la chiesa missionaria tra i rom si ritrova col volto cambiato dai rom stessi – a Trogir il C.C.I.T. 2019

 

 

 

 

 

     IL C.C.I.T. 2019 IN CROAZIA

Si è svolto nei giorni scorsi, dal 5 al 7 aprile, a Trogir, in Croazia, nel grandioso e ospitale albergo Medena, il C.C.I.T. 1920 (Comitée Catholique International pour les Tziganes), che ha messo al centro dell’attenzione, riflessione e dialogo dei vari operatori pastorali tra il popolo rom provenienti da una quindicina dei paesi europei, avente come titolo:

“la missione di ritorno: sorgente di cambiamento”

nella consapevolezza (che si forma ogni giorno di più nell’incontro accogliente, , dialogico, ‘innamorato’ dell’alterità dell’ ‘altro’ che nella sua ‘diversità’ e ‘alterità’ arricchisce e ‘mette in crisi’ l’umanità dei due) che

“l’incontro vero cambia lo sguardo, la teologia, la pastorale, la cultura di colui che è incontrato”

e una vera ‘missionarietà’ verso il mondo dei rom è un forte

“invito a una condivisione in reciprocità per le nostre comunità, le nostre chiese, le nostre società”

Secondo il programma il pomeriggio del venerdì 4 aprile ci siamo ritrovati e accolti reciprocamente nella cena comune, nella preghiera animata dal gruppo pastorale della Croazia e dal consueto ‘vino dell’amicizia’.

La mattina del sabato 6 aprile, dopo il messaggio del Consiglio Pontificio nella persona del Card. Turkson e portatoci da suor Alessandra e l’Introduzione del presidente del C.C.I.T. il sacerdote rom Claude Dumas,

ha avuto luogo la conferenza del teologo, filosofo, sociologo Tomàs Halìk che ha delineato una profonda distinzione fra una chiesa che ‘distribuisce il pane ai poveri’ e una chiesa che ‘scopre Cristo nei poveri che serve e proprio attraverso il servizio che presta’, due modi radicalmente diversi di comprendere la chiesa e il cristianesimo, la missionarietà, la nostra stessa presenza tra i rom.

“Se noi vogliamo veramente rivolgerci a coloro che sono in ricerca, dovremmo evidentemente farlo non come coloro che in maniera generosa aprono ‘il cortile dei gentili’ (perché loro stessi hanno il diritto di cittadinanza all’interno del santuario), non dovremmo farlo come coloro che davanti a loro si chinano (dall’alto in basso) … Se vogliamo veramente incontrare coloro che sono effettivamente in ricerca in maniera credibile allora questo incontro deve essere un incontro reciproco tra pellegrini – non un incontro tra coloro che posseggono e coloro che stanno morendo di fame, fra coloro che sanno e coloro che cercano, fra coloro che sono già arrivati al traguardo e coloro che stanno ancora girovagando. Se noi consideriamo gli altri ‘fratelli separati’, riveliamo spesso di essere inconsapevolmente nel ruolo del vecchio fratello coraggioso e virtuoso – quindi in quel ruolo nei confronti del quale Gesù ci mette in guardia nella parabola del figliol prodigo (cfr. Lc 15, 11-32)”.

“Cristo è il pane che viene donato: se lo vogliamo incontrare dobbiamo essere contemporaneamente coloro che donano e coloro che ricevono. Noi riceviamo donando e doniamo rinunciando a ciò che possediamo, collocandoci umilmente fra i bisognosi, fra coloro che sono aperti ai doni e li accettano in maniera riconoscente”

Densa e stimolante, la relazione di Halìk è stata oggetto di dialogo, discussione, riflessiione e approfondimento nei diversi ‘gruppi di lavoro’ (Carrefour per gruppi linguistici).

Il pomeriggio del sabato ha visto l’apprezzabile testimonianza di Nathalie Gadéa e delle Piccole Sorelle di Gesù, la celebrazione eucaristica e la serata festiva che come da tradizione vede la messa in comune dei prodotti culinari più tipici e caratteristici dei vari luoghi di provenienza dei partecipanti con le immancabili musiche e danze rom.

 

 

La mattina della domenica 7 aprile ha avuto luogo la descrizione della ‘situazione in Croazia’ (una analisi della realtà sociale e religiosa della vita dei rom in Croazia) da parte dei professori Neven Hrvatì e Kristina Cacic

L’eucarestia con l’omelia del presidente Claude Dumas e il pranzo hanno chiuso il C.C,I,T, 2019 dandoci l’appuntamento in Italia per il C.C.I.T. 2020.

claude dumas al c.c.i.t

romni

INTRODUZIONE

Claude Dumas

Mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. Chiamarono il cieco, dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che cosa vuoi che io faccia per te?”. E il cieco gli rispose: “Rabbunì, che io veda di nuovo!”. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. (Marco 10/46-52) “Distruggere i muri dell’isolamento e dell’esclusione : sfida evangelica di una dinamica sociale”tale è l’enunciato di un tema che abbiamo scelto per il nostro incontro. A questo ci invita il vangelo di Marco ma prima di entrare negli scambi, vorrei come presidente di questa assemblea augurare a tutti il benvenuto : il benvenuto alle autorità presenti che hanno ben voluto rispondere a questo invito e che testimoniano così l’interesse che portano a questo incontro, il benvenuto a tutti quelli che ci raggiungono per la prima volta.
Saluto anche e ringrazio già il mio amico Piero Gabella, Cristina e tutto il gruppo d’Italia che si sono adoperati per questo incontro e hanno spiegato la loro energia per accoglierci per il meglio in questo spirito di grande fratellanza che ben caratterizza il CCIT. Grazie anche alla direzione di questo istituto che ci apre calorosamente le porte per il tempio di questo week-end.
Terminerei questi saluti trasmettendo un saluto fraterno a tutti quelli che non hanno potuto raggiungerci e che si sono scusati di non poter essere con noi…
“Distruggere i muri dell’isolamento e dell’esclusione…”
Una sfida che lancia la Chiesa come ce lo ricorda il Consiglio Ecumenico delle Chiese del 2003 io cito : “Oggi, i muri di separazione sono fatti di vergogna, di pregiudizi, di odio, di concorrenza, di timore, d’ignoranza, di pregiudizi teologici e incomprensione culturale. La Chiesa è chiamata ad essere una comunità inclusiva, a abbattere tutti questi muri di separazione.”
Ma anche una sfida che ci lancia la società : Oggi un po’ dovunque in Europa constatiamo che muri s’innalzano per separare gli uomini gli uni dagli altri. Bisogno di sicurezza o rifiuto di avvicinare “certa gente” che non è come noi, vestita in modo diverso dal nostro, con altri costumi…? Davanti a tali comportamenti, dobbiamo reagire, riflettere sui nosti atteggiamenti… a questo ci invitano gli incontri del CCIT.
Il vangelo ci insegna ad abbattere i muri, a guardare d’altro non come uno straniero, un uomo da non frequentare… “un emarginato”. L’incontro con Bartimeo è un passaggio fondamentale del vangelo di Marco. Il cieco è un emarginato totale nella società dell’epoca, equiparabile quasi a un appestato, ridotto alla mendicità. La sua marginalità è ben mostrata dal fatto che egli è seduto sul bordo della strada. Egli ha costantemente bisogno degli altri per vivere.., è simbolo dell’umanità decaduta. Quando Gesù s’avvicina, Bartimeo ha l’intuizione che Gesù potrà fare qualche cosa per lui. Grida, non si vergogna di quello che pensano gli altri, ne del resto di quello che possono dire o fare gli altri ! Si tratta di qualche cosa d’importante, d’essenziale nella sua vita.
Senza voler fare un paragone affrettato, Bartimeo non ha oggi il viso di quei Rom seduti sui nostri marciapiedi, ridotti in molti alla mendicità, lo sguardo dei quali ci chiama con la speranza che noi possiamo fare qualche cosa per loro…
“Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me I”
Bartimeo domanda semplicemente che il Cristo si fermi su di lui e che il suo sguardo lo ristabilisca, forse per un momento, nella sua dignità umana. Ma come osa abbordare Gesù, lui l’impuro, il pidocchioso… Non ha un posto nella società. Qui la gente lo maltratta perché lui osa prendervi il suo posto apostrofando Gesù con il suo titolo messianico : “Figlio di Davide.” Questo grido dà fastidio alla gente che lo rimprovera “sta’ zitto, non si fa, non fare scandalo…” Si, è un seccatore !
Il primo riflesso della folla è quello di rigettare Bartimeo. La folla ha paura dell’escluso, dell'”anormale”, del marginale reagisce come i discepoli che sgridano i bambini. E come la folla attuale, come la società che tende a rigettare quello che le sembra inopportuno, quello che lei non capisce, quello che è “altro” e i Rom dei nostri paesi, bisogna ben dircelo sono percepiti particolarmente come dei seccatori.
Ma Bartimeo non ne tiene conto e grida “più di prima.” Il grido è vitale : un bimbo non può fare altro che gridare per attirare l’attenzione di sua madre, non ha un altro mezzo. Il cieco sa in fondo a lui che è l’occasione della sua vita e non vuole perderla. Tanto, peggio per la convenzioni sociali.., tentare la sorte attraversando la frontiere per fuggire le discriminazioni… questo dovrebbe interpellarci !
La folla vuole marginalizzarlo, rinchiuderlo in un’infermità totale, se non può impedirgli di sentire, vuole impedirgli di parlare.
I poveri hanno raramente i mezzi per difendersi. Spesso molto dipendenti dai ricchi non possono permettersi di alzare il tono della voce per spiegarsi. La miseria rinchiude in una torre dalla quale è molto difficile uscire.
Gesù si ferma. Ha sentito il grido dell’uomo sul ciglio della strada. Si lascia toccare, disorientare da questo grido. Si ferma per ascoltare e incominciare a dialogare, per dare la risposta più adatta alla miseria dell’uomo. Con la sua fermata, Gesù mostra bene che il suo messaggio si rivolge anche agli esclusi che vuole riabilitare nella società al di là dei pregiudizi.
Eppure malgrado questa ostilità, Bartimeo non rinuncia : insiste “Abbi pietà di me I” La sua preghiera è insistente ma non provocatrice è fiducia, e per questa ragione Gesù gli risponde, a lui l’escluso, il quasi appestato… “Chiamatelo I” la folla cambierà parere e domanderà a Bartimeo di venire, “Alzati, ti chiama.” Questo “alzati” non è detto a caso, perché è il segno del nostro innalzamento verso Dio. Gesù è venuto affinché l’uomo si alzi. Gesù lo fa “alzare” e camminare di nuovo, prima di farlo “vedere di
E nuovo.” Non è poi cosi strano, se si pensa a quello che si verifica nell’esperienza umana della relazione con l’altro : arriva sempre un momento in cui si deve fare fiducia, dare il proprio accordo senza sapere dove si sarà condotti, rinunciando a “conoscere l’altro” per poter camminare con lui. Tale è la via di ogni impegno.
Il cieco getterà via il suo mantello, il suo solo bene. Con questo gesto, rigetta la sua condizione d’escluso poiché il vestito è simbolo della condizione nella società dell’epoca (ma c’è veramente un cambiamento nella società attuale ?) Questo salto nella sua notte è quello dalla notte alla Luce, salto verso la fede, slancio irresistibile che permette di superare la frattura dell’esclusione per raggiungere la società.
Gesù allora gli porrà una domanda, non per confonderlo, ma perché parli, perché compia il suo intervento. Gesù ci mostra qui il suo rispetto della libertà dell’uomo. Evidentemente Gesù sa quello che Bartimeo vuole, ma lo rispetta, aspetta, aspetta la sua risposta.
Bartimeo dunque vuole ritrovare la vista, ricuperare un bene perduto e non uno qualsiasi ! Bene chi gli permetterebbe di vedere di nuovo, d’avere la luce, di discernere, di lavorare, di appartenere a un corpo sociale, economico e religioso, di superare il muro. Davanti a una tale determinazione, davanti a questa fede fiduciosa, Gesù dice : “Va’, la tua fede ti ha salvato .1” La guarigione è una salvezza. Ritrovare la salute, è ritrovare il cammino della vita e uno stato di vita funzionale.? D’ora in poi, può camminare sul cammino della vita senza pericolo, vivere con e in mezzo alla gente, lavorare, essere accolto di nuovo sa tutti e andare alla sinagoga senza sentirsi a disagio o senza paura. Può finalmente vivere pienamente.
Gesù reinserisce il cieco nella società, ripristina le sue capacità relazionali.
Questo miracolo non è solo materiale, è legato alla Buona Novella, segno della sua presenza. È segno della comunicazione della grazia salvatrice di Cristo alle nazioni, agli uomini. Gesù vuole liberarci, spiritualmente ma anche socialmente !Gesù vuole che tutti diano stabiliti o ristabiliti nella comunicazione con Dio, ma vuole anche che gli esclusi siano riabilitati nella società, in questo mondo che è slancio verso Dio ! In breve, Gesù vuole salvare tutti gli uomini riabilitandoli nel mondo, ma anche integrandoli nella comunità dell’Amore !
L’opera di Gesù è di aiutarci ad abbattere i muri eretti nei cuori affinché la sua vita si diffondo e si espanda. Qualunque sia la muraglia dietro la quale l’uomo si nascondo e si protegge, è prigioniero. Ora, il Signore è venuto per liberare da ogni forma di detenzione e di reclusione per permettere all’individuo di vivere la libertà secondo i Vangeli.
Non si sono muraglie o muri che non crollino!
Non ci sono muri che non divengano inutili (Jacques. Lancelot)
Buon lavoro a voi tutti nell’amicizia e nella gioia di esserci ritrovati.

thérèse poisson al c.c.i.t. 2014: marianna

 

MARIANNA

Thérèse Poisson

rom

“Con mio padre e mia madre e l’uomo che ci ha aiutato a passare il confine di nascosto abbiamo camminato tre giorni e tre notti nella foresta, senza mangiare né bere … avevo molta paura . Ci ha portato a Nanterre nella baraccopoli. Abbiamo ritrovato i Rom del nostro villaggio. Poi sono andata a chiedere l’elemosina per strada. Non ero abituata, ma eravamo in miseria e bisognava mangiare. Nel villaggio sono andata a scuola … Qui in Francia ho sposato mio cugino, ci vedevamo da quando avevamo 12 anni e ho avuto mio figlio Gimmy. Presto ho capito e mi sono vestita come una gagé e chiedendo l’elemosina ho incontrato tanta gente, donne che parlavano con me e ho chiesto un lavoro come domestica … E’ a Nanterre (in Francia ) nel 1992, che ho incontrato Marianna, di 14 anni, la prima volta. Spontaneamente, mi ha messo suo figlio Gimmy tra le braccia. Successivamente, Marianna pur essendo molto gracile si è sempre mostrata energica, volitiva e determinata, come la sua famiglia: “Abbiamo scelto di vivere qui e faremo di tutto per riuscirci”. La baraccopoli di Nanterre si é formata con l’ arrivo a scaglioni di Rom negli anni 1989/1990. Era enorme ed era composta da diversi quartieri. Una strada fatta da tante piccole roulotte una incollata all’altra, che formavano un budello. E’ lì che Marianna abitava con tutti i suoi parenti . In un’altra zona, i Rom avevano costruito con materiale di recupero delle piccole capanne; il loro allineamento formava delle strade. Al calar della notte, i topi si infilavano dappertutto e bisognava proteggere i bambini per tutta la notte. E ‘ in una di queste strade che ho incontrato Della con i suoi due figli. Più tardi, ha sposato Alexandre Romanes, un circasso. Un’altra area fatta da grandi roulotte era difficilmente accessibile perché pericolosa. Ad ogni visita alla baraccopoli di Nanterre diciamo il ” Padre nostro ” e apriamo la Bibbia tradotta da Padre Barthélémy, Yoska. Che emozione leggere la Parola di Dio nella loro lingua! La famiglia di Marianna è ortodossa, ma non abbiamo trovato nessun Pope disposto a fargli visita. Avevano un grande desiderio di offrire il loro figlio a Dio e sono andati con tutta la famiglia alla Chiesa del Sacro Cuore a Monmartre. All’epoca, il governo francese vedendo arrivare tutta quella gente si è posto il problema di come rimandarla indietro! Una mattina, tutti i capi di famiglia sono stati arrestati e rimpatriati il giorno successivo in Romania, con un volo charter … Il governo pensava che le donne e i bambini li avrebbero seguiti, ma loro sono rimasti ed hanno aspettato …che gli uomini tornassero! Il terreno di Nanterre era destinato alla costruzione di case, le espulsioni sono cominciate e tutto è stato distrutto con grande violenza. E’ stata una prova terribile! Tutto ciò che era stato iniziato: la scuola per i bambini, i documenti in via di regolarizzazione, ecc … tutto da ricominciare! Ma i Rom non abbassano mai le braccia, espulsi da un luogo, si sono messi alla ricerca di un nuovo posto. Ed é così che la famiglia di Marianna, con molti altri, è venuta a stabilirsi con le sue piccole roulotte su un grande terreno abbandonato vicino alla metro di LIEUSAINT. Su questo terreno sì sono radunate circa 700 persone. ( Rom recentemente espulsi e nuovi arrivati dalla Romania).  Dopo aver ricevuto molti inviti, abbiamo deciso di andare a passare il fine settimana del 15 agosto in roulotte, nel campo di LIEUSAINT. Jean-Marie e sua moglie Michèle, anch’essi incaricati pastorali dei viaggianti di Francia, sono venuti con me. Non sapevamo come sarebbe andata a finire! Appena i bambini si sono accorti di noi, ci sono corsi incontro e subito dopo il nostro arrivo al campo la nostra roulotte è stata sistemata, in un attimo, vicino ai genitori di Marianna. Ci hanno preso sotto la loro protezione e hanno capito pian piano che noi eravamo andati lì per tutti.

Siamo stati bombardati da domande: la scuola, il lavoro, le cure mediche, un parto che doveva avvenire di lì a poco, richieste di aborti … le vessazioni della polizia , ecc :Un pomeriggio, ho incontro una donna nella sua roulotte. Era stesa su una panca e non poteva più alzarsi . Allora ho preso dell’olio sul tavolo e l’ho massaggiata lungamente. Durante tutto il tempo, lei parlava. Quando si è seduta mia ha detto: “Mi hai guarito ! “Quanta sofferenza e quanta miseria nascoste! La sofferenza per il rifiuto, per la disumanità, per il disprezzo, per l’angoscia delle espulsioni, per le situazioni senza soluzioni.. .ascoltandola, mi sono venute in mente le parole:

“Erano come pecore senza pastore” “Mc 6,34

“Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi per le doglie del parto ” Rin 8 ,22

Il tempo passa tra visite, caffè, ascolto e finisce molto tardi, ognuno racconta la sua vita. Una sera è arrivato un uomo; parlando ad alta voce mi chiede “Tu, Gagè che parli la nostra lingua, aiutaci a pregare ! “Improvvisamente un gruppo mi circonda. Presa alla sprovvista con la mia voce fioca e timida, ho sentito intonare il “Padre Nostro” in Romanes. Allora li ho visti alzare le braccia e ho sentito un mormorio che mi sosteneva e mi accompagnava, siamo veramente un cuore solo!

Il giorno successivo, parliamo dell’Assunzione, una grande festa ortodossa in Romania. La nostra roulotte diventa il TM.onastero’,é così che lo chiamano. ‘La vigilia del .15 agosto, da noi, dice una donna, preghiamo tutta la notte davanti l’icona con tante candele!. Allora mettiamo l’icona fuori sotto la tenda con le candele e l’incenso. Minaccia un temporale, gli uomini vanno in fretta nel bosco per costruire dei ripari; Adrian si prepara a leggere il Vangelo in Romanes, in quel momento arriva un vicino pentecostale, che ci rimprovera di pregare con delle immagini e degli idoli. ‘E’ l’amore di Dio e dei nostri ,fratelli che ci ha riunito qui su questo terreno’ abbiamo ribattuto. Subito dopo sono sgorgate invocazioni per una vita migliore e per le famiglie rimaste in Romania. ‘Non ci sono quelli di qui e quelli di laggiù’, fa allora notare il capofamiglia: “Siamo un solo popolo !”

Ho rivisto Marianna lo scorso ottobre. Che gioia ritrovarsi e ascoltarla mentre mi racconta: Sai, contrariamente a quanto pensano i Gagé, noi .Rom lavoriamo duramente per sopravvivere. Molto presto ogni mattina, prendevo la metro per fare le pulizie ad ore nelle case e ritornavo al campo solo nel pomeriggio. Dopo diversi anni ho avuto un contratto di lavoro per ,fare le pulizie nel supermercato e anche mio marito Gimmy e gli altri bambini sono andati a scuola.

lo non nascondo mai la mia nazionalità, e dico che sono zingara . Sono orgogliosa di essere zingara • Ho fatto delle lezioni di francese ed ho chiesto la nazionalità francese. Attraverso il mio lavoro mi sono fatta degli amici. Quelli dove facevo le pulizie prima sono invecchiati e continuo ad andare a trovarli. Sai che Ginmly lavora ed è padre di due bellissimi bambini che vanno a scuola?’

La storia di Marianna, è una storia che assomiglia sicuramente a quella di molte altre storie plasmate da tante lotte e piene di energia. lo non faccio che riportare qualche momento, qualche aspetto, qualche frammento di vita … non so se questo potrà rispondere alle grandi domande sollevate dalla signora Suzana Jovanovic ?

Per quanto mi riguarda, lo considero una grande opportunità aver potuto condividere dei momenti di vita con Marianna, con la sua famiglia e con molti altri Rom dei campi dì Nanterre, LIEUSAINT ed altri campi. E’ stata anche una grande opportunità aver potuto vivere questi momenti con altri membri della Chiesa e delle associazioni. Quando ci ripenso mi rendo conto che l’incontro con l’altro è una grande ricchezza. E’ anche più di una ricchezza, é una Grazia. E’ la Grazia di costruire insieme una’ fraternità’ autentica. Grazia di riconoscere che Dio è sempre davanti a noi e la certezza che è Lui che noi incontriamo nell’altro. Sì, io credo di poter dire che attraverso gli incontri con i Rom, ho visto e riconosciuto la presenza di Dio. Ho avuto come l’impressione di ‘toccare Dio. Inoltre, il contatto con loro, la loro energia e la loro capacità di risollevarsi mi ha sempre incoraggiato e stimolato ! E’ un popolo che guarda avanti, che guarda in avanti e in questo senso, credo che abbia qualcosa da dire alla società e alla Chiesa

 

il messaggio del Vaticano al ccit 2014

 

Dal Vaticano, 2 aprile 2014

Messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ai Membri del Comité Catholique International pour les Tsiganes (CCIT)

(Cavallino Treporti, Italia, 4— 6 aprile 2014)

sinti oggi

Caro Padre Dumas,
Cari Membri del Comitato, Cari Partecipanti,

Mi dispiace di non poter essere presente ai lavori del vostro Incontro come auspicato dal vostro Presidente. Vi trasmetto tuttavia un caloroso saluto ed esprimo profondo interesse per l’argomento che avete scelto di trattare: “Abbattere i muri dell’isolamento e dell’esclusione: sfida evangelica di una dinamica sociale.”

Nel nostro mondo globalizzato, infatti, si continuano ad erigere muri che dividono i popoli dello stesso continente, genti dello stesso Paese o persone della medesima città. Anche tra i Paesi Europei, alcuni sono tuttora negativamente influenzati nelle loro scelte politiche verso i Rom, ai quali siete vicini nei vostri rispettivi impegni pastorali.

Gesù, portando la buona notizia agli uomini, si è fatto anche carico delle loro condizioni. Ha aperto le porte, ha abbattuto le mura di divisione e di inimicizia, come dimostra nell’incontro con la Samaritana, al pozzo di Giacobbe (cfr. Gv. 4, 1 — 42). Egli fa cadere un’antica separazione fra due popoli vicini, proponendo una cultura dell’incontro, basata sulla sincerità del dialogo.

Giovanni Paolo II, esortando a costruire un mondo aperto ed inclusivo, libero dalle paure e dalle separazioni, diceva: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte… I … i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa!” (Omelia dell’inizio del suo Pontificato, 22 ottobre 1978, n. 5). Proprio l’anno scorso avete dedicato il vostro Incontro al tema dell’apertura e dell’accoglienza. La vita degli Zingari a volte sembra un enigma ma Cristo, che muove i vostri cuori verso di loro, sa cosa c’è dentro l’uomo, e ve lo rivela come un dono prezioso nell’amicizia che forgiate con loro. Negli anni avete maturato la consapevolezza che la storia degli Zingari “è una storia sacra”, come quella di tutti gli uomini fatti “a immagine di Dio”.

La sfida che affrontate con coraggio evangelico nelle vostre attività pastorali dimostra che per abbattere i muri si comincia nel cuore, primo spazio dove includere l’altro, e finché i cuori non saranno aperti, non sarà facile realizzare una società inclusiva. Questo momento di riflessione vi offre quindi l’opportunità di mettere insieme le vostre energie per creare una dinamica sociale in cui le culture diverse possono vivere insieme.

Benedetto XVI, durante l’Udienza ai rappresentanti di diverse etnie di Zingari e Rom, dopo avere ricordato la loro dolorosa storia, ne descriveva così la situazione odierna: “Oggi, grazie a Dio […], nuove opportunità si aprono davanti a voi, mentre state acquistando nuova consapevolezza […] Molte etnie non sono più nomadi, ma cercano stabilità con nuove aspettative di fronte alla vita. La Chiesa cammina con voi e vi invita a vivere secondo le impegnative esigenze del Vangelo confidando nella forza di Cristo, verso un futuro migliore […} Vi invito, cari amici, a scrivere insieme una nuova pagina di storia per il vostro popolo e per l’Europa! La ricerca di alloggi e lavoro dignitosi e di istruzione per i figli sono le basi su cui costruire quell’integrazione da cui trarrete beneficio voi e l’intera società. Date anche voi la vostra fattiva e leale collaborazione, affinché le vostre famiglie si collochino degnamente nel tessuto civile europeo! Numerosi tra voi sono i bambini e i giovani che desiderano istruirsi e vivere con gli altri e come gli altri” (Allocuzione ai Rappresentanti di diverse etnie di Zingari e Rom, 11 giugno 2011).

Tutto questo naturalmente richiede tempo e voi, cari operatori pastorali, avete saggiamente adottato la linea della fede e della speranza che aiutano a fare tutto con la pazienza che porta agli esiti attesi. Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, parla di un tempo che supera lo spazio. Un tale principio, scrive il Papa, “permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione di risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone”. Prosegue dicendo che “è un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo” (n. 223). Si, l’impegno per i Rom chiede questa pazienza, senza la quale è facile credere che tutto sia inutile. Gli Zingari hanno bisogno dell’umanità delle società in cui vivono per sentirsi membri della famiglia umana, usufruendo dei diritti di cui godono gli altri membri della comunità nel rispetto della loro dignità e della loro identità (cfr. Orientamenti per una Pastorale degli Zingari, n. 48). Questo può essere il modo con cui affrontare alcune questioni che restano ancora una sfida per l’Europa, culla dei diritti umani. C’è bisogno da parte di tutti di un lavoro tenace e paziente. La Chiesa può essere d’ispirazione e può far confluire gli sforzi in un impegno comune per affrontare i seguenti dilemmi che sono alla base dei disagi umani dei Rom:

1. Molti Zingari vivono ancora in condizioni abitative precarie, dovute a problemi economici aggravati dalla crisi. Oltre alle consuete sistemazioni, molte “famiglie abitano in alloggi sociali sovraffollati”. Vivere nelle baraccopoli e sui marciapiedi delle città, soggetti all’inquinamento, nei pressi delle autostrade e delle zone industriali, abitare in alloggi fatiscenti “senza acqua potabile, né elettricità, né sistema di raccolta dei rifiuti”, è uno scandalo che non si può ammettere. Alcuni vorrebbero uscirne, ma spesso incontrano enormi difficoltà che affievoliscono la loro volontà, per cui ricadono nel loro status quo.

2.In molti Paesi europei ci sono differenze tra gli indicatori di salute dei Rom e quelli della popolazione maggioritaria; il fatto che non dispongano di documenti di identità complica l’accesso ai servizi sanitari ordinari, senza dimenticare le discriminazioni che in alcuni casi subiscono dagli operatori sanitari, come i medici di base che rifiutano di recarsi nei quartieri o nei campi rom.

3. Inoltre, i Rom affrontano difficoltà nell’accesso all’istruzione. In Europa, la metà dei bambini Rom che ha l’età per frequentare la scuola non è mai stata scolarizzata; il 50% degli adulti è analfabeta; in molte regioni europee i bambini Rom non hanno un’istruzione qualificata, sono esclusi dal tessuto sociale e dal dibattito politico e culturale, nonostante siano europei. La situazione logistica delle loro abitazioni, la povertà estrema, i pregiudizi e .le loro tradizioni familiari li inducono spesso all’abbandono scolastico.

4. Essi incontrano anche enormi difficoltà nel campo del lavoro. Spesso sono discriminati perché non hanno un’istruzione sufficiente e non possono competere con altri lavoratori maggiormente qualificati. Il più delle volte sono esclusi proprio perché sono Zingari. Tutto questo non di rado li induce alla malavita, alla mendicità e ad attività pericolose per la salute.

Il Consiglio d’Europa promuove tutte le esperienze che si sono rivelate positive in questo campo. Queste pratiche sono portate avanti da mediatori tra i Rom e le popolazioni maggioritarie, messe in atto a livello locale e proposte poi a dimensione più ampia. Per quanto riguarda l’educazione, è interessante l’esempio della ex-Repubblica jugoslava di Macedonia con il progetto “Inclusione dei bambini rom nell’educazione prescolare” iniziato nel 2006. Lo stesso vale per l’Albania e la Slovacchia. Buona anche l’esperienza della Spagna che indica le tappe da compiere in questa mediazione. Valida per la loro integrazione nel settore della salute l’esperienza della Bulgaria.

Infine, il documento “Orientamenti per una Pastorale degli Zingari” resta per voi un riferimento fondamentale, da sfruttare ancora al meglio per il vostro servizio in mezzo a questo Popolo, perché offre linee importanti che sono frutto del lavoro comune.

Cari fratelli e sorelle, non sono forse queste le sfide da affrontare? E non è forse questa la dinamica di cui c’è bisogno, cioè dare spazio e tempo ai sogni degli Zingari e motivarli perché possano emergere? I Rom hanno il diritto di essere riconosciuti almeno come minoranze etniche nei Paesi in cui vivono, dato che nell’Unione Europea sono la minoranza più numerosa. La Chiesa ha il compito di portare il Vangelo di Gesù in mezzo a loro, ma anche di sostenere il loro sogno d’integrazione che passa per l’educazione, la salute, il lavoro e l’alloggio. Tutto ciò in collaborazione con le persone di buona volontà.

Vi auguro fruttuosi giorni di lavoro e che Dio vi benedica tutti!

Antonio Maria Cardinale Vegliò Presidente

Joseph Kalathiparambil Segretario

 

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