p. Zanotelli chiede dove sono finiti circa 700 rom sgomberati senza alternative

i nostri fratelli rom
di Alex Zanotelli

 

In Italia i rom che vivono nelle baraccopoli sono 28mila. La presenza complessiva in Italia è stimata tra le 120.000 e le 180.000 unità. Sono dati che emergono dal Rapporto Annuale sulla condizione di rom e sinti in emergenza abitativa in Italia, effettuato dalla Associazione 21 luglio e presentato in Senato l’8 aprile in occasione della Giornata internazionale dei rom e dei sinti.
I 28.000 rom in emergenza abitativa rappresentano lo 0,05% della popolazione italiana e sono dislocati in 149 baraccopoli istituzionali, gestite dalle autorità pubbliche e presenti in 66 comuni; in 3 centri di raccolta; in insediamenti informali con 10mila persone, per il 90% di nazionalità rumena.
Le condizioni di vita dei rom che vivono in questi insediamenti sono nettamente al di sotto degli standard igienico-sanitari e l’aspettativa di vita è di 10 anni inferiore rispetto alla media della popolazione italiana.
Lo scorso aprile abbiamo fatto memoria della crocefissione di Gesù. Spesso, anche senza accorgerci, continuiamo a crocifiggere il povero Cristo degli impoveriti, degli emarginati, di quegli scarti che papa Francesco ama chiamare «la carne di Cristo».
Tra questi scarti in Italia ci sono senza dubbio i rom. Come Comitato campano con i rom, siamo impegnati da anni a denunciare le situazioni degradanti. L’ultima è quella relativa allo sgombero del campo rom di via Sant’Erasmo alle Brecce, nel quartiere Gianturco di Napoli. Vi vivevano circa 1500 persone in un contesto disumanizzante. Ho visto situazioni simili solo nelle baraccopoli in Kenya.
Lo scorso anno la Procura di Napoli ha deciso lo sgombero del campo di Gianturco perché ha valutato che sia un’area inquinata e non adatta per viverci. L’amministrazione comunale ha continuato a chiedere proroghe per guadagnare tempo e trovare soluzioni alternative. Nel frattempo, però, ha messo in atto una sorta di mobbing comunale, inviando al campo poliziotti e vigili urbani per sollecitare i rom ad andarsene. E in effetti non pochi rom se ne sono andati e hanno cercato altri spazi dove collocarsi.
Infine il comune ha aperto un campo attrezzato in via del Riposo, a fianco al grande cimitero di Poggioreale. Un campo che Amnesty International definisce «un lager», si tratta infatti di container allineati uno dietro l’altro… Comunque il 7 di aprile il comune ha accompagnato 130 persone rom in questo nuovo campo, annunciando che l’11 aprile avrebbe demolito quello di Sant’Erasmo alle Brecce. Invece la demolizione è avvenuta il 7 aprile stesso.
Per noi è stato un pugno allo stomaco. Anche per il silenzio che ha circondato l’intera vicenda, in particolare della regione, alla quale chiediamo da tempo la convocazione di un Tavolo per studiare soluzioni serie per i rom.
Per questo noi del Comitato campano con i rom e altre realtà della regione abbiamo deciso di manifestare l’11 aprile davanti al municipio di Napoli. Abbiamo portato alcune gigantografie della demolizione del campo, le abbiamo circondate di filo spinato e collocato una grande scritta “le ruspe del comune”. Abbiamo detto al sindaco Luigi de Magistris, che si vanta di una Napoli accogliente, che quella delle ruspe non si può definire accoglienza!
Ad oggi non sappiamo dove si trovino almeno 700 persone che erano nel campo di Sant’Erasmo alle Brecce. È chiaro che andranno a rimpinguare i ghetti che già ci sono o a formarne di nuovi.
Di questa vicenda voglio sottolineare un episodio. Quando ancora il campo rom di Gianturco era funzionante sono entrato con altri del Comitato e una donna ci ha urlato in faccia per dieci minuti: “Ci trattate come animali, ci schiacciate, ci disprezzate. Noi non siamo animali”.
Non dimenticherò questa voce. Nemmeno la celebrazione che della Pasqua che abbiamo fatto, insieme alla Chiesa valdese, il 15 aprile Sabato Santo, come segno di speranza, di resurrezione e di solidarietà con un popolo che non patria, non ha esercito, non ha mai fatto una guerra.
Possiamo stare certi che, se continuiamo a trattare i rom come stiamo facendo, siamo destinati a sbranarci a vicenda. O ci trattiamo tutti come fratelli o non c’è futuro.

sgomberi da morire

diventa un caso la rom morta a seguito di uno sgombero del campo rom all’insaputa dell’amministrazione milanese
 morire a Milano, sdraiata su un materasso sotto le stelle, perche’ non si ha altro. Ne’ una baracca, ne’ una tenda. E’ la tragica e dolorosa fine di M., donna rom di 42 anni, malata di cuore. Un cuore che ha smesso di battere pochi minuti dopo la mezzanotte del 28 maggio.
Due giorni prima, insieme ad una decina di altre famiglie (in tutto una settantina di persone), era stata sgomberata dall’accampamento di fortuna, che in questi mesi si era creato nel boschetto attiguo al Centro di emergenza sociale (Ces) del Comune di Milano di via Sacile. Centro nel quale vivono altri rom, circa 220 su una capienza di 140, tra i quali anche la sorella di M.
Secondo la Rete rom (alla quale aderiscono Associazione ApertaMente di Buccinasco, Associazione Upre Roma, Associazione di Promozione sociale Fabrizio Casavola, GRT e Naga), si e’ trattato di uno sgombero “senza preavviso, senza assistenti sociali e senza proposte alternative”.  Per il diritto internazionale, le persone sgomberate dovrebbero ricevere subito un’alternativa valida e lo sgombero dovrebbe essere notificato in maniera scritta. Ma venerdi’ scorso l’assessorato alla sicurezza, guidato dall’assessore Carmela Rozza, non ha avvisato quello alle Politiche sociali di Pierfrancesco Majorino. “Venerdi’ ero all’assessorato alle politiche sociali per un appuntamento e mi hanno chiamato alcune famiglie rom per dirmi dello sgombero- racconta Djana Pavlovic, portavoce della Rete Rom- E li’ in assessorato non ne sapevano nulla”.
Tra le persone sgomberate, oltre a M. cardiopatica, c’erano anche una ragazza appena dimessa dall’ospedale e una donna incinta. Oltre ad alcuni bambini.
“Sono rimasti senza nulla, visto che la polizia locale ha distrutto tutto, anche le tende- aggiunge- Ho fatto presente che c’erano situazioni particolarmente delicate”.
L’assessorato alle Politiche sociali, vista la situazione, ha allora dato appuntamento a queste famiglie piu’ a rischio per mercoledi’ 31 maggio. Troppo tardi per M. La morte di M. rivela, pero’, che c’e’ una Milano nascosta, con poveri piu’ emarginati di altri poveri.
Con la giunta di Giuliano Pisapia, la competenza sui rom, sugli sgomberi e sui centri di emergenza sociale era dell’assessorato alla Sicurezza e coesione sociale, guidato da Marco Granelli. Con l’elezione di Sala, si e’ creato un vuoto, con gli assessori Rozza e Majorino che non hanno fatto certo a gara per assumersi l’onere di occuparsene. Tanto che anche chi gestisce il Ces, ossia Casa della Carita’ e Padri Somaschi, in un comunicato stampa di ieri pomeriggio, sottolinea che “risulta necessario ripristinare un’efficace collaborazione tra istituzioni e terzo settore affinche’ le persone vengano accolte nel centro nel miglior modo possibile e vengano trovate soluzioni positive anche per chi non aveva trovato in questi ultimi mesi un posto al suo interno, rimanendo per strada”. “Abbiamo piu’ volte chiesto un incontro con l’assessorato alla sicurezza, senza ricevere risposta”, aggiungono interpellati da Redattore sociale.
La situazione dentro e fuori il Ces stava infatti peggiorando di mese in mese. “Il 24 maggio siamo andati con il nostro camper e il nostro medico in via Sacile- raccolta Nerina Vitali, volontaria del Naga, associazione che offre assistenza sanitaria a senza dimora e nelle baraccopoli- Ci avevano chiamato alcune famiglie ospiti del Ces, disperate. E la situazione che abbiamo trovato era allucinante”.
“C’erano circa 200 persone, in condizioni igieniche molto precarie. Siamo riuscite a visitarne una quarantina: chi aveva mal di denti, oppure mal di testa o lamentava altri tipi di malanni. In piu’ c’erano quelle accampate fuori, nel boschetto. E’ chiaro che li’ mancava una qualsiasi forma di assistenza sanitaria da tempo“.
Il Centro di emergenza sociale di via Sacile
Il Centro di emergenza sociale di via Sacile e’ stato costruito nella primavera del 2015. E’ costato 1,5 milioni di euro. Nelle intenzioni dell’allora assessore Marco Granelli andava a sostituire il Ces di via Lombroso e avrebbe dovuto “accogliere in un anno 600 persone appartenenti a famiglie con minori, di cui 350 provenienti da sgomberi di aree ed edifici occupati abusivamente”.
Il problema e’ che con la chiusura di via Lombroso e l’incendio dell’altro Ces, in via Quarenghi, via Sacile e’ rimasto l’unico centro. E di fatto il Comune non sa piu’ dove mettere chi viene sgomberato dai campi rom irregolari o dagli appartamenti occupati abusivamente.
Come sono andate le cose, quella notte?
La morte di M. non ha solo implicazioni sociali e politiche, ma potrebbe averne anche di carattere penale. I rom presenti la notte del 28 maggio, infatti, sostengono che l’ambulanza sia giunta “solo dopo oltre mezz’ora perche’ chi in quel momento era responsabile del Centro non si peritava di rispondere alle richieste di aiuto”, come si legge nel comunicato stampa della Rete Rom. L’azienda regionale (Areu) che gestisce il 118 replica che la prima telefonata di richiesta di soccorso e’ arriva alla mezzanotte e un minuto e che l’ambulanza sia giunta in via Sacile a mezzanotte e nove minuti.
“I rom mi hanno raccontato che hanno provato a chiamare anche prima di mezzanotte, ma non sapevano dare l’indirizzo- precisa Djana Pavlovic-. Per questo hanno cercato aiuto chiedendo al custode del Ces, che solo dopo tante insistenze ha aperto il cancello e chiamato il 118”. Ma Casa della Carita’ nega questa ricostruzione dei fatti. “Il custode del centro in turno ha risposto prontamente alle richieste di aiuto- precisa- chiamando i soccorsi dal telefono di servizio, che ha effettuato la chiamata dopo che altre persone vicine alla donna avevano gia’ a loro volta chiamato i soccorsi quando questa si era sentita male e proprio perche’ i soccorsi stessi non erano ancora arrivati”. Tre versioni dei fatti, che solo un’autorita’ giudiziaria potra’ eventualmente chiarire.
fonte: Redattore Sociale

ancora sgomberi per i rom di Pisa

 

 

tra diritto all’abitare e sgomberi: famiglie Rom di Putigliano, vivono in terreni regolarmente acquistati e chiedono una soluzione

rom di putigliano.si è tenuta in Logge di Banchi (davanti al Comune di Pisa) la conferenza stampa di alcune famiglie rom residenti a Putignano, colpite dai recenti provvedimenti di sgombero e di sequestro dei terreni, hanno partecipato oltre ai capofamiglia anche alcuni residenti di Putignano e i volontari dell’Associazione Africa Insieme

 

rom putigliano«Chiediamo di poter vivere in pace, di avere un posto dove dormire e di mandare i nostri figli a scuola». Comincia così, con questo appello lanciato da un capofamiglia, la conferenza stampa convocata da alcuni nuclei rom insediati a Putignano. Gianni – così si fa chiamare l’uomo, nato in Italia da genitori bosniaci – si rivolge al Sindaco: «abbiamo avuto un ordine di sgombero, e non sappiamo dove andare».
rom putigliano2La storia dei rom di Putignano è molto diversa rispetto ad altre: queste famiglie non abitano in campi “abusivi” ma in terreni regolarmente acquistati, e dunque di loro proprietà. «Abbiamo cercato una casa in affitto», spiega Gianni, «e per un certo periodo siamo stati anche aiutati dal Comune con “Città Sottili” [il programma di accoglienza varato nel 2002 e chiuso nel 2009, ndr.]. Purtroppo, per una famiglia rom è impossibile trovare casa: quando sentono che sei zingaro, i proprietari dicono sempre di no…».

rom putigliano5Impossibilitati a trovare un alloggio, i rom si sono decisi ad acquistare un terreno: «sono titolare di una piccola impresa individuale», spiega ancora Gianni, «non sono mai stato ricco, ma avevo qualche risparmio e ho pensato di investirlo per dare un tetto ai miei figli». Il problema è che i terreni erano  a destinazione agricola, e la legge urbanistica vieta qualunque insediamento abitativo in aree agricole. Così, gli uffici del Comune hanno avviato una procedura per la confisca dei terreni e lo sgombero. «Se questa è la legge», dice ancora Gianni, «è giusto applicarla. Ciò che chiediamo è di avere un posto dove dormire: il Comune ci dia un’alternativa».

«Si tratta di un problema nazionale», spiegano i volontari di Africa Insieme e gli attivisti del Progetto Rebeldia, intervenuti nella conferenza stampa a sostegno delle famiglie. «Ovunque in Italia, per uscire dai campi, i rom hanno acquistato terreni agricoli. E ovunque hanno ricevuto ordini di sgombero». Eppure, dicono gli attivisti, altrove si sono trovate soluzioni alternative.

rom putigliano,«Ci sono esperienze importanti a Trento, Bologna o Modena, solo per fare degli esempi», spiega Sergio Bontempelli, presidente di Africa Insieme. «In queste città i Comuni hanno allestito direttamente le micro-aree e le hanno assegnate ai rom in cambio di un affitto. Sono progetti che costano poco e risolvono il problema».Alla conferenza stampa sono intervenuti alcuni residenti di Putignano, i “vicini di casa” dei rom. «Non c’è un problema di convivenza con queste famiglie», ha spiegato Clelia Bargagli, «i loro figli vanno a scuola con i nostri, e ci conosciamo ormai da molti anni». La richiesta di una soluzione abitativa è condivisa anche da molti residenti: «le leggi vanno applicate», dice ancora Clelia Bargagli, «ma vanno applicate tutte: anche quelle che garantiscono il diritto all’abitare».

A sostegno delle famiglie rom è arrivata anche la voce di Ciccio Auletta, consigliere di Una Città in Comune, che porterà la questione all’attenzione del Consiglio Comunale.

un’altra rottamazione di … rom

 

 

rottamazione rom

Torino: il maxi sgombero forzato di 200 rom

 

“dacci oggi la nostra rottaamazione quotidiana di rom”

dal sito ’21 luglio’ la puntuale relazione documentata sul posto in diretta dello sgombero forzato di 51 famiglie, che l’Associazione stessa definisce “illegale secondo il diritto internazionale e non rispettosa degli standard e delle garanzie procedurali previste dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite”

Da questa mattina è in corso lo sgombero forzato di 51 famiglie rom dal Settore 1 dell’insediamento informale Lungo Stura Lazio a Torino. Per l’Associazione 21 luglio – da alcuni giorni presente sul posto con un osservatore – lo sgombero forzato si configura come un’azione illegale secondo il diritto internazionale e non rispettosa degli standard e delle garanzie procedurali previste dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite.

L’azione, inoltre, si pone in aperto contrasto con quanto affermato proprio nei giorni scorsi dalla Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa (ECRI), che aveva sottolineato come l’Italia stia continuando a realizzare sgomberi senza offrire le necessarie garanzie alle persone interessate.

Le operazioni di sgombero sono iniziate alle ore 7 di stamane e sono condotte da polizia locale e polizia di Stato con l’ausilio della Croce Rossa. Sul posto sono presenti due ruspe meccaniche che dalle ore 9 hanno dato inizio all’abbattimento delle abitazioni. Le operazioni coinvolgeranno nelle prossime ore 199 persone di cittadinanza rumena, pari a 51 nuclei familiari. Tra di loro 5 donne in stato di gravidanza e 62 minori, di cui 16 frequentanti la scuola dell’obbligo e uno la scuola dell’infanzia.

L’insediamento informale Lungo Stura Lazio è presente da diversi anni e al suo interno si sta organizzando il progetto del Comune di Torino denominato “La Città possibile”. L’obiettivo del progetto è realizzare percorsi efficaci di integrazione e di cittadinanza per circa un migliaio di persone rom selezionate, di comune accordo con i servizi della Città di Torino e con la Questura di Torino. Tale progetto include solo i soggetti beneficiari mentre per le famiglie classificate dalle autorità come “non beneficiarie” non è previsto alcun tipo di intervento volto all’inclusione.

Nelle settimane passate, alcuni rappresentanti della Polizia Municipale avevano comunicato verbalmente, in assenza di notifica scritta, l’imminente sgombero alle famiglie residenti non beneficiarie del progetto. Lo sgombero di oggi, oltre a comportare la distruzione delle abitazioni e l’allontanamento delle persone che le abitavano, avrà come conseguenza anche la probabile interruzione scolastica per i minori frequentanti la scuola dell’obbligo.

Lo sgombero, così così come pianificato e realizzato, si pone in violazione delle garanzie procedurali che devono essere rispettate nel condurre gli sgomberi, indicate dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite. Il suddetto Comitato stabilisce, tra i vari criteri, la necessità che lo sgombero sia accompagnato da una genuina consultazione con gli interessati e dalla valutazione di possibili alternative allo sgombero e che sia offerta agli interessati la possibilità di fare ricorso legale; che lo sgombero non abbia l’esito di rendere senza tetto le persone coinvolte, né di renderle vulnerabili a ulteriori violazioni di altri diritti umani; che qualora le persone coinvolte non siano in grado di provvedere a se stesse, a queste vengano offerte alternative abitative adeguate.

Il 23 febbraio 2015 l’Associazione 21 luglio – in una lettera inviata alle autorità torinesi – aveva scritto che «in assenza delle suddette garanzie l’operazione di sgombero forzato delle famiglie rom residenti nel Settore 1 dell’insediamento di Lungo Stura Lazio, oltre a comportare di per sé una grave violazione dei diritti umani, avrebbe l’esito non di risolvere l’attuale oggettiva inadeguatezza dell’alloggio, ma di reiterarla altrove esacerbando ulteriormente la condizione di vita e rendendo ulteriormente vulnerabili le famiglie coinvolte».

Nella missiva veniva chiesto un intervento urgente «volto a ricondurre tale operazione di sgombero entro un ambito di legalità, attraverso l’apertura di un dialogo con le famiglie rom coinvolte e attraverso l’identificazione preventiva all’operazione di sgombero dell’offerta di soluzioni abitative alternative adeguate rivolta a coloro che non siano in grado di provvedere a loro stessi».

Malgrado l’appello, nella giornata odierna le autorità locali hanno optato per lo sgombero forzato che, secondo l’Associazione 21 luglio oltre a rappresentare una grave violazione dei diritti umani, costituisce un innegabile passo indietro rispetto ai contenuti espressi all’interno della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti adottata dal governo italiano in attuazione della Comunicazione della Commissione europea n.173/2011.

ma, intanto:

Corte Europea, stop a sgombero campo Rom

I giudici hanno accolto ricorso di cinque famiglie

 TORINO, 19 MAR – La Corte europea per i diritti dell’uomo ha sospeso lo sgombero del campo nomadi di Lungostura Lazio a Torino, abitato da rom di origine romena. I giudici, accogliendo un ricorso di cinque famiglie, ha bloccato le procedure fino al 26 marzo, ordinando al governo italiano di fornire informazioni sulla sistemazione degli occupanti.

pulizia è fatta: di rottami e di … rom

 

sgomberato il campo rom di Torre del Lago

finalmente sgomberato, finalmente si farà pulizia in nome dell’igiene, del decoro ambientale, elle proteste dei vicini … ma gli abitanti di questa grande marginalità che fine hanno fatto? non sembrano trovarsi risposte, ma forse perché si tratta di un problema secondario rispetto a quello assoluto del decoro … 

 

rom Torre del Lago

“Il campo rom abusivo – si legge in una nota del Comune – versa in una condizione insostenibile a causa del totale stato di criticità determinato da un notevole accumulo di rifiuti di ogni genere. Pertanto, il commissario Romeo ha ritenuto necessario ed urgente, a tutela della salute pubblica, disporre lo sgombero e la pulizia del campo che sarà effettuata a cura di Sea Ambiente. Va precisato che, a causa della mancanza di interventi nel corso degli anni sul campo abusivo di Torre del Lago, ad oggi si conta la presenza di 25 roulotte nelle quali gli ospiti vivono in condizioni oltre che di gravi carenze igieniche anche di potenziale pericolo per la loro (e altrui) incolumità, atteso l’uso incontrollato di bombole di gas e strumenti elettrici. Il Comando di Polizia Municipale agirà inoltre in questi giorni nel campo di Torre del Lago P. sia per effettuare serrati controlli sia per svolgere un’opportuna opera di sensibilizzazione nei confronti degli ospiti a lasciare spontaneamente la zona occupata prima che si proceda all’esecuzione coattiva dell’ordinanza del commissario Romeo”.

 

 

camporomsgomberoE’ iniziato alle 8 di stamani (18 marzo) lo sgombero del campo rom di Torre del Lago: il provvedimento è stato disposto con un’ordinanza firmata il 13 marzo scorso dal commissario prefettizio e già sabato l’ordinanza è stata notificata agli abitanti del campo (nella foto di Iacopo Giannini). “Rispondendo alle istanze di migliaia di cittadini di Torre del Lago e di Viareggio – spiega il Comune in una nota – il commissario Romeo ha fatto eseguire la sua ordinanza con lo sgombero coattivo del sito dove si erano stabiliti diversi Rom con un aumento continuo di roulotte”.

Infatti, nella frazione pucciniana sostavano da anni 25 case mobili – ridotte a relitti – in condizioni igienico-sanitarie di estrema criticità. Nella zona dell’insediamento abusivo sono stati scoperti cumuli di rifiuti nocivi per la salute pubblica e condizioni di rischio per la incolumità degli stessi occupanti. “Numerose bombole di gas – sottolinea l’amministrazione – venivano utilizzate senza alcun controllo, in un ambito in cui gli ospitanti si muovevano senza alcun accorgimento minimo per la sicurezza”.
Il commissario Romeo, utilizzando la norma dell’articolo 54 del Tuel, ha così deciso di porre fine “ad una situazione  – si spiega – insostenibile né più tollerabile, sia per i cittadini di Viareggio e Torre del Lago sia per l’incolumità delle famiglie che in quel sito si erano abusivamente sistemate”.
Stamani la polizia municipale, coordinata dal comandante Vasco Comaschi e le forze dell’ordine coordinate dal dirigente del commissariato di Viareggio, Rosaria Gallucci, hanno provveduto a dare esecuzione al provvedimento commissariale attraverso un’azione svolta anche con una preventiva mediazione verso le famiglie rom a lasciare il campo.
La Sea Ambiente, interessata dal Commissario Romeo, ha così provveduto – secondo le disposizioni impartite – a rimuovere e distruggere le case mobili, “all’interno delle quali – spiega la nota del Comune – erano state riscontrate condizioni igieniche e di sicurezza indescrivibili”. La Sea ora sta procedendo alla ripulitura di tutta la zona dei numerosissimi rifiuti che si sono accumulati nel tempo. “Al fine di evitare che possano ripetersi tali situazioni – spiega il Comune di Viareggio – il commissario straordinario ha disposto un serrato controllo anche nelle ore notturne della Polizia Municipale, non solo nella zona oggetto di bonifica ma anche in altri siti dove potrebbero essere state attivate sistemazioni abusive nel comune di Viareggio, in alternativa a quella sgomberata”. Nell’ambito dei controlli effettuati dagli agenti del commissariato proprio nei pressi del campo rom abusivo, è stato pizzicato un ungherese di 30 anni, domiciliato a San Giuliano Terme.
Dagli accertamenti effettuati sono emersi a suo carico diversi pregiudizi di polizia per reati contro il patrimonio: è stato così munito di foglio di via per tre anni dal territorio dei comuni della Versilia.

 

polemica sui campi rom di Pisa e sgomberi

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l’intervento di Africa insieme e del Progetto Rebeldia sulle vicende riguardanti il dibattito e lo sgombero dei campi rom di Pisa

gli articoli cui si fa riferimento si possono leggere nei link in fondo all’intervento:

 

Come in un inquietante gioco dell’oca, la politica pisana torna di tanto in tanto alla casella di partenza, e si dimentica del percorso fatto. È quanto sta accadendo negli ultimi giorni, a proposito del dibattito sui rom: un dibattito pieno di discorsi vecchi e di stereotipi banali. Che però feriscono persone in carne e ossa, e creano esclusione e discriminazione.

Il direttore del Parco solleva il tema del (presunto) smaltimento irregolare di rifiuti nei campi nomadi: cita fatti gravi senza circostanziarli, e accusa l’intera comunità rom di episodi che – se accertati – sarebbero comunque responsabilità dei singoli. Confcommercio definisce “inaccettabile” il campo della Bigattiera, e ne chiede lo sgombero. 

sgomberi

Che i campi nomadi siano “inaccettabili”, lo dicono gli stessi rom che sono costretti ad abitarvi. I campi sono luoghi di segregazione – veri e propri “ghetti” – che rappresentano la vergogna dell’Italia, e che le istituzioni internazionali (Unione Europea, Consiglio d’Europa) ci chiedono di superare. 

“Superare i campi” non vuol dire però sgomberarli con la forza. Non è difficile capire che una famiglia allontanata da un campo, se priva di alternative, costruirà un altro campo a poche centinaia di metri. 

Gli sgomberi sono inutili, controproducenti (aggravano le condizioni di marginalità), e hanno costi altissimi a carico dei contribuenti: si calcola che ogni intervento costi decine di migliaia di euro. Per di più, sono illegali ai sensi del diritto internazionale, e non si può invocare la “legalità” solo quando fa comodo… 

Invece di ricorrere a stereotipi e frasi fatte, sarebbe utile ricordare un po’ di storia recente. L’UE ha stanziato fondi consistenti per “superare i campi”, e per garantire una sistemazione dignitosa alle famiglie che li abitano. I rom della Bigattiera, assieme a tante associazioni, chiedono che il Comune acceda a questi fondi, e avvii un programma di inserimento abitativo. Il Consiglio Comunale aveva approvato persino una mozione in questo senso, che è rimasta però lettera morta: ad oggi, i rom della Bigattiera vivono in un luogo senza luce, senza acqua e senza scuolabus per i bambini. Questa è la cosa davvero “inaccettabile”, che però non viene neanche menzionata nei comunicati di Gennai e di Confcommercio. E di questo si dovrebbe seriamente discutere. Si preferisce invece invocare gli sgomberi, e attizzare un po’ di odio verso i rom, invocando la “legalità” a sproposito (è ovvio che chi commette un reato debba essere perseguito, ma è altrettanto ovvio che le responsabilità sono personali, e non coinvolgono i rom come categoria). L’esito di queste dichiarazioni è scontato: vi saranno più controlli di polizia nei campi (come già è accaduto in questi giorni), e si farà qualche sgombero “muscolare” per accontentare chi protesta. Nel frattempo, i problemi rimarranno intatti sul tavolo, e i rom continueranno a restare senza acqua, senza luce e senza scuolabus. Un bel capolavoro.

PISA, 27 AGOSTO 2014

Associazione Africa Insieme

Progetto Rebeldia

 

29-08-2014 – Il Tirreno – Rifiuti pericolosi trovati nei campi nomadi”

28-08-2014 – Pagina Q – Campi rom: si accende la polemica sullo sgombero della Bigattiera

28-08-2014 Il Tirreno – Blitz nei campi nomadi di Coltano e della Bigattiera

28-08-2014 – La Nazione – Nomadi, blitz a Coltano e alla Bigattiera

27-08-2014 – La Nazione – “Via il campo nomadi sulla Bigattiera: è inaccettabile”

26-08-2014 – La Nazione – Nerini in azione “Basta rinvii su sicurezza e campi rom”

25-08-2014 – La Nazione – “Nei campi nomadi rifiuti pericolosi”

se ‘Rebeldia’ e ‘Africa insieme’ giustamente criticano la durezza e spietatezza usate troppo spesso nel demolire le baracche e le umilissime abitazioni dei campi rom e se certamente è vero che molte volte (per cause che sbrigativamente e superficialmente vengono ricondotte alle responsabiltà dei rom) appaiono come luoghi e abitazioni di degrado e di ghetto, certo è che la soluzione che si cerca di imporre con la teorizzazione del superamento dei campi nella teoria dell’ ‘oltre i campi’ (che vede come unica soluzione l’inserimento forzato in) è troppo rigida e poco rispettosa dei veri desideri e sensibilità e cultura di questo popolo
di questo pare sia convintissimo anche don Agostino la cui roulotte è stata abbattuta per ultima (vedi articolo de ‘la Nazione’ rortato in foto qui sopra), e che esprime il suo disagio, condiviso da diversi rom che  con lui abitavano quello spazio, col seguente grido:

“Ridatemi per cortesia il campo di prima!”

 
Da diverso tempo tutti gridano con disinvoltura e sicurezza che bisogna andare oltre i campi, che bisogna superare questa vergogna tipicamente italiana, e anche questo è falso! E’ un altro stereotipo, ma che si tiene volutamente nascosto. Perchè ognuno ha la sua ricetta magica da proporre.
Di campi o di terreni dove vivono famiglie Rom e Sinte ce ne sono in Francia, in Spagna, in Inghilterra e chissà dove altro. Toh, in Francia nomadizzare è previsto, non è scandaloso o offensivo. Le municipalità con oltre 10.000 (?) abitanti hanno l’obbligo di prevedere uno spazio riservato alle “genti di viaggio”.
Ma non voglio tifare per un modello a scapito di un altro..Credo invece che debbano essere loro, i Rom a scegliersi (liberamente) come e dove vivere la loro famiglia, che a noi piaccia o no. Quando si parla di smantellamento o di sgombero di campi Rom, l’unica prospettiva percorribile sembra essere quella della casa. Casa=integrazione, ma ne siamo così sicuri?
Mi domando: quando i Rom di Coltano stavano nel campo in baracche e roulotte “vivevano” meglio, rispetto ad ora che abitano in appartamenti del nuovo villaggio, sotto continuo ricatto e minaccia di allontanamento? Dove erano più felici, più veri? Andando a vivere in appartamenti cosa è cambiato in loro? E’ migliorata o peggiorata la loro vita?
Ora sono più integrati rispetto a prima? Non mi sembra proprio!
Casa=integrazione è un altro stereotipo!
Ciao Ago

 

 

 

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