la valigia di Francesco

 

il papa

non ho sottomano la foto di papa Francesco per cui metto la prima che trovo: è il pretesto per indirizzare la nostra attenzione e riflessione su una bella pagina di E. Bianchi che ricostruisce, a partire da alcuni segni (come questa borsa) il nuovo stile e il nuovo corso del papato di papa Francesco

(vedi link qui sotto)

 

LA VALIGIA DI FRANCESCO

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no, proprio non mi adeguo!

 

 

analfabeta politico

 

Anch’io non mi adeguo.

Non mi adeguo a questo governo dei rinvii.

Non mi adeguo allo status quo.

Non mi adeguo alla pigrizia conservatrice.

Dobbiamo avere la capacità di incidere nel futuro, anche un piccolo pezzo di futuro, e di immaginarlo più equo, e migliore.

La paura del cambiamento — qualunque sorpresa, qualunque incognita possa riservarci il futuro — è un indugio mortale.

Compresa la paura di sbilanciarsi, di dire cose azzardate, di sembrare stravaganti o ingenui o imprecisi.

Dobbiamo ricominciare a rischiar.

Chi si ferma è perduto.

E chi tace acconsente.

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politica arrogante

 

 

 

analfabeta politico

Mario Mauro alla Camera: gli armamenti? Sono cose per grandi!

 decidono solo il governo e i generali!

qui sotto una ricostruzione giornalistica di Toni de Marchi dell’incontro di Mauro con la Commissione Difesa della Camera: 

 

Il Parlamento vuol decidere sui sistemi d’arma? Non ci pensate proprio, non è affar vostro ha detto citando leggi e costituzioni ma significativamente omettendone passaggi decisivi. In assoluta continuità con il verbo quirinalizio secondo cui la destinazione delle spese militari è una riserva di caccia del Governo, Mario Mauro ha martedì preso a sonori schiaffoni la commissione Difesa della Camera che ha osato metter in piedi una indagine conoscitiva sui sistemi d’arma.

La storia è nota: dopo il disastro delle mozioni sugli F-35, la strana maggioranza che regge questo Paese ha deciso di vederci chiaro sui costi degli armamenti facendo una indagine conoscitiva. Naturalmente tutti sanno che le indagini conoscitive non servono a nulla, al massimo a raccogliere qualche documento che poi viene rilegato in un bel documentone finale. Ma tant’è. Rassicurato forse dagli esagerati complimenti che gli ha tributato il tremebondo presidente della commissione, il pidiellino Elio Vito, il cattolicissimo Mauro ha parlato per oltre un’ora per dire in sostanza che non c’è motivo che il Parlamento si interessi di armamenti. Le responsabilità sono sue, solo sue, al massimo anche dei generali. I parlamentari, al più, possono leggere le relazioni che, bontà sua, il ministro gli fa avere. E poi non scherziamo: questa è roba per grandi. Ci sono i trattati: la NATO, l’Europa (per inciso: la difesa è esclusa dalle materie di competenza comunitaria). Casomai gli americani.

Non una parola sulle spese per armamenti, se non per ribadire che noi spendiamo sempre poco, troppo poco. Anzi, il signor ministro (quello che vorrebbe mandare l’esercito a difendere la libertà religiosa dei cristiani in Africa) si è anche arrabbiato quando Donatella Duranti, di Sel, ha osato chiedere conto dell’F-35. “Già sapete tutto” ha sbottato, e ha citato una “intervista” al generale Esposito, direttore generale degli armamenti aeronautici, pubblicata sul sito della Difesa (intervista è tra molte virgolette perché l’intervistatore del mega-generale è Giuseppe Lupoli, un altro generale, suo dipendente tra l’altro). Questa è l’idea che Mauro ha dell’informazione al Parlamento: leggetevi il nostro house organ.

Un discorso, quello del ministro, molto criticato dalla deputata del Pd Rosa Villecco Calipari perché nel suo fervore filo-generali ha commesso una serie di forzature che la dice lunga sull’idea che ha del ministero della guerra: nel processo di acquisizione degli armamenti non ha mai citato ad esempio il segretario generale della Difesa che ha la responsabilità primaria dell’acquisto dei sistemi d’arma mentre e si è sempre e solo riferito al capo di stato maggiore della Difesa. In soldoni, il primo rappresenta la struttura ministeriale che fa capo al ministro, l’altro invece le forze armate vere e proprie. Come dire, Mauro si è persino spogliato di sue prerogative per escludere la politica dalle scelte militari del Paese.

Che il devoto ministro l’abbia fatta, come si dice, fuori dal vaso alla fine glielo ha rinfacciato anche il pd Giampiero Scanu, il papà delle mozioni inciuciste sull’F-35: “La sua relazione è fuori tema non mi pare che oggi dovessimo parlare di queste cose: dovevamo discutere dei programmi di armamento, di cui invece lei non ha assolutamente parlato”. Come dire: quanta ingratitudine dopo tutto quello che ho fatto per te.

Alla fine Mauro è riuscito in un’operazione politica magistrale: M5S, Sel e Pd uniti in un inusuale fronte comune. Forse la prossima volta potrebbe direttamente recitargli il Belli: Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,/sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto./Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:/pòzzo vénneve ]a ttutti a un tant’er mazzo.

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lo ‘stile informale’ di papa Francesco

 

il papa bacia il bambino

sicuramente non si era mai visto un papa così: non perché faccia delle cose straordinarie ma perché fa cose ordinarissime con assoluta normalità

questo la dice lunga sulle nostre tradizionali rappresentazioni della figura del papa più costruzione di culto della personalità che espressione di spirito evangelico

ciò è importante per un ripensamento globale non solo del modo di essere chiesa nel mondo e del potere spirituale delle gerarchie religiose, ma anche dell’uso del potere politico nella nostra società

una bella riflessione in merito da parte di A. Serra nella sua ‘amaca’ odierna:

 

Se fa tanta impressione lo “stile informale” di Bergoglio, che sale sull’aereo con la sua valigetta in mano, è perché fin qui il Papa è stato assai più un re che un prete. Lo sfarzo e la pompa controriformista hanno tracciato un segno ininterrotto, e dagli abiti paludatissimi al protocollo sempre solenne ogni Papa è apparso al popolo come un’altissima autorità secolare anche quando tentava di esercitare la sua funzione spirituale. Anche a queste ragioni è dovuta la simpatia quasi “a prescindere” che il Dalai Lama e altri esponenti delle religioni e delle filosofie orientali riscuotono in Occidente da molti anni: un capo spirituale che mostra semplicità di modi e di abbigliamento è meno confondibile con i potenti e con i ricchi (l’abito fa il monaco…).
Anche per i non credenti diventa piuttosto appassionante capire se e quanto questa rivoluzione formale potrà incidere sulla Chiesa di Roma, smantellarne almeno in parte la greve presenza secolare e gli enormi interessi economici. È comunque una lezione per la politica, che deve molta della sua impopolarità all’incauto uso del potere e alla distanza dagli umili.

Da La Repubblica del 23/07/2013.

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