il commento al vangelo della domenica

 

 PRESE A MANDARLI

commento al Vangelo della quindicesima domenica del tempo ordinario (12 luglio 2015) di p. Alberto Maggi

p. Maggi

Mc 6, 7-13

 

 

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo  non  vi  accogliessero  e  non  vi  ascoltassero,  andatevene  e  scuotete  la  polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Dopo l’insuccesso di Gesù durante la predicazione nella sinagoga, dove è stato accolto da scetticismo e Gesù stesso si meravigliava per la loro incredulità, Gesù associa alla sua attività i dodici. I dodici sono i discepoli che rappresentano il nuovo Israele che era appunto composto dalle dodici tribù.
“Gesù prende a mandarli”, scrive Marco, “a due a due”, perché sono una comunità, non si presentano come leader  o portatori di un messaggio, ma deve essere una comunità che vive questo messaggio. E “Da loro il potere sugli spiriti impuri”. Spirito significa energia, forza; quando questa forza proviene da Dio si chiama Santa, non soltanto per la qualità, ma per l’attività che separa l’uomo dalla sfera del male e del peccato e lo attrae in quella del bene. Quando queste energie vengono da realtà diverse da Dio, o addirittura contrarie, si chiamano impure perché trattengono e lo mantengono nella sfera dell’impurità, cioè dell’impossibilità della comunicazione con Dio – secondo la cultura dell’epoca.
“E ordinò” – è l’unica volta che ordina qualcosa in questo Vangelo, quindi deve essere qualcosa di molto importante, che dobbiamo prendere seriamente. Cos’è che Gesù ordina? Gesù ordina “di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura”.
Perché questo? Perché la vita dei discepoli deve mostrare la verità dell’annuncio. Non si può andare ad annunciare la buona notizia di Gesù, che è una notizia in cui l’uomo si fida pienamente di Dio e si fida pienamente degli altri, un messaggio che è di rinuncia all’ambizione, se poi il proprio comportamento, il proprio  abbigliamento,  il  proprio  stile  di  vita  lo  contraddicono.  Quindi  la  vita  dell’annunciatore  del messaggio deve dimostrare la verità.
Quindi Gesù, che normalmente è parco di descrizioni, qui fa una descrizione molto dettagliata, addirittura di come deve essere l’abbigliamento di questi discepoli; dice di “calzare i sandali” – i sandali  
sì perché devono camminare molto – ma di “non portare due tuniche”, avere due tuniche era un lusso dei ricchi. Quindi i discepoli non devono smentire con il proprio comportamento l’annunzio di questo amore universale di un Dio che si mette a servizio degli altri.
Poi  Gesù  invita  questi  discepoli  ad  essere  liberi  dall’affanno  economico,  ad  affidarsi  completamente; dice  che  devono  essere  liberi  anche  interiormente,  e  infatti  dice  “dovunque  entriate  in  una  casa rimanetevi finché non sarete partiti di lì”. Perché quest’indicazione? Perché gli ebrei quando erano in viaggio  cercavano  spesso  ospitalità  soltanto  in  caso  di  altri  ebrei,  non  andavano  in  casa  di  pagani. Perché?  Perché  la  casa  di  un  pagano  era  impura.  Oppure  non  andavano  a  casa  di  ebrei  che  non sapevano  essere  pienamente  osservanti  delle  regole  della  purezza  o  della  impurità  riguardo  ai  generi alimentari.
Ebbene, Gesù chiede di essere liberi; nella casa dove entrate, che siano osservanti o meno, lì rimanete. Quindi bisogna essere liberi per poter liberare. “Ma”, avvisa Gesù, “se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andandovene, scuotete la polvere sotto i vostri piedi”. Questo era un gesto simbolico che facevano gli ebrei, quando ritornavano dalla terra pagana, prima di entrare in Israele,  scuotevano  la  polvere  dei  sandali  per  non  portare  neanche  un  briciolo  di  terra  pagana,  terra impura, nella terra santa. Quindi l’evangelista indica che quanti non accolgono questi annunciatori del messaggio, vanno trattati come i pagani.
Pagano allora non è chi non crede o chi crede in un’altra religione, ma chi non accoglie, chi non presta aiuto.  Chi  non  riflette  nella  sua  condotta  l’amore  universale  di  Dio  è  un  pagano.  Quindi  Gesù  invia  i discepoli ad annunziare questo messaggio della buona notizia, e quanti non lo accolgono vanno trattati come i pagani; quindi ‘pagano’ non dipende dal Dio in cui credi, ma dall’atteggiamento di accoglienza e di ospitalità.
“Ed essi partiti” – ecco qui c’è da chiedersi ‘ma hanno fatto quello che Gesù aveva detto loro di fare o no?’  Perché  Gesù  non  aveva  invitato  i  discepoli  a  predicare  la  conversione,  ed  eventualmente  la conversione era per il regno dei cieli, non li aveva invitati a scacciare i demoni, aveva dato il potere sugli spiriti impuri, che è un’altra cosa, e di ungere i malati con olio, ecc.
I  discepoli  non  hanno  fatto  quello  che  Gesù  ha  indicato  loro.  E  infatti  vedremo  nel  seguito  di  questo Vangelo  che  Gesù  li  chiamerà  in  disparte  e  impedirà  loro  di  annunziare  un  messaggio  che  lui  non  ha autorizzato.

 

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ruspe rosse o ruspe verdi tutte violente sono

rom

in Toscana la “ruspa democratica”

“Via i campi, ristrutturare vecchi edifici”

parola del presidente Enrico Rossi

di

 

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il presidente della Regione Toscana Rossi: “Sfruttiamo i fondi europei per superare i campi nomadi”. La Lega all’attacco: “La priorità nell’affidamento delle case popolari dev’essere garantita ai toscani”. Primi progetti a Lucca, Prato e San Giuliano Terme. I Comuni assicurano: “Nessuna disparità, pagheranno l’affitto”

   David Evangelisti

 

Ruspa sì, ma “democratica”. E basata “sul rispetto dei diritti delle persone”. Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi sfida il leader leghista Matteo Salvini lanciando la sua “ruspa democratica” (“contrapposta a quella ‘razzista’ messa in moto da una certa parte politica”) per cercare di risolvere le problematiche legate ai campi rom. L’obiettivo – ha spiegato Rossi dal palco del Meeting internazionale antirazzista di Cecina, in provincia di Livorno – è quello di sfruttare i fondi europei per “superare i campi nomadi attraverso la ristrutturazione, le case minime e la costruzione di villaggi dignitosi“: questo perché “non possiamo accettare che ci siano persone che vivono in condizioni igienico-sanitarie inaccettabili”.

La “ruspa” targata Pd (“non meno inflessibile di quella razzista”) è già in moto: per Prato, Lucca e San Giuliano Terme (Pisa) sono infatti stati approvati interventi da 1,5 milioni di euro per acquisire o ristrutturare immobili. “Un primo passo – spiegano dalla Regione – nell’ottica del superamento dei 19 campi rom della Toscana”. Manuel Vescovi, capogruppo della Lega in consiglio regionale, attacca: “La ruspa di Rossi? Noi ci teniamo stretta quella di Salvini: la priorità nell’affidamento delle case popolari dev’esser garantita ai toscani” dichiara a ilfattoquotidiano.it.

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googletag.cmd.push(function() { googletag.display(‘div-gpt-ad-1415382146669-0’); }); Rossi: “In 5 anni eliminazione di tutti i campi rom” I nomadi in Toscana, spiega la Regione, sono 3700 (un migliaio quelli in insediamenti non autorizzati). Gli interventi oggetto del decreto (e quelli previsti per Firenze) permetteranno l’eliminazione di 3 campi rom e la riduzione di un quarto. Di campi ne rimarrebbero quindi ancora 15 con 800 persone ospitate: “Scriverò ai sindaci interessati e li inviterò a presentare progetti”. Il decreto dirigenziale è stato adottato il 3 giugno e prevede l’approvazione e il finanziamento di tre “interventi-pilota in materia di edilizia abitativa a favore di comunità emarginate”. Le domande di finanziamento erano partite a fine 2014. A beneficiare dei fondi saranno Prato (526mila euro), Lucca (884mila) e San Giuliano Terme (160mila) per un totale di un milione e mezzo, soldi reperite dal Fondo europeo di sviluppo regionale 2007-2013. A Lucca il Comune acquisirà 7 edifici della periferia per aumentare l’offerta delle case popolari: “In graduatoria – spiega l’assessore comunale Antonio Sichi – ci sono cento famiglie, di cui 6 rom e sinti. Metteremo tutti sullo stesso piano: anche le famiglie nomadi pagheranno l’affitto, che va da 40 a 250 euro al mese”. A San Giuliano si ristrutturerà un immobile della parrocchia, mentre a Prato sarà risistemata una casa colonica. Tutte le amministrazioni assicurano che non ci saranno disparità di trattamento.

“Non solo a rom e sinti” La Regione – si legge nel decreto – ha lavorato all’interno di un tavolo per l’inclusione e l’integrazione sociale di rom, sinti e caminanti. “Ma l’intervento che finanziamo – afferma il presidente Rossi a ilfatto.it – non è riservato esclusivamente a rom e sinti ma a tutte le comunità emarginate, a una folta schiera di persone in difficoltà che riceveranno sostegno sulla base di progetti che saranno presentati da enti e associazioni attive in questo campo”. Vescovi però attacca: “E’ scandaloso, essere italiani è ormai diventato un difetto. L’accesso prioritario alle case popolari dovrebbe esser concesso a chi risiede sul territorio da almeno 15 anni, tenendo inoltre in considerazione la situazione reddituale e la proprietà di beni”. Soddisfatto invece Leonardo Marras, capogruppo Pd in Regione: “La ‘ruspa democratica’ è una soluzione sostenibile in linea con gli strumenti utilizzati per tamponare l’emergenza profughi”.

Il “salto” della Lega? Arriva l’assessore alla sicurezza Un provvedimento che – volontariamente o no – diventa una risposta al successo della Lega Nord in Toscana. Alle Regionali il Carroccio ha incassato il 16% dei consensi (è il secondo partito) contro il 2 delle Europee del 2014 e lo 0,7 delle Politiche del 2013. Nel frattempo una delle iniziative della campagna elettorale di Rossi era stato la sua foto di gruppo con una famiglia rom che scatenò sui social network centinaia di commenti razzisti. “Ma il successo della Lega – risponde Marras – è dovuto alla crisi del centrodestra: Forza Italia si è fermata addirittura sotto al 10%”. Poi però ammette: “Il Pd in questi anni ha forse un po’ sottovalutato la questione sicurezza, lasciando troppo spazio al centrodestra. Rossi lo ha capito e nella nuova giunta ha introdotto la delega alla sicurezza (affidata a Vittorio Bugli, ndr): mi sembra la migliore risposta possibile per indicare un importante cambio di passo”.

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un Socci così demoralizzato da papa Francesco da far pena

rana bollita

Socci applica amaramente il ‘principio della rana bollita’ per esprimere tutto il suo scoramento nei confronti di papa Francesco e di ciò che sta facendo per la chiesa e per il mondo
fa proprio pena, non papa Francesco, ma Socci!

 

 

APPLICATE QUESTA INTUIZIONE A CIO’ CHE BERGOGLIO STA FACENDO NELLA CHIESA O ALLE IDEOLOGIE CHE STANNO IMPONENDO NELLA SOCIETA’ ………

Socci

IL PRINCIPIO DELLA RANA BOLLITA
(di Noam Chomsky)
Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana.

Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa.
L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.


Questa esperienza mostra che – quando un cambiamento si effettua in maniera sufficientemente lenta – sfugge alla coscienza e non suscita – per la maggior parte del tempo – nessuna reazione, nessuna opposizione, nessuna rivolta.
Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate e – oggi – ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute.
I foschi presagi annunciati per il futuro, anziché suscitare delle reazioni e delle misure preventive, non fanno altro che preparare psicologicamente il popolo ad accettare le condizioni di vita decadenti, perfino drammatiche.
Il permanente ingozzamento di informazioni da parte dei media satura i cervelli che non riescono più a discernere, a pensare con la loro testa.
Allora se non siete come la rana, già mezzo bolliti, date il colpo di zampa salutare, prima che sia troppo tardi!

Altro…

foto di Antonio Socci pagina ufficiale.


 
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D. Tutu contro i muri dell’apartheid

«i muri contro i più deboli sono il nuovo apartheid»

intervista a Desmond Tutu

a cura di Umberto De Giovannangeli
in “l’Unità” del 6 luglio 2015

Tutu

 

“Quei Muri non sono solo l’espressione violenta di un mondo che pensa di salvare i propri privilegi sbarrando la strada della speranza a milioni di esseri umani talmente disperati da affidare la propria vita a criminali senza scrupoli. Quei Muri sono anche il segno di una impotenza politica, di una bancarotta morale dell’Occidente e in esso della “civile” Europa. Quei Muri sono l’espressione contemporanea di un nuovo apartheid. I leader europei parlano di quote, ma mi appello a loro per ricordare che non siamo di fronte a dei numeri ma ad esseri umani, i più indifesi, quelli che non hanno voce e diritti. Aiutarli è un dovere per chiunque abbia ancora una coscienza e risponda al suo Dio”.

A parlare è colui che, assieme a Nelson Mandela, ha rappresentato il simbolo della lotta contro il regime dell’apartheid sudafricano: Desmond Tutu, arcivescovo anglicano emerito di Città del Capo, 84 anni, premio Nobel per la pace 1984. A lui ricordo quando, subito dopo la strage di migranti a Lampedusa, era il 2013, sempre dalle colonne de l’Unità lanciò un appello sostenendo la necessità di “una rivolta morale contro tutte le forme di schiavitù: dallo sfruttamento delle donne come schiave sessuali all’impiego dei bambini in condizioni inaccettabili per lunghe ore. Ma la piaga dei migranti illegali, e quel che accade loro, è una delle peggiori forme di schiavitù esistenti oggi al mondo. A quanti fuggono da guerre civili, conflitti tribali, pulizie etniche e da povertà disumane, occorre garantire protezione, riconoscere diritti, e il primo di questi è il diritto alla vita e a una vita migliore”. Da allora sono passati quasi due anni, e altre stragi di innocenti si sono consumate nel Mediterraneo, altre guerre si sono aggiunte a quelle allora esistenti, e oggi, secondo il recente rapporto Global Trends dell’Unhcr, ogni 122 abitanti del pianeta 1 è un rifugiato: “Purtroppo – riflette con amarezza Tutu – le cose sono cambiate, in peggio. Migranti disperati continuano ad affogare nelle acque del Mediterraneo, o a morire attraversando il deserto del Sinai, mentre in Asia sono state scoperte fosse comuni colme dei corpi di migranti. Ed ecco la ragione per cui la xenofobia e le migrazioni rappresentano oggi delle questioni urgenti a livello globale” Il mondo si “mura”. Dalla Palestina al cuore dell’Europa, passando per l’Egitto, la frontiera fra Stati Uniti e il Messico, e ancora Ungheria, Mostar, Cipro, Calais, Melilla… Cosa rappresenta per Lei questo moltiplicarsi di muri e barriere divisorie? “Quei muri non sono solo una vergogna, una nuova forma globale di apartheid. Quei muri, quelle barriere di filo spinato, sono anche il segno di una impotenza mascherata con l’esercizio della forza. E’ il voler chiudere gli occhi, oltre che i cuori e le menti, ad un mondo sempre più segnato da ingiustizie e da guerre, molte delle quali sono a loro volta il lascito di altre guerre scatenate dall’Occidente, in Iraq e in Libia, ad esempio. So bene che esistono problemi di sicurezza che non vanno sottovalutati, ma inorridisco di fronte a quanti, nella stessa Europa, cavalcano le paure verso il migrante per erigere altri “muri’ non meno pericolosi di quelli materiali: sono i “muri” dell’odio razziale, del pregiudizio portato all’estremo. Ma questi “Muri”, materiali e morali, non potranno mai arrestare una moltitudine di disperati che cresce di giorno in giorno. Leggo che molti in Europa si chiedono dove vuole andare questa gente. Ma la domanda vera da porsi è un’altra…”. Quale è questa domanda, arcivescovo Tutu? “E’ chiedersi da quali gironi dell’inferno questi esseri umani fuggano, da quali indescrivibili abomini cercano di liberarsi, cosa hanno visto i loro occhi, quali crudeltà hanno subito per decidere di mettere la propria vita, quella dei propri figli, nelle mani degli scafisti. La grande maggioranza di queste persone provengono dall’Eritrea, dalla Somalia, dalla martoriata Siria: hanno diritto all’asilo e questo asilo deve essere europeo, perché è profondamente ingiusto, oltre che inefficace, lasciare soli ad affrontare quella che non è più una emergenza ma la “normalità” in un modo destabilizzato, Paesi di frontiera come è l’Italia. Ho avuto modo di scriverlo recentemente e mi pare importante ripeterlo con forza in ogni dove: nessuno sceglie di essere un rifugiato o un migrante. Trovarsi ad
affrontare la povertà, la discriminazione, la violenza, la guerra, la corruzione e la malnutrizione è un po’ come starsene chiusi in prigione, perché ti rende incapace di vivere a pieno la tua vita. E la migrazione rappresenta l’unica via di fuga. “Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese” : non lo afferma Desmond Tutu, conterebbe davvero poco, ma lo sancisce l’articolo 13 (punto 2, ndr) della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Contribuire ad attuare questo principio è compito di ogni uomo di buona volontà”. Tra le tante frasi che l’hanno resa celebre nel mondo, ce n’è una che mi sembra che più di altre dia il senso a quella rivolta morale contro i costruttori di Muri, da Lei evocata: “Non mi interessa raccogliere briciole di compassione buttate dal tavolo da qualcuno che si considera il mio maestro. Voglio il menu completo dei diritti” “Sì, è così. Non si tratta solo di essere “insaziabili” quanto a libertà e a diritti, umani, civili, sociali, ma quella frase è anche la richiesta di un’assunzione di responsabilità da parte di ciascun individuo, non importa se potente o meno. Nessuno oggi può dire “non sapevo, non ho visto” ovvero “il problema è troppo grande non sarò certo io a poterlo risolvere”. La risposta è che affermazioni come questa rendono quei problemi insormontabili. In tanti incontri a cui ho partecipato in ogni parte del mondo, ho spesso sentito parlare della mancanza di una leadership politica all’altezza dei tempi. Mi sono permesso di affermare che ciò di cui sento spesso la mancanza è di una leadership etica…”. Come si pratica una “leadership etica”? “In tanti modi. Ad esempio, non stancandosi mai di rammentare come ci si senta a essere perseguitati o senza voce. Mantenere la dignità della vittima, ma anche mostrare indulgenza per le sfide della leadership come collettivo di persone che sono state liberate dai vincoli del ruolo ufficiale”. Quella siriana, ha affermato a più riprese il segretario generale delle Nazioni Unite, BanKimoon, rappresenta la più grande tragedia umanitaria dal dopoguerra ad oggi. “Oggi la Siria è un ammasso di macerie, teatro di una guerra che non conosce limiti. Quello siriano è divenuto un popolo di sfollati, alla mercé di bande di assassini che fanno mostra della loro abiezione. Non ho mai creduto che la guerra possa sconfiggere la guerra, e non sono tra quelli che hanno tacciato di vigliaccheria quei leader politici occidentali che si sono dichiarati contrari ad un intervento militare in Siria. Ma l’alternativa alla guerra non è, non deve essere la rassegnazionei

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stuprata non una ma mille volte

violenza sessuale

lettera a una donna stuprata

        traggo dal sito Eretica questa bella riflessione a partire dall’ultimo caso di stupro:

viol sess

 

Un giorno esci, per dovere o piacere, per accontentare qualcuno o per divertimento, e in men che non si dica finisci con l’essere stuprata. Allora vorrei raccontarti cosa succederà dal momento in cui dirai quello che ti è successo.

Se la persona che hai accusato è un immigrato, un arabo, un rom, tutti saranno dalla tua parte. Gli augureranno castrazione chimica, pena di morte, torture, la sua foto sarà messa in prima pagina, anche se da noi vige un sistema garantista che dovrebbe tutelare gli accusati fino alla condanna. Tutto sarà deciso. Lui è colpevole, tu dici la verità, perciò ti useranno perché in realtà a chi dirà queste cose importa molto poco di te. Importa invece molto a fare la gara a chi piscia più lontano con gli uomini stranieri, perché “violentano le nostre donne”, e anche se tu pensavi di appartenere a te stessa ti rendi conto di appartenere a una discreta somma di razzisti, alle Istituzioni, allo Stato. Ci sarà chi, in tuo nome, parlerà di sterminio di immigrati” clandestini, come se la violenza di genere fosse una questione etnica, e tu non capirai mai, effettivamente se a stuprarti di più fu quell’uomo che ti prese con la forza o tutta questa gente che vuole costruire una forca per soddisfare più il proprio prurito di violenza “giusta” che per altro.

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Se la persona che hai accusato è un italiano, di te diranno che te la sei cercata, o che sei una bugiarda, una che vuole mettere nei guai un figlio di buona famiglia, si farà il ritratto del contesto dal quale il tizio arriva, tutta brava gente, persone perbene, sui quotidiani ci sarà tanto spreco di parole in suo favore, molte dichiarazioni da parte degli avvocati della difesa, e invece a te sarà dato uno spazio minimo, perché a quel punto tu che, in caso di uno stupro da parte di uno straniero, saresti stata “la loro donna” diventi la donna di nessuno. Ti restituiranno l’appartenenza ed è per questo che la pagherai cara. Sarai sola. Tu, la tua famiglia, le persone che ti vogliono bene e alcune persone che si impegneranno a difenderti, perché si occupano di violenza sulle donne in modo disinteressato o perché sulla tua pelle costruiscono una carriera d’altro tipo. I commenti che leggerai in giro saranno pessimi. Indagheranno sulla tua vita privata, ti chiederanno quante volte hai fatto sesso e ti metteranno in croce se la somma dei tuoi partner è più di due. Ti chiederanno perché non hai reagito, come mai non l’hai morso, perché non sei stata pronta a fuggire, perché la nostra cultura dice più o meno questo: se tu reagisci troppo forte e fai male al tuo stupratore ti diranno che è impossibile che lui ti abbia stuprata, anzi, invece sei tu che l’hai aggredito, se invece non ti difendi, è pur sempre colpa tua, perché le brave ragazze non si lasciano terrorizzare così facilmente da uno stronzo armato di un pene eretto per eccitazione data dalla tua paura.

In entrambi i casi sarà tua la scelta: puoi denunciare o meno. Devi sapere, però, che sarai tu quella che viene processata. Per lui vale la presunzione di innocenza e per te quella di colpevolezza. Tu bugiarda, incapace di definire una cosa così complessa come la violenza, tu creatura malefica e tentatrice, che stavi fuori a un’ora che non si addice alle brave ragazze. Tu parente stretta di una gioventù bruciata, di quelle che non hanno più valori, così come dirà il prete e qualche psicolog@ da strapazzo. Tu che sarai accomunata, nell’indole e negli intenti, a un’adolescente di quelle che oramai la danno e se la pigliano come vogliono, perché ‘ste ragazzine, così come dice il vecchio seduto in piazza, sono tutte zoccolette. Basta vedere come si vestono.

E ti diranno che sei tu che l’hai provocato, perché l’uomo, naturalmente, avrebbe un desiderio sessuale, e già si confonde il sesso con lo stupro, benché siano cose completamente diverse, assai maggiore. Ha i bassi istinti, dicono alcuni (e poi non dite che sono le femministe a diffondere una cattiva immagine degli uomini), e lo dicono proprio quelli che un po’ colpevolizzano la vittima e un altro po’ finiscono con il fornire giustificazioni al carnefice. E dato che lui ha quella sessualità animalesca, incontenibile, non addomesticabile, allora sei tu che devi provvedere per prevenire. Indossa un burqa, smetti di vestire come un’adolescente di questi tempi. Torna con la mente e con gli abiti all’età vittoriana e poi confortati del fatto che se lei e lei e quell’altra sono state stuprate tu sai, di certo, in cuor tuo, perché te l’hanno detto quei patriarchi lì, che a loro è capitato perché se la sono cercata. Questo favorisce la divisione moralista tra donne perbene  e per male, ti evita la paura, ti dice che a te non accadrà mai, e invece, guarda un po’, succede a tante, e per di più succede soprattutto in famiglia.

Se, infatti, ti stupra un parente, padre, marito, fratello, nonno, zio, allora la cosa sarà anche più complicata. Ti troverai contro anche gli affetti che ti inviteranno all’omertà perché incapaci di vedere e subito pronti a rimuovere ogni cosa obbligando te a fare lo stesso. Se tu sei invece una sex worker e un cliente ti stupra, a te diranno addirittura che non puoi pretendere di fare una distinzione tra vendita di servizi sessuali e stupro, perché tu sei lì apposta per quello, come se la vendita dei servizi sessuali avesse a che fare, grazie anche allo stigma che viene legittimato dalle abolizioniste, con lo stupro. Non conta il fatto che quel cliente ti ha malmenata, fatto male, ti ha usata e abusata per ore e che non aveva, in ogni caso, alcuna intenzione di pagare.

Se tu sei tutte queste persone insieme e la persona che hai accusato di stupro è un militare, un tutore dell’ordine, uno di quelli che teoricamente dovrebbero difenderti, allora scordati la solidarietà di tre quarti dell’opinione pubblica, salvo una parte che parlerà di “mele marce” invece di parlare di un albero marcio, inteso come sessista dalla testa in giù, perché costruito secondo criteri e regole e culture machiste, omofobe e sessiste che il più delle volte non distinguono una vittima da un carnefice. In fondo sono sempre le stesse persone pronte a massacrare la tua autodeterminazione se scendi in piazza a rivendicare un diritto. Dunque cosa dovrebbe importargli di te se non ti considerano neppure una cittadina critica meritevole di ascolto e di rispetto?

Se tu sei una qualunque di queste donne ma sei una straniera, in special modo se sei riconducibile ad una cultura prossima a quella dell’Islam, se fino a ieri ti avrebbero sanzionata perché porti il velo o avrebbero affamato i tuoi figli a scuola perché la refezione non vale per i poveri e soprattutto per i figli di migranti. Se fino a ieri ti avrebbero volentieri espulsa dall’Italia o mandata a corroderti l’anima in attesa del nulla dentro un Cie, improvvisamente diventi meritevole di attenzione. Ma bada, questo accadrà soltanto se a stuprarti sarà stato il tuo fidanzato, straniero, tuo padre, straniero, o chiunque si presti alla narrazione tossica che parla di una figlia che “voleva vestire all’Occidentale”. E invece, quei trogloditi lì, come se i nostri maschilisti fossero migliori, non glielo volevano permettere.

Ecco: facendo il conto di tutto quel che può succedere io stessa considero che tu sia stata stuprata mille volte. Quando lui ha osato metterti una mano addosso e quando poi il mondo intero ti ha usata, calpestata, violata, colpevolizzata, isolata, per fare di te carne da macello.

Questa è l’Italia. E ricorda: è qui che, purtroppo, vivi anche tu.

di Eretica | 3 luglio 2015

poco di buono

l’opinione di M. Gramellini
 Gramellini
 
massimo gramellini
 
  A Prati, quartiere del centro di Roma, una ragazzina viene trascinata in un parco e stuprata da un uomo di trent’anni. Immediata sul web si scatena la caccia al nero, all’immigrato, al rom, al sindaco Marino che li lascia andare in giro tutti e tre indisturbati a violentare le nostre donne. Ma appena irrompe la notizia che lo stupratore presunto è un italiano purosangue, per di più militare al servizio della sacra Patria, l’esecrazione della Rete dimentica immediatamente il carnefice e sterza sul vestito corto della vittima (a luglio di solito si indossano gonnelloni di lana) e sui genitori depravati che le permettono di rimanere in strada oltre la mezzanotte a differenza di Cenerentola. Gli stessi fini pensatori che sarebbero stati disposti a incendiare un campo rom per vendicare la ragazza offesa da uno di «quelli», indirizzano adesso i loro miasmi contro la scostumata.  Cambiano gli strumenti per diffonderlo, ma il pensiero di queste minoranze rumorose non è molto dissimile da quello che doveva animare i loro progenitori nelle caverne: se l’aggressore non appartiene a un’altra tribù, allora è lei che dev’essere una poco di buono. Il problema è che le caverne erano spazi ristretti, mentre questi trogloditi da tastiera rivolgono i loro rutti potenzialmente al mondo intero. Rimedi? Parlarne e scriverne fino alla noia. Le parole sono lente, ma contagiose. Attecchiscono un po’ alla volta e però dappertutto, persino nelle caverne della modernità.
 

 

 

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perle da maturità 2015

maturità 2015

il bestiario dei maturandi: dallo spritz di Kant ai lupetti di Verga

 grazie a  Tommaso Rodano che ha messo insieme questo bel rosario di amenità, meglio strafalcioni o ‘bestialità’, come lui li chiama,  prodotti dagli studenti agli esami di maturità quest’anno (vengono riprodotte qui le tre ‘puntate’ apparse su ‘il fattoquotidiano’:

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Esami bestiali è la raccolta di strafalcion, pronunciati dagli studenti italiani alla maturità. Ecco la prima puntata, domani si replica. Se avete ascoltato (o fatto) simili prodezze e volete contribuire ad arricchire questo elenco, inviateci le vostre segnalazioni all’indirizzo lettere@ilfattoquotidiano.it. Le topiche più divertenti saranno pubblicate nei prossimi giorni

di Tommaso Rodano | 1 luglio 2015

A chi non è mai capitata quella sensazione tremenda, almeno una volta: la memoria che fa cilecca, le fauci che si seccano, la mente che si annebbia? Di fronte a una domanda di cui si ignora la risposta, alcuni scelgono saggiamente il silenzio. Altri la fantasia. I risultati possono essere estremamente comici. In questi giorni quasi mezzo milione di studenti sta affrontando gli esami di maturità, una di quelle prove che si ricordano per tutta la vita (non sempre con orgoglio). Al Fatto sono arrivate le segnalazioni di tanti professori, con gli strafalcioni più incredibili ed esilaranti dei candidati raccolti in questi giorni e nel corso degli anni. Molti aneddoti sono in rete (il sito Orizzontescuola ha dedicato ampio spazio al “bestiario” dei maturandi). Abbiamo messo in fila le sciocchezze più memorabili: un modo per riflettere su certe derive della scuola, ma soprattutto per sdrammatizzare nei giorni degli orali (per gli studenti e per gli insegnanti, a cui tocca ascoltare certi scempi).

 

Critica del Prosecco puro “Kant era il filosofo dell’aperitivo categorico”. Il candidato deve aver bevuto pesante.

Bravi bravissimi “Don Rodrigo era un Signor Otto”. Parola di Manz Oni.

Geografia dell’anima “Il nome di un vulcano italiano? Il Vaticano”. Apparvero allo studente lingue di fuoco.

La Grande Germania “La capitale dell’Austria? Berlino!”. Quasi.

Lo spirito delle leggi “Mani Pulite è una legge del governo che ha abolito i corrotti”. L’ottimismo è apprezzabile, ma potrebbe servire un ripasso sui poteri dello Stato.

“Il Paese che io amo” “In Italia i comunisti sono stati al governo sino a Mani Pulite”. Vent’anni di propaganda berlusconiana generano piccoli mostri.

“Il Paese che io amo/2” “De Gasperi era un ministro di Berlusconi”. Ora siamo sicuri che Brunetta abbasserà la cresta.

“Il Paese che io amo/3” “L’Urss è la sigla di un’organizzazione terroristica che ha fatto gli anni di piombo in Italia”. Mica si sono accontentati di mangiare tutti quei bambini.

“Il Paese che io amo/4” “La crisi dell’euro è dovuta alla pressione del comunismo sovietico”. La finiranno mai di fare danni, questi maledetti bolscevichi?

Fame rossa “Il compagno di Stalin? Tronky!”. Come si fa a purgare una barretta al cioccolato?

Mille e mazzette “Craxi era il vice di Garibaldi in Sicilia”. E incontrò Vittorio Emanuele II a metà strada, all’altezza di Hammamet.

Beautiful Recanati “Leopardi era un uomo triste perché la fidanzata, che si chiamava Silvia, l’aveva lasciato per un altro”. Gobbo e pure cornuto.

Beautiful Recanati/2 “Silvia era la fidanzata di Leopardi, Elena de ‘Il piacere’ era una donna domestica”. Chissà cosa si sarebbe inventato il coraggioso studente sulla Beatrice di Dante.

Verso l’Infinito e oltre “Leopardi ha scritto ‘Il viaggio della Natura con l’Islandese’ e ‘Il canto di Gatto Silvestro’”. Interpretiamo: il candidato forse si riferiva al “Dialogo della Natura e di un Islandese” e al “Cantico del gallo silvestre”. Ora però al canarino Titti chi glielo spiega?

Lotta di classe “L’alienazione di cui parlano i filosofi come Marx è sostanzialmente lo ‘scazzo’”. Alla faccia del materialismo storico.

Imprevedibili contagi “La rivoluzione francese è scoppiata in Germania”. All’insaputa dei tedeschi.

Guerre immaginifiche “La Germania attaccò l’Inghilterra via terra con le bombe V1”. Troppi videogiochi: levategli la Playstation.

Guerre immaginifiche/2 “La seconda guerra mondiale è finita nel 1958 con la vittoria della Germania”. Ne avesse presa una.

Guerre immaginifiche/3 “Durante la seconda guerra mondiale i tedeschi invasero la Germania”. Alla faccia dell’autolesionismo.

#LoveWins “Silla era la moglie di Mario”. Sono Pacs Questi Romani.

Verga lisergico “I Malavoglia erano una famiglia benestante che viveva su una barca con dei lupi cuccioli”. La barca di padron ‘Ntoni, protagonista del romanzo, era carica di lupini. Il candidato evidentemente li ha scambiati per lupetti. Stile Arca di Noè.

Verga lisergico/2 “Qual è la morale dei Malavoglia? La teoria dell’ostetrica!”. Il candidato si riferiva all’ideale “dell’ostrica”, ma per alcuni la maturità è effettivamente un parto.

Nuove professioni “Gabriele D’Annunzio era un estetista”. E non osiamo immaginare come abbia declinato la parola “vate”.

“Chi ha detto Gelmini?” “Il tunnel del Cern è nel Gran Sasso”. L’ha sostenuto anche un ministro, non vorrete mica prendervela con uno studente?

Crisi d’identità “La radiazione elettromagnetica non sa se essere onda o particella”. L’indecisione potrebbe essere fatale.

Gli anni di Cristo “Gesù? Era nato nel 33 a. C.”. Profetico.

“Dolce vita che se ne va” “Il più celebre romanzo di Pirandello? Il fu Mattia Bazar”. Per lo studente, di un liceo capitolino, si prospettano in effetti Vacanze Romane. Nella migliore delle ipotesi.

La storia su Whatsapp “Il famoso generale garibaldino si chiamava Nino Biperio”. Di fronte all’incredulità del professore, il candidato non arretra: “Prof, l’ha detto lei, guardi, ecco gli appunti”. C’era scritto effettivamente Nino Bixio, ma la lettera X non è contemplata nel linguaggio dell’adolescente: si legge “per”. Ecco dunque “Nino Biperio”.

Lo stato dell’Arte L’insegnante chiede al candidato di commentare il famoso vaso cretese con la piovra in rilievo. Lui, serissimo: “Questa piovra che con i suoi testicoli abbraccia il vaso”. Tentacolare.

Lo chiamavano bipolarismo “Il Grido di Munch fu dipinto da Van Gogh”. Non fa una piega.

Viaggio della speranza “Dove si trova la Gioconda? A Lourdes”. Così la promozione diventa un miracolo.

Sesso, Inferno e rock’n roll “Dante e la legge del contrabbasso”. E Virgilio, suonava la chitarra?

 

Maturità 2015, il bestiario dei maturandi: Cartesio filosofo del “Cogito ergo rum”

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Ieri vi abbiamo raccontato alcune tra le più epiche castronerie pronunciate dagli studenti durante gli esami di maturità. Dall’“aperitivo categorico” di Kant, alla “teoria dell’ostetrica” di Verga, passando per il “D’Annunzio estetista”. L’iniziativa ha riscosso molto successo e gli insegnanti hanno continuato a segnalarci gli aneddoti tragicomici ascoltati in sede d’esame (che abbiamo mischiato a quelli divertentissimi pubblicati dai prof sulla pagina Facebook del sito Orizzonte scuola). Se volete raccontare il vostro bestiario della maturità, continuate a scriverci all’indirizzo lettere@ilfattoquotidiano.it. Le migliori castronerie verranno pubblicate nei prossimi giorni.

La Storia siamo noi. “La fine della Seconda guerra mondiale è stata determinata dallo sbarco in Lombardia”. Bagno di sangue ad Abbiategrasso.

Massacrare con dolcezza. “Gli americani sganciarono la bomba atomica a Hirosima e Mon Amour”. Ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba.

Cocktail spaziali. “Cartesio è il filosofo del ‘cogito ergo rum’”. E Galileo prendeva sbronze epocali con la vodka liscia.à

Lasciate ogni speranza. “Come dice Dante nell’Inferno, ‘Gaetano fu il libro e chi lo scrisse’”. Rino?

Maledetti sms. “Pascoli ha scritto Per Agosto”. Spegnete gli smartphone: la X è una lettera (o un numero romano, come in questo caso).

Verga strikes again. “I Malavoglia non ebbero molta fortuna nell’affare dei lupetti”. Questa annosa vicenda dei lupetti di ‘Ntoni è rimasta nell’immaginario (etilico?) di parecchi studenti.

Prenderla con filosofia. “Come disse il famoso filosofo Kitekat”. Esistenzialismo da leccarsi i baffi.

Prenderla con filosofia/2. “La filosofia, secondo Hegel, è la trottola di Minerva”. Sarebbe la “nottola”, ma a chi piacciono i topi con le ali?

Prenderla con filosofia/3 (A luci rosse). “Le tre fasi dello sviluppo psicosessuale per Freud sono: orale, anale, manuale”. I danni dell’autoerotismo.

Storiche disfunzioni. “L’uomo ci mise 10 mila anni a raggiungere l’erezione”. Benedetto Viagra.

Amanti focosi. “Le erezioni vulcaniche”. Questa pare una barzelletta di Berlusconi.

Economia Darwiniana. “Come si riduce la disoccupazione? Si alza l’Iva, così aumentano i prezzi e la gente è stimolata a cercare lavoro”. Padoan, prendi nota.

Letteratura medico-scientifica. “Parlerò del famoso romanzo di Carlo Levi ‘Cristo si è fermato ad Emboli’”. Deve averlo bloccato un’arteria ostruita.

Storie di sport. “Giolitti firmò il Trattato di Bogliasco”. Sarebbe di Rapallo, ma pare che il candidato abbia fatto la sintesi con la squadra di pallone (la RapalloBogliasco appunto).

Storie di sport/2 . “I parlamentari risposero al fascismo con la recessione dell’Avellino”. Una protesta sacrosanta: gli irpini meritavano la Serie A.

Riscrivere il Ventennio. “Mussolini morì nel 1924, le leggi fascistissime furono in sua memoria. Ah no? L’ho confuso con Matteotti”. Com’era? Imparare la storia per non ripetere gli errori?

La Storia sotto Lsd. “Qual è la forma di governo attuale in Francia? La monarchia con il re sole”. La prossima volta si consiglia l’ombrellone.

Ruspaaa. “Un esempio di architettura fascista a Milano? Il Duomo”. La linea gotica del Duce.

I prodigi di Lutero. “Le teorie di Martin Lutero ottennero larga diffusione grazie all’invenzione della stampante”. Chissà se avevano già le cartucce a colori.

Forme d’arte. “Una poesia scritta in sette nani sciolti”. Biancaneve e i nani nell’acido.

Faceboom. “La Rete è pericolosa perché ci sono persone che ‘innescano’ i bambini”. Occhio ai pirofili.

Il problema di Didone. “Enea e Didone erano due donne.” Viva l’Eneide transgender.

Indiana Jones e la rivoluzione industriale. “La catena di montaggio è stata inventata da Harrison Ford”. Che infatti poi ha fatto film a ripetizione.

Il maglioncino di Reagan. “La guerra fredda è stata combattuta durante i mesi invernali”. Non fa una piega.

Altro che Re Giorgio. “Enrico I è stato il primo presidente della Repubblica”. Ma il più amato rimane il monarca Pertini.

Fatti una risata, gobbo. “Leopardi era un umorista”. Un fine umorista, davvero.

La tesina del campione. “All’esame porto un disegno cubistico e le poesie di M. L. King”. In bocca al lupo.

Lotta di classe. “Chi era Paolina Borghese? Era una borghese, cioè della classe popolare”. Quando uno ha le idee chiare.

Viaggi celestiali. “Nel Paradiso Beatrice dà a Dante l’ecstasy”. La più grande spacciatrice della storia della letteratura italiana.

Geografia dell’anima. Al candidato viene chiesto di individuare il Marocco sulla carta geografica. Lo studente, con crescente perplessità, passa in rassegna gli oceani e le aree celesti. Poi si arrende

 

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“Rapporti epistolari? A volte, in auto”

di Tommaso Rodano | 3 luglio 2015

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terza puntata del nostro bestiario della maturità. In questi giorni vi abbiamo raccontato, tramite le testimonianze degli insegnanti, alcune delle più assurde e comiche gaffe dei ragazzi all’esame di Stato. Vi abbiamo chiesto di scriverci le vostre esperienze all’indirizzo lettere@ilfattoquotidiano.it e avete risposto con decine e decine di segnalazioni. Vi ringraziamo per la partecipazione entusiastica, ci sarebbe piaciuto poterle pubblicare tutte. Per motivi di spazio, abbiamo provato a scegliere le più divertenti.

Zuppe di bambini. “Stalin rinchiudeva la gente nei gulasch”. Per far intenerire la carne.

Storia di un impiegato. “La guerra civile in Russia fu combattuta tra i rossi e i colletti bianchi”. L’alienazione per il lavoro d’ufficio può avere conseguenze devastanti.

Perder l’amore. “Zacinto mia era una donna che Foscolo aveva lasciato, ma poi la rimpiangeva”. Né mai più le toccherà le sacre “sponde”.

Campo lunghissimo. “Robert Capa voleva essere sul posto per fotografare il più vicino possibile. Per questo nel 1954 andò in Giappone per fotografare la guerra francese in Indocina”. Aveva un obiettivo potentissimo.

L’innocenza sulle gote tue. Domanda del prof: “Ci parli delle Ultime lettere di Jacopo Ortis. Lo sa che è un romanzo epistolare?”. Silenzio della candidata. “Cos’è un romanzo epistolare, lo sa signorina?”. Silenzio. “Non mi dica che non ha mai avuto rapporti epistolari…”. La studentessa, con voce bassa, arrossendo: “Sì, qualche volta, in macchina”.

Il tribuno Casanova. “Nell’antica Roma erano frequenti gli scontri fra patrizi e playboy”. E nell’arena c’erano leoni e conigliette.

Fritto misto Pirandello. “Il fu Mattia Pascal si guarda allo specchio e si accorge che ha il naso storto. Allora chiede alla moglie e lei gli dice che l’ha sempre saputo. Allora lui capisce che è Uno, nessuno e centomila”. Ce n’è abbastanza per un lungo e faticoso percorso d’analisi.

Il Medioevo del porno. “Le prima causa della perdita del feudo era la fellatio”. Meglio tacere delle altre.

I gemelli del gol. “Galileo e Galilei erano due fratelli scienziati”. Complimenti a mamma e papà.

Fare l’Italia o fare la pasta. “Durante il Risorgimento Mazzini e Garibaldi fecero la carbonara”. Gnam.

Sempre a pensare ai soldi. “L’opera più importante di Karl Marx? Il Milione”. Un buon Capitale.

Storia paranormale. “La Seconda guerra mondiale inizia con l’invasione della Germania sulla Croazia”. Chissà per chi tifavano gli ustascia.

Storia paranormale/2. “La prima guerra mondiale viene chiamata anche guerra di… guerra di… di Hitler!”. Nein.

Piccoli problemi di pronuncia. “Posso iniziare con un autore a piacere? Io partirei con Nash. Chi è Nash? Quel filosofo tedesco”. Nietzsche non sarà mai il suo mestiere.

Avere le idee chiare. “Calvino nacque a Cuba. Qual è la capitale di Cuba? Parigi”. La Tour Fidel.

Errori Capitali. “In quale Regione italiana si trova Roma? La Lazio”. Eresia. Da internare in Curva Nord.

Schiena dritta. “Leopardi dopo aver conosciuto Silvia si era un po’ rammollito”. Lo smidollato di Recanati.

La strage di Giosuè. “In Pianto antico di Carducci si parla dei 12 figli morti del poeta. Il figlio morto era uno solo? Non è possibile, erano 12. Lo dice la poesia: sei nella terra fredda, sei nella terra nera”. Ragionamento inappuntabile.

Bel tempo si spera. “Giovanni Verza… tra le sue opere più importanti c’è Rosso Maltempo”. Levategli il vino. Rosso.

Da Il Fatto Quotidiano del 3 luglio 2015

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la “coscienza di Sveno” e l’arte dello Zen

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Il fine giustifica i fessi Una candidata, che gli esaminatori non hanno voluto interrompere per pietà, ha parlato per diversi minuti delle opere di “Machialini e Guicciardelli”. Mancava solo Ludovico Arrosto per fare l’en plein.

Le ali della libertà “In carcere Hilter scrisse il Mein kampf, ovvero ‘Le mie prigioni’”. Si confonde con Herr Pellico.

Non è un paese per lupe “Un argomento a piacere? Parlerei del Verga e della sua grande opera: ‘La Cagna’”. Dopo la mucca capitolina, un altro affr

Global warming “Che clima c’è ai Poli? Fa caldo!”. Tutti volere pinguino De Longhi.

Sapore di casa “Durante il fascismo nacquero le prime auto chiamate Barilla, e prendevano nome dai bambini chiamati comunemente così.” Pastasciutta e moschetto, fascista perfetto.

L’arte dello Zen “Qual è il romanzo più importante di Italo Svevo? La coscienza di Sveno”. Per palati fini.

Il bomber Domanda: “Quali furono i capi di stato presenti alla Conferenza di Jalta?” Lo studente riflette, balbetta: “C… C… Churchill!”. Giusto. Poi? “S… S… Stalin!”. Corretto. E l’ultimo? “Ru… Ru…”, “Sì, sì”, incoraggia il prof… e finalmente: “Rumenigge!”. Gol capolavoro.

Carletto il trasformista “Marx fondò la sua filosofia sul capitale. Era un filosofo capitalista.” Sedeva alla destra di Marchionne, praticamente.

Mitologia spiccia “Le Olimpiadi nacquero in Grecia a discapito di Zeus”. Per protesta fece tuoni e fulmini.

Uno, nessuno e Sean Penn “Un momento importante per Pirandello fu quando vinse l’Oscar.” Il Nobel per la Letteratura in effetti è roba per poveracci…

La spada di Hitler “I tedeschi rinchiudevano gli ebrei nei laser”. L’ultima perversione dei bastardi senza gloria.

Adolf il diplomatico “Nel Mein Kampf Hitler aveva ‘solo’ scritto che gli ebrei sono una razza inferiore”. Un vero moderato, insomma.

Sciascia, chi era costui? “Qual era lo scrittore siciliano che si interessò di mafia e il cui nome era Leonardo? Leonardo Da Vinci!”. Ominicchio.

Tempesta ormonale “Una delle più famose composizioni di Catullo è la ‘Passera di Lesbia’”. Questa non l’avrebbe detta neanche Alvaro Vitali.

Quel ramo dello stretto di Messina “I Promessi Sposi sono un romanzo ambientato a Milazzo”. Renzo, fa caldo.

Fate l’amore, non fate la guerra “Durante la guerra del Vietnam, gli Americani lanciavano bombe defloranti”. Il candidato si confonde con Woodstock?

Soluzioni universali “In India vige il sistema della pace dei sensi”. Stupidi noi, che siamo una repubblica parlamentare.

Autonomia limitata “Bismarck fu il fautore dell’indipendenza di quale stato? Dell’Italia”. Da Otto alla Merkel: il padrone è sempre crucco.

Equilibrio dei poteri. “Il Parlamento chiede la fiducia al Presidente del Consiglio”. L’Italicum funziona così, più o meno…

Equilibrio dei poteri/2 “Il nome del primo ministro italiano? Grasso”. Renzi chi?

Equilbrio dei poteri/3 “Il governo è composto dal Senato e dalla Camera dei Deputati”. E si riuniscono tutti al Quirinale.

Equilibrio dei poteri/4 “Da chi è composto il Parlamento? Dai maestri”. Il famoso consiglio dei maestri. In Parlamento.

Un bilancio difficile Tema: la violenza sui minori. Conclusioni del candidato: “Tutta questa violenza sui minori ai bambini gli fa più male che bene”.

Prodotti tipici “Una delle più famose raccolte di Eugenio Montale si intitola ‘La bufala e altro’”. Mozzarella di bufera.

Autosabotaggio “Lo sbarco in Normandia avvenne in Germania”. Anche questa non fa una piega.

Messaggi inquietanti “Il terzo Reich va per la maggiore”. In che senso?

Punti cardinali “Dov’è Jalta? In Africa”. Mancata per un pelo.

Concilia? “Il processo di Norimberga fu fatto per risarcire gli ebrei”. Vabbè, mettiamola così.

Prima di tutto, la coerenza “La prima guerra mondiale si concluse con la vittoria della Germania e dell’Italia, ai danni della Francia e dell’Inghilterra, clamorosamente tradite dagli italiani”. Sti cambi di casacca sono un casino.

Poveri ma belli “Pascoli non era economicamente molto adagiato”. Non poteva permettersi un divano, insomma.

Fratello dove sei? “A Zacinto è una poesia scritta da Foscolo in memoria del fratello Giacinto”. Giacinto detto Giante.

Nobiltà d’animo “Il Fascismo venne fondato dal Duca Mussolini”. Sangue nero-blu.

Parabola rossa “La Russia impose un regime autoritario sui suoi paesi satellitari”. Come prendeva bene il segnale a Mosca.

Latinorum di qualità “Verba volant, carta cantant”. Mano manent?

Punti di vista “Mussolini, insieme a Hitler e Stalin, furono dei Superuomini”. Dici eh?

Un posto al sole “Nel 1936 l’Italia colonizzò la Grecia”. Così, senza nemmeno un referendum.

Qualcosa non torna “Nel Sabato del villaggio di Leopardi tutti sono felici perché è domenica”. Hanno esagerato col vino.

Savoir faire “Nel Dolce Stil Novo la donna angelicata era ‘vaccheggiata’ dal poeta”. Un vero gentiluomo.

Viaggi nel tempo “Il poeta latino Lucrezio nel ‘De rerum natura’ si è ispirato a Leopardi”. Avanguardia pura.

Dissociazioni “Questo quadro è di Monet. Anzi Manet. Come si pronuncia Manet o Monet?”. Quello lì, insomma.

È tutta mia la città L’insegnante suggerisce: “in Russia si instaura il regime co… co…?”. Lo studente, senza esitazioni: “Comunale!”.

Raggelante “La guerra fredda si combatte negli inverni degli anni dal 1914 al 1918”. Col cappotto pesante.

Da Il Fatto Quotidiano del 5 luglio 2015

 

 

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il commento al vangelo della domenica

UN PROFETA NON E’ DISPREZZATO SE NON NELLA SUA PATRIA

commento al Vangelo della quattordicesima domenica del tempo ordinario (5 luglio 2015) di p. Alberto Maggi 

p. Maggi

  Mc 6, 1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Giuseppe, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».
Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

In questo brano drammatico l’evangelista ci presenta la triste situazione del popolo sottomesso all’autorità. Il popolo non può permettersi di avere un’opinione propria, deve pensare esattamente quello che le autorità decidono che deve pensare: se le autorità dicono, impongono che quello che è bianco è nero, il popolo deve credere così. Questo è il peccato contro lo Spirito Santo.
Ma vediamo cosa ci dice l’evangelista.
Dice che “Gesù venne nella sua patria”, evita di parlare di Nazareth, perché il caso non è relegato al piccolo paese di Nazareth, ma si estende a tutta la nazione di Israele. Gesù “giunto il sabato si mise a insegnare nella sinagoga”, è la seconda volta che Gesù insegna nella sinagoga.
La prima volta a Cafarnao l’esito era stato positivo, c’era stata la stessa reazione di qui, la gente è rimasta stupita, però s’era detto “questo sì che ha autorità” – cioè ha mandato divino – “non i nostri scribi” (Mc 1, 21-22). Quindi la prima volta la situazione era stata positiva.
Ma Gesù aveva gettato discredito sui teologi ufficiali, sugli scribi, che erano passati al contrattacco, avevano messo in guardia la gente: attenti a quest’uomo, a questo Gesù, perché è vero che vi guarisce,   ma lo fa per infettarvi ancora di più, perché è uno stregone, agisce per opera di Beelzebùl, il principe dei demòni. E il popolo lo crede.
Infatti qui la gente rimane stupita del suo insegnamento, ma non c’è una reazione positiva, e si chiedono “da dove gli vengano queste cose?”. Non percepiscono in Gesù la condizione divina, perché gli scribi hanno detto che in Gesù c’è una condizione diabolica, loro devono credere quello che le autorità impongono di credere. E si stupiscono dei prodigi e dicono che “sono compiuti dalle sue mani”, come se Gesù fosse uno stregone. Evitano di nominare Gesù, si riferiscono a lui con profondo disprezzo “Non è costui”, quindi evitano di pronunciare il nome e poi passano all’offesa, lo chiamano “il figlio di Maria”.
Un figlio, nel mondo palestinese, veniva sempre chiamato con il nome del padre, anche quando il padre era defunto; il figlio conservava sempre il nome del padre. Quindi avrebbero dovuto dire “non è il figlio di Giuseppe?” ; ma ignorano Giuseppe. Dire che qualcuno è il figlio di una donna significa che la paternità è dubbia e incerta. Quindi passano alle offese e passano alla realtà, elencando i suoi parenti, fratelli e sorelle, cioè gli appartenenti al suo clan familiare e, conclude l’evangelista, che tutto questo per loro “era motivo di scandalo”.
Quindi la situazione del popolo è tremenda: pur avendo ascoltato l’insegnamento di Gesù, non ne percepiscono l’autorità divina perché le autorità religiose, per non andare contro il proprio interesse – loro sì che sanno che Gesù è di condizione divina, ma se lo riconoscono perdono l’influsso e il prestigio sul popolo – hanno detto che Gesù opera per azione di Beelzebùl, il principe dei demòni.
E qui c’è la conclusione amara di Gesù che fa eco a quello che c’è scritto nel vangelo di Giovanni “Egli venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”(Gv 1,11.)
Gesù dice “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria”. E’ il destino dei profeti, in nome del Dio del passato le autorità religiose non riconoscono mai un Dio che si manifesta nel presente.
I profeti sono coloro che allargano lo spazio, dilatano la conoscenza di Dio, ma sono proprio le autorità religiose che, in nome della tradizione, non accolgono e non riconoscono questa novità di Dio e il popolo è sottomesso a questa loro tradizione. E quindi Gesù non può compiere nulla e “si meravigliava della loro incredulità”.
E’ la tristezza di Gesù vedendo l’oppressione dell’istituzione religiosa su un popolo. Quelli che si erano posti come rappresentanti di Dio sono quelli che impediscono la conoscenza di Dio al popolo. 

 

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l’enciclica ‘laudato sì’ in 10 punti

10 cose che abbiamo capito dall’enciclica di papa Francesco sull’ambiente

così il sito Focus sintetizza l’enciclica di papa Francesco ‘laudato sì’:

l’enciclica “laudato si'” sull’ambiente di papa Francesco è scritta con la rabbia di un attivista, la preoccupazione per i poveri e con un atto d’accusa senza precedenti alla indifferenza dei potenti. Ecco alcuni punti più importanti:

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papa Francesco ha appena pubblicato la prima enciclica sull’ambiente: 180 pagine ricche di riflessioni teologiche e con numerosi atti d’accusa verso i potenti e le nazioni sviluppate. Ecco che cosa ci sembra di aver capito (anche grazie all’analisi di altri autorevoli giornali, dall’inglese Guardian all’americano The New York Times):

 

 

1. Pensa che dobbiamo abbandonare il carbone

In attesa di soluzioni migliori (le rinnovabili) meglio preferire il male minore. Nel caso energetico, meglio il gas del carbone.

Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti – specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas –, deve essere sostituita progressivamente e senza indugio. In attesa di un ampio sviluppo delle energie rinnovabili, che dovrebbe già essere cominciato, è legittimo optare per il male minore o ricorrere a soluzioni transitorie.

 

2. Gli incontri sul clima dell’ONU hanno fallito

Oltre 20 anni di summit sono serviti a poco nel controllo del global warming.

Degna di nota è la debolezza della reazione politica internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti. 

3. Non gli piacciono i “crediti di emissione”

La strategia di compravendita di “crediti di emissione” può dar luogo a una nuova forma di speculazione e non servirebbe a ridurre l’emissione globale di gas inquinanti. Questo sistema sembra essere una soluzione rapida e facile, con l’apparenza di un certo impegno per l’ambiente, che però non implica affatto un cambiamento radicale all’altezza delle circostanze. Anzi, può diventare un espediente che consente di sostenere il super-consumo di alcuni Paesi e settori.

 

4. Ma gli piace l’energia delocalizzata

In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti. Questi valori hanno radici molto profonde nelle popolazioni aborigene. 

5. Non è contro il cibo OGM (ma neanche pro)

È difficile emettere un giudizio generale sullo sviluppo di organismi geneticamente modificati (OGM), vegetali o animali, per fini medici o in agricoltura, dal momento che possono essere molto diversi tra loro e richiedere distinte considerazioni. D’altra parte, i rischi non vanno sempre attribuiti alla tecnica stessa, ma alla sua inadeguata o eccessiva applicazione. In realtà, le mutazioni genetiche sono state e sono prodotte molte volte dalla natura stessa. Nemmeno quelle provocate dall’essere umano sono un fenomeno moderno. La domesticazione di animali, l’incrocio di specie e altre pratiche antiche e universalmente accettate possono rientrare in queste considerazioni. È opportuno ricordare che l’inizio degli sviluppi scientifici sui cereali transgenici è stato l’osservazione di batteri che naturalmente e spontaneamente producevano una modifica nel genoma di un vegetale. Tuttavia in natura questi processi hanno un ritmo lento, che non è paragonabile alla velocità imposta dai progressi tecnologici attuali, anche quando tali progressi si basano su uno sviluppo scientifico di secoli.

6. Pensa che il consumo sia un problema più grave della popolazione

Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi. Si pretende così di legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti di un simile consumo. 

  7. Dice che gli smartphone e gli altre gadget elettronici stanno rovinando il nostro rapporto con la natura

Nello stesso tempo, le relazioni reali con gli altri, con tutte le sfide che implicano, tendono ad essere sostituite da un tipo di comunicazione mediata da internet. Ciò permette di selezionare o eliminare le relazioni secondo il nostro arbitrio, e così si genera spesso un nuovo tipo di emozioni artificiali, che hanno a che vedere più con dispositivi e schermi che con le persone e la natura. I mezzi attuali permettono che comunichiamo tra noi e che condividiamo conoscenze e affetti. Tuttavia, a volte anche ci impediscono di prendere contatto diretto con l’angoscia, con il tremore, con la gioia dell’altro e con la complessità della sua esperienza personale. Per questo non dovrebbe stupire il fatto che, insieme all’opprimente offerta di questi prodotti, vada crescendo una profonda e malinconica insoddisfazione nelle relazioni interpersonali, o un dannoso isolamento.

  8. Quale sarà il nostro regalo per le nuove generazioni? Desolazione!

Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia. Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia. Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato le possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni. 

  9. Inquinare e togliere risorse alle generazioni future è un peccato

L’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti. Se non lo facciamo, ci carichiamo sulla coscienza il peso di negare l’esistenza degli altri. Per questo i Vescovi della Nuova Zelanda si sono chiesti che cosa significa il comandamento “non uccidere” quando «un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere».

10. Anche l’inquinamento acustico è un disagio

Per poter parlare di autentico sviluppo, occorrerà verificare che si produca un miglioramento integrale nella qualità della vita umana, e questo implica analizzare lo spazio in cui si svolge l’esistenza delle persone. Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vedere la vita, di sentire e di agire. Al tempo stesso, nella nostra stanza, nella nostra casa, nel nostro luogo di lavoro e nel nostro quartiere facciamo uso dell’ambiente per esprimere la nostra identità. Ci sforziamo di adattarci all’ambiente, e quando esso è disordinato, caotico o saturo di inquinamento visivo e acustico, l’eccesso di stimoli mette alla prova i nostri tentativi di sviluppare un’identità integrata e felice.

 

 
18 Giugno 2015
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papa Francesco ‘teologo della liberazione’

echi della Teologia della liberazione nell’Enciclica sull’ecologia

 in: Reporterre, le quotidien de l’écologie
Echi della Teologia della liberazione nell’Enciclica sull’ecologia

l’enciclica pubblicata il 18 giugno segna un forte impegno della Chiesa sull’ecologia. Per scriverla, il Papa si è ispirato alla teologia della liberazione, una corrente nata negli anni sessanta in America Latina, che mette i poveri al cuore della religione. Facciamo luce su un movimento d’avanguardia misconosciuto in Europa

“Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, quando l’ultimo fiume sarà stato avvelenato, quando l’ultimo pesce sarà stato catturato, allora ci renderemo conto che il denaro non si mangia.” [1] Colui che così riprendeva la frase attribuita a volte a Geronimo a volte ad un indiano Cree, più di venti anni fa, non è un profeta di sventura, ma un prete brasiliano, Leonardo Boff, uno dei fondatori della Teologia della liberazione. 

Questa corrente cattolica, nata in Sud America durante gli anni sessanta, è all’avanguardia nella battaglia ecologica globale. Di conseguenza, Leonardo Boff è certamente tra gli autori che Papa Francesco deve aver riletto attentamente per preparare la sua Enciclica sull’ecologia, Laudato si, pubblicata il 18 giugno. Eppure, la teologia della liberazione non è sempre stata in odore di santità presso il Vaticano.

La centralità dei poveri

L’espressione Teologia della Liberazione appare per la prima volta presso il grande pubblico nel 1971, sulla copertina di un libro che farà il giro del mondo e firmato da un sacerdote, teologo e filosofo peruviano, Gustavo Gutierrez. L’originalità di questa nuova teologia si basa su un punto importante, tratto dal Vangelo: la centralità dei poveri. Ma a differenza di altri movimenti e personalità cattoliche che hanno dedicato la loro vita ai più indigenti, Gustavo Gutierrez e i suoi amici li considerano innanzitutto come soggetti della loro stessa emancipazione e non solo come oggetti di cure caritatevoli.

Gustavo Gutiérrez

Molto concretamente, sin dagli anni sessanta essi hanno creato forme di organizzazione di vita condivisa, sul piano materiale come su quello spirituale, chiamate comunità ecclesiali di base. Sacerdoti e, talvolta, vescovi, hanno scelto di vivere nelle baraccopoli e nei villaggi al fianco dei ”dannati della terra”. Con la teologia della liberazione, operai, contadini, donne, indiani diventano la Chiesa. Attraverso la lotta per l’emancipazione dei più poveri, dal Brasile al Messico passando per il Cile e il Perù, questi cattolici hanno attraversato un passaggio per lungo tempo tabù nella loro Chiesa: quello del discorso politico. A maggior ragione di sinistra… o addirittura di sinistra radicale.

L’ex vescovo brasiliano Dom Helder Camara, deceduto nel 1999, figura prominente di questa corrente, ripeteva una formula diventata famosa: “Quando do del pane ai poveri, dicono che sono un cristiano; quando chiedo perché sono poveri, dicono che sono un comunista”. La loro prossimità alla sinistra rivoluzionaria si è rinforzato a causa del loro impegno contro le dittature sudamericane. Cosa che costò la vita a molti di loro, come Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador (El Salvador), assassinato nel 1980, mentre celebrava la messa, dai militari legati alla giunta al potere.

Cattolici, rivoluzionari… e presidenti

Altri hanno assunto impegni politici. Leonardo Boff è stato uno dei principali sostenitori di Lula, così come un’altra grande figura della teologia della liberazione, Frei Betto. Domenicano brasiliano, teologo, filosofo e scrittore, incarcerato per quattro anni sotto la dittatura militare, Betto è stato nominato consigliere speciale di Lula quando questi è stato eletto Presidente della Repubblica. In tale incarico ha coordinato il programma ”zero fame”, che ha fatto uscire circa 40 milioni di brasiliani dalla povertà. Bisognerebbe anche citare un certo numero di capi di stato sudamericani recenti, dal Paraguay di Fernando Lugo (2008-2012), un ex vescovo, all’Ecuador, dove l’attuale Presidente, Rafael Correa, è un devoto cattolico, così come lo era Hugo Chávez in Venezuela (1999-2013).

Da una ventina d’anni, l’influenza della teologia della liberazione si fa sentire ben al di là dell’America del Sud, esplicandosi in molteplici aree: femminismo, diritti indigeni, multiculturalismo, per dirne alcune. Ma l’area principale è l’ecologia. Anzi, per alcuni di loro, come Leonardo Boff, essa rappresenta un nuovo paradigma che trascende tutti gli altri: “La terra sanguina” egli sottolinea “specialmente attraverso quell’essere più particolare, l’oppresso, l’emarginato e l’escluso, poiché questi rappresentano la grande maggioranza del pianeta. È basandosi su di loro che bisogna ripensare l’equilibrio universale e il nuovo ordine mondiale ecologico”. [2]

Leonardo Boff

Occupazione delle terre e difesa dell’Amazzonia

Questo impegno si spiega, come in molte delle loro battaglie, con lo stile di vita che hanno scelto e che li porta a condividere realtà molto concrete. Al fianco dei contadini senza terra, per esempio. Così, la prima massiccia occupazione lanciata da questi ultimi in Brasile nello stato di Rio Grande do sul, nel 1979, è stata fortemente sostenuta dalla Pastorale della terra, emanazione della teologia della liberazione. E anche al fianco degli indiani dell’Amazzonia e delle Ande. Cosa che li ha sensibilizzati a due grandi lotte ecologiche: contro la deforestazione e contro le estrazioni minerarie.

La prima riguarda sia la conservazione della foresta amazzonica che la difesa dei lavoratori agricoli sfruttati (i seringueiros), i cui rappresentanti sindacali sono particolarmente presi di mira e spesso assassinati. Un prete francese di 86 anni, compagno di viaggio della teologia della liberazione, si è particolarmente distinto in questa lotta. Ex avvocato presso il tribunale di Parigi, poi diventato domenicano, nel 1978 Henri Burin des Roziers si è stabilito in Brasile, dove è ora chiamato “l’avvocato dei senza terra”. Minacciato di morte, nel 2007 sulla sua testa è stata messa una taglia di 20.000 euro.

La seconda lotta riguarda le strutture delle grandi società minerarie internazionali su territori spesso montuosi e isolati, come in Perù, nelle Ande meridionali. Qui, comunità cattoliche stanno combattendo attivamente da molti anni, come per esempio nei territori di Puno e Cuzco, per denunciare le conseguenze di queste estrazioni, e soprattutto quelle di rame: degrado ambientale, problemi sanitari, esproprio dei terreni, esodo delle popolazioni.

Apostoli della sobrietà condivisa

L’impegno ecologico di questi cattolici è anche la logica conseguenza di quella critica al capitalismo sviluppata dalla fine degli anni sessanta. “L’imposizione del modello di produzione e consumo capitalista rende i poveri e la natura i principali obiettivi sfruttati dalla logica del profitto. Così Leonardo Boff sottolinea il legame tra la crescente povertà e l’inquinamento», analizza Luiz Martinez Andrade, sociologo, ricercatore presso l’Università Cattolica di Lovanio (Belgio), autore di una tesi sul pensiero di Leonardo Boff.

Dopo la caduta del muro di Berlino e l’arrivo della sinistra al potere in virtualmente tutti gli stati del Sud America, la critica al capitalismo passa non tanto dalla denuncia degli Stati Uniti o la rivendicazione di analisi marxiste quanto dalla critica della globalizzazione finanziaria e dal supporto ai movimenti sociali. Troviamo per esempio un teologo della liberazione, Chico Whitaker, tra i fondatori del Forum sociale mondiale, la cui prima edizione ha avuto luogo a Porto Alegre (Brasile) nel 2001.

È in queste assemblee in particolare che questa corrente porta avanti da anni i concetti di decrescita o di sobrietà. “Bisogna produrre per soddisfare le necessità umane, ma rispettando i ritmi della natura e prendendo in considerazione la capacità di tolleranza di ogni ecosistema, affinché quest’ultimo non sia danneggiato irreversibilmente”, sostiene Leonardo Boff. “Il consumo deve essere regolato da una sobrietà condivisa: possiamo essere più con meno. (…) La scelta fondamentale è la seguente: promuovere un’alleanza globale per salvare la Terra e proteggersi reciprocamente come esseri umani. In caso contrario corriamo il rischio di una doppia distruzione, la nostra e quella della diversità della vita. Questa volta, non ci sarà alcuna Arca di Noè: o ci salviamo tutti o tutti insieme subiremo lo stesso tragico destino”. [3]


[1La terre en devenir – Pour une nouvelle théologie de la libération, Leonardo Boff, Albin Michel, 1994.

[2La terre en devenir – Pour une nouvelle théologie de la libération, Leonardo Boff, Albin Michel, 1994.

[3] Intervista rilasciata al sito www.alliancesud.ch (17 marzo 2015) (link qui)

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