duon compleanno a google

google-tuttacronaca-1998

Il 4 settembre 1998 nasceva Google con un finanziamento di 100mila dollari, Larry Page e Sergey Brin depositarono i documenti per la fondazione della società con sede in un garage della Silicon Valley, in California. All’epoca si puntò solo sul motore di ricerca, gratuito e nettamente il migliore in circolazione. Oggi la società ha più di 40.000 dipendenti e 40 sedi in tutto il mondo. Il suo quartier generale, invece, è a Mountain View, a pochi chilometri da quel garage affittato 15 anni fa.Il 19 agosto 2004 Google debuttava a Wall Street con un prezzo di collocamento di 85 dollari per azione. Da allora il valore del titolo è più che decuplicato.

image_pdfimage_print

papa Trancesco e la teologia della liberazione

 

 

 

Gutierrez

L’ultima svolta di  papa Francesco

La Chiesa sdogana la Teologia della liberazione

di Andrea Tronielli

Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace. Dopo le condanne degli anni Ottanta, gli eccessi e le incomprensioni, la Tdl ottiene piena cittadinanza nella Chiesa. Lo “sdoganamento” si inserisce nel nuovo clima portato dall’elezione del primo Papa latinoamericano e dalla ripresa del processo di beatificazione del vescovo martire Oscar Romero. L’ulteriore prova è l’ampio spazio che l’Osservatore Romano dà oggi agli scritti del teologo peruviano padre Gustavo Gutierrez, il domenicano considerato fondatore della Teologia della Liberazione.
In realtà il processo nasce già nell’ultimo scorcio del pontificato di Benedetto XVI: è stato infatti Ratzinger a volere come suo secondo successore alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Sant’Uffizio, l’arcivescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller. Un prelato da lui ben conosciuto, che per lunghi anni ha trascorso le vacanze andando a lavorare con i campesinos latinoamericani e ha intrattenuto un approfondito dialogo con il più importante e autorevole teologo della liberazione, il domenicano peruviano Gustavo Gutierrez. Entrambi hanno firmato nel 2004 un volume pubblicato in Germania. Ma allora Müller era soltanto un vescovo tedesco, non il «custode» dell’ortodossia cattolica. Il fatto che quel volume sia ora pubblicato in Italia, (Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della chiesa; coedizione Edizioni Messaggero Padova – Editrice Missionaria Italiana, pp. 192, euro 15, in libreria dal 9 settembre) e venga presentato domenica prossima dai due autori al Festivaletteratura di Mantova, sta a significare che il Prefetto Müller, oggi a capo di quella Congregazione che condannò negli anni Ottanta alcuni eccessi della Teologia della Liberazione, considera quei suoi contributi ancora pienamente validi e attuali.
Non si tratta dunque di un incidente di percorso, ma di un’uscita pensata a ben soppesata, destinata a chiudere, almeno nelle intenzioni, il capitolo delle guerre teologiche del passato. Le opere di Gutierrez, con Ratzinger Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, furono sottoposte ad esami per lungo tempo, senza mai venire censurate o condannate.
In realtà la Santa Sede ha condannato soltanto la TdL che usa l’analisi marxista, non l’intera Teologia della Liberazione. E in uno dei saggi pubblicati nel libro proprio Müller descrive i fattori politici e geo-politici che hanno finito per condizionare, lungo gli anni, certe accuse contro la Tdl, in un epoca in cui un certo capitalismo si sentiva «definitivamente vittorioso». Per non parlare del documento segreto, ugualmente citato dal successore di Ratzinger nel libro, e preparato per il presidente Ronald Reagan dal «Comitato di Santa Fé» nell’anno 1980, cioè in anticipo di quattro anni rispetto alla prima della prima Istruzione vaticana sulla Tdl. Vi si sollecitava il governo americano a procedere in maniera aggressiva contro la «Teologia della liberazione», rea di aver trasformato la Chiesa cattolica in «arma politica contro la proprietà privata e il sistema della produzione capitalista».
Con il Papa venuto «dalla fine del mondo», che non è stato mai indulgente con le ideologie né con l’approccio intellettuale di certa teologia filomarxista, ma che da arcivescovo era abituato a visitare da solo senza scorta le «favelas» di Buenos Aires e ora parla di una «Chiesa povera e per i poveri», la riconciliazione tra Vaticano e Teologia della Liberazione si compie.
Con il Prefetto dell’ex Sant’Uffizio che in un libro mette la sua firma accanto a quella di padre Gutierrez. Per far capire a tutti che nella Chiesa parlare dei poveri non significa fare pauperismo e denunciare l’ingiustizia patita dai deboli non significa essere marxisti, ma soltanto e più semplicemente, cristiani.

image_pdfimage_print

‘rottamati’

carro

un godibile articolo di A. Caporale sull’odierno ‘Il fatto quotidiano’ a proposito dei ‘rottamati’ che corrono per salire sul carro del ‘vincitore’:

Pier Luigi Spompo no, ma Nico Stumpo? Chi potrà negare anche a un fedelissimo dell’ex capo Bersani – appena ritargato da Renzi come signor Spompo (da spompato, consumato, diesilizzato, dunque finito), come Nicola il calabrese, pancia dell’apparato del Pd, calcolatrice vivente di Pierluigi, una improvvisa ma legittima crisi di coscienza? Se persino la F di Fioroni si rial-loca e si riadegua, con la V di Veltroni già stabile e posizionata a fianco di Matteo, e la D di D’Alema, dopo un periodo interrogativo (“Volevo conoscere che libri leggesse, quale fosse il suo pensiero. Non l’ho capito”), sembra essersi adagiata nei pressi del sindaco, sta per concludersi la più riuscita operazione di salita sul carro. Con le migliori o peggiori intenzioni, la fila indiana s’ingrossa e il carro già è diventato treno. Tempo qualche settimana che sarà bastimento e per Renzi il Sol dell’avvenire s’alzerà dietro casa senza un filo di nebbia o una nuvola a fargli ombra.

NON SARÒ Brontolo e non voglio il partito dei sette nani”, assicura lui. Si dimenerà, proverà a ri-rottamare, fuggirà dall’abbraccio mortale che i dirigenti, d’ogni specie e colore, sentono di offrirgli. Sarà fatica indicibile, operazione complessa, fattore di rischio. Perché è davvero tanto l’entusiasmo e largo il consenso, che la dirigenza del Pd – connessa al cuore della base – ha deciso di elargigli ogni solidarietà. Vecchi e nuovi amici. Nuovi e nuovissimi. Stamane Matteo bicicletterà ai Fori Imperiali con una vecchia conoscenza: Ignazio Marino. Sono tante le città di Matteo, ma Roma è la capitale e, nel-l’alfabeto del potere del Pd, con la M di Marino siamo ai vertici. Lasciamo pure da parte la F di Franceschini, perché non si è capito bene se sta con lui per davvero o per finta, se è andato a dichiarargli l’amore su mandato di Enrico Letta, se insomma è tutta una fregatura o è cotta sincera, esplosiva. Resta l’intesa profonda con la F di Fassino, presidente dell’Anci, dunque suo successore e collega sindaco di Torino e anche predecessore alla guida del partito. Non c’è possibilità di fuga, l’abbraccio è totale, finale, finanche compulsivo. Renzi ha fatto il pieno alle feste dell’Unità dell’Emilia, tra le cucine, i tortellini e ogni tipo di militante: l’anziano, lo studente, la professoressa, l’antico e il moderno. E pensare che l’anno scorso si erano quasi dimenticati di invitarlo. Il tempo passa e porta consiglio: con i display giganti di Bologna, Reggio Emilia, Genova tutti hanno capito che il vento è cambiato.

RESTA LA B di Bersani fuori dal campo, ma – come le C di Cuperlo e di Civati – sembrano lettere inutili. A parte che, solo volesse, Matteo potrebbe esporre, a suo favore, la B di Bianco (Enzo) dominus di Catania, antico repubblicano, moderato, equilibrato, saggio. Non c’è partita e da qualunque posto in tribuna la si guardi, il risultato con cambia. Per uno Zoggia, deputato semplice, che parla contro, Matteo, anche se siamo alla fine dell’alfabeto e potrebbe pure sorvolare, ha due zeta a suo favore. Secondo voi Zanda (Luigi), capogruppo al Senato, chi voterà? E un altro rilevantissimo supporter, il signor Zambuto, sindaco di Agrigento, ha già scelto. Bisogna ascoltare anche le voci della periferia, le anime del territorio. Questo Zambuto ha radar di elevata capacità selettiva: stava col Pdl, poi ha capito e ha fatto un salto nell’Udc. Non si è fermato, non si è acquietato. Dall’Udc ha spiccato il volo verso il Pd. Da lì a Renzi il passo è stato semplice, da finale atteso. Congratulazioni. Come nelle squadre di calcio, il problema della rosa però, quando è troppo ampia, è sfoltirla. É sempre un’operazione delicata, è chirurgia selettiva, ha bisogno di mano ferma e larga esperienza di mercato. Come general manager della sinistra italiana Renzi promette bene: sfoltirà e tanto. Perchè alla fine di questa torntata di comizi elettorali troverà la sua corrente (“Una super-corrente”, secondo Bersani) gonfiata come la pancia di una rana.

SAREMO alle liste d’attesa, all’over booking, con un plotone di amici-nemici. Sul tavolo fritture miste, quei piatti pieni di spine. Cosa mangiare e cosa scartare? In effetti ai suoi fedelissimi la fifa è comparsa: vuoi vedere che? Paolo Gentiloni è super prudente perché ha capito che la questione dal cuore scivola lentamente verso il portafoglio. E se persino la Alessandra Moretti (alla M c’è davvero una fila paurosa), ex valletta televisiva bersaniana, sembra oramai decisa a completare l’autocritica, non c’è più ragione o rottamazione che tenga. Gli applausi non finiscono più. I guai sono appena iniziati.

Da Il Fatto Quotidiano del 04/09/2013.

image_pdfimage_print

‘normali’ o ‘supervisori’ dell’ordine mondiale?

due

gli Stati Uniti accetteranno mai di essere una nazione ‘normale’ che non viva il suo rapporto col mondo, come una specie di ‘supervisione’ continua che la autorizza ad usare le armi ogniqualvolta ha la sensazione che il proprio ordine sia stato turbato?

su questo, una graffiante puntualizzazione di M. Serra su l’ ‘amaca’ odierna:

 

Molti, nel mondo, avevano sperato che con Obama gli Stati Uniti accettassero di essere una Nazione “normale”, potente ma normale, autorevole ma normale; ovvero una Nazione tra altre Nazioni, in grado di guardare agli altri popoli percependone varietà e complicazione, e persino considerando l’esistenza dell’Onu non come un fastidio burocratico, ma come un’occasione politica, un luogo nel quale confrontarsi e dal quale ricevere (o non ricevere) mandati un poco più collegiali di quanto viene deciso dalla sola Casa Bianca o dal Congresso americano. E lo storico discorso di Obama al Cairo nel 2009 («la democrazia non si può imporre») aveva confermato questa speranza.
Ma evidentemente avevamo capito male. Chiunque governi gli Stati Uniti si sente investito, prima o poi, di una sorta di supervisione planetaria, che lo autorizza a intervenire con le armi (con l’inglesino di turno al seguito) per ristabilire ordine o punire crimini (come in Siria). I risultati sono in genere catastrofici sotto il profilo politico e anche sotto quello umanitario, vedi l’Iraq dopo Saddam, terra di sangue e di caos. Ma deve scattare qualcosa di pavloviano, e di irresistibilmente
megalomane, quando ci si siede su quella poltrona.

Da La Repubblica del 04/09/2013.

image_pdfimage_print

domanda di grazia?

 

berlusconi

la situazione paradossale e da empasse in cui l’Italia si trova, ricattata in tutte le maniere da vent’anni per gli interessi di uno solo ben descritte dalla fine ed elegante ironia di Massimo Gramellini :

E così vorreste condannarlo ai domiciliari. Costringerlo a trascorrere un anno sul divano della trisnonna, intrappolato fra pareti color salmone, al lume fioco di una lampada a forma di fungo atomico, tra le braccia di una giovane donna che lo soffoca con promesse di amore eterno, quando lui chiede soltanto libertà.

Fanatici senza cuore, ma non vi tormenta il destino di quest’essere incolpevole che una serie inaudita di coincidenze ha trascinato negli abissi domestici documentati dalla foto? Abbiate il coraggio di guardarlo, tremate davanti al suo smarrimento, date sfogo all’imbarazzo e al rimorso che vi suscita il suo atteggiamento di resa. Dove sono l’antica fierezza, la passione per gli ambienti promiscui e la spregiudicatezza che gli consentiva di oltrepassare ogni porta socchiusa, infischiandosene di regole e divieti?

Neanche un mostro merita di finire così. E lui non è un mostro. Chiunque abbia lo sguardo puro di un Bondi lo troverà bellissimo. È solo troppo orgoglioso per chiedere la grazia. E allora la chiediamo noi: libertà per il cagnolino Dudù.

Da La Stampa del 04/09/2013.

image_pdfimage_print
image_pdfimage_print