“Dio stesso viaggia sui barconi dei migranti”

l’arcivescovo di Agrigento:

“a venire da noi su un barcone è Dio, non accogliere è non credere”

Il cardinale Montenegro festeggia S. Calogero, santo nero venuto dall’Africa e lancia un monito

Francesco Montenegro

Durante i festeggiamenti per S. Calogero, l’arcivescovo Montenegro di Agrigento ha lanciato un commovente monito, particolarmente significativo dato che S. Calogero è un santo nero, taumaturgo della Chiesa e particolarmente amato in Sicilia e in particolare nell’agrigentino:

“I migranti, i poveri sono un termometro per la nostra fede. Non accoglierli, soprattutto chiudendo loro il cuore, è non credere in Dio. È Gesù a venire da noi su un barcone, è lui nell’uomo o nel bambino che muore annegato, è Gesù che rovista nei cassonetti per trovare un po’ di cibo. Sì, è lo stesso Gesù che è presente nell’Eucaristia. Un migrante alla fine del suo lungo viaggio, dopo aver subito violenze e visto sabbia, lacrime, paura, cadaveri … esclamò nel mattino in cui fu salvato: “Nulla è più bello al mondo del sorgere del sole”. Il sole illumina i volti di tutti gli uomini, non solo i nostri. Ogni migrante è una storia e una vita che, ci piaccia o no, s’intreccia con la nostra. I poveri e i migranti hanno un nome come noi, sognano come noi, sono pieni di paure come noi, sperano come noi, vogliono una famiglia come noi, – un minorenne mi ha detto che ciò che gli manca è la carezza della mamma – credono in qualcosa o in qualcuno come noi, osano come o più di noi, desiderano essere trattati come noi. Anche per loro, e non solo per noi, Gesù e si è lasciato inchiodare sulla croce. Lasciamoci scuotere la coscienza dal fatto che tanti bambini, uomini, donne, perdano la vita in mare. Fu un immigrato, il centurione romano, a riconoscere nel crocifisso il Figlio di Dio. Un detto ebraico dice: chi salva un solo uomo, salva il mondo intero.”

caro Matteo Salvini, caro governo italiano …

diteci come fate a dormire con un naufragio nel petto

Diteci come fate a dormire con un naufragio nel petto, come riuscite a non pensare a quei tre bambini vestiti di rosso quando mangiate una pasta al pomodoro. Diteci cosa si prova a interpretare Ponzio Pilato di fronte alla folla, senza neanche lavarsi le mani perché quelli come voi le mani non se le sporcano mai.

di Saverio Tommasi

Caro Matteo Salvini, caro governo Italiano. Vorrei sapere come si dorme con un naufragio di 100 morti che vi bussano sulla coscienza “toc, toc, toc”. Se riuscite a dare la colpa ad altri, a guardare un’altalena senza pensarci. Vorrei sapere se riuscite a dimenticarlo, per esempio davanti a una pasta al pomodoro, e se la fame vi passa quando ci pensate. Vorrei sapere se ce la fate, a non pensare a quei tre fantasmini – tre, fratellini come lo siamo su questa Terra – vestiti di rosso come la vostra pasta al pomodoro. Riuscite a evitare il pensiero? Non dev’essere semplice, ribaltare il cervello per non soccombere ai pensieri: lodare i libici e attaccare le ONG che salvano dalla morte. Vivere come il gatto, stringere la mano a Mangiafuoco e attaccare Geppetto, che “se tuo figlio è nato in una falegnameria allora devi restarci, dovevi pensarci prima, i sogni fuori non sono fatti per te, noi di problemi abbiamo già i nostri”. Come si vive delegando la vita degli altri a qualcuno che sappiamo non ha interesse a prendersi la delega?

Vorrei sapere se poi, stamani, vi siete fatti la barba, e se poi siete andati a cercarle, le foto dei tre bambini con la faccia gonfia come un bambolotto che ha bevuto l’acqua. Sembravano di porcellana quei volti lisci, a cui la barba non ha fatto in tempo a spuntare, e si sono fermati in un giorno feriale, in mezzo al mare, ma non così tanto nel mezzo da non poter essere salvati. Quanto vi costa non aprire quella porta, tenere chiuso quel porto, aver risposto “non intervenite, se ne occuperanno i libici”, come Ponzio Pilato di fronte alla folla, avete fatto “click” con la stessa disinvoltura di una chiamata a debito da un numero sconosciuto. Poi, non vi siete neanche lavati le mani, perché quelli come voi le mani non se le sporcano mai. Caro Ministro dell’Interno, caro governo Italiano, c’è forse qualcosa di più grave del morire in una volta sola, ed è morire piano piano. Lavorare al disfacimento di un Paese – la nostra bella Italia – facendo ricadere la colpa sui poveri, sugli ultimi della fila, sugli esclusi dai banchetti. Per cosa, poi? Cosa state ottenendo, in cambio della negazione dell’esistenza ad altri? Venti minuti di presidenza in più, forse, mezz’ora di poltrona in aggiunta. Tutto qui. Vorrei sapere come fate a dormire la notte, se dormite. Perché a me danno fastidio le zanzare intorno all’orecchio e non ci riuscirei mai, con un naufragio nel petto.

 

diffidare dei solidali a date alterne

diffidare

da ‘Altranarrazione’

Assistiamo ad un momento di grande mobilitazione sociale. Stiamo conoscendo tanti nuovi difensori degli oppressi. Una moltitudine, finora sconosciuta e silente, avanza ed esce allo scoperto mettendoci faccia e firma. Si recuperano parole e simboli come Resistenza e Costituzione che parevano destinati ad essere superati (dall’Europa del pensiero unico finanziario) o smantellati (attraverso referendum). Sulla c.d. stampa, sui social, durante gli apericena o il fitness, si moltiplicano le prese di posizione sdegnate. In questi giorni percepiamo una diversa consapevolezza e tentativi di riscatto:

hanno scoperto la categoria dei poveri. Si schierano con convinzione dalla loro parte chiedendo maggiori finanziamenti. Contrordine: non sono più quelli che stanno sul divano a bivaccare;

hanno scoperto la categoria dei disoccupati, dei precari, dei neet, dei riders e si schierano con convinzione dalla loro parte chiedendo salario minimo garantito, tutele assicurative, piani per l’occupazione. Contrordine: agevolare il licenziamento, rimuovendo l’art. 18, crea lavoretti, non lavoro;

hanno scoperto le periferie e soprattutto che le cabine elettorali sono arrivate anche lì. Adesso vogliono frequentarle assiduamente ed occuparsi delle relative problematiche. Contrordine: i grandi eventi e i festival non costruiscono fogne, non piantano alberi, non migliorano il trasporto pubblico dei pendolari;

ed infine la scoperta più importante e commovente: la categoria dei migranti. Chiedono accoglienza per disperati che fuggono da guerre, miseria e che rischiano di morire nelle mani degli scafisti. Contrordine: non aiutiamoli solo a casa loro e non rappresentano più un pericolo per la tenuta democratica del nostro Paese.

Bisogna radicalmente diffidare dai solidali a targhe alterne.

Da quelli che tra un privilegio e l’altro, una rendita di posizione e l’altra, prima collezionano petizioni di principio e poi deridono (o peggio) ostacolano le attività di redistribuzione della ricchezza.

Da quelli che, nell’attuale crisi strutturale, sostengono la necessità di creare lavoro (impossibile per tutti, con questo sistema) e non di erogare un reddito (possibile per tutti).

Da quelli che diffondono il secondo dogma del capitalismo, oltre a quello della massimizzazione del profitto previo sfruttamento dell’altro, e cioè: accettare qualsiasi lavoro anche se malpagato, mal-contrattualizzato, mal gestito.

Da quelli che considerano le periferie come riserve naturali degli schiavi, gli sconfitti che la storia è costretta a sopportare prima di dimenticare.

Da quelli che non si preoccupano della condizione dei migranti nei CIE o CPR (Centri Permanenza Rimpatri), nei CARA (Centri Accoglienza Richiedenti Asilo), nei campi agricoli, nelle imprese edili.

Da quelli che non si preoccupano dell’integrazione effettiva dei migranti nel tessuto sociale.

Da quelli che sono contrari ad assicurare ai migranti adeguati luoghi di culto.

Da quelli che non si impegnano per l’interruzione dello sfruttamento energetico, il rispetto dell’ambiente, lo smantellamento del traffico di armi nei territori da cui provengono i migranti.

Da quelli che giustificano l’accoglienza dei migranti non per motivi umanitari e di giustizia ma per utilità. Da quelli che giustificano l’accoglienza dei migranti solo per arruolarli come lavapiedi.

Diffidare.

E fidarsi solo di quelli che vedono nei migranti: sofferenza, oppressione, speranza. E di conseguenza si comportano.

la chiesa protesta contro la politica razzista

la chiesa contro i razzisti

inaccettabile far politica sulla pelle dei migranti

monsignor Angelo Becciu lancia un monito ai nostri governanti: sarà impopolare oggi difendere gli emarginati ma né il Papa, né la Chiesa possono venir meno alla loro missione

Papa Francesco e i migranti

papa Francesco e i migranti

Basta con il razzismo e la xenofobia. Sopratutto quando chi è al governo cerca consento prendendosela con i più deboli.

“Una chiarezza sull’argomento era necessaria, che siano solo i Paesi fisicamente più esposti come l’Italia o la Grecia ad assumersi il peso dell’accoglienza e non tutta l’Unione europea non è giusto ma che si utilizzino le navi cariche di esseri umani per far avanzare posizioni politiche è inaccettabile”.

Lo ha detto all’agenzia Ansa il sostituto della Segreteria di stato vaticana, monsignor Angelo Becciu, cardinale nel concistoro di domani, a proposito della linea dura del governo sui migranti.

“Ricordo quanto il Papa ha recentemente detto – aggiunge Becciu -: gli immigrati sono esseri umani non numeri! Sarà impopolare oggi difendere gli emarginati ma né il Papa, né la Chiesa possono venir meno alla loro missione”.

brutto fare politica sulla pelle dei poveri

la Santa Sede attacca il governo

monsignor Becciu:

“inaccettabile fare politica sulla pelle dei migranti”

il sostituto della Segreteria di stato vaticana all’Ansa:

“Ingiusto utilizzare le navi cariche di esseri umani per far avanzare posizioni politiche”

“Una chiarezza sull’argomento era necessaria, che siano solo i Paesi fisicamente più esposti come l’Italia o la Grecia ad assumersi il peso dell’accoglienza e non tutta l’Unione europea non è giusto ma che si utilizzino le navi cariche di esseri umani per far avanzare posizioni politiche è inaccettabile”.

Lo dice all’ANSA il sostituto della Segreteria di stato vaticana, monsignor Angelo Becciu, cardinale nel concistoro di domani, a proposito della linea dura del governo sui migranti.

“Ricordo quanto il Papa ha recentemente detto – aggiunge Becciu -: gli immigrati sono esseri umani non numeri! Sarà impopolare oggi difendere gli emarginati ma né il Papa, né la Chiesa possono venir meno alla loro missione”.

se non hai soldi puoi crepare …

l’alba dei migranti

«Quale diritto avete di opprimere il mio popolo, di pestare la faccia ai poveri?»

profeta Isaia 3,15

 

Sei malato, ma devi dormire fuori perché non hai i documenti e neanche i soldi.
Non basta la malattia, il bisogno; ci vogliono i documenti o almeno i soldi.
Infatti, se hai i soldi, anche malato e senza documenti, un posto te lo trovano.

Nel cuore dell’Impero (e dicono del cristianesimo) funziona così: i documenti contano più della malattia e del bisogno. E i soldi contano più dei documenti, della malattia e del bisogno.

Gli abitanti felici di questo inferno la chiamano legalità: che hanno promosso a quarta virtù teologale accanto alla  fede, alla speranza e alla carità. Sulle ultime tre un compromesso si trova ma sulla legalità sono rigidi. È ammessa solo una deroga: i soldi.

Gli abitanti felici di questo inferno difendono il decoro:  che sei tu a violare dormendo sui cartoni, non loro a lasciarti fuori.

Sei malato, non hai documenti e neanche i soldi.

Quindi dormi fuori.
Domani l’alba arriverà solo per te. Per gli abitanti dell’inferno infatti è sempre notte.

un’altra foto che purtroppo è destinata ad indignarci ‘a rate’

Siria
la foto del bimbo nella valigia e l’indignazione a rate

BLOG di Shady Hamadi
Il bambino, mezzo addormentato, trasportato dal padre in una valigia, quasi fosse un abito, è la nuova immagine simbolo del conflitto in Siria. Uno scatto destinato a finire nel dimenticatoio nel giro di ventiquattro ore, facendo ripiombare il consueto silenzio sulla crisi siriana che è, probabilmente, la peggiore al livello umanitario dal secondo dopoguerra a oggi. Questa immagine, come molte altre che hanno fatto il giro del web, rappresenta la routine dell’indignazione a rate: viene pubblicata una foto anomale – come quella di Houda, la bambina che alza le braccia al cielo mentre il fotografo le sta per scattare una foto, pensando che la macchina fotografica sia una pistola o lo scatto del piccolo Aylan Kurdi, riverso deceduto in una spiaggia – milioni di persone la condividono, si scrivono articoli in cui si ricorda la tragedia del Paese mediorientale, si dibatte un po’ e finisce tutto – ancora una volta – nello sgabuzzino dei ricordi.
Il problema di questa indignazione a rate è serio perché si pensa di rispondere alla voce della propria coscienza, quella che ci dice di fare qualcosa, condividendo la foto o mettendo un like. Ma questa è una amara illusione che ci spinge a fuggire dalla responsabilità morale e dall’azione concreta. Quest’ultima significa appelli; raccolta firme e costruire un dialogo fra società civili. Proprio questo punto è forse il più importante: cosa vogliono i siriani? Cosa rappresenta per loro l’immagine di quel bambino? La risposta a questa ultima domanda può essere risolta in una parola: l’esilio, cioè la costrizione all’abbandono della propria casa o terra a causa di motivazioni politiche che portano alla violenza. Dovremmo essere indignati che nel 2018 ci siano ancora popoli costretti a diventare esuli. Allora, partendo da ciò, dobbiamo anche sapere che il bambino nella foto, se arriverà in Italia, non sarà parte di un invasione ma del nostro immobilismo

occorre una nuova politica della migrazione

politica della migrazione

una mancanza che pesa

di Donatella Di Cesare
in “Corriere della Sera” del 15 marzo 2018

Il voto in Italia è la conferma della crisi che da tempo affligge la sinistra europea. Così viene giudicato dai media e dall’opinione pubblica all’estero. Numerose sono le analisi che interpretano l’esito delle elezioni mettendo l’accento sul travaso dei voti dal Pd ai 5 Stelle (che segue peraltro quello degli ex Pci passati alla Lega). La questione riguarda anche Leu e in generale tutta l’area della sinistra. Le cause indicate sono molteplici. Per lo più prevale l’idea, senz’altro vera, ma troppo sbrigativa, che la sinistra abbia abbandonato «i propri territori», che non sia stata capace di dare voce a scontenti, disoccupati, disagiati. In breve: l’emancipazione si sarebbe arrestata. Ecco il motivo — si dice — della crisi, anzi dello spegnimento della sinistra. Sennonché lo scenario è ben più complesso. Lo dimostra il ruolo giocato dal tema della migrazione prima e durante la campagna elettorale. I toni accesi, gli episodi violenti — come dimenticare Macerata? — vanno ricondotti a tale contesto. Per le strade e nel web non si parlava d’altro. O quasi. Perciò nelle analisi politiche sarebbe un grave errore non riconoscere che la migrazione è stata un punto dirimente. Contro questa frontiera della democrazia ha urtato arenandosi una sinistra che non ha saputo intervenire per tempo. Una questione globale ha potuto così essere letta nei termini di un sovranismo provinciale. È mancata una narrazione alternativa in grado di delineare la complessità in modo semplice e non semplicistico, comprensibile a tutti. Nel migliore dei casi è stata fornita quella lettura economicistica dell’immigrazione che trasforma i cittadini-lavoratori in utili risorse umane: «lasciamoli entrare, perché ci servono».

Come se non fosse proprio questo il dispositivo del mercato neoliberista che, se da un canto attrae, dall’altro respinge i migranti che sono voluti, ma non benvenuti, richiesti come lavoratori, ma indesiderati come stranieri, vittime perciò di una duplice discriminazione, di «razza» e di «classe». Il problema, che ha investito, tutta la sinistra, non solo quella italiana, si può riassumere così: la giustizia sociale funziona unicamente all’interno dei confini nazionali? Occorre farsi carico solo del benessere economico degli autoctoni, salvaguardare e incrementare i diritti dei cittadini, in particolare — è ovvio — dei più poveri? Se è cosi, si accetta la frontiera fra cittadini e stranieri. Ma proprio questa frontiera è inaccettabile per la sinistra che finisce per tradire la sua provenienza e la sua vocazione: l’ideale della solidarietà. La giustizia sociale non può fermarsi ai confini nazionali.

Non è un caso che nel contesto tedesco dove, malgrado la crisi economico-finanziaria, il welfare ha tenuto, il tema della migrazione sia stato affrontato diversamente. Perché non si tratta di addossarsi la miseria del mondo, bensì di accettare una sfida epocale e inaggirabile. «Ce la faremo», sono le parole pronunciate nell’estate del 2015 da Angela Merkel che passerà alla storia per essere stata l’unico leader europeo ad aver richiamato i cittadini a una solidarietà responsabile. Ha fallito? Difficile dirlo. Tanto più che ha spiazzato il partito socialdemocratico. Ma certo ha avuto il coraggio di tentare. Purtroppo in Italia il tema della migrazione è stato affrontato in modo schizofrenico, da una parte consegnandolo alla pur decisiva carità etico-religiosa del volontariato, dall’altra facendone una questione di sicurezza e di ordine pubblico. È mancata e manca una politica della migrazione. Ed è grave che non sia stata sviluppata dalla sinistra con categorie nuove, che non riducano la politica a governance, a mera amministrazione. Proprio il tema della migrazione prova la necessità di una cultura politica in grado di sollevare lo sguardo di chi è ripiegato su di sé e rischia di non vedere quello che avviene oltreconfine

i migranti vengono segregati, come lebbrosi, in luoghi invisibili

chiesa migrante e dei migranti

Occorre un rapido aggiornamento del linguaggio, delle sensibilità, delle opzioni e delle prassi conseguenti. Dobbiamo farci migranti, cioè itineranti, lasciando le posizioni acquisite che ci rendono immobili ed egoisti. Ed è arrivato pure il momento di togliere dalla naftalina la Buona Notizia che non è: «Ecco per te una dottrina da imparare o una religione a cui aderire», ma: «Dio sta dalla parte degli ultimi e sostiene il loro riscatto». Allontanati dal centro della città per non disturbare la compulsione al consumo dell’inciviltà occidentale, i migranti vengono segregati, come lebbrosi, in luoghi invisibili, anche se per il momento, nel caso dovesse avvicinarsi qualcuno, pare non debbano agitare campanelli e gridare: «Clandestino impuro! Clandestino impuro!» (1). I migranti annegati nel Mediterraneo rappresentano la risposta, nel concreto, all’asfittico dibattito sulle eventuali radici cristiane dell’Europa. Quei morti sono un macigno sulle nostre coscienze e scandalizzeranno le generazioni future. Il capitalismo con le sue velenose esigenze, ci ha deformato a tal punto che non riconosciamo più storie, ferite, ingiustizie ma solo provenienze, colore della pelle ed utilità. Accogliamo manodopera mica persone. Per gli schiavi un posto si trova sempre, per chi ha bisogno no. «Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (2), dice Gesù. Il cuore dell’europeo sta vicino alla sua casetta (in Italia con il mutuo incorporato), alla macchina (in Italia con le rate del prestito incorporate), ed al divertimento (in Italia: calcio, vacanze, TV) . Se da piccoli avevamo amici immaginari e parlavamo da soli, da grandi abbiamo nemici immaginari e parliamo secondo le indicazioni dei manipolatori di professione. Ma la vita, che abbiamo defraudato ai migranti, grida e le proteste dei migranti sono giunte alle orecchie del Signore (3). E se non le ascoltiamo nella storia potremmo correre il rischio di doverle ascoltare, in eterno, nell’aldilà. Abbiamo accumulato ingiustizie, adesso siamo costretti a difenderle con la violenza di una legge o di accordi stipulati con Stati che non assicurano i diritti più elementari. Se poi non risulta sufficiente abbiamo a disposizione soldati pronti ad obbedire e armi rigorosamente made in Italy. Tutto questo per garantire un benessere che produce ansia, che è capace però di attrarre, corrompere e contaminare.

(1) «Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi nel regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero!» (Giacomo 2,5-6)
(2) Vangelo Matteo 6,21

(3) «Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori grida; e le proteste sono giunte alle orecchie del Signore» (Giacomo 5, 3-4)

pubblicato da ‘altranarrazione’

papa Francesco contro la paura dello straniero

migranti

l’appello del papa

“no alla paura dello straniero”

il papa contro “chi alza nuovi muri”

“i cristiani sono fratelli di ogni uomo, serve una globalizzazione della solidarietà”

 papa Francesco torna a parlare di immigrazione e a chiedere accoglienza:
Le paure si concentrano spesso su chi è straniero, diverso da noi, povero, come se fosse un nemico“,
dice Bergoglio parlando nella basilica romana di Santa Maria in Trastevere, in occasione dei 50 anni della Comunità di Sant’Egidio

“Il mondo oggi è spesso abitato dalla paura”, aggiunge il Pontefice, “E anche dalla rabbia che è una sorella della paura. È una malattia antica. Il nostro tempo conosce grandi paure di fronte alle vaste dimensioni della globalizzazione. E allora ci si difende da queste persone, credendo di preservare quello che abbiamo o quello che siamo. L’atmosfera di paura può contagiare anche i cristiani che, come quel servo della parabola, nascondono il dono ricevuto. Se siamo soli, siamo presi facilmente dalla paura“.

Per questo Papa Francesco chiede di ripensare la globalizzazione: “Il mondo è diventato globale, l’economia e le comunicazioni si sono unificate. Ma per tanta gente, specialmente per i poveri, si sono alzati nuovi muri”, sottolinea il Capo della Chiesa,

Le diversità sono occasione di ostilità e di conflitto. È ancora da costruire una globalizzazione della solidarietà e dello spirito. Il futuro del mondo globale è vivere insieme: questo ideale richiede l’impegno di costruire ponti, di tenere aperto il dialogo, di continuare a incontrarsi. Il cristiano, per sua vocazione, è fratello di ogni uomo, specie se povero e anche se è nemico. La Chiesa è segno di unità del genere umano, tra i popoli, le famiglie, le culture. Dobbiamo creare una società in cui nessuno sia più straniero: è la missione di valicare i confini e i muri, per riunire“.

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