della serie: meno male che non esiste solo don Abbondio
questo nutre la speranza di un cambiamento della società dal basso
(vedi link qui sotto)
Ilaria Urbani: “Vi racconto il mio viaggiobr /tra i sacerdoti del coraggio”.
della serie: meno male che non esiste solo don Abbondio
questo nutre la speranza di un cambiamento della società dal basso
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Ilaria Urbani: “Vi racconto il mio viaggiobr /tra i sacerdoti del coraggio”.
della serie: stai in sagrestia!
se metti il naso fuori, guarda come parli, coi capitali non si scherza!
se fai come dico io e secondo i miei interessi riconosco la tua autorità morale e spirituale, diversamente – cioè se difendi i diritti di chi io sistemo come voglio – per me sei solo un politicante, e per di più pericoloso!
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LA FIAT ACCUSA IL VESCOVO DI NOLA: “NIENTE INCONTRO, STA CON I VIOLENTI” (Diego Longhin).
è iniziato il viaggio di papa Francesco per gridare la necessità di offrire futuro e diritti ai senza diritti che fuggendo da un sud del mondo impoverito alla morte e attraversando un vero e proprio immenso ‘cimitero ‘ di più di 20.000 morti in soli 20 anni, arrivano a Lampedusa stremati e accusati di reato di clandestinità solo perché sono rimasti vivi
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domani 7 luglio, 14° domenica del tempo ordinario
commento al vangelo di p. A. Maggi
LA VOSTRA PACE SCENDERA’ SU DI LUI
Lc 10,1-12,17,20
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
1
Il brano che ora commentiamo è esclusivo di Luca, l’unico evangelista che ce l’ha. “Dopo questi fatti”, quali sono questi fatti? Gesù, visto l’insuccesso dei Dodici, che, inviati a liberare le persone, non solo non riescono a liberarle ma vogliono addirittura impedirlo, ha chiamato i Samaritani al suo seguito.
Ecco, dopo questi fatti, “il Signore”, titolo con il quale nella comunità si chiama il Gesù risorto, “designò altri Settantadue”. Perché Settantadue? Perché, mentre Dodici è il numero che riguarda le tribù d’Israele, quindi un messaggio è per Israele, Settantadue, secondo il computo che si trova nel libro della Genesi al cap. X, sono le nazioni pagane.
Quindi è una missione universale per la quale Gesù manda i Samaritani, cioè quelli che non provengono da Israele. “Li inviò a due a due”, perché siano una comunità, ma soprattutto perché il numero due era quello indispensabile per essere testimoni, “in ogni città e luogo dove stava per recarsi. E diceva loro: «La messe è abbondante»”, cioè la risposta alla buona notizia sarà abbondantissima, Gesù ce lo assicura.
Quando quello che si proclama è la buona notizia, il risultato sarà straordinario, “«Però sono pochi gli operai»”. Questa richiesta di Gesù “«Pregate il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe»”, non riguarda soltanto le categorie – come a volte si pensa – dei preti, frati e suore, ma è un invito rivolto a tutti quanti, affinché ognuno prenda coscienza dell’urgenza di questa missione.
Poi Gesù dà delle indicazioni molto chiare: non si può smentire con il proprio comportamento il messaggio che si va ad annunziare. Per cui dice “«Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi»”, l’opposizione della società, che si vedrà minacciata nelle sue basi dell’avere, del salire e del comandare, sarà tremenda.
Gesù dice: “andate indifesi perché il Signore, lo Spirito, sarà la vostra difesa”. E poi, «Non portate borsa, né sacca, né sandali»”, cioè non pensate al vostro sostentamento, non preoccupatevi di quello che mangerete o berrete, perché il Signore provvederà; quindi andare in una maniera che non smentisca la fede che viene annunciata.
“Non fermarsi a salutare”, è perché il saluto orientale era tipicamente interminabile. Poi il Signore dà delle indicazioni molto chiare: “«In qualunque casa entriate»”, quindi in qualunque casa si entra, “«Prima dite ‘Pace a questa casa’»”, questo è l’augurio. Pace significa l’invito alla pienezza della felicità.
“«Se vi sarà un figlio della pace»”, cioè se ci sarà qualcuno che ha dentro di se questo desiderio di pienezza di vita, “«la pace scenderà su di lui»”. Poi Gesù avverte “«Restate in quella casa mangiando e bevendo di quello che hanno»”. Perché questo particolare? Perché si sapeva che nel mondo ebraico, e anche quello Samaritano, si stava attenti a non mangiare nulla, a non toccare nulla che fosse classificato come ‘impuro’; per questo non si andava nelle case dei pagani che erano impure.
Gesù dice “Non abbiate di questi scrupoli”. Gesù già aveva detto altrove che non è quello che entra, ma quello che esce che rende impuro l’uomo. “«E chi lavora ha diritto alla sua ricompensa»”, quindi “andate senza preoccuparvi perché vi sarà dato”. “«E non passate da una casa all’altra»”. C’è negli Atti degli Apostoli Pietro che dice che “non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza. Gesù dice “Non abbiate di questi scrupoli, di questi problemi. Quindi, quando andate in una casa, non fate gli schizzinosi, i difficili, per motivi religiosi”, “«Ma lì rimanete»”.
E di nuovo Gesù insiste, questa insistenza si vede che portava una resistenza da parte di questi inviati, “«Mangiate quello che vi sarà offerto»”, quindi “non state a fare i difficili, questo è puro, questo è impuro, questo sì può e questo non si può”, e poi, ecco, “«Curate»”, non ‘guarite’, come traduce la CEI. “«Curate i malati che vi si trovano, e dite loro»” – cioè ai malati – “«E’ vicino a voi il Regno di Dio»”.
Il regno di Dio si prende cura dei bisogni e dei mali dell’umanità; il regno di Dio è venuto ad alleviare i mali e le sofferenze che ci sono negli uomini e questi vanno curati. Cioè si cerca di alleviare la loro sofferenza. Se non vi accolgono, dice Gesù, non insistete, si vede che l’ambiente non è pronto, quindi “non perdete tempo”.
Poi è eliminato nel testo liturgico, Gesù dice che la risposta dei pagani sarà superiore a quella di Israele. Ed elenca tre città pagane contrapposte a tre città di Israele, che sono Cafarnao, Corazin e Betsaida, che non lo hanno ricevuto. Ebbene il risultato è che “I Settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome»”, cioè grazie al messaggio di Gesù gli uomini sono stati liberati da quelle false ideologie che li rendevano refrattari, ostili a questa buona notizia.
Ma, naturalmente, solo chi è libero può liberare, ecco perché i Dodici non ci sono riusciti. Ed ecco, importantissima, l’affermazione di Gesù: “«Vedevo satana cadere dal cielo come una folgore»”. Nella concezione dell’epoca Satana stava nei cieli, era un funzionario della corte divina, era un ministro di Dio. Basta leggere il libro di Giobbe, dove Dio riceve i suoi figlioli e fra questi c’è anche il Satana. Era l’ispettore generale di Dio, quello che curava i suoi interessi e il suo compito era sorvegliare gli uomini, e poi accusarli presso Dio per poi infliggere loro la pena per i loro peccati. Continue reading
ancora una scossa di terremoto
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Ingv, ha registrato alle 18:59 un terremoto di magnitudo 2.2 localizzato nel distretto sismico delle Alpi Apuane. L’evento si è verificato a una profondità di 8.7 km. L’epicentro è stato localizzato in un raggio di 10 km dai comuni di Casola in Lunigiana e Fivizzano (MS) e Giuncugnano e Minucciano (LU). in alta Lunigiana alle ore 18.59
probabilmente andrà in onda nel prossimo autunno il racconto delle ‘iene’ sulla truffa e la violenza subita da ‘son sodo’: un episodio veramente increscioso la cui valenza disumana non può essere valutata in modo più attenuato nemmeno in un periodo così particolarmente difficile per molti come l’attuale
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i limiti della nostra democrazia ben descritti, a partire da due fatti identici ma con sviluppi ed esiti contrari, da M. Gramellini
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sugli f-35 , costosissimi quanto inservibili e insicuri un interessante e godibile articolo di fondo di M. Travaglio sul Fattoquotidiano
Com’è noto i cacciabombardieri F-35 sono inutili, ma sarebbero uno spreco anche se fossero utili. Pare infatti che queste carcasse volanti cappòttino da ferme. Tant’è che Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Australia e Turchia hanno già rimesso in discussione il progetto. Noi no, anzi. L’8 aprile 2009, due giorni dopo il terremoto in Abruzzo, mentre si raccoglievano 300 vittime, si soccorrevano migliaia di feriti e il governo Berlusconi faceva passerella sulle macerie senza trovare un euro per ricostruire L’Aquila, le commissioni Difesa di Camera e Senato votavano il via libera per l’acquisto di 131 F-35 (poi ridotti a 90) al modico costo di 15 miliardi. Nessun voto contrario: l’impavido Pd, anziché opporsi, uscì dalla stanza e non partecipò al voto, in linea con il suo programma scritto direttamente da Ponzio Pilato (a parte la senatrice Negri che, in un soprassalto di coraggio, restò dentro e si astenne). Ora però il Parlamento è infestato di marziani, i famigerati grillini, che con Sel fanno quel che il centrosinistra non ha mai fatto: opposizione. E il Pd, non abituato, si barcamena. Memorabile la mozione bipartisan dell’altro giorno per il solito rinvio, che impegna il governo “relativamente al programma F-35, a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione senza che il Parlamento si sia espresso nel merito, ai sensi della legge 244/2012”. Una supercazzola che non vuol dire nulla, vista la maggioranza bulgara del governo che procede per decreti e fiducie. Ma la sola idea che il Parlamento torni a esistere e a dire qualcosa “nel merito”, ha fatto saltare la mosca al naso di Sua Altezza Reale Giorgio Napolitano, descritto dai giornali come “molto irritato” per la lesa maestà commessa dalle Camere nei confronti suoi e della nostra sovranità limitata dagli Usa.
Così il Re Bizzoso ha riunito il Consiglio Supremo di Difesa, di cui s’erano perse le tracce da tempo, solitamente dedito a tornei di burraco e canasta fra generali in pensione e signore, con i camerieri in uniforme e mostrine che servono il vermut con l’olivetta, e ha diramato un supermònito categorico e impegnativo per tutti: “la facoltà del Parlamento” riconosciuta dalla legge 244/2012 “non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell’esecutivo”. Cioè: nel 2012 il Parlamento fa una legge, la 244, promulgata da Napolitano, per raccomandare un risparmio sulle spese militari e stabilire che quelle “straordinarie” devono passare dal Parlamento, così come le ordinarie che completino “programmi pluriennali finanziati nei precedenti esercizi con leggi speciali”. Non solo: spetta alle Camere l’ultima parola sulle spese militari in base alla situazione internazionale e alle disponibilità finanziarie dello Stato, per evitare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Proprio il caso degli F-35. Ma Napolitano, che si crede il capo del governo, dei giudici e ora pure del Parlamento, fa dire alla legge il contrario di quel che dice e la usa per esautorare le Camere, già peraltro ridotte a fotocopiatrici dei diktat di Palazzo Chigi, cioè del Colle. Ce ne sarebbe abbastanza per un conflitto di attribuzioni fra le Camere e il Quirinale contro questo golpetto senza carri armati. Ma i due camerieri del Colle che le presiedono non alzano neppure un sopracciglio. E Fantozzi-Franceschini ringrazia il Presidente per il “giusto richiamo alla separazione dei poteri”: solennissima vaccata, visto che il Consiglio Supremo di Difesa non è un potere dello Stato, ma un organo consultivo-esecutivo di norme decise da altri (in teoria, dal legislativo). Una domanda, a questo punto, sorge spontanea: visto che ormai il Presidente decide pure il nostro menu al ristorante e il colore dei nostri calzini, per raggiungere l’agognato presidenzialismo che bisogno c’è di riformare la Costituzione? Ma soprattutto: quale Costituzione?
Anche per il Papa c’è l’ora del caffè. Nella storia recente di Santa Romana Chiesa è rimasto memorabile quello di Giovanni Paolo I, preparato all’alba del 29 settembre 1978 da suor Vincenza Taffarel. Un caffè, però, che Albino Luciani, non bevve mai perché la morte era sopraggiunta nella notte. Su quella tazzina misteriosa ma soprattutto sul suo contenuto sono stati scritti centinaia di articoli e di libri. Ma c’è un altro caffè che ai nostri giorni desta non poco stupore in Vaticano. E’ quello che Papa Francesco si va a prendere da solo al distributore automatico di Casa Santa Marta. Ogni giorno verso le 17, senza avvisare nessuno, Bergoglio esce dalla sua suite numero 201 al secondo piano dell’albergo vaticano, prende l’ascensore e arriva al livello meno uno dell’edificio, appena sotto la hall, la sala ristorante e la cappella dedicata allo Spirito Santo dove ogni mattina alle 7 in punto celebra la Messa.
Lì ci sono solo due cose: la lavanderia e, sotto un cartello ingannatore con la scritta “bar”, il distributore automatico di caffè. Francesco prende i centesimi necessari dalla tasca della sua talare bianca e infila le monete nella macchinetta. Un clic e il caffè è servito senza scomodare suore o maggiordomi. Un sorso fugace e poi di nuovo al lavoro nella sua stanza tra dossier da studiare meticolosamente, quello Vatileaks in testa, e nomine da vagliare accuratamente. Vietato sbagliare: il pontificato di Benedetto XVI è un monito vivente. Le scelte iniziali sono fondamentali per tenere a bada i corvi vaticani. Francesco sta scoprendo di giorno in giorno la solitudine di un Papa.
Quella che Ratzinger tentava in tutti i modi di esorcizzare con le sue dichiarazioni (“non mi sento solo”), smentite dall’infedeltà del suo più stretto collaboratore laico, il maggiordomo Paolo Gabriele, che agiva indisturbato proprio nell’inaccessibile appartamento pontificio, lì dove Bergoglio ha scelto di non andare ad abitare. Una solitudine, quella del Papa, esorcizzata diversamente da Giovanni Paolo II che aveva inondato la Curia romana di polacchi. Il Pontefice argentino sa che nominando suoi confratelli gesuiti nei posti chiave della macchina vaticana correrebbe il rischio di dare alla sigla del suo ordine religioso SJ (Societas Jesu) un nuovo significato: “siamo di Jorge”. Così come è avvenuto sotto il regno di Benedetto XVI con il Segretario di Stato di Sua Santità, il salesiano Tarcisio Bertone, che aumentando notevolmente il potere curiale dei suoi confratelli ha tramutato di fatto il significato della sigla del suo ordine religioso SDB (Società Salesiana di San Giovanni Bosco) in “siamo di Bertone”.
Dopo gli appelli “rivoluzionari” dei primi cento giorni di pontificato, accompagnati anche da gesti austeri e perciò significativi, in ultimo la rinuncia a partecipare al concerto di musica classica sabato scorso in Vaticano lasciando la poltrona papale vuota nell’aula Paolo VI, Francesco sa che adesso è arrivato il tempo delle decisioni fondamentali. La sua sarà un’estate di lavoro. Dopo il viaggio a Rio de Jainero, dal 22 al 29 luglio, per la Giornata Mondiale della Gioventù, Bergoglio preparerà a Santa Marta l’introduzione all’enciclica sulla fede (“Fidem servavi“) elaborata da Benedetto XVI che promulgherà in autunno, ma sopratutto le linee guida che dovrà poi elaborare la commissione cardinalizia composta da otto porporati e coordinata dall’arcivescovo honduregno Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga. All’ordine del giorno la riforma della Curia romana con un prevedibile accorpamento di diversi dicasteri, ma anche lo Ior, la banca vaticana.
Francesco sa che una Chiesa per diventare povera e per i poveri, come prevede il suo programma di pontificato, non può non affrontare una seria e radicale opera di purificazione per annullare le lobby, gay e non, che si annidano nei sacri palazzi e che hanno governato durante il regno di Benedetto XVI. Una “Chiesa non ideologizzata” che si apra alle “periferie esistenziali” andando “controcorrente”. Parole che suonano come un avviso di sfratto a tutti coloro che nella Curia romana sono attaccati alle poltrone del potere più che a quello spirito di servizio su cui Francesco insiste continuamente. I testimoni della Chiesa del Papa argentino sono figure come Giovanni Paolo II, a cui Bergoglio è devotissimo e che spera presto di proclamare santo, e il cardinale vietnamita François Xavier Nguyên Van Thuân, che sotto il regime comunista trascorse tredici anni in carcere, senza giudizio né sentenza, di cui nove in isolamento.
La sua causa di beatificazione procede spedita e il prossimo 5 luglio, nel Vicariato di Roma, sarà chiusa la fase diocesana del processo. Del resto il Papa argentino è stato molto chiaro nell’indicare il criterio con il quale designerà vescovi e collaboratori: “Volentes nolumus“. I carrieristi saranno esclusi, ma anche gli studiosi. “E’ un gran teologo, una grande testa: che vada all’università, dove farà tanto bene! Pastori! Ne abbiamo bisogno! Che siano, padri e fratelli, siano miti, pazienti e misericordiosi; che amino la povertà, interiore come libertà per il Signore e anche esteriore come semplicità e austerità di vita, che non abbiano una psicologia da ‘Principi’. Che non siano ambiziosi, che non ricerchino l’episcopato”. Parola di Francesco, in attesa delle sue nomine.
Nella Chiesa – ha affermato il Papa nell’omelia della Messa di stamane nella quale ha imposto il pallio a 34 arcivescovi metropoliti – la varietà, che è una grande ricchezza, si fonde sempre nell’armonia dell’unità, come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare l’unico grande disegno di Dio. E questo deve spingere a superare sempre ogni conflitto che ferisce il corpo della Chiesa. Uniti nelle differenze: questa – ha concluso Francesco – è la strada di Gesù!”. Accanto al Papa, nella celebrazione della Messa nella Basilica Vaticana, come cardinale diacono c’era Domenico Calcagno, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa). Un segno eloquente dopo che ieri è stato arrestato monsignor Nunzio Scarano, fino a un mese fa responsabile del servizio di contabilità analitica dell’Apsa.
in che razza di disastro siamo andati a ficcarci: la Santanchè che copre un’alta carica istituzionale coi voti del pd?
così Serra oggi nella sua Amaca:
No che non è adatta a una qualunque carica istituzionale, la signora Santanché: ha i modi politici di una campionessa di wrestling, e ogni due parole che dice una ha il dono di fare uscire dai gangheri non solo gli avversari, ma anche la metà dei suoi. Detto questo, il Pdl ha tutto il diritto di nominarla, e il Pd, per non votarla, è costretto ad arrampicarsi sugli specchi. Un governo con il Pdl è un governo con il Pdl. Punto. Con quel leader (pregiudicato), quelle idee, quei toni, quell’aggressività, quegli esponenti.
Non è la prima volta che il Pd è costretto a contorsioni dolorosissime per tenere insieme ciò che insieme non può stare: la fedeltà a un’alleanza politica che gli assegna — oltre tutto — la carica di primo ministro, e l’esigenza di non disgustare troppo i propri elettori. Se questo può rassicurare il Pd, sappia che il culmine del disgusto è stato già raggiunto e superato prima nei giorni orribili del voto per il Quirinale, poi incassando la patologica alleanza con Berlusconi. Che cosa di peggio può aggiungere, a questo quadro, la nomina di Santanché? Che la votassero. Almeno, ogni volta che la sentiamo parlare in quella veste, ci ricordiamo in che razza di disastro siamo andati a ficcarci.
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