la cattiva accoglienza dei migranti

centinaia di migranti ammassati nel degrado

e nessuno controlla

il Consorzio “Maleventum” incassa fino a 30 mila euro al giorno per occuparsi, nel Beneventano, di 1.000 richiedenti asilo in strutture spesso fatiscenti e sovraffollate. Il gestore: “Le istituzioni premono perché ne prendiamo quanti più possibile”. Accardo: “Colpa anche delle prefetture”

 

alcune immagini della struttura che accoglie i migranti
Benevento struttura accoglie i migranti

 Uomini stipati in pochi metri quadrati. Le immagini non lasciano spazio ad immaginazione alcuna e il gestore conferma: “E’ vero, c’è sovraffollamento, ma non solo da noi. E non dipende tanto dai gestori delle strutture quanto dalle istituzioni, che premono affinché accogliamo quanti più migranti è possibile”.

Per raggiungere la palazzina a due piani gestita dal Consorzio Maleventum, il cui presidente è Paolo di Donato, bisogna letteralmente arrampicarsi su una stradina sterrata, nel cuore di Contrada Madonna della Salute, una piccola frazione di Benevento. È il beneventano, infatti, la zona nella quale il consorzio sembra essere attore protagonista sulla scena dell’accoglienza, arrivando ad accogliere circa 1.000 richiedenti asilo. Un giro d’affari notevole, con introiti che si aggirano intorno ai 30.000 euro al giorno, a fronte dei quali la cooperativa si impegna a rispettare quanto stabilito dalle convenzioni stipulate con la Prefettura di Benevento.

Benevento struttura accoglie i migranti 2

Tuttavia, che qualcosa nella contrada beneventana non funzionasse a dovere era emerso già il 6 ottobre scorso, quando una protesta dei migranti aveva evidenziato più di un problema, spingendo anche la Cgil locale ad intervenire. Il centro, infatti, pur essendo da un mese in attività, ha da poco ultimato i lavori di allaccio per l’acqua potabile. Per una trentina di giorni, i circa 120 “ospiti” hanno bevuto e si sono lavati con acqua di pozzo. Soltanto il 21 ottobre sono stati affissi degli avvisi, all’interno della struttura, con i quali si comunicava che da quel giorno l’acqua sarebbe stata potabile.

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“Abbiamo fatto i lavori per allacciarci alla rete idrica e sotto quella stradina sono passati i tubi, per questo è in quelle condizioni. Però presto verrà riparata”, ci dice subito il gestore di questa struttura del Consorzio, mentre gli spieghiamo che, nella ricerca della struttura, l’unica stradina che avevamo evitato per un’ora, ritenendola non praticabile, era proprio quella. 

Come è possibile che la Prefettura affidi 120 migranti ad un consorzio che li colloca in una struttura non a norma, senza acqua potabile e con una capienza inferiore a quella necessaria? Non esistono controlli preventivi? “No”, è la candida risposta del gestore che sembra abituato ai meccanismi dell’emergenza. Difatti, il consorzio Maleventum, società costituita per atto notarile ed iscritta alla Cciaa di Benevento, opera all’interno del sistema di accoglienza dal 2010 e riceve, ormai da mesi, affidi diretti, senza alcun controllo preventivo né, evidentemente, successivo.

“Queste non sono mica strutture nostre – si giustifica il gestore – noi le prendiamo in affitto e poi dobbiamo adeguarle alle esigenze del caso. Così capita che a volte non si fa in tempo a fare i lavori necessari prima che arrivino i richiedenti asilo”. A sentir parlare il gestore del centro, escluso il “piccolo” problema dell’acqua potabile e quello che lui definisce un “leggero sovraffollamento nella norma”, tutto sembrerebbe andare bene in Contrada Madonna della Salute.

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Quando a parlare sono i migranti, invece, le cose sono un po’ di diverse: condizioni di sovraffollamento insostenibili, 10 bagni con 8 water per 120 persone, poche docce e condizioni igieniche a dir poco discutibili. “Quelli che abbiamo addosso in questo momento sono gli unici vestiti che ci hanno dato ed inizia a fare freddo” – ci dice un ragazzo che incontriamo sulla stradina che porta verso il paese. L’unico al quale riusciamo a rivolgere qualche domanda, avendo ricevuto un tassativo divieto di rivolgerci ai migranti all’interno della struttura.

A confermare l’assenza di un mediatore culturale, poi, è lo stesso gestore nel momento in cui gli chiediamo di incontrarne uno: “No, oggi è domenica e non c’è perché appartiene ad un’altra struttura, quindi ci organizziamo tra di noi. Diciamo che io la domenica vengo per questo anche se devo dire che, una volta instaurato un rapporto con loro, non hanno grosse necessità”.

A tenere sotto controllo il consorzio Maleventum sono stati, in questi anni, anche gli attivisti della campagna LasciateCIEntrare: “Considerando che ci si trova di fronte ad una situazione di degrado più assoluto – ci dice Yasmine Accardo, attivista campana – con assenza di acqua potabile per molto tempo, sovraffollamento e discutibili condizioni sanitarie, non si comprende quali siano i criteri utilizzati dalle Prefetture nella scelta delle cooperative per le procedure di affido diretto. Già da tempo siamo sulle tracce di questo consorzio, essendoci arrivate numerose segnalazioni dalle diverse strutture di loro competenza. Siamo stati nei centri di Dugenta e Sant’Agata dei Goti, sempre nel beneventano, ed anche lì la situazione è allucinante: non esistono figure di mediazione ed alcun tipo di assistenza legale”.

“Oltre a un alloggio scadente e cibo di pessima qualità – continua Accardo – la gestione di questo consorzio non garantisce altro. Non di poco conto è anche la posizione delle strutture, spesso ubicate in campagne isolate o stradine di montagna. Insomma, con Maleventum siamo ben lontani dal raggiungimento degli standard minimi dell’accoglienza, previsti dalla legge, nonostante intaschino circa 30 euro al giorno per ogni migrante che gli viene affidato. In ogni caso siamo in contatto costante con i ragazzi del centro, ai quali abbiamo già assicurato tutto il nostro supporto per tirarli fuori da questa situazione invivibile. Purtroppo, nel nostro paese, i meccanismi dell’emergenza continuano a rappresentare una via privilegiata per speculatori ed affaristi sulla pelle dei migranti e, spesso e volentieri, le prefetture sono le prime responsabili di ciò. Di chi è la colpa quando 100 richiedenti asilo appena sbarcati a Lampedusa finiscono in un vecchio casale nel Sannio dove non c’è neanche l’acqua potabile? Credo che sia di chi quella struttura la gestisce guadagnando un bel po’ di soldi, ma anche di chi dovrebbe controllare e non lo fa.”

Duramente si è espressa anche Rosita Galdiero, segretario provinciale della Cgil, nell’intervista rilasciata a ottobre al giornale “ilquaderno.it” – “Un mese fa ho scritto una nota al Prefetto chiedendo un incontro per capire come sarebbero stati gestiti i nuovi arrivi, ma non ho ricevuto risposta. Sono amareggiata, scriverò una nuova nota al Prefetto e poi come Cgil ne invierò una al ministero dell’Interno, dove spiegherò come funziona a Benevento il sistema dell’accoglienza, compresa l’anomalia che vede in pratica gestire tutto al Consorzio Maleventum”. Sulle condizioni in cui vivono i migranti, conclude – “Non ci sono nemmeno docce sufficienti. I ragazzi sono costretti a fare i propri bisogni fuori, esiste una condizione degrado”. (Giulia Ambrosio-Luca Leva)

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le fantasie degli intriganti di professione: tre pontefici al colpo!

Vatileaks

il papa verso le dimissioni?

Luigi Bisignani: e se ci trovassimo presto con tre pontefici?

Papa Francesco

L’assunto del pensiero di Luigi Bisignani, sempre assai informato su intrighi ed intrallazzi, è chiaro sin dal titolo che campeggia sulla prima pagina de Il Tempo:

“Ci ritroveremo con tre Pontefici?”

Quella di Bisignani è una lettera rivolta al direttore Gian Marco Chiocci, una lettera che pone una domanda dal sapore retorico, ribadita in attacco: “E se ci trovassimo presto anche con tre Papi?”. Dunque L’uomo che sussurrava ai potenti ripercorre in sintesi i fatti degli ultimi giorni, il “rigurgito” di Vatileaks, cita il libro di Gianluigi Nuzzi, e sottolinea come “pagina dopo pagina si viene immersi in un universo fatto di riti e regole solo apparentemente antiche il cui denominatore comune finora è stata l’inerzia”.

Le frasi nel libro 

Dunque Bisignani cita la domanda posta nell’ultima pagina del libro di Nuzzi: “Il Papa riuscirà a vincere la sua battaglia?”. Una domanda, ad ora, senza risposta. Eppure Bisignani mostra di avere quantomeno un’idea su come possa andare a finire, e cita ancora Nuzzi: “La sua è una strada obbligata e di certo il Pontefice non si farà intimidire, a meno che le pressioni diventino insopportabili, tali da indurlo alle dimissioni, come ogni tanto si lascia sfuggire”. Chiosa Bisignani: “Parole come pietre, quelle scritte da Nuzzi che ben conosce i personaggi chiave all’interno delle mura leonine che gli hanno fornito uno spaccato ancora più drammatico rispetto alla crisi. C’è solo da augurarsi che quello che viene paventato rimanga solamente un rischio”. Eppure, a leggere la lettera del faccendiere, sembra che il rischio sia più che concreto, e che la possibile conseguenza sia il passo indietro di Francesco. A quel punto, con due Papi emeriti – Ratzinger e Bergoglio -, come da titolo ci “ritroveremo con tre Pontefici”.

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un non credente scrive al papa una lettera di sostegno alla sua attività di pulizia dentro la chiesa

lettera aperta (e dura)

a papa Francesco

Papa Francesco

di PAOLO ERCOLANI

 

San­tità,

chi scrive non pos­siede il dono della fede. In que­sto senso fatico non poco anche a defi­nirmi ateo, per­ché ritengo la posi­zione di chi esclude cate­go­ri­ca­mente l’esistenza di un’entità supe­riore, biso­gnosa di un’altra fede quan­to­meno equi­va­lente alla prima.

In buona sostanza, insomma, la que­stione prin­ci­pale non è tanto l’esistenza o meno di un’eventuale divi­nità, quanto la mia pro­pen­sione ad affi­darmi alla ragione evi­tando atteg­gia­menti fideistici.

Que­sta ragione, e non la fede, mi sug­ge­ri­sce due ele­menti ben precisi.

FEDE E RAGIONE

Il primo riguarda l’impossibilità dell’uomo di con­se­guire una posi­zione certa rispetto all’esistenza o meno di una o più divi­nità (agnosticismo).

Certo, gli atei scien­ti­sti si oppon­gono a que­sta posi­zione, soste­nendo che un atteg­gia­mento scien­ti­fico richiede che si por­tino prove per soste­nere l’esistenza di una pre­sunta verità affer­mata. Men­tre non è richie­sto nulla di simile per negarla, quella pre­sunta verità.

Ma, dall’altra parte, biso­gna pur dire che una ragione «ragio­ne­vole» (o una scienza umana e quindi uma­ni­stica) deve fare i conti con il dato rile­vato dallo stesso Car­te­sio: ossia l’originaria, insop­pri­mi­bile, costante idea che alberga nell’uomo di «per­fe­zione», ovvero di divi­nità, che da qual­che parte deve pur provenire.

E qui arri­viamo al secondo dato sug­ge­ri­tomi dalla ragione. Cioè che l’essere umano, dalla notte dei tempi, è un «homo reli­gio­sus», ossia costi­tu­zio­nal­mente por­tato a cer­care rife­ri­menti ulte­riori, appi­gli meta­fi­sici, con­forti ultramondani.

Certo, in virtù del primo dato egli non potrà mai pos­se­dere la cer­tezza di un’effettiva esi­stenza di tale divi­nità, ma cio­non­di­meno sarà comun­que spinto a cer­care rispo­ste e con­forto rispetto a un’esistenza in cui è stato get­tato dispe­ra­ta­mente privo di quelle mede­sime rispo­ste e di quel conforto.

Il fatto è che quelle rispo­ste e quel vano motivo di con­forto l’uomo con­ti­nua a cer­carli imper­ter­rito. E spesso, spe­cie nei momenti di crisi delle grandi reli­gioni, fini­sce per tro­varli in entità terrene.

Che sia un Par­tito, un Lea­der, il Mer­cato o per­sino la Tec­nica, quando ciò è avve­nuto sono seguiti sem­pre degli eventi dram­ma­tici e sanguinosi.

Por­tare Dio in terra, o illu­dersi di costruire il Para­diso nel nostro mondo, para­fra­sando Pop­per, ha sem­pre avuto come seguito ine­vi­ta­bile la crea­zione di un inferno terreno.

CIELO E TERRA

La dei­fi­ca­zione, con con­se­guente ido­la­tria, di qual­che essere umano o di qual­che entità ter­rena, ha sem­pre finito per con­sen­tire a un grande dit­ta­tore e alla sua ple­tora di cor­ti­giani di assur­gere a un potere tal­mente incon­tra­stato da rive­larsi distrut­tivo per il genere umano.

In un modo molto simile, la Chiesa, lad­dove ha ope­rato un pro­gres­sivo e ine­so­ra­bile allon­ta­na­mento dal rife­ri­mento divino (e da que­gli stessi Coman­da­menti e dogmi di cui essa stessa è stata l’indiscussa testi­mone in terra), si è costi­tuita sem­pre più alla stre­gua di una potenza ter­rena volta alla gestione del potere e del denaro, non­ché allo sfrut­ta­mento dei poveri e degli oppressi (e della loro difesa a parole) per otte­nere finan­zia­menti pub­blici e pri­vati di dimen­sioni esor­bi­tanti e oscene.

Quando il cielo è «vuoto», la terra si popola e riem­pie delle bestie peg­giori. Anche porporate.

Fondi, è appena il caso di dirlo, che anche in que­sti giorni sco­priamo essere stati uti­liz­zati all’interno della Chiesa per fini per­so­nali di qual­che alto pre­lato, per inve­sti­menti finan­ziari di enorme por­tata, per la costi­tu­zione di un patri­mo­nio immo­bi­liare di dimen­sioni inimmaginabili.

Sì, ha letto bene San­tità, ho scritto «anche in que­sti giorni», gra­zie alla docu­men­ta­zione pre­cisa e inquie­tante for­nita dai libri in uscita di Emi­liano Fit­ti­paldi («Ava­ri­zia», Fel­tri­nelli) e Gian­luigi Nuzzi («Via cru­cis», Chiarelettere).

Da cui emerge un uti­lizzo dell’enorme denaro pub­blico ita­liano (Otto per mille, in par­ti­co­lare) per fina­lità e in quan­tità tali da ren­dere risi­bile l’accusa di pecu­lato rivolta nei con­fronti dell’ex Sin­daco Marino.

Curioso il fatto che il «pecu­lato» (cioè il reato di appro­pria­zione inde­bita di denaro pub­blico), nel diritto romano come nel Dige­sto di Giu­sti­niano, fosse acco­stato al «sacri­le­gio», il reato di appro­pria­zione inde­bita di cose sacre. Per entrambi era pre­vi­sta la pena capitale.

LA STORIA CHE SI RIPETE

Ver­rebbe anche da chie­dersi som­mes­sa­mente, ma temo che nes­suno lo farà, se lo Stato ita­liano (nelle cui vicende la Chiesa entra con legit­tima ma discu­ti­bile auto­rità), non pos­segga gli stru­menti per rivol­gersi alle vie legali, visto che le abbon­danti elar­gi­zioni che esso fa alla Chiesa sono pre­vi­ste dal Con­cor­dato, ma per fina­lità che non sono pro­pria­mente quelle mala­vi­tose emerse in que­sti giorni.

Già, in que­sti giorni. Ma è una sto­ria che si ripete.

Lei ricor­derà cer­ta­mente, infatti, l’articolo del quo­ti­diano inglese «Guar­dian» (How the Vati­can Built a Secret Pro­perty Empire Using Mussolini’s Mil­lions, 21 gen­naio 2013), in cui si par­lava di un capi­tale immo­bi­liare di dimen­sioni ecce­zio­nali tra Fran­cia e Inghil­terra (in aggiunta a quello, ster­mi­nato, in Ita­lia), uffi­cial­mente inte­stato a una società off-shore (con tutti i bene­fici fiscali del caso, quindi).

L’ingente somma di denaro con cui il Vati­cano aveva potuto costi­tuire que­sto capi­tale immo­bi­liare immenso (circa 650 milioni di euro, per l’epoca), era stato il frutto di soldi ancora una volta ver­sati dallo Stato ita­liano, nella per­sona di Benito Mus­so­lini, nel 1929 (per inciso, anno della fune­sta crisi eco­no­mica che ridusse sul lastrico milioni di fami­glie), con lo scopo di «risar­cire la Chiesa della per­dita del potere temporale».

Ovvero, fuori dal buro­cra­ti­chese: lo Stato ita­liano pagava per la sua nascita (avve­nuta nel 1861), che era costata alla Chiesa la per­dita dello Stato Pon­ti­fi­cio e del potere tem­po­rale su buona parte del ter­ri­to­rio italiano.

QUALI VALORI?

Da que­sto punto di vista susci­tano ila­rità que­gli ana­li­sti (spesso legit­ti­ma­mente e ben com­pren­si­bil­mente appog­giati dalla Chiesa stessa), che sosten­gono di voler difen­dere l’identità nazio­nale, non­ché di voler com­bat­tere (a chiac­chiere) un capi­ta­li­smo che si è dato l’obiettivo di uni­for­mare il genere umano ope­rando la distru­zione dei valori, dei dogmi e delle isti­tu­zioni cri­stiane (a comin­ciare dalla famiglia).

Per­ché que­sti ana­li­sti nulla dicono di un’istituzione, la Chiesa appunto, che in buona parte non solo si fa beffe dello Stato ita­liano uti­liz­zando per fini per­so­nali, mala­vi­tosi e impro­pri i tanti soldi che esso gli elar­gi­sce ogni anno; ma che anche dimo­stra di essere ben inse­rita in quelle logi­che per­verse e anti­so­ciali (per non dire anti­u­mane) del capi­ta­li­smo finan­zia­rio più spinto. Igno­rando (o comun­que depo­ten­ziando for­te­mente), per fare ciò, la piena assi­stenza ai poveri, agli emar­gi­nati non­ché a quelle fami­glie sul cui valore la Chiesa insi­ste tanto e giustamente?!

Abbiamo apprez­zato in molti, San­tità, e io fra quelli, la Sua corag­gio­sis­sima enci­clica (la «Lau­dato si’»), in cui fra molte cri­ti­che al capi­ta­li­smo finan­zia­rio emerge una pro­po­sta forte affin­ché la poli­tica (e quindi l’etica, il bene comune) torni a eser­ci­tare un «governo» sull’economia e sugli inte­ressi egoistici.

Ma que­sto apprez­za­mento sem­bra stri­dere con la Sua rea­zione di que­sti giorni, appa­ren­te­mente volta a con­dan­nare non tanto il dato ogget­tivo (di una Chiesa gra­ve­mente preda della cor­ru­zione) quanto la fuga di noti­zie (si parla per­sino di una pos­si­bile richie­sta di ritiro dal com­mer­cio dei due libri summenzionati).

Con­cludo là dove ho ini­ziato. L’uomo è sostan­zial­mente «homo reli­gio­sus», biso­gnoso di tro­vare un legame con la dimen­sione trascendente.

La cura di que­ste anime dal desi­de­rio più che legit­timo (e sono la stra­grande mag­gio­ranza), spet­tano a una Chiesa che sap­pia essere dav­vero «povera», «umile», dalla parte degli ultimi e degli emarginati.

Che essa rie­sca in tale obiet­tivo (se non vogliamo che venga sosti­tuita da divi­nità ter­rene assai più fune­ste), è inte­resse di tutti noi. Cre­denti e non credenti.

Per que­sto mi sento di appog­giare la dif­fi­cile bat­ta­glia che Lei, San­tità, sostiene di com­bat­tere con ama­rezza e vigore per espel­lere ser­penti e fari­sei dal con­sesso ecclesiastico.

Credo che siamo in tanti a farlo, cre­denti e non, pra­ti­canti e non.

Sol­tanto, San­tità, abbiamo biso­gno di mag­giore tra­spa­renza e coe­renza, di una Chiesa che non tenta di oscu­rare le pro­prie debo­lezze ma che piut­to­sto le affronta con forza e aper­ta­mente, per­ché come inse­gnava San Tom­maso, l’anima dell’uomo richiede un nutri­mento che dia forza alla sua fede ma anche alla sua ragione.

E quest’ultima, se sa di non poter cono­scere con cer­tezza le cose divine, è tut­ta­via molto abile a com­pren­dere le mise­rie terrene.

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