a proposito del declino vistoso del cristianesimo nel mondo europeo

il cristianesimo: religione o ‘via’ e ‘sequela’?

di E. Bianchi

E. BIANCHI

Un monaco benedettino, vero fratello e amico, raffinato teologo e letterato riconosciuto per i suoi scritti anche poetici, François Cassingena-Trévedy, nel suo ultimo libro scritto nella condizione di esilio dal suo monastero confessa di “restare in contatto costante con la sua chiesa e la sua epoca” della quale mette in luce un evento importante: “l’affondamento di tutto un paesaggio religioso”. Anch’io come cristiano devo confessare che ciò che mi turba di più nella vicenda della fede è questo affondamento, che si potrebbe chiamare “implosione”, del cattolicesimo, questo declino vistoso del cristianesimo, almeno nel nostro mondo, l’Europa!
Per un cattolico che si è affacciato alla maturità della vita con l’orizzonte di una promettente primavera, annunciata soprattutto dall’avvento di Papa Giovanni e del concilio da lui voluto, non è facile assistere oggi a questo tramonto che non è solo fine della cristianità, ma è anche spoliazione di una chiesa attualmente visibile solo più sotto forma di minoranza e in cammino verso la diaspora.
Non credo che quanti hanno nutrito una grande speranza di riforma della chiesa e del suo stare nella storia, nella compagnia degli umani, volessero una chiesa trionfante e più grande: il desiderio era di vivere in una chiesa capace di ascolto dell’umanità, e talmente convinta del primato del Vangelo da assumerne lo stile, la prassi e lo spirito. Ma non è stato così!
Certamente oggi la chiesa cattolica è umiliata dalla sue contraddizione al Vangelo che emergono come scandali soprattutto finanziari e violazioni della dignità della persona umana: ma proprio a partire da questa umiliazione sarà possibile che diventi umile? Oggi alla chiesa è impedito di essere domina nella storia: ma è davvero capace di accoglierlo come beatitudine? Siamo consapevoli che grazie al cammino sinodale voluto da Papa Francesco emergono dal popolo di Dio in modo inedito domande di riforma: ma la chiesa si mostrerà ancora una volta irriformabile?
Ogni giorno nelle diverse chiese si vivono scandali che causano non solo disaffezione, ma anche abbandono della comunità cristiana e tutti siamo testimoni della crescita esponenziale di chiese chiuse, chiese vuote, assemblee nelle quali appaiono solo più teste bianche… La spoliazione che sta avvenendo è vistosa e fa soffrire, ma siamo ancora lontani dal leggerla nella sua forma evangelica. Non è solo questione di povertà, di rifiuto della ricchezza e di condivisione con i poveri: occorre che la chiesa si faccia povera di potere mondano, si spogli del potere giuridico, sieda alla tavola dei peccatori semplicemente seguendo Gesù e frequentando come lui i sofferenti, i bisognosi, gli scarti della società. La chiesa deve sentirsi una “via”, quale la professavano i primi cristiani, e pensarsi nella forma della “sequela”, non in quella di una religione.
Allora vi sarà la conversione del cattolicesimo alla cattolicità e verrà meno il rischio di un cattolicesimo senza cristianesimo, di una religione teista condannata oggi all’autoreferenzialità, a fallaci tentativi di autoconservazione, occupandosi di sé stessa senza un’attesa messianica che gli dia vigore e scacci ogni paura . Allora il Vangelo – come Buona notizia che la morte non ha l’ultima parola perché Gesù Cristo, che è l’amore vissuto all’estremo per l’umanità, l’ha vinta – non resterà più afono e potrà risuonare limpidamente in comunità minoritarie ma significative.
Crolla il paesaggio religioso, ma sotto la cenere resta la brace della fede e – come diceva Aleksandr Men’, la fede cristiana non fa che rinascere.

“siamo quelli della via”

quelli della via

cammini di condivisione

Cammino di condivisione con i poveri secondo la logica del Vangelo e in ascolto dello Spirito.
da Altranarrazione

Abbandoniamo le riunioni di programmazione, riponiamo negli appositi scaffali i libri di testo, rinunciamo all’efficacia operativa delle strutture.

Ci rifiutiamo di compilare i report delle iniziative.

Usciamo, per metterci in ascolto dello Spirito che parla al cuore e nella storia.

Scegliamo la polvere della strada che conosce i passi dell’uomo, rispetto a quella delle sacrestie e degli uffici che rende l’aria viziata.

Scegliamo la scuola dei poveri che smaschera gli idoli e guida alla salvezza, rispetto a quella delle cattedre che definendo, catalogando, elencando, confonde le convinzioni degli intellettuali con la meravigliosa drammaticità del mistero di Dio.

Lasciamo a casa i ruoli dell’insegnante/catechista/animatore ed indossiamo solo la nostra umanità fragile, infedele ma amata da Dio.

Non cerchiamo giovani, fidanzati, coppie ed utenti vari, ma fratelli con i quali camminare.

Nessuno conosce il tragitto che dovremo percorrere. Nessuno può dare indicazioni. La nostra responsabilità consiste in questo: condividere e sostenersi.

Capiterà probabilmente di perdersi, ma non temiamo. Resteremo in attesa di Colui che ha promesso di venirci a prendere caricandoci sulle sue spalle (1). 

Ci disponiamo in mezzo al popolo, non abbiamo nessuno davanti. Ci facciamo condurre solo dalla preghiera e dalla compassione.

Siamo quelli della via.
Potremmo incontrare il deserto, la sete e la morte. Potremmo fallire, essere derisi e presto dimenticati. Ne sarà comunque valsa la pena, perché preferiamo l’utopia del giardino di Dio alla certezza dell’inferno, costruito dall’Iniquità delle classi sociali dominanti, con il supporto delle burocrazie religiose.
(1) Cfr. Vangelo di Luca 15,4-7
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