Roma e i rom: si cambia verso?

Sergio Bontempelli ha postato questa ricostruzione dell’incontro tra il sindaco Marino e l’associazione 21 luglio da anni molto coinvolta nel sostenere i diritti dei sinti e i rom in contrapposizione, spesso durissima, con le varie amministrazioni che si succedono e ne far fronte a denunce puntuali e documentate su gesti di razzismo e intolleranza nei loro confronti

personalmente si dice molto soddisfatto per come si è svolto questo incontro, anzi per il fatto stesso che si sia tenuto questo incontro, segno di disponibilità e buona volontà: è il caso di dire: staremo a vedere, o ‘se son rose fioriranno’, lo speriamo molto:

Rom, la “svolta” di Marino

marino

 

L’Associazione 21 Luglio è stata, in questi mesi, una vera e propria spina nel fianco per il primo cittadino della Capitale, Ignazio Marino: il medico prestato alla politica, infatti, è stato più volte accusato di violare le garanzie più elementari delle persone rom e sinte. Cosa che non deve aver fatto piacere a un uomo conosciuto proprio per la sua sensibilità al tema dei diritti civili delle minoranze.

Per il gruppo animato da Carlo Stasolla, però, i ripetuti sgomberi dei campi (diciassette da settembre ad oggi, con una media di uno ogni quindici giorni) sono stati effettuati violando le normative internazionali in materia di diritto all’abitare. E la struttura di accoglienza per rom e sinti di Via Visso, progettata dalla passata amministrazione ma mantenuta in vita dalla giunta Marino, rappresenta – sempre secondo la “21 Luglio” – una forma di segregazione abitativa: un luogo riservato ad un solo gruppo etnico, per di più sprovvisto degli standard minimi di abitabilità e di sicurezza. Le accuse mosse dall’associazione alla Giunta Marino, insomma, sono tutt’altro che tenere.

È per questi  motivi che l’incontro tenutosi Sabato pomeriggio al Campidoglio rappresenta, o può rappresentare, una svolta nelle politiche capitoline in materia di rom. Già, perché il Sindaco ha deciso di parlare faccia a faccia con i suoi “contestatori”, di ascoltarne le ragioni e di capire il loro punto di vista.

Alla Sala delle Bandiere, sabato, c’erano proprio tutti. Ignazio Marino era accompagnato dal vicesindaco Luigi Neri, dal Comandante della Polizia Municipale e da diversi consiglieri comunali. Dal canto suo, la delegazione della 21 Luglio era composta dai dirigenti dell’associazione, ma anche da un nutrito drappello di rom provenienti dai principali campi della città, nonché da esperti del settore: architetti, urbanisti, sociologi, studiosi di “buone pratiche” locali per l’integrazione dei rom e dei sinti.

L’incontro, rigorosamente a porte chiuse, si è protratto per diverse ore, ed ha assunto la forma di un vero e proprio “seminario di studi”: i tecnici della 21 Luglio, muniti di presentazioni powerpoint, hanno illustrato la condizione dei rom e dei sinti nella Capitale, e hanno formulato proposte e ipotesi per il superamento dei “campi nomadi”. E gli amministratori – Sindaco, assessori e consiglieri – hanno preso appunti, hanno ascoltato, hanno fatto domande, chiesto chiarimenti, sollevato obiezioni. Il Campidoglio, insomma, è stato il teatro di una sorta di “lezione universitaria”, con degli “studenti” sicuramente un po’ insoliti…

Circa i contenuti concreti emersi nella discussione, le bocche, all’indomani dell’incontro, sono cucite. Ma la soddisfazione trapela da entrambe le parti. «È stata una riunione molto utile e concreta» – ha dichiarato Marino alle agenzie – «basata su un dialogo aperto e, soprattutto, propositivo. Abbiamo analizzato la situazione dei Rom, Sinti e Camminanti a Roma e ci siamo confrontati sulle buone prassi da mettere in campo, prendendo come esempio gli altri Paesi Europei, per allineare Roma sulla strada dell’integrazione e dell’inclusione sociale nel rispetto dei diritti di tutti e della legalità. Sono convinto che sia l’inizio di un ottimo cammino che faremo insieme per migliorare il volto della città».

Di analogo tenore il commento di Carlo Stasolla: «Siamo soddisfatti che il sindaco Marino voglia iniziare a prendere in mano la cosiddetta “questione rom”. Il nodo centrale resta il superamento dei “campi nomadi” e per questo obiettivo prioritario e urgente occorre l’impegno di tutti, delle autorità locali, dell’associazionismo e delle comunità rom. Adesso alle parole dovranno seguire i fatti e l’Associazione 21 Luglio è pronta a fare la sua parte».

È ancora presto per sapere se questo incontro produrrà effetti concreti nelle scelte del Campidoglio. E del resto, i nodi da sciogliere sono tanti: la “21 Luglio” chiede di superare i campi, di avviare una vera e propria politica abitativa, di sospendere gli sgomberi indiscriminati e senza tutele. In una parola, chiede di voltare pagina rispetto a venti anni di politiche capitoline in materia: non proprio una robetta da niente.

Intanto, però, sembra essersi rotto un tabù. Quasi sempre, le politiche locali in materia di rom e sinti sono promosse senza alcuna consultazione con gli interessati: sono politiche fatte “per” i rom, “sulla pelle” dei rom, in assenza dei rom. Almeno in questo caso, i rom, i sinti, le associazioni hanno trovato ascolto. Vedremo cosa accadrà.

Sergio Bontempelli

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lo sguardo negativo dei nostri vescovi

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ritratti insieme nella foto, papa Francesco e il card. Bagnasco, sono però diversissimi nello sguardo che hanno sul mondo e la realtà contemporanea: tanto aperto all’accoglienza e alla ‘misericordia’ papa Francesco, muovendosi in questo sulle orme di Gesù che sa cogliere il bene anche in ciò che viene generalmente screditato e guardato con paura come ‘pericoloso’, quanto il card. Bagnasco sembra guardare al mondo della nostra contemporaneità con occhio negativo, con sguardo preoccupato che alla fine suonano condanna

” È raro ascoltare da un vescovo parole così cariche d’ira come quelle pronunciate dal card. Angelo Bagnasco nella prolusione al Consiglio permanente del 24-26 marzo”: così E. Cucuzza nello suo incisivo resoconto di questo ‘consiglio’ su Adista:

 

GLI STRALI DEL CARD. BAGNASCO CONTRO INDIVIDUALISMO, “NUOVE” IDEOLOGIE, EUROPA NON PIÙ CRISTIANA

 È raro ascoltare da un vescovo parole così cariche d’ira come quelle pronunciate dal card. Angelo Bagnasco nella prolusione al Consiglio permanente del 24-26 marzo. L’arcivescovo di Genova non se l’è presa solo con chi depreda e uccide, con chi per miope tornaconto personale rende vittime interi popoli. Se l’è presa soprattutto con la soggiacente cultura iperindividualista, origine di ogni male personale e collettivo. Se l’è presa con le ideologie – quelle che attentano alla famiglia e alle quali riserva, se possibile, le invettive più dure (v. notizia seguente) – che «sotto vesti diverse» da quelle del secolo scorso, «ma con la medesima logica e arroganza», distruggono il tessuto cristiano dell’Occidente contagiando in quest’opera devastatrice il resto del mondo.

Relativamente al ritorno delle ideologie, ha spiegato Bagnasco, «un segno sta nel fatto che l’obiezione di coscienza è ormai sul banco europeo degli imputati: non è più un diritto dell’uomo?». «E perché accade che in Europa alcune serie “raccomandazioni” sono tranquillamente disattese, mentre altre, non senza ideologismo, vengono assunte come vincoli obbliganti?» (il riferimento del cardinale è qui al programma per il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere previsto per tutti i Paesi membri, ma anche al richiamo del Consiglio d’Europa in materia di obiezione alla legge 194).

Ma «l’Occidente non è più il centro del mondo!», esclama Bagnasco. «Altri continenti e culture ne apprezzano tecnologia e benessere, ma guardano all’Occidente con sospetto e fastidio per quella specie di neocolonialismo culturale, che vuole imporre con mezzi spesso ricattatori finanziamenti in cambio di leggi immorali, contrari alle identità di popoli e nazioni che vogliono mantenere le proprie radici. È questo il cammino della civiltà?». «Se l’umanesimo plenario ha avuto la sua origine nel grembo europeo, e ha ispirato le grandi Carte internazionali, non è detto che trovi ancora in quel ceppo, tagliato dalle sue origini cristiane, la linfa ispiratrice. Se l’Occidente vuole corrompere l’umanesimo, sarà l’umanesimo che si allontanerà dall’Occidente e troverà, come già succede, altri lidi meno ideologici e più sensati».

Iperindividualismo

La condanna dell’«iperindividualismo» è tagliente. Secondo Bagnasco, par di capire, l’iperindividualismo è cultura che appartiene a pochi, «i potenti di turno» nella definizione di Francesco nella Evangelii gaudium. Il cardinale parte dall’elogio della Chiesa, «operosa» accanto a tutte le povertà materiali, «grande e convinta» nella sua attenzione «a tutto ciò che corrompe la mente e il cuore, rende smarrita e confusa la persona sulla sua identità, sul valore della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, dalla crescita alla piena maturità, dal declino fino alla morte naturale». «Seminare e codificare errori su queste realtà – seguita – fa incerti e fragili i rapportiۛ», «rende individualista la società». «Tutto ciò è la premessa, forse prevista e voluta, perché i più forti e senza scrupoli possano manipolare e piegare persone e Nazioni ai propri interessi». E allora, «bisogna andare contro la corrente di un individualismo scellerato che, applicato ai vari campi dell’esistenza privata e pubblica, porta a camminare sulla pelle dei poveri». «È una visione iperindividualista all’origine dei mali del mondo, tanto all’interno delle famiglie quanto nell’economia, nella finanza e nella politica».

«Ma il sentire profondo del nostro popolo è diverso», assicura il cardinale. Il popolo è dedito a coltivare, nelle relazioni familiari ed extrafamiliari, più il “noi” che l’“io”. Ecco la direzione giusta, continua: «Bisogna accelerare la conversione dall’io al noi e dal mio al nostro: non certo nel senso che non esistono più l’io e il mio, ma nel senso che mai più dovranno essere intesi come degli assoluti, cioè slegati dal resto del mondo fatto di “altri”: persone, istituzioni, aziende, Paesi». Un mondo che riconosca «i diritti del bambino, oggi sempre più aggredito: ridotto a materiale organico da trafficare, o a schiavitù, o a spettacolo crudele, o ad arma di guerra, quando non addirittura esposto all’aborto o alla tragica possibilità dell’eutanasia. Ciò grida vendetta al cospetto di Dio»; un mondo che bandisca «la tratta delle donne, la violazione, a volte fino alla morte, della loro dignità. In un mondo che si definisce evoluto e civile, quante sono ancora le forme di violenza e di barbara criminalità che assume anche forme organizzate e mafiose».

Per Renzi, un auspicio che sa di fiducia

Come da consuetudine di ogni prolusione, il card. Bagnasco non ha mancato di volgere lo sguardo alla situazione sociale e politica italiana. Gli oltre sei anni di crisi economica hanno richiesto «un prezzo altissimo al lavoro e all’occupazione», sia di persone non più in giovane età, sia dei più giovani. Questi «mostrano una grande pazienza, e danno prova d’intraprendenza», «ma ciò non è sufficiente» in assenza di «un tessuto industriale pronto a riconoscerne i pregi, a recepirne i risultati e a metterli in circolo su scala». Se «è necessario incentivare i consumi», osserva il cardinale, «è altresì indispensabile sostenere in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione», come pure velocizzare i processi burocratici, nonché – qui il richiamo è ai sindacati, ma anche ai datori di lavoro –  «ripensare e rimodulare anche la concezione del lavoro: il vecchio schema di dura contrapposizione è superato e rischia di danneggiare i più deboli. È necessario promuovere sempre più una mentalità partecipativa e collaborativa dentro ai luoghi di lavoro». L’auspicio è che «il nuovo Governo, con la partecipazione convinta e responsabile del Parlamento, riesca a incidere su sprechi e macchinosità istituzionali e burocratiche, ma soprattutto a mettere in movimento la crescita e lo sviluppo, in modo che l’economia e il lavoro creino non solo profitto, ma occupazione reale». (eletta cucuzza)

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