spunti per il commento al vangelo della domenica

 

CHI NON RINUNCIA A TUTTI I SUOI AVERI
NON PUO’ ESSERE MIO DISCEPOLO

commento al vangelo della ventitreesima domenica del tempo ordinario (4 settembre 2016) di p. José María CASTILLO:

Castillo

 

Lc 14,25-33

[In quel tempo] una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

1. Come è logico, l’affermazione posta dai vangeli in bocca a Gesù – secondo la quale dobbiamo “odiare” il padre, la madre, la moglie ed i figli, i fratelli e le sorelle e persino noi stessi – così come risuona, è una barbarie di cui non ci si capacita umanamente. Soprattutto se abbiamo presente che il verbo greco utilizzato nel testo originale è il verbo miséo, che significa letteralmente “odiare”, “disprezzare”, “sottovalutare” (H. Giesen, J. B. Bauer, H. Seebass). Ma come si può accettare una simile atrocità?
2. Per incominciare a chiarirci le idee, sarà bene ricordare che questo verbo è utilizzato nei vangeli quando si parla di “essere odiato a causa di Gesù” (Mc 13,13 par; Mt 24,9 s [10,22]; Lc 21,17; 6,22). Si tratta quindi di un sentimento molto forte (l’odio) che è provocato da una causa molto nobile (la causa di Gesù). Il problema sta nell’armonizzare l’uno con l’altro. La “fedeltà” a Gesù ci può portare a “odiare”? Che “fedeltà” è questa e che “odio” è questo?
3. Se il dilemma è scegliere tra l’”amore” a Dio e l’”odio” ai nostri esseri più amati ed a noi stessi, non resta altra via d’uscita che questa: crediamo in un Dio (Gesù) che, per amarlo, non abbiamo altra soluzione che odiare quello che è più umano, ossia Dio e l’umano sono incompatibili. Ci si può capacitare di tale conclusione? Non resta altra soluzione che accettare queste due convinzioni: 1) Dio in Gesù si è incarnato nell’umano, cioè si è umanizzato pienamente. 2) Noi siamo umani. Ma portiamo iscritta nella nostra umanità la disumanizzazione. Per questo le nostre relazioni con gli altri, incluse le relazioni di parentela, molte volte sono così inumane. Per questo il dilemma posto da Gesù non è il dilemma “amore-odio”, ma la contrapposizione tra l’”umano” e l’”inumano”. Perché sappiamo bene che molte volte negli amori più umani c’è molta inumanità. Questo capita frequentemente nelle relazioni familiari. Padri autoritari, madri castranti, fratelli egoisti…Seguire Gesù è superare queste manifestazioni dell’inumano.

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