carissimi magi, anzi carissimi cercatori nomadi di Dio …

 

 

una lettera aperta di p. Agostino Rota Martir ai ‘magi’ ‘nomadi di Dio’ in commento al vangelo dell’Epifania:

agostino

 Nomadi di Dio

Carissimi Santi Cercatori, non ne avrete a male se non vi chiamo Magi, parola che spesso vi circonda con un alone di leggenda infantile, da lungo tempo, forse fin dalle origini del vostro andare per il mondo, a cercare, a interrogare, a domandarsi. Non è forse questo il messaggio che ci annunciate per noi oggi, quanto mai valido e carico di novità: Gesù, Figlio di Dio ignorato dai suoi, ma cercato dagli estranei, dai lontani, dai disprezzati. E voi probabilmente eravate tutto questo! Disprezzati perché stranieri, perché indovini, cercatori di cosa? Costretti a muovervi in continuazione, un po’ per professione e un po’ per opportunità.  

Ma voi Lo avete adorato. Solo chi è in cammino saprà adorare la Luce del mondo, non chi vive fermo, cullato da verità che crede di avere in tasca e che vorrebbe imporre ad altri.

Voi, stranieri, migranti e nomadi in continuo movimento .. ci svelate il Mistero del Vangelo, senza di voi la nostra fede rischia di diventare un artiglio che ferisce e incapace di suscitare la Gioia.

E’ anche per questo che vi considero più reali di una leggenda che alimenta menti infantili.  

Ovunque, immagino siete stati visti con sospetto e diffidenza, anche per questo vostro incurante attraversamento di confini; d’altronde, un cercatore non è colui che osa spingersi sempre oltre, indifferente alle frontiere?

Raccoglitori di semi di verità senza tempo, sparpagliati ovunque nei solchi dei popoli. Solo voi mendicanti clandestini a seguire tragitti non segnati dalle mappe ufficiali, solo voi potevate raccogliere quei frammenti di luce di una stella, che appare e dispare lassù in cielo e custodirla pura nell’oceano del vostro cuore.  

Voi siete gli “zingari” di Dio, in grado di sconvolgere i piani dei “controllori” e di raggirare la menzogna dei loro tranelli, e che nel tempo assumono volti diversi: sicurezza, controllo, sgomberi, regole, integrazione..il seme di Erode mai si è estinto del tutto e trova ancora oggi grembi pronti ad accoglierlo. Capace, ieri come oggi, di presentarsi con le buone intenzioni: “Ripristinare regole e legalità..per avviare progetti di inclusione più efficace”.

Ma la stella non brilla su Gerusalemme, la città santa e di potere, appare solo quando le voltate le spalle e osate cercare fuori, sempre oltre..Lo avete intuito anche voi: non si può essere cercatori di Luce e nello stesso tempo assecondare le trame dei grandi.  

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono.”

Immagino il vostro smarrimento, misto a meraviglia: dopo tanto viaggiare, con tutte le difficoltà affrontate, con gli occhi quasi infiammati dallo scrutare di notte una semplice stella ..ora come meta finale del vostro ricercare, trovarvi davanti ad una semplice casa, una normale mamma con il suo neonato. Una famigliola (non tanto in regola), al margine di villaggio, in un rifugio di fortuna, immagino la domanda che vi sarete fatti: “Può forse essere questa la meta del nostro viaggiare?”  

Ci vuole Fede, riuscire a prostrarsi e adorare nel neonato quella stessa Luce che guidava i vostri passi, ed ora riconoscere finalmente che anche Dio stava rispecchiandosi negli occhi di un semplice bambino, bisognoso di tutto.

Non è da tutti farcela a fare questo salto e a tenere dentro di voi, in silenzio questo immenso segreto: Dio si è fatto uomo e non si è rivelato attraverso i decreti dei potenti, ma nel sogno degli esclusi, ai semplici di ogni popolo e cultura, è un Dio che si fa clandestino sulle piste della speranza, incurante degli Erode di turno.  

Grazie, voi in un certo senso avete anticipato la Pentecoste (Chiesa in uscita), siete stati i germi di una Chiesa aperta e sparpagliata nel mondo e che porterà i suoi frutti..nonostante le paure e le trame di chi vorrebbe una Chiesa forte e ripiegata su se stessa, magari con gli Erode disposti a difenderla.

Per un’altra strada fecero ritorno.”   

Campo Rom di Coltano (PI)

5 Gennaio 2015

 

 

 

 

 

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il senso del natale

 

 

5 domande sul senso del Natale a Vito Mancuso

 

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“Sono consapevole dell’aspetto commerciale del Natale e di come questo sia soverchiante, tuttavia ritengo che il rimando a quel bambino che nasce, e a ciò che quel bambino per molti significa, sia ancora vivo in molte persone…”

Vito Mancuso, noto teologo italiano, dal 2013 docente presso l’Università degli Studi di Padova, è in libreria per Garzanti con Io amo – Piccola filosofia dell’amore. E in vista delle festività natalizie, ha risposto ai quesiti de IlLibraio.it.

Il Natale è ancora una festa religiosa?
“Io penso di sì, che lo sia ancora, per lo meno in Italia. Certo, sono consapevole dell’aspetto commerciale del Natale e di come questo sia soverchiante, tuttavia ritengo che il rimando a quel bambino che nasce, e a ciò che quel bambino per molti significa, sia ancora vivo in molte persone. Il sentimento religioso non è per nulla scomparso, magari non conosce più le forme per manifestarsi come una volta, ma quando trova occasioni per riemergere lo fa, e il Natale (con le Chiese sempre così piene) è certamente una di queste”.

Le sembra giusto il modo in cui la Chiesa ritualizza e amministra questa festa?
“Sì, non penso di avere obiezioni al riguardo. Certo, molto dipende dal singolo prete, dalla sua capacità di celebrare veramente il mistero (divino e umano al contempo) cui la festa rimanda. Vi sono Chiese, entrando, nelle quali per la Messa si percepisce subito questa capacità di richiamare il cuore e la mente a una dimensione ulteriore dell’esistenza, altre invece dalle quali tutto questo è quasi assente. Ma la Chiesa gerarchica e la sua liturgia offrono tutte le possibilità perché la celebrazione possa veramente toccare la dimensione mistica dell’esistenza”.

Cosa c’è di sacro nel mangiare insieme?
“Io penso che vi sia qualcosa di sacro anche già solo nel mangiare in sé, a prescindere che lo si faccia da soli o insieme ad altri. La gran parte degli esseri umani non se ne cura e assume cibo senza avere la consapevolezza di nutrire la propria vita mediante la vita altrui, sia essa animale o vegetale. La vita si nutre di vita, ed essendo l’ambito del sacro direttamente connesso a quello della vita, si comprende come l’atto del nutrirsi e il cibo quale nutrimento abbiano già in sé una valenza sacrale. Bisognerebbe prenderne coscienza e pensare che a ogni boccone entra in noi una parte del cosmo: noi viviamo grazie al cosmo. La natura è la nostra madre in ogni giornata della nostra esistenza, non solo perché anni fa ci ha fatto nascere, ma anche, e direi soprattutto, per il fatto che ci mantiene all’esistenza. Prendere coscienza di questo legame con la natura-madre non può, a mio avviso, non generare un sentimento di sacra riverenza verso di essa. Quando poi l’atto del mangiare assume una valenza comunitaria, e la famiglia si riunisce, e si mangiano cibi particolari, legati alla tradizione e ai ricordi, e il servizio di tavola è quello bello delle grandi occasioni, allora la celebrazione della vita e dell’essere legati gli uni agli altri può assumere una valenza davvero straordinaria. Il pranzare e il cenare insieme possono raggiungere in alcuni casi una dimensione celebrativa che ha non poche analogie con quella della messa – la quale, non a caso, prende origine da un mangiare insieme, quello di Gesù con i discepoli nell’ultima cena”.

E cosa c’è di sacro nel farsi doni?
“Può non esserci nulla, e può esserci molto. Il sacro non è un oggetto tra gli altri, è piuttosto una disposizione della mente che nasce quando la mente riconosce di essere in presenza di qualcosa di più importante di sé e in un certo senso vi si inchina, come se facesse una riverenza. Ne viene che il farsi doni può essere semplicemente vissuto come un’incombenza da espletare (peraltro anche abbastanza fastidiosa), oppure come un pensare alle persone nella loro singolarità, manifestando tale nostro affettuoso pensiero tramite un oggetto concreto che si regala. Nel primo caso non c’è nulla di sacro, nel secondo il sacro è dato dall’affetto, dall’attenzione e dalla stima per quella determinata persona. Io penso che nella nostra interiorità vi siano energie così intime e particolari per le quali non è assolutamente fuori luogo parlare di sacro”.

Ultima domanda inevitabile: come festeggia il Natale Vito Mancuso?
“In modo molto semplice: Messa, pranzo in famiglia da mia madre nel paese nativo, tempo liberato, spazio ai ricordi. E quindi anche a un po’ di nostalgia per l’incanto dei Natali di quand’ero bambino e per i miei cari che non ci sono più”.

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piccola rom: non c’è posto per lei nel cimitero

 

 

«tombe esaurite» per la piccola rom
il sindaco: “viene prima chi paga tasse”

per fortuna il primo ministro si è vergognato e ha espresso la sua indignazione!

Maria Francesca, 2 mesi, è morta la notte di Natale per la sindrome del lattante

 il primo cittadino nega sepoltura: «Pochi posti, precedenze chiare»: seppellita in città vicina

di Elisabetta Rosaspina

Il cimitero di Champlan, alle porte di Parigi il cimitero di Champlan, alle porte di Parigi


Era già stato abbastanza triste finire l’anno con la notizia di una neonata morta fra le braccia di sua madre la notte del 25 dicembre, alla stazione ferroviaria di Lille, nel nord della Francia, dove la donna, una Rom, chiedeva l’elemosina. Aveva consolato poco sapere che il decesso della piccola, di appena due mesi d’età e di nome Maria Francesca, non era dovuto al freddo, o alla malnutrizione o a maltrattamenti. I medici avevano stabilito che la responsabilità era della sindrome della morte improvvisa del lattante. Certo la precarietà della vita nel campo nomadi di Champlan, un paesino dell’Essonne, dove la famiglia di Maria Francesca risiede, le giornate e le serate al collo della mamma, a mendicare, non hanno aiutato. Ma stemperati i dubbi e le prime ondate di emozione, le autorità hanno dato il via libera per la sepoltura del bebè. Ma neanche sotto terra c’è posto per Maria Francesca.

«Tutto esaurito» al camposanto

Il sindaco di Champlan ha opposto all’impresa di pompe funebri dapprima un diniego senza altre spiegazioni e, poi, vedendo montare pericolosamente la protesta, un cartello di tutto esaurito al piccolo camposanto. Una scusa. La famiglia, nomade ed emarginata ma anche molto cristiana e battagliera, non si è data per vinta, le associazioni di solidarietà sono scese sul piede di guerra. Niente da fare. Nonostante la mamma di Maria Francesca abbia spiegato che soltanto al cimitero di Champlan avrebbe potuto andare far visita a piedi alla sua bambina tutti i giorni, il carro funebre proseguirà senza fermarsi davanti al camposanto locale.


Una tomba messa a disposizione da un villaggio vicino

Una tomba è stata messa a disposizione in un villaggio, Wissous, a circa sette chilometri di distanza: «Non si poteva non intervenire – ha dichiarato il sindaco più generoso, Richard Trinquier, che appartiene al partito conservatore, Ump, di Sarkozy, ed è un medico -. Non è il caso di aggravare il dolore di una donna che ha portato in grembo il suo bambino per nove mesi e lo perde a poco più di due mesi di vita». Il sindaco di Champlan, Christian Leclerc, eletto del DVD, una formazione di destra, non si è lasciato commuovere: «I posti sono pochi, valutiamo caso per caso. Le concessioni sono accordate a un prezzo simbolico e la manutenzione è costosa. Diamo la precedenza a chi paga le tasse». La legge è dalla sua.

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