la delusione di papa Francesco sull’accoglienza dei migranti nelle parrocchie

migranti: papa ‘deluso’

“certe parrocchie dibattono ma non accolgono”

Migranti Papa deluso certe parrocchie dibattono ma non accolgono

 

 Il Vangelo chiede accoglienza e misericordia, “eppure non cessano di moltiplicarsi anche i dibattiti sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza, non solo nelle politiche degli Stati, ma anche in alcune comunita’ parrocchiali che vedono minacciata la tranquillita’ tradizionale”. Lo denuncia Papa Francesco nel Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato, che ricorre il 17 gennaio prossimo, pur riconoscendo che “molte istituzioni, associazioni, movimenti, gruppi impegnati, organismi diocesani, nazionali e internazionali sperimentano lo stupore e la gioia della festa dell’incontro, dello scambio e della solidarieta’. Essi hanno riconosciuto la voce di Gesu’ Cristo: ‘Ecco, sto alla porta e busso'”. Davanti al dramma di uomini, donne e bambini che fuggono da guerre, violenze e poverta’, il Papa – che nelle scorse settimane ha sollecitato tutte le parrocchie italiane e ed europee ad ospitare almeno una famiglia di migranti – chiede dunque un serio esame di coscienza non soltanto a politici e amministratori della cosa pubblica ma anche alle chiese locali.
“Di fronte a tali questioni – si domanda il Papa nel documento pubblicato oggi – come puo’ agire la Chiesa se non ispirandosi all’esempio e alle parole di Gesu’ Cristo? La risposta del Vangelo – chiarisce Francesco – e’ la misericordia”. E “l’amore di Dio intende raggiungere tutti e ciascuno, trasformando coloro che accolgono l’abbraccio del Padre in altrettante braccia che si aprono e si stringono perche’ chiunque sappia di essere amato come figlio e si senta ‘a casa’ nell’unica famiglia umana”. “In tal modo – assicura Bergoglio – la premura paterna di Dio e’ sollecita verso tutti, come fa il pastore con il gregge, ma e’ particolarmente sensibile alle necessita’ della pecora ferita, stanca o malata. Gesu’ Cristo ci ha parlato cosi’ del Padre, per dire che Egli si china sull’uomo piagato dalla miseria fisica o morale e, quanto piu’ si aggravano le sue condizioni, tanto piu’ si rivela l’efficacia della divina misericordia”. Nel testo, Francesco osserva che “la rivelazione biblica incoraggia l’accoglienza dello straniero, motivandola con la certezza che cosi’ facendo si aprono le porte a Dio e nel volto dell’altro si manifestano i tratti di Gesu’ Cristo”.
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 papa: “parrocchie non temano minaccia a loro tranquillità”

Città del Vaticano, 1 ott. (AdnKronos) 

“La rivelazione biblica incoraggia l’accoglienza dello straniero: eppure, non cessano di moltiplicarsi i dibattiti sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza; non solo nelle politiche degli Stati, ma anche in alcune comunità parrocchiali che vedono minacciata la loro tranquillità tradizionale”. E’ la ‘bacchettata’ di Papa Francesco – contenuta nel messaggio per la ‘Giornata mondiale del migrante e del rifugiato’, che la Chiesa celebra il 17 gennaio – a quelle realtà religiose diocesane, mostratesi ‘freddine’ o titubanti nel recepire il suo appello affinché tutte le parrocchie europee accolgano almeno una famiglia di profughi.

Il Pontefice ricorda che la Bibbia esorta ad accogliere lo straniero, motivando questo invito con “la certezza che così facendo si aprono le porte a Dio e nel volto dell’altro si manifestano i tratti di Gesù Cristo”. Francesco sottolinea con soddisfazione che “molte istituzioni, associazioni, movimenti, gruppi impegnati, organismi diocesani, nazionali e internazionali sperimentano lo stupore e la gioia della festa dell’incontro, dello scambio e della solidarietà”.

“ACCOGLIENZA NON RIGUARDI SOLO I ‘REGOLARI”

“Guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o di irregolarità, ma soprattutto come persone, tutelate nella loro dignità”. E’ l’esortazione di Papa Francesco. “I migranti – ricorda il Pontefice – possono contribuire al benessere e al progresso di tutti, in particolar modo quando assumono responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri”.

In ogni caso, avverte il Papa, “non si possono ridurre le migrazioni alla dimensione politica e normativa, ai risvolti economici e alla mera compresenza di culture differenti sul medesimo territorio. Questi aspetti sono complementari alla difesa e alla promozione della persona umana, alla cultura dell’incontro dei popoli e dell’unità”.

INFORMAZIONE SIA CORRETTA”

“E’ indispensabile che l’opinione pubblica sia informata in modo corretto, anche per prevenire ingiustificate paure e speculazioni sulla pelle dei migranti”, chiede con forza il Papa. “La presenza dei migranti e dei rifugiati interpella seriamente le diverse società che li accolgono – premette il Pontefice – Esse devono far fronte a fatti nuovi che possono rivelarsi improvvidi se non sono adeguatamente motivati, gestiti e regolati”. Ma, in ogni caso, occorre “fare in modo che l’integrazione diventi vicendevole arricchimento, apra positivi percorsi alle comunità e prevenga il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo o della xenofobia”.

“INDIFFERENZA INTERNAZIONALE COMPLICE DI CHI PROVOCA TRAGEDIE” 

“L’indifferenza e il silenzio della comunità internazionale aprono la strada alla complicità, quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi”, accusa Papa Francesco.

Sottolinea il Pontefice: “Di grandi o piccole dimensioni, sono sempre tragedie quando si perde anche una sola vita umana. I migranti – ricorda – sono nostri fratelli e sorelle, che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti. Non è forse desiderio di ciascuno quello di migliorare le proprie condizioni di vita e ottenere un onesto e legittimo benessere da condividere con i propri cari?”, chiede Papa Francesco.

“C’E’ ANCHE UN DIRITTO A NON DOVER EMIGRARE” 

“Difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità, anzitutto esercitando il diritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo del Paese d’origine”, sollecita Papa Francesco. “Questo processo – spiega il Pontefice – dovrebbe includere, nel suo primo livello, la necessità di aiutare i Paesi da cui partono migranti e profughi. Così si conferma che la solidarietà, la cooperazione, l’interdipendenza internazionale e l’equa distribuzione dei beni della terra sono elementi fondamentali per operare in profondità e con incisività soprattutto nelle aree di partenza dei flussi migratori, affinché cessino quegli scompensi che inducono le persone, in forma individuale o collettiva, ad abbandonare il proprio ambiente naturale e culturale”. In ogni caso, per Papa Francesco “è necessario scongiurare, possibilmente già sul nascere, le fughe dei profughi e gli esodi dettati dalla povertà, dalla violenza e dalle persecuzioni”.

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L. Boff il vero ‘padre’ dell’enciclica verde ‘laudato sì’?

Leonardo Boff a Rainews.it: “L’Enciclica Laudato si’ è una nuova speranza per il Pianeta”

Boff L.

 l’enciclica di papa Francesco dedicata all’ ecologia , ovvero alla “madre terra”, non ha deluso le aspettative. Sta facendo discutere l’opinione pubblica mondiale. Per andare alle “radici” dell’enciclica è importante  l’intervista qui sotto riportata al teologo brasiliano Leonardo Boff, uno dei padri della teologia liberazione

l’enciclica verde di Papa Francesco

papa-francesco

intervista a cura di Pierluigi Mele
Leonardo Boff, per prima cosa partiamo dalle reazioni all’Enciclica in America latina: come è stata accolta?
Finora è stata accolta molto bene, persino con una certa perplessità perché nessuno sperava un testo cosi positivo e dentro il nuovo paradigma ecologico. Il Papa ha innovato la discussione proponendo l’ecologia integrale che va ben oltre l’ecologia ambientale dominante. Sicuramente, per lei, questa Enciclica segna la piena riabilitazione del suo lavoro teologico. In particolare quello dedicato all’ecologia. Infatti, nel documento, c’è l’espressione “grido della terra, grido dei poveri” che è sua.
Qual è la novità teologica dell’Enciclica?
A richiesta dello stesso Papa gli ho inviato molto materiale sull’ecologia, visto che è da 30 anni che lavoro su questo tema. Molto mi ha aiutato la partecipazione alla redazione della “Carta della Terra”, sotto l’egida di Michail Gorbaciov. Questo documento molto simile con l’enciclica è per me l’unico grande documento, assunto dall’UNESCO, che sia stato elaborato totalmente dentro il nuovo paradigma, fondato nelle scienze della vita e della Terra. Io ho insistito insieme al Papa attraverso l’ambasciatore argentino nella Santa Sede che l’enciclica avrebbe tutto da guadagnare, mostrandosi contemporanea del migliore pensiero ecologico, se avesse assunto tale paradigma. Secondo questo paradigma tutte le cose stanno interconnesse formando un grande tutto. Tutto sta in relazione e niente esiste fuori dalla relazione. Questa prospettiva aiuta a mostrare che tutti i problemi stanno interconnessi e devono essere affrontati simultaneamente, specie il riscaldamento globale e la povertà delle moltitudini. Sono felice che questa prospettiva sia stata assunta, conferendo grande coerenza e unità al testo. Ciò è una novità nella tradizione del magistero della Chiesa.
Il Papa Francesco ha innovato e collocato la Chiesa nel punto più avanzato della discussione ecologica. Le piace il termine “Ecologia integrale”?
Il tema “ecologia integrale” è presente in tutti i miei libri e articoli. É la forma di come superiamo il discorso convenzionale che si restringe all’ecologia ambientale, secondo la quale s’immagina che l’essere umano stia al di fuori dell’ambiente e della natura, ma al di sopra dominandola e che non bisogna riconoscere il valore intrinseco di ciascun essere, indipendentemente dall’uso umano. Io ho lavorato di forma coordinata l’ecologia ambientale, politico-sociale, mentale e integrale. Specie ultimamente elaboro un’etica, una spiritualità ecologica e una cultura della cura per la Casa Comune, l’unica che abbiamo per abitare. L’ecologia integrale ha incluso le diverse forme di ecologia, dimostrando però che tutte si articolano tra loro a servizio di una cultura bio-centrata e di una Terra, che molti chiamano “Terra di Buona Speranza”.
Quali sono i concetti più belli dell’Enciclica?
I concetti centrali, che articolano tutto il testo, sono la concezione che tutto sta in relazione con tutto. Tutto è relazione e niente esiste fuori dalla relazione. Questa è la convinzione della fisica quantistica e della nuova cosmologia. Questa comprensione è teologicamente ben fondata perché si afferma che il Dio cristiano non è la solitudine dell’Uno ma la comunione e la relazione della Santissima Trinità, sempre ed eternamente interconnessi. Se Dio-Trinità sono cosi, relazione, allora tutta la creazione rispecchia la natura relazionale di tutte le cose. Da questo concetto ne deriva un altro, quello dell’interdipendenza tra tutti e della corresponsabilità collettiva per il destino comune, della Terra e dell’umanità. Un altro concetto chiave è quello della cura. Significa una relazione amorosa e non dominatrice con la natura e si oppone frontalmente al paradigma della modernità che e la dominazione dell’altro, dei popoli e della natura. Il Papa denuncia l’espressione maggiore di questa dominazione che è la tecnocrazia. La distingue bene dalla tecnica che ci ha portato tanti benefici. La tecnocrazia rappresenta la dittatura della tecnica, come se tutti i problemi ecologici e umani potessero essere risolti solo per la tecnica. Devono essere presenti la politica, l’etica e una scienza fatta con coscienza, non prioritariamente per il mercato, ma per la vita. Altro concetto importante è il termine “casa comune” per designare la Terra. Cosi è più facile ricordare che tutti abitano lo stesso spazio e che tutti sono fratelli e sorelle gli uni degli altri e anche fratelli del fratello Sole, della sorella Luna e figli della Madre Terra. Questa visione che esiste una fratellanza universale è derivata dalla mistica cosmica di San Francesco, una fonte d’ispirazione per tutta l’enciclica. Essa permette espressioni di grande bellezza, sentimenti di rispetto e di venerazione per tutto quello che esiste e vive. Qui il Papa innova di fronte ai suoi predecessori, in quanto nel suo testo coltiva l’eleganza, la lievità e la poesia.
Come verrà declinata, dopo questa Enciclica, la parola “Liberazione”?
La teologia della liberazione nacque ascoltando il grido degli oppressi, o nella versione argentina, del popolo messo a tacere e della cultura popolare oppressa. Il “marchio registrato” di questo tipo di teologia è l’opzione per i poveri, contro la povertà e in favore della loro liberazione e della giustizia sociale. A partire dagli anni’80 del secolo passato, alcuni teologi percepirono che all’interno di quest’opzione si sarebbe dovuto collocare il Grande Povero che è la Terra crocefissa, devastata e oppressa. Fu in questo senso che io scrissi nel 1995 il libro “Dignitas Terrae”, ecologia: grido della Terra – grido dei poveri”. Questa espressione è stata coerentemente assunta dall’enciclica. Nacque cosi un’eco-teologia della liberazione. Non fu assunta da tutti, perché questa eco-teologia incorpora i dati delle nuove scienze, come la nuova cosmologia, la fisica quantistica, la nuova biologia. La teologia della liberazione classica dialogava con le scienze sociali, con l’antropologia e con la cultura. Tutti fummo formati dentro questo paradigma. Pochi si sono arrischiati a dialogare con le nuove scienze. Ciò rappresentava una vera rivoluzione intellettuale. Io stesso, feci un grande sforzo per incorporare il nuovo paradigma. Non si tratta di parlare su questo, ma da questo. E da lì tutto cambia e mi resi conto che era più facile fare teologia con questo paradigma che con quello classico. Insieme con il cosmologo nord-americano Mark Hathaway elaborammo tutta una visione nuova in un libro dal titolo “Tao da Libertação” che fu tradotto in italiano nel 2014 da Fazi Editore. Negli USA il libro, nel 2010, ha vinto la medaglia d’oro per la “nuova scienza e cosmologia”. Penso che sia il passo più avanzato della teologia della liberazione. Con questo documento pontificio si mette radicalmente in discussione il “pensiero unico” neoliberista. E’ davvero alternativo al neoliberismo.
Le chiedo: l’enciclica potrà avere degli effetti politici?
Sicuramente l’enciclica avrà effetti politici. Primariamente perché non è diretta ai cristiani, ma a tutti gli abitanti della Casa Comune. Essa fa severe critiche agli incontri dell’ONU sul riscaldamento globale perché non possiede una visione integrale ma atomizzata e focalizzata solo nell’ecologia ambientale che favorisce l’antropocentrismo, dove si vede appena la relazione dell’essere umano con l’ambiente e la natura, dimenticando che questo essere umano è parte della natura e tra entrambi esistono relazioni inclusive e reciproche. Non mi meraviglierei se nell’incontro in dicembre a Parigi – organizzato dall’ONU, quando si tratterà nuovamente dei cambiamenti climatici, queste questioni fondamentali siano sollevate e cambi il corso delle discussioni. La questione non è appena il riscaldamento globale. Ma il tipo di produzione, distribuzione e consumo che la nostra società ha elaborato negli ultimi secoli, il quale ha richiesto alti costi alla natura e hanno prodotto un’iniqua disuguaglianza sociale, altro nome, dell’ingiustizia sociale mondiale. I cambiamenti climatici sono la conseguenza di questo modo di abitare la Terra, devastandola in vista di un’accumulazione illimitata. Dobbiamo cambiare, altrimenti conosceremo catastrofi ecologico-sociali mai viste prima. Papa Francesco, con l’Enciclica, porta nettamente la Chiesa cattolica sulla frontiera profetica della lotta per la “liberazione dei poveri”.
Riuscirà l’intera comunità ecclesiale a reggere il passo di Papa Francesco? Vi saranno conflitti all’interno dell’episcopato?
Il problema del Papa non si concentra nella Chiesa, ma nell’umanità. La sua questione non è domandare: che futuro avrà il cristianesimo? Ma la sua preoccupazione risiede in questo: in quale misura il cristianesimo, le altre chiese e cammini spirituali, possono e devono contribuire a salvare la vita sulla Terra e garantire un futuro per la nostra civiltà? Lui ha percepito nubi nere che si annunciano all’orizzonte, anticipando grandi catastrofi, nel caso non facessimo nulla. Ma sempre da’ l’ultima parola alla speranza e alla creatività umana, capace di dare un salto quantistico e conferire un altro corso alla nostra forma di abitare la Casa Comune. Esistono molti cristiani e vescovi che ancora non si sono svegliati di fronte alla gravità dell’attuale situazione che richiede un “cambio di direzione” e, citando la Carta della Terra “cercare un nuovo inizio”. Forse con l’aggravarsi della situazione mondiale, tutti si sveglieranno, poiché – nel caso contrario – potremmo conoscere il cammino già percorso dai dinosauri.
Ultima domanda: con Papa Francesco i martiri dell’America Latina tornano a parlare alla Chiesa Universale. Qual è il “seme” di futuro che questi martiri portano all’intera comunità ecclesiale?
Il Papa Francesco ha accolto la riflessione che si è fatta in America Latina secondo cui il martire non è appena quello che sacrifica la vita per fedeltà alla fede cristiana. Questo è un martire della Chiesa. Ma esiste anche un altro tipo di martire che sacrifica la vita nella difesa della dignità delle persone e dei loro diritti contro la violenza dei regimi dittatoriali. Questi sono i martiri, come diciamo noi, del Regno di Dio. Il Regno di Dio, il messaggio centrale di Gesù, è fatto di giustizia, d’amore incondizionato, di consegna della propria vita per difendere i violentati, specie i poveri. Questo è un atto d’amore e costituisce il contenuto concreto del grande sogno di Gesù: un Regno di giustizia, di compassione, d’amore, di pace e di totale apertura a Dio. Tutti questi martiri possiedono una connotazione politica. Proprio i Papi hanno definito la politica come una forma mai alta di amore verso il prossimo e di servizio alla giustizia del Regno. In questo senso abbiamo molti martiri nella Chiesa dell’America Latina, poiché molti cristiani, laici e laiche, preti, religiosi e religiose e per lo meno due vescovi, Oscar Romero in San Salvador ed Enrique Angelelli in Argentina furono assassinati per difendere questi valori del Regno di Dio. E anche molti colleghi teologi e teologhe furono sequestrati, barbaramente torturati e assassinati per difendere i poveri e per essersi impegnati nell’osservanza, da parte dello Stato, dei diritti umani universali. Tutti questi sono martiri del Regno di Dio, del quale la Chiesa è segno e sacramento.
  http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/L-Enciclica-Laudato-si-e-una-nuova-speranza-per-il-Pianeta-Intervista-esclusiva-di-rainews.it-a-Leonardo-Boff-42122a64-ae5c-41ba-acd0-b6074abe5610.html
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a 50 anni dal concilio si può ancora sperare ad una riforma della chiesa ?

la riforma della Chiesa al tempo di papa Francesco

 intervista a François Becker

Vaticano

tratto da: Adista Segni Nuovi n° 34 del 10/10/2015
Council 50 è il titolo della tre-giorni che si svolgerà a Roma, a Casa La Salle, il prossimo 20-22 novembre, a 50 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II. Non una commemorazione, ma una grande occasione per rilanciare le istanze del Concilio, al tempo di papa Francesco. Ne parliamo con François Becker, professore di fisica teorica, segretario generale della Rete europea Church on the move e coordinatore di Council50.

Professor Becker, che cos’è il progetto Council50?

Council 50 è un processo che mette in pratica uno degli aspetti chiave del pensiero teologico di papa Francesco – il sensum fidelium / sensus fidei – e che vuole dare a comunità, movimenti, gruppi, associazioni e parrocchie, che nel corso degli ultimi 50 anni hanno fatto germogliare in tutto il mondo i semi del Concilio Vaticano II e hanno sviluppato nuovi modi di essere Chiesa, l’opportunità di esplicitare il loro punto di vista sulle riforme da attuare nella Chiesa, ispirate ai Vangeli e nello spirito del Concilio Vaticano II. Un processo che avrà uno dei suoi momenti fondamentali nell’incontro di Roma organizzato da un comitato promotore internazionale che sta preparando una dichiarazione da recapitare a papa Francesco.

In che modo si può partecipare a Council 50?

Innanzitutto inviando al comitato organizzatore esperienze, riflessioni ed analisi che contribuiranno alla stesura della dichiarazione, la Carta Council 50, che si propone di indicare come essere Chiesa e cosa dire e cosa fare come Chiesa, per permettere ai suoi membri di illuminare con lo Spirito di Gesù il mondo in cambiamento e contribuire alla sua trasformazione in un mondo di pace, giustizia e solidarietà. Poi costruendo e dando il proprio contributo ad una rete di corrispondenti in tutto il mondo, che permetterà scambi e confronti fraterni, necessari per il discernimento e per una vita autentica della Chiesa e dei cristiani nel nostro mondo in evoluzione. E naturalmente prendendo parte all’incontro di Roma nonché al convegno organizzato dall’11 al 17 novembre, nella stessa sede, dall’Institut für Theologie und Politiks in collaborazione con il Council 50, per rinnovare e aggiornare gli impegni del Patto delle Catacombe. Durante questi incontri, i delegati e i singoli partecipanti condivideranno le loro esperienze e le loro riflessioni, per conoscersi meglio e riflettere sul futuro della Chiesa e sul coinvolgimento dei suoi membri nella trasformazione del mondo. L’incontro prevede una “fiera” per le associazioni, i gruppi e le comunità che consentirà loro di presentarsi e di far conoscere le attività che portano avanti. Sarà aperto da una relazione della teologa africana Nontando Hadebe e dalle presentazioni dei delegati provenienti da diverse parti del mondo sui temi, le aspettative e le proposte relative alla riforma della Chiesa. Sono previste poi due serie di workshop sui punti della Carta Council 50, la sua messa a punto e la sua adozione. L’iniziativa si concluderà con un incontro in piazza San Pietro, in occasione dell’Angelus di domenica 22 novembre. La Carta sarà presentata al papa durante la celebrazione del 50° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II.

Perché il progetto Council 50 e perché ora?

Pochi giorni prima della fine del Concilio Vaticano II, il 16 novembre 1965, una quarantina di padri conciliari, guidati da Hélder Câmara si incontrarono nelle catacombe di Domitilla, per firmare il Patto delle Catacombe, con cui si impegnarono a rimediare «alle carenze della loro vita di povertà secondo il Vangelo», sottolineando una «opzione per i poveri», in linea con lo spirito del Concilio. Ma questo Patto fu presto dimenticato. Nonostante i numerosi progressi nel modo di essere della Chiesa conseguenti il Concilio, che ha rivitalizzato la Chiesa e ha aiutato i cristiani a mettere in pratica la Parola di Gesù, la maggior parte di queste carenze sono purtroppo ancora oggi all’ordine del giorno. Anche se il Concilio ha cambiato la Chiesa cattolica, rendendola qualcosa di assai diverso dalla Chiesa che il Concilio di Trento aveva istituito quattro secoli prima, molto della Chiesa tridentina è sopravvissuto. Il cammino di riforma, al fine di esprimere il messaggio evangelico in un modo che gli uomini e le donne contemporanei possono capire, è stato bloccato.

Come mai?

È mancata un’adeguata riflessione di fronte alle esigenze dei tempi nonché il discernimento delle nuove correnti di pensiero: hanno prevalso la pusillanimità di fronte al futuro ed i suoi rischi, e insieme le collusioni con i potenti del mondo. La lotta contro l’errore ha assunto un carattere esclusivamente negativo. L’attenzione per i “segni dei tempi”, che per papa Giovanni XXIII significava un’attenzione positiva e paterna ai cambiamenti in atto nel mondo, è diventata spesso un atteggiamento negativo verso il mondo. Il ruolo dei laici nella Chiesa, come popolo di Dio, è stato presto limitato e ristretto; l’universale dignità sacerdotale di tutti i cristiani è stata infatti negata e le comunità di base che hanno iniziato a praticarla sono state emarginate ed escluse. La libertà di religione e il primato della coscienza personale sono stati affermati come elementi centrali, ma sono stati spesso contraddetti dal comportamento pratico della Chiesa. L’autonomia delle Chiese locali è stata limitata e contraddetta dalla crescente centralizzazione del potere negli uffici della Curia e dal ruolo nei media dello stesso papa. L’istituzione del Sinodo dei vescovi non è stata seguita da una effettiva devoluzione dei poteri. Il rifiuto della guerra – che sta al centro dell’enciclica Pacem in terris che papa Giovanni XXIII ha pubblicato durante la prima fase del Concilio – è stato spesso ammorbidito. L’opzione per i poveri con le sue conseguenze politiche è stata contraddetta dal comportamento della gerarchia e dalla condanna dello sviluppo teologico in questa direzione, come nel caso della Teologia della Liberazione. La ricerca di nuove soluzioni e scelte pastorali, come la fine dell’obbligo del celibato per il clero e la valorizzazione del ruolo delle donne nella Chiesa, è stata fermata.

Poi è arrivato papa Francesco…

L’elezione di papa Francesco e lo spirito che ha ispirato la sua azione sin dai primi giorni del suo pontificato, la sua rinnovata attenzione al Sinodo, i suoi gesti, il suo atteggiamento verso le altre religioni e il dialogo con il mondo contemporaneo, la sua provenienza “dalle periferie del mondo” hanno suscitato grande speranza e hanno incoraggiato questa parte della Chiesa: a sostenerlo nei suoi sforzi per trasformare la Chiesa, portandola da un atteggiamento dogmatico ad un approccio pastorale ed evangelico, confidando che anche la gerarchia contribuirà a questo cambiamento; a rispondere alle esortazioni di papa Francesco, in particolare in Evangelii Gaudium, dove si raccomanda ai Pastori “in determinate circostanze, di camminare dietro alle pecore, perché il gregge possiede un’intuizione per trovare nuove strade”.

E in questo contesto l’idea di lanciare Council 50 si è andata perfezionando…

Council 50 è stato lanciato per ravvivare le speranze deluse e riaccendere la fiamma del Concilio Vaticano II, per rinnovare lo slancio verso il futuro che il Concilio aveva introdotto. Council 50 vuole rispondere all’invito fatto ai laici di «mostrare i loro sentimenti riguardo il bene della Chiesa», per rendere visibile, per “portare fuori dalle catacombe” questa parte troppo spesso nascosta e sconosciuta della Chiesa; per dare a tutto il popolo di Dio l’opportunità di far conoscere, al papa e alla Chiesa, le esperienze, le azioni e le riflessioni fatte nello spirito del Concilio Vaticano II, a dimostrazione della forza del Vangelo che porta la liberazione agli oppressi, la pace e la giustizia nel mondo. Per esprimere, condividere e discutere il futuro della nostra Chiesa e proporre come rinnovarla, in modo che possa ispirare il mondo nello spirito di Gesù nel suo cammino di vita.

Chi sono i promotori di questo progetto, chi è coinvolto, chi lo sostiene e con quali fondi?

Sono movimenti, comunità e associazioni attivi in diverse parti del mondo – ciascuno con le proprie specificità, legate alla cultura e al contesto socio-economico e politico di riferimento – che hanno dato vita a reti per condividere le proprie idee ed esperienze e per sviluppare riflessioni e pratiche.

Nel 2008 due di queste reti, il Movimento internazionale Noi Siamo Chiesa (Imwac) e la Rete europea Church on the move, hanno pensato ad un progetto in occasione della celebrazione del 50° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. L’elezione di papa Francesco e lo spirito del suo pontificato hanno fatto sì che il progetto Council 50 fosse coerente con la direzione in cui la Chiesa si sta muovendo.

Tra le associazioni che partecipano o contribuiscono o sostengono il progetto, possiamo citare: Articulación Continental de Comunidades eclesiales de base, Amerindia, Forum Mondiale della Teologia e Liberazione, Kairós / Nós Também Somos Igreja – Brasil, International Federation for a Renewed Catholic Ministry, American Catholic Council, Corpus, Redes Cristianas, Pax Romana, Australian Coalition for Church Renewal, Coordinamento delle Comunità di Base europee, We Are Also Church Sud Africa, Réseau des Anciens Jecistes d’Afrique, Forum Europeo dei gruppi cristiani LGBT, l’Institut für Theologie und Politiks, Wijngaards Istituto per la Ricerca cattolica, il Centro per l’Asia Pace e la Solidarietà (CAPS), l’Associazione dei Teologi Giovanni XXIII. Inoltre ci sono singole personalità che sostengono questo progetto e che hanno deciso di costituire un comitato di garanti. Tra gli altri: Giovanni Franzoni, Raniero La Valle, Leonardo Boff, Luiz Carlos Susin (Forum Mondiale di Teologia e Liberazione), Hermann Häring, Paul Hwang (Centro per l’Asia la Pace e la Solidarietà), Germaine Lipeb (Réseau des Anciens Jecistes d ‘Afrique), Juan José Tamayo, Jacques Gaillot, Anthony Padovano (Corpus, USA), José Maria Castillo, Paul Collins (Coalizione australiana per Rinnovamento della Chiesa), Douglas Irvine.

In Italia Chiesadituttichiesadeipoveri che, dal settembre 2012 allo scorso maggio, ha organizzato quattro incontri molto partecipati in occasione dei cinquant’anni dal Concilio, offrendo spunti e riflessioni nella stessa direzione di Council 50. Le circa 100 tra associazioni e riviste che hanno convocato questi incontri sono state invitate ad aderire a Council 50.

Dal momento che questo progetto riguarda la Chiesa nel suo insieme, perché non si associa la Chiesa istituzionale in questo progetto?

Fin dall’inizio si è cercato di coinvolgere la Chiesa istituzionale. Abbiamo invitato molti vescovi di diversi Paesi, ma non abbiamo ottenuto risposta. Siamo in contatto con la Segreteria di Stato, a cui inviamo tutti i documenti riguardanti lo sviluppo del progetto. Abbiamo sollecitato un’udienza al papa perché siamo ansiosi di incontrarlo per presentare il progetto Council50 e chiedere il suo consiglio. Ma nonostante le nostre ripetute richieste, abbiamo per ora ricevuto poche risposte. Ci rammarichiamo di questa situazione, ma continuiamo a sperare che accetti il dialogo che stiamo cercando. Confidiamo in questo, e vogliamo lavorare alla riforma della nostra Chiesa in modo che diventi una Chiesa del XXI secolo, ispirata al Vangelo, in grado di illuminare il mondo a vivere secondo lo spirito di Gesù.

Basilio Buffoni fa parte di Noi Siamo Chiesa

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