tu che … un certo tipo d’italiano, al tempo del coronavirus …

tu, italiano, che oggi hai paura, ma che non riconosci le paure degli altri

 

 

Manginobrioches
Giornalista e blogger, @manginobrioches

Tu, tu che compri ventotto pacchi di pasta.
Tu, tu che cerchi l’amuchina al mercato nero.
Tu che giri con la mascherina, anche se ti hanno detto che non serve a niente, a meno che tu non sia malato.
Tu che hai fatto incetta di mascherine inutili, e nemmeno le metti perché ti senti ridicolo, in fondo, ma saperle in tasca, nel cassetto, ti fa sentire meglio, ti fa sentire uno che sta controllando la situazione.
Tu che progetti la fuga di tuo figlio da una regione dove ci sono 10 positivi al coronavirus (non “infetti”, non “malati”, solo positivi al test).
Tu che stai connesso 24 ore al giorno, e aspetti i bollettini, la conta, più cinquanta, più cento, e ti senti sotto assedio.
Tu che un giorno minimizzi e un giorno sei nel panico, un giorno “poco più di un’influenza” e un giorno peste nera, un giorno pensi che gli scienziati ti salveranno e un giorno torni a pensare che siano “professoroni” arroganti.
Tu che pensi che sia meglio un posto di blocco in più che un posto letto in più all’ospedale.
Tu che “la nostra sanità pubblica è la migliore del mondo”, ma eri d’accordo con chi la voleva sempre più privata.
Tu che “dobbiamo coordinare tutto”, ma applaudi ai proclami di quelli che vogliono “pieni poteri” per ogni sindaco, ogni cantone, ogni condominio.
Tu che lo vorresti proprio conoscere, questo “paziente zero” che se n’è infischiato di te, e com’è possibile, eri tu quello che se ne infischiava di tutti, non è giusto.
Tu che “tanto, il virus uccide solo i vecchi e i malati”.
Tu che ti senti meglio alle parole “chiudere, sbarrare, impedire, controllare”, e pensi che sono anni che si sarebbero dovute usare, quelle parole, e accidenti ai buonisti che non lo hanno permesso.
Tu che a un certo punto sei chiuso, sbarrato, impedito, controllato, “trattato come un pacco”, come una sostanza pericolosa, e giustamente protesti, e nessun buonista si occupa di te, accidenti.
Tu che sì, ti senti in guerra, sì, hai paura che i supermercati finiscano le scorte, e quindi, un uomo in guerra e con lo spettro della fame non ha forse diritto di proteggere se stesso e la sua famiglia?
Tu che vai all’estero per lavorare, eppure ti vogliono mettere in quarantena perché sei diventato tu lo straniero sgradito, sei diventato tu quello che trova i porti chiusi, sei diventato tu quello “che porta le malattie”.
Tu, per cui la guerra e la fame e la paura degli altri non sono mai abbastanza, non sono mai vere.Tu, italiano, un certo tipo d’italiano, al tempo del coronavirus.

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