l’attualità filosofica francese

filosofia francese

 

 

La rentrée philosophique

Uno sguardo d’insieme sulle novità dell’autunno filosofico francese

di ORAZIO IRRERA e DANIELE LORENZINI
Una panoramica sulle più importanti novità editoriali di settembre presenti nelle librerie francesi per farsi un’idea dei dibattiti che segneranno profondamente la scena filosofica francese durante gli ultimi mesi del 2014.

In questo inizio di ottobre, non è difficile trovare temi di grande attualità sugli scaffali “filosofici” delle librerie francesi. Così, dopo il successo di Perché disobbedire in democrazia? (pubblicato in Francia nel 2010, e ora disponibile anche in traduzione italiana per ETS), Albert Ogien e Sandra Laugier si interrogano sulle forme più recenti prese dalla contestazione politica: occupazioni delle vie e delle piazze, mobilitazioni transnazionali, attivismo informatico, e così via. In Le principe démocratie. Enquête sur les nouvelles formes du politique (La Découverte) i due autori riscontrano in questi movimenti l’emergenza di una nuova forma di vita politica e morale, nella quale la questione del “come” sostituisce quella del “perché” e la rivendicazione del “principio democrazia” mette in crisi le categorie tradizionali del pensiero politico, incarnando un modo inedito di tratta quindi di apprendere come abitare eticamente e politicamente quegli spazi di contestazione che si aprono quotidianamente nelle pieghe di ogni esistenza precaria.

Accanto a questi saggi in presa diretta sull’attualità, troviamo però molte altre novità interessanti nel panorama della filosofia francese contemporanea. Ne è un esempio il corposo inedito di Louis Althusser, Initiation à la philosophie pour les non-philosophes (PUF), una sorta di manuale di filosofia scritto nel 1975 che, lungi dall’essere una semplice opera di volgarizzazione, costituisce al contrario una preziosa sintesi delle tesi più importanti del filosofo francese sulla pratica, sull’ideologia, sulla scienza, sulla religione, e così via. Ne è in qualche modo una testimonianza anche l’ultimo libro di Pierre Macherey, Le sujet des normes (Amsterdam), che inserisce Althusser in una costellazione alla quale appartengono anche Marx, Foucault, Fanon e Deligny, e che fa da sfondo a una serie di riflessioni legate alla questione della soggettivazione all’interno di una “società delle norme”, affermatasi a partire dalla seconda metà del diciottesimo secolo con la rivoluzione industriale, attraverso strutture di socializzazione inedite, nuove forme di esercizio del potere e specifici meccanismi ideologici.

Il tema della costituzione dell’individuo moderno è al centro di un altro importante volume a firma di Georges Vigarello, Le sentiment de soi. Histoire de la perception du corps, XVIeXXe siècle (Seuil), che ripercorre storicamente il tema dell’elaborazione del sé attraverso la percezione del proprio corpo. In particolare, Vigarello si sofferma su una fondamentale discontinuità prodottasi in epoca illuministica, quando emerge un nuovo modo di intendere il sentimento della propria esistenza, non più circoscrivibile, come lo era in passato, all’orizzonte immateriale del pensiero o dello spirito, ma marcato piuttosto dalla coincidenza del sé e del corpo. Quest’ultima troverà espressione nelle forme codificate del diario e, nei secoli successivi, nelle riflessioni sui rapporti tra il corporeo e lo psichico nei fenomeni legati al sogno, alla follia, alle droghe e al sonnambulismo, sino a giungere alle più recenti forme di esplorazione della propria intimità legate a un lavoro di trasformazione del proprio corpo, come avviene nello Yoga e in altre forme di meditazione oggi ampiamente diffuse. Un’ulteriore problematizzazione del ruolo che la soggettività ha svolto in epoca moderna è sviluppata in un libro fondamentale di Lorraine Daston, finalmente disponibile in traduzione francese: in L’économie morale des sciences modernes. Jugements, émotions et valeurs (La Découverte), Daston mostra infatti che, sebbene le scienze moderne abbiano preteso di svuotare del tutto gli interessi personali e la soggettività dal proprio campo, il lavoro dello storico delle scienze consiste al contrario nel tentativo di ricostruire l’intreccio necessario della morale e della scienza. Infine, Sandra Laugier firma Recommencer la philosophie. Stanley Cavell et la philosophie en Amérique (Vrin), interrogandosi sul significato odierno della “filosofia americana” e mettendo in luce le inattese conseguenze della filosofia del linguaggio ordinario sul piano morale, estetico e politico.

La stessa collana (“Philosophie du présent”) che pubblica il saggio di Sandra Laugier, propone anche un corposo volume dedicato dalla celebre storica della filosofia antica Ilsetraut Hadot a Seneca e alla tradizione della direzione spirituale (Sénèque. Direction spirituelle et pratique de la philosophie, Vrin). Destinato a fare data, questo studio rigoroso restituisce alla ricchezza dell’opera di Seneca il suo ruolo essenziale al cuore della storia del pensiero (e della morale) occidentale. Ormai disponibile sugli scaffali è anche la lezione inaugurale al Collège de France tenuta dal grande storico della filosofia medievale Alain De Libera, che si chiede Où va la philosophie médiévale? (Collège de France). Alain Gallerand offre invece una messa a punto

storico-critica della teoria del “significato” nel corpus husserliano (Husserl et le phénomène de la signification, Vrin), mostrando come sia a partire da una riflessione sul modo di essere dell’oggetto intenzionale che la fenomenologia di Husserl ha potuto elaborare lo statuto ontologico del significato, che era stato invece ignorato dalle prospettive psicologiche e referenziali.

La panoramica sulle opere di storia della filosofia non può che concludersi con Heidegger e la spinosa questione delle tracce che, nel suo pensiero, avrebbe lasciato la sua adesione al nazional-socialismo e, specialmente, a un antisemitismo che la recente pubblicazione dei Quaderni neri (scritti tra il 1938 e il 1941) ha portato alla luce. Tra le numerose e reiterate accuse e le non meno numerose arringhe difensive, la traduzione francese del libro di Peter Trawny (lo stesso studioso che ha curato l’edizione dei Quaderni neri), Heidegger et l’antisémitisme (Seuil), costituisce un punto di riferimento imprescindibile. Secondo Trawny, pur rifiutando la versione volgarizzata dell’antisemitismo accreditata durante il Terzo Reich, Heidegger avrebbe comunque trasposto un’istanza antisemita nei termini teoreticamente più rarefatti di una “storia dell’essere” che avrebbe infine orientato la sua interpretazione della storia mondiale. La questione dell’antisemitismo di Heidegger rappresenta una sorta di filigrana i cui contorni problematici appaiono anche in tutti i contributi raccolti da Marie-Anne Lescourret nel volume La dette et la distance. De quelques élèves et lecteurs juifs de Heidegger (L’éclat), dove vengono esaminati i debiti intellettuali che una schiera di importanti pensatori ebrei tedeschi del dopoguerra (Günther Anders, Hannah Arendt, Hans Jonas, Emmanuel Levinas, Karl Löwith, Herbert Marcuse, Leo Strauss, Eric Weil) hanno maturato, non senza qualche paradosso o criticità, nei confronti di Heidegger, loro comune maestro.

Infine, c’è almeno un’autobiografia che non si può non menzionare: Paul Veyne, il grande storico del pensiero romano, firma Et dans l’éternité je ne m’ennuierai pas (Albin Michel), un libro in cui si intrecciano in modo toccante i ricordi di un intero secolo, le incursioni nell’antichità, le riflessioni filosofiche e gli aneddoti ameni di esperienze personali

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