la cifra monstre di 25,8 miliardi di euro per le armi

assurdo con la complicità di tutti i partiti

spesa militare italiana da record

nel 2022 sfiorati i 26 miliardi di euro

i dati dell’Osservatorio Mil€x rivelano che nel 2022 la spesa militare italiana tocca la cifra monstre di 25,8 miliardi di euro. I nuovi armamenti segnano il record storico di 8,3 miliardi di euro. Mentre i premi Nobel propongono il disarmo. Eppure continua il silenzio assordante di politici e media mainstream

Lo aveva annunciato e l’ha subito fatto. «Ci dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora», aveva detto Mario Draghi lo scorso 29 settembre durante la conferenza stampa sulla “Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza” (Nadef), il primo passo in vista dell’elaborazione della legge di bilancio.

Spesa militare: un 2022 da record

Ed ecco che la spesa militare prevista per l’anno prossimo supererà il muro dei 25 miliardi di euro (25,8 miliardi). Lo rivela uno studio dell’Osservatorio Milex sul bilancio previsionale dello Stato per il 2022.

«Il Bilancio del Ministero della Difesa per il 2022 – riporta Milex – sfiora i 26 miliardi di euro con un aumento di 1,35 miliardi, ma vanno poi aggiunti gli stanziamenti di altri ministeri».

Dal 2017 la spesa militare italiana ha continuato a crescere soprattutto per l’acquisto di nuovi armamenti: sono ben 8,3 miliardi di euro stanziati nel 2022, un miliardo in più rispetto al 2021 ed un record storico.

L’Italia ha nuovi programmi di riarmo

Nei mesi scorsi il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha infatti sottoposto all’approvazione del Parlamento un numero senza precedenti di programmi di riarmo: diciotto, di cui ben tredici di nuovo avvio, per un valore già approvato di 11 miliardi di euro e un onere complessivo previsto di 23 miliardi.

La parte del leone è dell’aeronautica militare con programmi per oltre 6 miliardi di euro. C’è di tutto: dai fondi per il nuovo caccia Tempest (2 miliardi dei 6 previsti), che si aggiungerà agli F-35, ai nuovi eurodroni classe Male; dagli aerei Gulfstream per la guerra elettronica alle nuove aerocisterne per il rifornimento in volo. Una grossa fetta della torta è destinata alle nuove batterie missilistiche antiaeree per missili Aster (2,3 miliardi di euro) e ai nuovi blindati Lince: ben 3.600 rimpiazzeranno i 1.700 già in dotazione all’esercito.

Nuovi armamenti: record di spesa militare italiana

Non solo. La scorsa settimana – riporta ancora l’Osservatorio Milex – il ministero della Difesa ha richiesto alle commissioni Difesa di Camera e Senato l’approvazione di otto nuovi programmi di riarmo tra cui spiccano due nuovi cacciatorpedinieri lanciamissili classe Orizzonte da circa 1,2 miliardi l’uno che saranno prodotti da Fincantieri.

Fanno riferimento alla Marina anche il programma per la nave supporto per le operazioni subacquee degli incursori del Comsubin da 35 milioni, una trentina di blindati anfibi 8×8 da sbarco di Iveco e Oto Melara da 10 milioni l’uno e altrettanti gommoni armati da sbarco dal prezzo unitario di quasi un milione e mezzo.

Si tratta di programmi targati ancora “SMD 2021”, cioè relativi al 2021: annata che straccia ogni record storico con ben 31 richieste presentate per un valore complessivo finanziato di oltre 15 miliardi di euro e in proiezione un onere complessivo di oltre 30 miliardi di euro.

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spesa militare italia
Anfibio 8×8 dell’Iveco – Foto di pubblico dominio (via Wikimedia Commons)

Italia al comando della missione in Iraq

Nel frattempo, il ministero delle Difesa è in procinto di incrementare il contingente militare in Iraq per poter assumere il comando della missione della Nato: trasformerà la partecipazione militare italiana in una vera operazione di combattimento rispetto a quella che finora era solo una presenza per la difesa di aree sensibili e per l’addestramento dell’esercito iracheno.

Per adempiere al nuovo compito i vertici militari si sono affrettati a chiedere di poter armare i droni Reaper con missili aria-terra e bombe a guida laser – trasformandoli così da semplici ricognitori a veri bombardieri – e di dotarsi di una flotta di Hero-30, i cosiddetti “droni kamikaze” che si autodistruggono nel colpire l’obiettivo.

I veri scopi delle missioni militari

Missione militare il cui vero scopo è quello di proteggere gli interessi delle multinazionali del petrolio e del gas. Come ha rivelato una ricerca di Greenpeace, due terzi delle spese delle operazioni militari all’estero dei paesi europei riguardano la difesa di fonti fossili: l’Italia negli ultimi quattro anni ha speso 2,4 miliardi di euro nelle missioni militari collegate a piattaforme estrattive, oleodotti e gasdotti che riguardano l’Eni.

Del resto il ministero della Difesa non nasconde più, come faceva in passato, il desiderio di «disporre di uno Strumento militare in grado di esprimere le capacità militari evolute di cui il Paese necessita per tutelare i propri interessi nazionali»: lo riporta la “Direttiva per la politica industriale della Difesa” emanata dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, lo scorso 29 luglio.

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spesa militare italiana
Fonte: Osservatorio Mil€x

Il silenzio omertoso dei politici nazionali

Programmi di riarmo e missioni militari che meriterebbero un ampio confronto pubblico, oltre che nelle aule parlamentari, perché rivelano un radicale cambiamento della politica estera e di difesa dell’Italia.

Invece, tranne qualche rara voce, tutto tace. Un silenzio omertoso avvolge, ormai da anni, le decisioni che riguardano le spese militari e i programmi di armamenti e coinvolge non solo il mondo della politica, ma anche la quasi totalità dell’informazione nazionale, soprattutto quella televisiva.

Spesa militare mondiale raddoppiata dal 2000: ecco una “semplice proposta per l’umanità”

Non è un caso, quindi, che anche l’appello di cinquanta premi Nobel e scienziati, tra cui Carlo Rubbia e Giorgio Parisi, abbia trovato l’ennesimo silenzio dei leader politici italiani. L’appello chiede ai governi di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite di avviare trattative per una riduzione concordata della spesa militare del 2% ogni anno per cinque anni.

«La spesa militare, a livello globale, è raddoppiata dal 2000 ad oggi, arrivando a sfiorare i duemila miliardi di dollari all’anno»scrivono i Nobel. «Il meccanismo della controreazione alimenta una corsa agli armamenti in crescita esponenziale che equivale a un colossale dispendio di risorse che potrebbero essere utilizzate a scopi migliori».

Da qui la loro “Semplice proposta per l’umanità” che può essere sottoscritta anche da semplici cittadini (qui il link per firmare). Un piccolo segno, forse, ma necessario almeno per far sentire ai rappresentanti politici nazionali che è tempo di cominciare a dire anche qualche “Signor No!”.

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il commento al vangelo della domenica

i destinatari della buona notizia
il commento di E. Bianchi al vangelo della terza domenica del tempo ordinario, anno C
Lc 1,1-4.4,14-21
 

¹Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, ²come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, ³così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

¹⁴Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. ¹⁵Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. ¹⁶Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. ¹⁷Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
19a proclamare l’anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Nel dare forma alla buona notizia, il Vangelo, attraverso il racconto, Luca ha la consapevolezza di una propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini. Davanti a Dio deve essere un “servo della Parola”, capace di tenere conto di altri scrittori precedenti a lui e più autorevoli di lui: “i testimoni oculari”, quelli che hanno vissuto nell’intimità e nella vita pubblica con Gesù (cf. At 1,21-22); davanti agli uomini sente il dovere di rispondere a quei primi cristiani della sua comunità, dando loro una parola come cibo capace di nutrire e confermare la loro fede. Per questo ha composto quello che chiamiamo il terzo vangelo, attingendo con cura alla tradizione apostolica ma nello stesso tempo scrivendo con le sue capacità e la sua sensibilità a dei cristiani di lingua greca negli anni 70-80 della nostra era. Il Vangelo è un canto a quattro voci, quattro racconti, quattro memorie: ma il canto polifonico resta un solo canto, e uno solo è il Vangelo fatto carne, uomo (cf. Gv 1,14), Gesù di Nazaret. 

Luca è molto attento a testimoniare la presenza dello Spirito di Dio in Gesù. Gesù – che è la Parola di Dio (cf. Gv 1,1) – e lo Spirito santo sono “compagni inseparabili” (Basilio di Cesarea), dunque dove Gesù parla e agisce là c’è anche lo Spirito. Nei capitoli precedenti del vangelo, quelli riguardanti la venuta nel mondo del Figlio di Dio, Luca ha mostrato che egli è stato concepito nell’utero di Maria grazie alla potenza dello Spirito santo (cf. Lc 1,35), e la sua apparizione pubblica quale discepolo di Giovanni il Battista, che lo ha immerso nel Giordano, è stata sigillata dalla discesa su di lui dello Spirito santo (cf. Lc 3,22). Proprio questo Spirito conduce Gesù nel deserto, dove viene tentato dal demonio (cf. Lc 4,1-2a), e lo accompagna – è l’inizio del nostro brano liturgico – quando ritorna in Galilea, la sua terra, dalla quale si era allontanato per andare nel deserto e mettersi alla sequela del profeta battezzatore. Con questa insistenza Luca è intenzionato a far comprendere al lettore che Gesù è “ispirato”, che la sua sorgente interiore, il suo respiro profondo è lo Spirito di Dio, il Soffio del Padre. Non è un profeta come gli altri, sui quali lo Spirito scendeva momentaneamente, perché in lui lo Spirito riposava, sostava, dimorava (cf. Gv 1,32), lo riempiva di quella forza (dýnamis) che non è potere, ma partecipazione all’azione e allo stile di Dio. 

E cosa fa Gesù nel suo ritorno alla “Galilea delle genti” (Mt 4,15; Is 8,23), terra periferica e impura? Va a “insegnare nelle sinagoghe”. Per iniziare la sua missione non ha scelto né Gerusalemme né il tempio, ma quelle umili sale in cui si riunivano i credenti per ascoltare le sante Scritture e offrire il loro servizio liturgico al Signore. Nelle sinagoghe di sabato si facevano preghiere, poi si leggeva la Torah (una pericope, una parashah del Pentateuco), la Legge, quindi si pregavano Salmi e, a commento della Torah, si proclamava un brano (haftarah) tratto dai Profeti. Non era una liturgia diversa da quella che ancora oggi noi cristiani compiamo ogni domenica. Gesù è ormai un uomo di circa trent’anni, non appartiene alla stirpe sacerdotale, quindi non è un sacerdote, è un semplice credente figlio di Israele ma, diventato a dodici anni “figlio del comandamento” (cf. Lc 2,41-42), è abilitato a leggere pubblicamente le sante Scritture e a commentarle, facendo l’omelia. 

E così accade che quel sabato, proprio nella sinagoga in cui la sua fede era stata nutrita fin dall’infanzia, quando abitava a Nazaret, mediante le liturgie comunitarie, Gesù sale sull’ambone e, aperto il rotolo che gli viene dato, legge la seconda lettura il brano previsto per quel sabato: il capitolo 61 del profeta Isaia. Questo testo è l’autopresentazione di un profeta anonimo che testimonia la sua vocazione e la sua missione: 

Lo Spirito del Signore è sopra di me,

per questo mi ha unto (échrisen)

e mi ha inviato per annunciare la buona notizia ai poveri,

per proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista,

per rimandare in libertà gli oppressi,

per proclamare l’anno di grazia del Signore (Is 61,1-2a). 

Chi è questo profeta senza nome, presentato da Isaia? Quale la sua identità? Quale sarà la sua missione? Quando la sua venuta tanto attesa? Queste certamente le domande che sorgevano alla lettura di quel testo. 

Gesù, dopo aver letto il brano tralasciando i versetti finali che annunciavano “un giorno di vendetta per il nostro Dio” (Is 62,2b), lo commenta con pochissime parole, così riassunte da Luca: 

Oggi si è realizzata questa Scrittura

(ascoltata) nei vostri orecchi. 

Oggi, oggi (sémeron) Dio ha parlato e ha realizzato la sua Parola. Oggi, perché quando un ascoltatore accoglie la parola di Dio, è sempre oggi: è qui e adesso che la parola di Dio ci interpella e si realizza. Non c’è spazio alla dilazione: oggi! È proprio Luca a forgiare questa teologia dell’“oggi di Dio”. Per ben dodici volte nel suo vangelo risuona questo avverbio, “oggi”, di cui queste le più significative:  

per la rivelazione fatta dagli angeli a Betlemme (cf. Lc 2,11);

per la rivelazione ad opera dalla voce celeste nel battesimo (cf. Lc 3,22; variante che cita Sal 2,7);

nel nostro brano, come affermazione programmatica (cf. Lc 4,21);

durante il viaggio di Gesù verso Gerusalemme (cf. Lc 13,32.33);

come annuncio della salvezza fatto da Gesù a Zaccheo (cf. Lc 19,5.9);

come parola rivolta a Pietro quale annuncio del suo rinnegamento (cf. Lc 22,34.61);

come salvezza donata addirittura sulla croce, a uno dei due malfattori (cf. Lc 23,43). 

Oggi è per ciascuno di noi sempre l’ora per ascoltare la voce di Dio (cf. Sal 95,7d), per non indurire il cuore (cf. Sal 95,8) e poter così cogliere la realizzazione delle sue promesse. La parola di Dio nella sua potenza risuona sempre oggi, e “chi ha orecchi per ascoltare, ascolti” (Lc 8,8; cf. Mc 4,9; Mt 13,9). Oggi si ascolta e si obbedisce alla Parola o la si rigetta; oggi si decide il giudizio per la vita o per la morte delle nostre vicende; oggi è sempre parola che possiamo dire come ascoltatori autentici di Gesù: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose” (Lc 5,26). E possiamo dirla anche dopo un passato di peccato: “Oggi ricomincio”, perché la vita cristiana è andare “di inizio in inizio attraverso inizi che non hanno mai fine” (Gregorio di Nissa). 

Gesù è dunque il profeta atteso e annunciato dalle sante Scritture, il profeta ultimo e definitivo, ma questo non lo proclama apertamente, bensì lascia ai suoi ascoltatori di comprendere la sua identità facendo discernimento sulle azioni che egli compie, accogliendo la novità della buona notizia da lui annunciata. Gesù è il Cristo, il Messia unto da Dio (échrisen), non con un’unzione di olio ma attraverso lo Spirito santo; è l’inviato per portare ai poveri, sempre in attesa della giustizia, il Vangelo; per proclamare ai prigionieri di ogni potere la liberazione; per dare la vista ai ciechi; per liberare gli oppressi da ogni forma di male; per annunciare l’anno di grazia del Signore, il tempo della misericordia, dell’amore gratuito di Dio. 

Missione profetica questa, che Gesù ha inaugurato con segni e parole, ma missione affidata ai discepoli nel loro abitare la storia nella compagnia degli uomini. Sì, queste parole di Gesù ci possono sembrare una promessa mai realizzata, perché i poveri continuano a gridare, gli oppressi e i prigionieri continuano a gemere e neppure i cristiani sanno vivere la misericordia di Dio annunciata da Gesù. Eppure questa liturgia della Parola, che ha avuto in Gesù non solo il lettore e l’interprete, ma soprattutto colui che l’ha compiuta e realizzata, illumina tutto il suo ministero: da Nazaret, dove egli l’ha inaugurata nella sinagoga, a Gerusalemme, dove in croce porterà a compimento la sua missione.

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