio di Negri, il quale evidentemente a quel punto si vide lanciato sulle orme di Caffarra: proiettato, dopo il pensionamento di quest’ultimo, verso la poltrona di Arcivescovo di Bologna prima e di Cardinale poi, posizione dalla quale imporre al meglio le pesanti mani cielline sulla Regione. Solo dieci giorni dopo l’insediamento di Negri nel marzo 2013, però, Mario Bergoglio viene eletto Papa e questi ha evidentemente disegni diversi da quelli in linea con i desiderata dei discepoli di don Giussani. Tanto è vero che, pensionato Caffarra, nomina Arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi: un cosiddetto “prete di strada” affezionato alle aperture del Concilio vaticano II, che anzi ritiene debbano finalmente essere messe in pratica.

Ecco ricostruito lo sfondo della vicenda che ha recentemente attirato l’attenzione mediatica su Negri, per le frasi strillate a volto paonazzo durate un viaggio in treno e riportate da alcuni testimoni al Fatto quotidiano[1]. Passi per la frase di astio nei confronti del Concilio vaticano II, e in particolare per uno dei suoi più noti ispiratori, Giuseppe Dossetti, reo di aver “distrutto la chiesa italiana”: è una frase che non stupisce, in linea come è con i punti di riferimento culturali del suo autore. Passi anche per la promessa, fatta a Caffarra, che lui farà vedere al prete di strada “i sorci verdi”, che se non altro documenta la resistenza del sodalizio ciellino nella buona e nella cattiva sorte.

Difficile invece soprassedere a quanto detto da Negri a proposito del Papa che gli ha sottratto l’osso, a cui augura niente meno che di passare a miglior vita: “speriamo che con Bergoglio la Madonna faccia il miracolo come aveva fatto con l’altro”, ovvero con Papa Luciani, morto a poco più di un mese dal suo insediamento. Il tutto, con atteggiamento tanto isterico da valere una confessione, confermato prima e smentito poi nell’arco di poche ore, nel corso delle quali si registra un’unica costante: la richiesta di un “incontro filiale” con il Papa, con l’intenzione di “aprirgli il cuore”, si spera quello dell’Arcivescovo e comunque solo metaforicamente.

Non è la prima volta che Negri la fa fuori dal vaso. Aveva fatto parlare di sé prima di arrivare a Ferrara, ad esempio per il suo sostegno incondizionato a Berlusconi all’epoca del processo Ruby: era il plurinquisito, il libertino e bestemmiatore di sempre, ma se non altro era tenero nei confronti dei mitici valori non negoziabili tanto cari all’integralismo cattolico. Di qui l’attacco all’arma bianca contro i Pubblici ministeri del processo di Milano, considerati l’emblema di una magistratura mai così “prepotente”. Nessuna indignazione, invece, per le cosiddette cene eleganti di Arcore: “l’indignazione non è un atteggiamento cattolico”, mentre “la moralità dei politici va giudicata dall’impegno nel perseguimento del bene comune che consiste nel benessere del popolo e nella libertà della Chiesa”, ovvero nella difesa dei valori non negoziabili[2].

Si salvi dunque il Signore di Arcore, e si salvino pure i politici eletti con voti ciellini puntualmente finiti sotto inchiesta per lo scandalo della sanità regionale lombarda, Formigoni in testa: ha “fatto cose straordinarie”, come “il sistema sanitario, il buono scuola, la libertà di educazione”, motivo per cui non va giudicato per “le camicie sgargianti e le vacanze costose”[3]. Si rifiuti invece la comunione a Rosy Bindi e a Romano Prodi, rei di aver sostenuto il disegno di legge sui Dico, i “diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi” e dunque anche delle coppie omosessuali: disegno mai approvato, nonostante fosse un compromesso al ribasso tra cattolici integralisti e il resto del mondo, che l’allora Vescovo di San Marino e Montefeltro ritenne comunque un atto “eversivo dell’antropologia personale e familiare”[4].

È però dopo l’arrivo a Ferrara, quando cioè Papa Bergoglio gli scombina i piani, che Negri si inacidisce e dà il meglio di sé. La città lo accoglie festante, con le autorità tutte impegnate a dargli il benvenuto, mentre gli immancabili suonatori e sbandieratori del palio fanno da colonna sonora e da coreografia al suo trionfale ingresso in cattedrale. Lui, però, non mostrerà gratitudine alcuna per cotanta pronitudine: ricambierà dedicando ai fatti della vita cittadina e nazionale esternazioni colme di odio e intolleranza, evidentemente buone solo a esorcizzare inquietati pensieri ossessivi. Siccome gli esempi sono assai numerosi, ci dovremo limitare a riportare quelli che meglio consentono di tratteggiare il profilo umano e culturale del Monsignore.

Tra le ossessioni più presenti figura senz’altro quella per il satanismo, alla cui lotta Negri dedica molto tempo e molte energie, in particolare quelle indispensabili a visionare pellicole che potrebbero costituire propaganda di riti luciferini. E’ così che nasce la polemica del maggio 2013 su “Le streghe di Salem”, il film di Rob Zombie ritenuto “un misto di satanismo, oscenità, offese alla liturgia e alle realtà ecclesiali”[5]. Ma al ciellino non basta la condanna morale: occorre che da essa discendano rigide norme di comportamento indirizzate all’umanità. Di qui la scelta di istituire una commissione di giuristi incaricata di verificare la possibilità di querelare nientepopodimeno che lo Stato italiano, reo di aver vietato la visione della pellicola ai soli minori di quattordici anni e non al creato tutto.

I giuristi devono avergli consigliato di lasciar perdere, ma il Monsignore non si è perso d’animo. Avendo recentemente scoperto, probabilmente con la lente di ingrandimento, il numero 666 a fianco di una croce capovolta disegnata con un pennarello su un marmo all’ingresso della sua cattedrale, ha pensato bene di ricordare che Ferrara registra una presenza satanica di tutto rispetto: ben tre le sette attive, “tutte legate al mondo giovanile”[6]. Ne avrà sicuramento parlato in occasione della sua recente lectio magistralis al corso di esorcismo organizzato presso l’Università europea di Roma, l’ateneo dei Legionari di Cristo, una congregazione il cui fondatore verrà ricordato per la sua virulenta pedofilia.

Chissà se in quell’occasione Negri ha esorcizzato anche la sua principale ossessione: il mondo giovanile, con la tensione verso la libertà che esprime, la forza di rompere gli schemi che sprigiona, l’apertura verso il nuovo e il diverso che rivendica, tutte caratteristiche decisamente inconciliabili con l’antropologia ciellina. Non stupisce allora che semplici scene da una movida siano percepite come raffigurazioni di apocalittici convegni carnali: “ho visto scene di sesso tra due ragazzi e un gruppo, evidentemente ubriaco, coinvolto in atteggiamenti orgiastici”. Di qui la lunga e stucchevole polemica sulla piazza antistante la cattedrale trasformata in postribolo, che prende corpo nel luglio del 2013. Il Monsignore la introduce con una sorta di excusatio non petita: tiene a precisare che non sa come sia fatto un postribolo. Subito dopo, però, evidentemente con la forza dell’intuito, ipotizza che esso abbia esattamente l’aspetto di un gruppo di giovani impegnati nella movida: “non ho mai visto un postribolo, ma l’idea era quella”. Il tutto mentre i bar che danno da bere ai giovani, che quindi li ubriacano e li spingono a tenere orge sotto le stelle, si trovano guarda caso in locali di proprietà della curia. Evidentemente, e fortunatamente, anche per Negri pecunia non olet.

A non puzzare sono anche i preti pedofili, quelli sì luciferini distruttori di gioventù. Nell’ottobre del 2013 il programma televisivo Le iene ha raccontato la storia di Erik Zattoni, nato dallo stupro subìto dalla madre all’età di 14 anni, quando fu violentata da don Pietro Tosi, all’epoca parroco di Cornacervina in provincia di Ferrara, che la ospitava assieme alla sua famiglia in un appartamento di proprietà della parrocchia. Per anni Erik ha cercato di portare alla ribalta questa storia di atroce e squallida violenza, venendo però ostacolato da don Pietro con la complicità dei suoi superiori. Dopo anni di omertà e soprusi, incluso l’allontanamento dall’appartamento in cui era ospitato, riesce però solo a ottenere il riconoscimento della paternità grazie a un esame del dna disposto dal tribunale. Di qui la richiesta alle gerarchie ecclesiastiche, affidata ai microfoni di Italia1, di ottenere quantomeno un risarcimento morale: la riduzione dello stupratore allo stato laicale.

Ebbene, Negri ha condannato l’atrocità compiuta da don Pietro: non poteva certo fare altrimenti. Ma si è anche premurato di chiudere la strada a una possibile riparazione non solo morale: “la Chiesa, nei confronti dei sacerdoti, non si configura affatto come un datore di lavoro, che interverrebbe nelle vicende di carattere giuridico, economico e civile”, sicché “non ha nessun obbligo a risarcimenti o ad azioni analoghe”. Con l’occasione il Monsignore trova anche spazio per un esercizio di macabra ironia, evidentemente utile a esorcizzare un’altra delle sue ossessioni, quella per cui il mondo intero vuole distruggere la Chiesa cattolica: “l’Arcivescovo ci tiene a precisare, al fine di evitare spiacevoli equivoci in futuro, che non ha avuto nessuna parte nella dichiarazione della prima guerra mondiale e neppure della seconda, e certamente non si è inteso con il presidente americano per lo sgancio della bomba atomica sul Giappone”[7].

Si sa che le gerarchie ecclesiastiche non sono interessate a tutelare la vita, a meno che non sia quella spenta dello stato vegetale e prenatale: in tal caso si dedicano alla sua difesa con lo zelo tipico degli ottusi. Negri lo fa proponendo un accostamento esilarante, che mette insieme l’immancabile condanna dell’aborto con una lettura davvero originale dell’attuale crisi economica. Sarebbe cioè colpa della legge sull’aborto se l’economia va male: la legge “non ha consentito di venire al mondo a oltre sei milioni di italiani, e la scarsità di figli ci ha fatto sprofondare in questa crisi economica”[8].

La dichiarazione è di tale portata da provocare persino reazioni oltreoceano: il Washington Post la riporta con un certo stupore, unito alla constatazione che la disciplina italiana dell’aborto viene comunque boicottata da un sospetto e costante aumento dei medici che praticano l’obbiezione di coscienza[9]. Evidentemente persino negli Stati Uniti, Paese assuefatto all’integralismo cattolico, non si possono lasciare impunite idiozie come quelle che il pastore a capo della diocesi di Ferrara e Comacchio ama confezionare per la gioia del suo gregge.

E che dire dell’ossessione di Negri per l’omosessualità, condannata con i toni virulenti tipici di chi tenta di reprimere un inconsapevole istinto che il raziocinio rifiuta di assecondare? Difficile altrimenti spiegarsi i ripetuti richiami, tanto cari all’integralismo cattolico, alla cosiddetta ideologia transgender, che esprimerebbe una “insana pretesa di sopprimere la differenza sessuale separandola da qualsiasi indicazione naturale, per ridurre la stessa sessualità a pura istintualità”[10]. Il tutto mentre non è questa ideologia a essere rivendicata dalla cultura laica, bensì l’attenzione per l’ottica di genere: l’emersione della complessità delle relazioni tra i sessi e la sua traduzione in politiche attente alle identità delle persone. Ma questo è esattamente ciò che Negri rifiuta quando attacca la legge contro l’omofobia, sobriamente ritenuta “un delitto contro Dio e contro l’umanità” e soprattutto un attentato alla “grande tradizione eterosessuale dell’occidente”[11].

Infine l’ossessione per l’islam, barbarie in procinto di travolgere la Cristianità, alla base di una cronica chiusura verso il dialogo con i musulmani, che Negri rifiuta perché si risolverebbe in un “dialogo unilaterale” con chi “non ha nessuna volontà, né intenzione, né disponibilità a dialogare”[12]. Senti chi parla, verrebbe da dire, ma lo stupore è fuori luogo. Il Monsignore è infatti un difensore delle Crociate, un nostalgico dei tempi in cui i cattolici potevano assicurarsi con le armi “la possibilità dei grandi pellegrinaggi in Terra Santa”. Certo, le Crociate sono state una fase buia e violenta nella storia della Chiesa, ma per Negri si tratta di un dettaglio trascurabile, comunque meno imbarazzante del “pacifismo d’accatto” impossessatosi dei “cattolici che sfilano egemonizzati dai sindacati”[13].

La Ferrara di un tempo non avrebbe tollerato i deliri di Negri o di un qualsiasi altro invasato dai comportamenti così molesti. I suoi predecessori erano del resto avvertiti, dal momento che sulla facciata del Municipio, proprio di fronte alle finestre dell’appartamento privato del Vescovo, era affissa, e lo è tuttora, una lapide che ricorda come “cessata la violenza delle armi straniere nel giorno 21 giugno 1859, Ferrara fu libera dalla signoria dei Pontefici e partecipò ai nuovi destini della Nazione”. Siamo però nel 1892, l’anno in cui Filippo Turati fondava a Genova il Partito socialista, l’epoca in cui la laicità dello Stato veniva tenuta in alta considerazione. Ora la musica è decisamente un’altra: ai deliri vescovili sul postribolo a cielo aperto, che meriterebbero quantomeno di essere ignorati se non fatti oggetto di colorite invettive, l’amministrazione comunale ferrarese risponde con l’offerta di realizzare una protezione del sagrato della cattedrale. Il tutto alla modica cifra di trentamila euro, ovviamente offerti dal contribuente, a testimonianza di quanto gli sia cara cotanta tracotanza clericale.

Insomma, Luigi Negri semina vento ma non raccoglie tempesta. Pontifica, insulta, sputa sentenze, ma riesce sempre a evitare di trovarsi in posizioni scomode: come nell’immagine, tratta dalla pagina facebook del Direttore di estense.com, che lo ritrae durante un’esibizione delle sentinelle in piedi mentre dimostra la sua solidarietà standosene comodamente seduto, all’ombra del campanile della cattedrale. Chissà se le ultime sparate finiranno per complicargli la vita, o se invece contribuiranno a renderlo un punto di riferimento per il cattolicesimo retrivo. Contribuendo un giorno, una volta compiuto il miracolo della Madonna, a farlo diventare il Papa nei cui confronti Woytyla e Ratzinger sembreranno due incalliti teologi della liberazione.

NOTE

[1] L. Mazzetti, Papa Francesco, il vescovo ciellino di Ferrara: Bergoglio deve fare la fine dell’altro Pontefice, www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/25/papa-francesco-vescovo-cl-di-ferrara-bergoglio-deve-fare-la-fine-dellaltro-pontefice/2251753.

[2] Caso Ruby, mons. Luigi Negri: Mai vista una magistratura così prepotente. E i cattolici evitino di contribuire al clima d’odio, www.tempi.it/caso-ruby-mons-luigi-negri-mai-vista-una-magistratura-cosi-prepotente-e-i-cattolici-evitino-di-c#.Vlfx1nYvcgt.

[3] Negri: Formigoni ha fatto cose straordinarie. La stampa è contro Cl perché contro la Chiesa, www.tempi.it/negri-formigoni-ha-fatto-cose-straordinarie-la-stampa-e-contro-cl-perche-contro-la-chiesa#.VlfyuHYvcgs.

[4] C. Antonini, Il vescovo ciellino: Vade retro satana, sei un sessantottino, http://popoffquotidiano.it/2015/04/15/il-vescovo-ciellino-vade-retro-satana-sei-un-sessantottino.

[5] M. Zavagli, Il vescovo scomunica Le streghe di Salem: E’ blasfemo. Pronto a denunciare lo Stato, www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/05/il-vescovo-scomunica-le-streghe-di-salem-e-blasfemo-pronto-a-denunciare-lo-stato/584134.

[6] M. Pradarelli, Ferrara, ordine pubblico e satanisti. Negri: nessuno mi ascolta, http://lanuovaferrara.gelocal.it/ferrara/cronaca/2015/10/25/news/ferrara-ordine-pubblico-e-satanisti-negri-nessuno-mi-ascolta-1.12327115.

[7] Caso Erik Zattoni, la risposta del vescovo, www.estense.com/?p=335673.

[8] M. Celeghini, Negri: La legge contro l’omofobia è delitto contro Dio e l’umanità, www.estense.com/?p=436801.

[9] R. Noack, Abortions caused Italy’s economic crisis, archbishop claims, www.washingtonpost.com/news/worldviews/wp/2015/02/05/abortions-caused-italys-economic-crisis-archbishop-claims.

[10] F. Terminali, Il vescovo Negri ai cattolici: reagite alla teoria gender, http://lanuovaferrara.gelocal.it/ferrara/cronaca/2015/03/20/news/il-vescovo-negri-ai-cattolici-reagite-alla-teoria-gender-1.11087253.

[11] C. Antonini, Madonnina fai che Bergoglio… Riecco monsignor Negri, http://popoffquotidiano.it/2015/11/25/madonnina-fai-che-bergoglio-riecco-monsignor-negri.

[12] L. Negri, Un esame di coscienza che l’Occidente deve ancora fare, www.lanuovabq.it/mobile/articoli-un-esame-di-coscienza-che-loccidente-deve-ancora-fare-14438.htm#.VleGLHYvcgs

[13] C. Antonini, Madonnina fai che Bergoglio, cit.

 

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è un vescovo o un faraone?

lettera aperta all’arcivescovo Luigi Negri

di STEFANO SCANSANI

faraone

Arcivescovo. Risale dal greco episkopo, composto da epi e da skopeo, vedere sopra. Arci viene invece dal latino. È un superlativo: di più. Più che vescovo.

Caro Monsignore,

io non scrivo al Papa, come lei ha annunciato di voler fare per rinnovargli totale obbedienza. Non scriverò al Papa come hanno fatto i ferraresi di Pluralismo e Dissenso per farle cambiare aria e città. Scrivo  a lei attraverso questa rubrica che, neanche farlo apposta, si chiama La Domenica.

Ecco, in questi due anni e nove mesi di suo episcopato a Ferrara, non c’è stata festa comandata nella quale l’attesa di una sua parola rombante, di un suo attacco fulminante, di una sua posizione spiazzante non abbia alimentato l’attesa: chissà che cosa dirà? Con chi se la prenderà, oggi, monsignor Luigi Negri? Mi creda, non si tratta di un’ansia giornalistica, ma di un’abitudine al suo ritmo, al suo profilo, alla sua maniera di affrontare le cose, anzi, i tre-quattro argomenti che sono il centro gravitazionale della sua missione pastorale. Che non sto qui ad elencare, ma che la stagliano dentro la gerarchia ecclesiastica come un gagliardo conservatore, un inesauribile ratzingeriano, un inossidabile oppositore al vento che è cambiato.Un arcivescovo controvento. Questa sua coerente collocazione è incisa nei sui scritti, nelle sue omelie, nei suoi libri. Ed era robusta ben prima della vicenda delle frasi che secondo il Fatto Quotidiano lei avrebbe pronunciato sul Frecciarossa Roma-Bologna il 28 ottobre scorso: sulla fine che dovrebbe fare questo Papa come quell’altro; sul miracolo che potrebbe compiere la Madonna; sulla scelta inaspettata dei nuovi vescovi di Bologna e Palermo; sulla sua promessa al cardinale Caffarra di far vedere i sorci verdi al successore, il prete di strada Zuppi…

La metto così: io non credo lei abbia pronunciato queste frasi. Ma è inevitabile che lei attragga il sospetto, la calunnia, la tentazione che monsignor Negri e quei pensieri siano sovrapponibili. Perché lei è lei: ha modellato un tale personaggio di sostanza e di ingombro da essere divenuto, oggi, il più straordinario critico della novella linea papale, addirittura libero, perché non sta nel recinto vaticano. Quindi consapevolmente inseguibile.

MANCATA PORPORA.

C’è chi bisbiglia che sue aspirazioni si sarebbero incrinate con il conclave del 2013 e l’elezione di Francesco. Pensi, deambula la mormorazione che il cardinale di Milano, Scola, avrebbe potuto divenire Papa e lei, di conseguenza, arcivescovo della sua città d’origine. Immagino la sua risposta. Qui, adesso. Mi sta mandano a quel paese. Lei è schietto, non ama la mediazione, ha passione per l’antibarricata alla milanese, dalle parole ai fatti.

Un godiolo per i giornalisti. Un disorientamento per i fedeli, che lei stesso ammette dichiarando a caldo, nella sua prima comunicazione del 25 ottobre: “Se a causa di quanto accaduto, si fosse determinato uno scandalo, soprattutto nei più deboli, ne chiederemo perdono a tutti”.

SCANDALO

La parola scandalo mi affascina. La utilizzo anch’io per dire che i suoi anni ferraresi hanno certamente prodotto spaesamento, sospensione, increspature. Come la sua intenzione di chiedere udienza al Santo Padre per rimettersi al suo consiglio, perché lei “possa camminare spedito verso il compimento della fede”. Al di là della sua intenzione enigmatica, è fuori da qualsiasi prassi che un vescovo immagini un’udienza dal Papa attraverso una comunicazione giornalistica. La prassi (e lei è un uomo di prassi) pretende che l ’“incontro” con il Sommo Pontefice si chieda e si ottenga attraverso linee riservate, tutte interiori la Chiesa. Perché sventolare questa richiesta sul comunicato?

Provo a esibire due risposte: l’eventualità di un consenso immediato da parte di Francesco considerati i suoi gesti fuori dal protocollo; la prova del nove per monsignor Negri, perché se il Papa davvero la convocherà lei sarà in grado di annunciare che tutto è stato chiarito e risolto. Si tratta di finissima strategia, anche se mi sfugge il senso che connette i suoi due comunicati.

DUE COMUNICATI

Il primo è appunto del 25 novembre, all’indomani dell’uscita del Fatto Quotidiano, che ha un’intonazione suasiva puntata direttamente sulla Santa Sede.

Il secondo è del giorno immediatamente successivo e s’abbatte sui detrattori, sferza i giornalisti e chiama in causa il loro ordine professionale minacciando querele e invitando “la comunità ecclesiale e civile di non rendersi complice di tali operazioni”.

BRACCIO SECOLARE

Mi pare la rievocazione dell’antica pratica di Santa Romana Chiesa: la totale obbedienza di Negri al Santo Padre (lo spirito) e il braccio secolare di Negri (il mondo). Va chiarito che – me lo permetta, monsignore – questa linea pressoché diretta fra l’arcivescovo e il Papa è un poco anomala.

Di mezzo, in verticale e orizzontale, vi stanno altri organismi come e la Conferenza Episcopale Italiana di cui è presidente il cardinale Bagnasco, un sopravvissuto della vecchia guardia di Benedetto XVI, e segretario monsignor Galantino progressista di punta di nomina bergogliana.

C’è di mezzo la Congregazione per i vescovi (il ministero dedicato) e anche la novità di Zuppi a Bologna, che è metropolita della regione ecclesiastica emiliano-romagnola. E che credete, che in questa folla di soggetti, spettatori e interpreti non circolino pareri, schede, lettere, pressioni, voci sul caso Ferrara? Come quella incontrollata che è girovagata nell’estate scorsa su un trasferimento di Negri non so dove?

IL TEMPO

L’udienza col Papa e il chiarimento sono dunque una semplificazione di un questione che è da tempo sul tavolo. E per tempo va considerato che Negri ha compiuto 74 anni proprio giovedì scorso, e fra un anno dovrà rinunciare alla diocesi nell’osservanza del diritto ecclesiastico, canone 401, e che poi spetterà al Papa decidere se accogliere immediatamente le dimissioni o abbonare un altro anno a sua eccellenza (consuetudine che Francesco sta estinguendo: lui ha i suoi vescovi da ricollocare nel complesso scacchiere episcopale italiano). Caro monsignore, lei è una persona aguzza e intrepida. Anch’io apprezzo la sua compagnia sanguigna e di forte struttura, immediata e salace. Non è vero che la maggioranza dei ferraresi poco la ama, perché predilige vescovi pastori tranquilli, consolanti, pacificatori, dal pulpito dolce. Al contrario, parecchi fedeli le sono fedeli. Davvero.

DEPISTAGGIO STORICO

Mi ha fatto tenerezza, ad esempio, l’ipotesi di Francesco Fersini – anche lui di Comunione e liberazione e già candidato sindaco a Ferrara del Nuovo Centrodestra – che nel commentare la presinta captazione sul Fracciarossa, e difenderla, attraverso Facebook ha provato a sgranare ipotesi sulla frase che le è stata attribuita: “Speriamo che con Bergoglio la Madonna faccia il miracolo come con quell’altro Papa…”.

Il riferimento alla morte di Papa Luciani è purtroppo automatico.

Al riguardo monsignor Negri nel suo comunicato del 26 novembre aveva spiegato: “Questa è un’altrettanto assoluta, arbitraria interpretazione, completamente opposta al mio pensiero, che faceva riferimento a ben altre vicende della Chiesa, che esporrò nei luoghi e tempi opportuni”. L’arcivescovo, par di capire, che non smentisce. Chissà se la sua giustificazione allora coincide con quella esibita da Fersini.

L’ipotesi di quest’ultimo è carambolesca. Scrive: “Io, per esempio, ho pensato di più a Pio IX e, a differenza del Fatto Quotidiano, spiego il perché dal testo e dal contesto ho fatto questa deduzione… Chi conosce, anche approssimativamente, le opere di monsignor Negri sa benissimo che è uno studioso appassionato di quegli anni, che su Pio IX ha scritto un libro e che é un esegeta de ’Il Sillabo’ che, se non ricordo male, colloca come documento iniziale della dottrina sociale della Chiesa (prima della Rerum Novarum come comunemente si ritiene). Probabilmente al Fatto Quotidiano non hanno fatto quest’ipotesi perché non sanno nemmeno chi è Pio IX”.

LUCIANI E PIO IX

Lo sforzo di Fersini è encomiabile. Se non è Luciani è Pio IX? Andiamo più in là? Allora l’allusione all’intervento della Madonna perché non riguarda l’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981, a Urbano VIII nel Seicento, a Gregorio VII nel Mille. Questo si chiama depistaggio storico.

SUA E VOSTRA SANTITÀ

Infine, anche la lettera-petizione proposta da Pluralismo e Dissenso per far traslocare Negri da Ferrara è fragile, e irricevibile da Francesco. È impensabile che un Papa scardini un vescovo a seguito di una raccolta di firme che lo accusa di creare disagio.

I primi firmatari sapranno tutto sulla presa di Porta Pia e del loro essere anticlericali, ma devono essere più protocollari. Attaccano la lettera con un “Sua Santità Papa Francesco”. Sua di chi? Consiglio un “Vostra Santità”. E poi Zamorani è un radicale mangiapreti. Che fa, si genuflette?

UNA GELIDA CL

A inserirsi nel quadro anche la nota di Comunione e Liberazione, inviata al direttore del Fatto Quotidiano, Travaglio. Gelido il distinguo: “Qualora l’arcivescovo di Ferrara avesse pronunziato tali affermazioni, esse sarebbero unicamente espressione della sua personale opinione e non certo di Comunione e Liberazione, nella quale monsignor Negri non riveste alcun ruolo di responsabilità dal 2005”.

BOMBE INNESCATE

Ha intuito, vostra eccellenza monsignor Negri? Ormai ogni suo passo e parola sono bombe innescate. Teologiche, dottrinali, politiche. Lei consapevolmente le dissemina perché nel suo animo è un minatore di Dio, e immediatamente chi fa informazione ci mette le mani e le fa brillare. È una forma di collaborazione indiretta.

La sua attività pastorale, inesorabilmente, è segnata dal suo essere inflessibile e fedele alle sue battaglie, e dalla sua concezione di Chiesa che confligge con le dinamiche nuove. Non so come lei stia vivendo questa perturbazione. La sente? E che cosa ne pensa del prepensionamento?

Stefano Scansani

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