al presidente della repubblica

Scriviamo al Presidente della Repubblica ed a tutti i parlamentari: non vogliamo essere governati da un condannato con sentenza della Corte di Cassazione per “frode fiscale”.

presidente-della-repubblica1

Presidente della Repubblica

Secondo la Costituzione Italiana, siamo noi, il popolo sovrano a decidere chi ci deve rappresentare e governare mediante il voto ma nel rispetto della stessa e delle leggi. Ci hanno preso in giro con la legge elettorale il cosiddetto “Porcellum”, dove pochi capipartito hanno deciso e decidono chi e dove candidare coloro che poi eletti decideranno per tutti. Hanno detto a parole di volerla cambiare nel senso di ridarci l’opportunità di scegliere i candidati: tante parole, zero fatti. Noi abbiamo proposto la nostra legge elettorale, che gli toglie potere e lo da al popolo: Ecco la legge elettorale che dovete approvare.

E’ un dovere ed un diritto conoscere chi ci rappresenta e quello che decide per noi: Vogliamo i nomi dei parlamentari che sostengono il condannato per “frode fiscale”.

La situazione peggiora di giorno in giorno. Abbiamo un condannato per frode fiscale in via definitiva con sentenza della Corte di Cassazione leader del PDL partito di maggioranza che governa tutti noi. E’ un paradosso italiano che non mi piace e non condivido.

Ci chiediamo: Perchè calpestare la Costituzione Italiana per salvare un condannato per “frode fiscale”? Ecco che cosa hanno scritto i magistrati della Corte di Cassazione: Silvio Berlusconi fu ”ideatore del meccanismo del giro dei diritti che a distanza di anni continuava a produrre effetti (illeciti) di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo”. Leggete: Silvio Berlusconi: le motivazioni della sentenza di condanna inerente i diritti Mediaset. E’ gravissimo.

Noi siamo liberi, non tirateci per la giacchetta! Abbiate rispetto. riteniamo che Il consenso popolare non certifica l’impunibilità e l’immunità. Siamo coscienti che seguire la corrente è più facile ma noi sappiamo che Ci vuole coraggio, ma è vitale schierarsi a tutela della Giustizia e della Legalità. Molti si riempiono la bocca con le parole “legalità” e “giustizia” La Legalità non va solo enunciata ma messa in atto e coniugata con la giustizia. Il vero dramma è che La chiarezza, la moralità, l’onestà e la giustizia non garantiscono i voti per governare.

La legalità, la giustizia ed i valori umani come la morale e l’etica devono essere la base sulla quale costruire la politica: Sono morte l’educazione, il rispetto, l’etica e la morale.

E’ un obbligo ritrovare l’“Orgoglio Italia”: rispetto, onestà, legalità, giustizia, merito, capacità, talento, solidarietà, uguaglianza.

Mi spiace ma i miei eroi sono tutti quei morti che hanno dato la vita per noi, per la Giustizia, per la Legalità, per la verità. Sono stati tanti ma per semplicità li simboleggio in Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due magistrati uccisi per mano della mafia:

Noi chiediamo un governo serio, duraturo e chiaro: Vogliamo un Governo forte, duraturo e politico che pensi al bene del popolo.

Noi pretendiamo un Parlamento senza condannati: Fuori i condannati dal Parlamento.

Noi ci domandiamo come è possibile che deve legiferare un condannato per frode fiscale: Egregio Letta è indecente governare con il condannato per frode fiscale.

Come è possibile che si discute della decadenza attraverso la legge cosiddetta Severino e non c’è una condanna etica, morale e politica da parte di tutti gli altri membri del parlamento: Passaparola: “No, al salvacondotto per Silvio Berlusconi condannato per frode fiscale.”

Noi chiediamo la grazia per i cittadini onesti: Chiedo la “grazia” al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Noi vogliamo sapere chi sostiene il condannato per frode fiscale, è un nostro diritto/dovere: Vogliamo i nomi dei parlamentari che sostengono il condannato per “frode fiscale”.

Noi siamo il popolo, chiediamo solo il rispetto della Costituzione e delle leggi: Silvio Berlusconi, la questione è il rispetto della Costituzione Italiane, delle leggi, delle Istituzioni e del popolo.

Abbiamo il Vicepresidente del Consiglio dei ministri Angelino Alfano che ha dichiarato «Presidente, siamo pronti a staccare la spina al governo», ha giurato, «dicci quello che dobbiamo fare e noi eseguiamo, a un tuo segnale noi ci dimettiamo». dove il Presidente è il condannato per frode fiscale Silvio Berlusconi.

Sostituendo alla parola “presidente” le parole realistiche della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione “condannato per frode fiscale” si legge “Condannato per frode fiscale, siamo pronti a staccare la spina al governo” ha giurato, “dicci quello che dobbiamo fare e noi eseguiamo, a un tuo segnale noi ci dimettiamo”. Aspettiamo le vostre valutazioni nel merito a tali dichiarazioni.

Tali parole sono di una gravità assoluta per tutte le Istituzioni. Vi chiedo come è possibile essere governati da chi esprime tali pensieri? Quale insegnamento ed esempio ne trae il “popolo sovrano”?

Abbiamo un condannato per frode fiscale tale Silvio Berlusconi senatore della Repubblica assenteista al 99,92 % Qualsiasi altro datore di lavoro avrebbe licenziato un lavoratore assente al 99,92%. che percepisce lo stipendio ovvero i nostri soldi.

Le domande e le riflessioni da comunicarvi sono tante ma per ora vi lascio con quest’ultima riflessione/domanda L’Italia è un paese “normale”?

Vogliamo e Chiediamo le dimissioni del Governo e di tutto il Parlamento. Vogliamo nuove elezioni.

image_pdfimage_print

le 10 regole per capire come i potenti ci ingannano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Noam Chomsky

Chomsky

Le 10 regole per capire come i potenti ci ingannano

Avram Noam Chomsky è il più grande intellettuale vivente, o almeno così è come lo definisce il New York Times.

Nel 1957 pubblica il volume Syntactic structures (Le strutture della sintassi), che contiene in nuce la sua teoria rivoluzionaria sulla grammatica generativo-trasformazionale. Il 16 aprile 2004 ha ricevuto la Laurea honoris causa in Lettere dall’ateneo fiorentino, “quale riconoscimento allo studioso eminente nel campo delle scienze del linguaggio e delle capacità cognitive e all’intellettuale da sempre impegnato in difesa della libertà di pensiero”.

ecco le 10 regole che i potenti usano, attraverso i grandi mezzi di comunicazione, per filtrare e far arrivare alla gente solo determinate informazioni o messaggi.

Conoscendo queste regole possiamo renderci conto di come le nostre menti vengono manipolate ogni giorno.

1 -La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 – Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 – La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.

4 – La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.

5 – Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).

6 – Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l’emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un’analisi razionale e, infine, il senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.

7 – Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori”.

8 – Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti …

9 – Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 – Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.

 

image_pdfimage_print

il vero G20 secondo V. Zucconi

 

Benvenuti al vero G20 del Pontefice

unico leader in un mondo di potenti
VATICAN-SIRYA-POPE-PRAYER
Così la voce di Bergoglio si è imposta sulla stanchezza della politica

Ci voleva un Papa venuto dalle Americhe per dare una lezione all’America. Era necessario il figlio di culture e di continenti diversi, non più ancorato alla stanca Europa, un uomo con il senso innato e istintivo del rimpicciolimento di un mondo senza più tempeste locali ed egemonie indiscusse.

CI VOLEVA uno così per fare quello che i potenti della Terra, nei loro sempre più irrilevanti festival delle vanità come i G20, non riescono a fare: trovare una voce che attraversi gli oceani d’acqua e di rancori. E che meriti di essere ascoltata.
Era stato accolto con molta indifferenza, e con un retrogusto di ironia, l’appello di Francesco alla giornata di digiuno, a quel piccolo gesto di autosacrificio e di autonegazione che è in tutte le religioni, da quelle che noi chiamiamo «primitive» a quelle teologicamente più complesse, una forma intensa e fisica di preghiera e devozione. I grandi media americani, e la cacofonia della Rete, avevano quasi ignorato questa iniziativa, involontariamente riaccreditando la famigerata battuta di Stalin sulle «divisioni del Papa».
E se forse non basterà quella folla multireligiosa e diversa che ieri ha gremito piazza San Pietro come si vedeva soltanto per i lutti e le feste solenni, a deviare la nuova “marcia della follia” verso un’operazione militare dalle premesse incerte e dagli esiti oscuri, qualche cosa è accaduto ieri che non sarà dimenticato né facile da ignorare. Nel mondo di questo 2013, sempre più deluso da un uomo al quale erano stati ingiustamente attribuite facoltà taumaturgiche e premi Nobel ancor prima che governasse, Barack Obama, e certamente non disposto ad affidarsi a personaggi sinistri come Vladimir Putin, la voce del Vescovo di Roma ha riempito un silenzio. Ha gridato nel deserto, ma il deserto si è rivelato brulicante di persone disposto ad ascoltarlo.
Quello di ieri è stato un esperimento. È stato un test destinato forse più a verificare la correttezza della intuizione di Bergoglio che a cambiare istantaneamente la storia. Il Papa, con un’iniziativa improvvisata, decisa con quella sua tecnica impulsiva di muoversi e parlare prima che la ragnatela degli opportunismi e delle prudenze curiali lo imprigioni, ha lanciato una sfida avendo visto, capito, sentito quanto profondamente e trasversalmente rifiutata nel mondo fosse l’ipotesi di una nuova strage per impedire una strage. La preoccupazione di «fare il gioco» di questo o di quello, invitando popoli anche di osservanza diversa a unirsi a questo esorcismo del demone guerriero, non lo ha toccato. Il senso che un errore sia un errore, chiunque lo commetta e chiunque ne tragga vantaggio, lo ha ispirato.
Anche Giovanni Paolo II, nei giorni della scellerata invasione dell’Iraq, come prima di lui Giovanni XXIII nella vigilia della possibile guerra nucleare attorno ai missili sovietici a Cuba, avevano alzato le loro voci. Il Papa polacco, che pure era stato vicinissimo agli Stati Uniti e ai loro interessi collaborando al tracollo del Socialismo Reale, senza ottenere nulla. Il Papa bergamasco forse compiendo il miracolo indiretto e indimostrabile di dissuadere Kruscev dallo spingere il proprio
bluff fino alle estreme conseguenze contro il blocco navale di Kennedy attorno all’isola.
Ma soltanto Papa Francesco ha deliberatamente scavalcato il recinto del proprio gregge mistico, della propria pur enorme “parrocchia”, si è rivolto a chi crede di invocare un Dio diverso, ha ottenuto che dallo “scontro di civiltà”, come piaceva definirlo ai fanatici di ieri che oggi si ritrovano con molti scontri e nessuna civiltà esportata, nascesse un’ipotesi di civiltà comune senza scontro. Ha avvertito il vuoto che il collasso di un ordine mondiale riportato al tragico palliativo della forza aveva creato e ci ha fatto irruzione. Per cercare di riempirlo con le mani vuote.
C’è un elemento di divina follia, anche di estrema ambizione in questo intervento di un Pontefice cattolico romano ancora all’alba del proprio regno. Ma quello che rende credibile, se non ancora efficace, l’azione del Papa è la convinzione che non agisca certamente per vanità personale e neppure necessariamente per fare
propaganda fidei alla propria confessione. Si capisce, o si spera di capire, che lo fa perché considera giusto farlo e che il digiuno e la preghiera di mussulmani ed ebrei, di cattolici e di protestanti, di animisti e di buddhisti arrivano, se arrivano, alle orecchie dello stesso Dio, se c’è.
Proprio il rifiuto sempre più avvertito del cosiddetto «potere temporale» della Chiesa, che ormai si era ridotto a orpelli, congiure di corte, carrierismi, intrighi in affari di stati laici, se non a operazioni finanziarie delittuose, non toglie, ma irrobustisce il potere spirituale. Dà alle iniziative di questo Papa quello che ai pezzi grossi del mondo manca ogni giorno di più: la credibilità. Se non rischiasse anche lui di restare impigliato nella vanagloriosa inutilità, Papa Bergoglio dovrebbe essere invitato al prossimo G20. Il convitato con le mani vuote, ma la coscienza pulita.

Da La Repubblica del 08/09/2013.

image_pdfimage_print

Rodotà e la costituzione

 

presentazione del volume 'Pubblico, privato, comune. Lezioni dalla crisi globale'

RODOTA’: “CONSERVATORI? SULLA COSTITUZIONE SI”
«Né una zattera per naufraghi né un onorato rifugio per reduci di battaglie perse».

Stefano Rodotà lo mette in chiaro da subito: davanti a 300 persone stipate in una sala congressi romana a metà strada tra la stazione Termini e l’università La Sapienza, il giurista battezza così l’assemblea “aperta” convocata insieme al presidente di Libertà e Giustizia, Gustavo Zagrebelsky, al leader della Fiom, Maurizio Landini, alla costituzionalista Lorenza Carlassare e al fondatore di Libera, don Luigi Ciotti.

E se il Professore sa bene come non dovrà concludersi il percorso tracciato ieri, più difficile è immaginare l’approdo finale. Quel che è certo, per ora, è che la bussola sarà la Costituzione e la prima tappa è già fissata: appuntamento il 12 ottobre a Roma per una manifestazione. Per adesso c’è un documento, “La via maestra”, che nel frattempo verrà dibattuto in varie città mentre si apre la discussione in Parlamento sulle riforme costituzionali. Un disegno di legge che preoccupa i 5 firmatari del manifesto,convinti che la Carta vada «applicata e non modificata». E pazienza se si passa per «conservatori», come ieri Enrico Letta ha definito quelli che non vogliono mettere mano al bicameralismo o al numero di deputati e senatori.

«L’argomento del premier è capzioso — contrattacca Rodotà — perché si poteva iniziare da lì, senza puntare alla tortuosa modifica del 138 (l’articolo che determina le possibili revisioni della Carta, ndr). Ma se si tratta di difendere i principi della Costituzione allora sì, siamo assolutamente conservatori». Ad ascoltarlo, in platea, c’è soprattutto la sinistra rimasta fuori dal Parlamento. C’è il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero e il leader di Azione Civile Antonio Ingroia. In due punti distanti della sala ci sono anche gli ex portavoce del Genoa Social Forum per il G8 del 2001, Vittorio Agnoletto e Luca Casarini. Passa Nichi Vendola che, però, resta defilato e non interviene.

Per il Pd si vedono Corradino Mineo e Vincenzo Vita. Quando tocca a quest’ultimo spiega di essere ancora «iscritto al Pd» e in tanti rumoreggiano. «Un errore — dirà poi Rodotà — non dobbiamo chiuderci nella nostra autoreferenzialità ». Al contrario, si applaude quando Landini avverte: «Non siamo più disponibili a firmare accordi che chiudano le fabbriche. Metteremo in campo gesti di difesa totale dei posti di lavoro. Se necessario, anche con l’occupazione delle fabbriche».

L’altro applauso fragoroso lo incassa Paolo Flores D’Arcais, fondatore di Micromega: «Se fra qualche mese l’unica alternativa elettorale si chiamerà Matteo Renzi, allora vorrà dire che Berlusconi avrà vinto». Nella sala si vedono molti capelli bianchi, diversi trentenni, qualche maglietta di Che Guevara e tanti che 2 anni fa hanno partecipato alla vittoria dei referendum sull’acqua. «È da lì che bisogna ripartire — ricorda Rodotà — per fare “massa critica”. Parlare adesso di struttura organizzativa sarebbe letale e intempestivo. Sinistra Arcobaleno e Rivoluzione civile sono stati due fallimenti. Noi ci proponiamo di incidere sulla politica in modo diverso ». In platea sono avvisati

image_pdfimage_print
image_pdfimage_print