J. Moltmann e la croce di Gesù – l’impegno per la causa di tutti gli oppressi

 

di don Paolo Zambaldi

 

il Dio sofferente e crocifisso

un Dio che scende, assume la condizione degli ultimi e muore come loro, non può essere accolto da chi è in cerca di legittimazione per i propri soprusi

«Perché e in quale modo il Dio sofferente e crocifisso divenne il Dio dei poveri e degli abbandonati? Quale significato assume la mistica della croce nella pietà popolare? Manifestamente, queste persone emarginate lo hanno compreso, partendo dalla propria situazione, meglio dei ricchi e dei padroni. E questo perché giustamente avevano l’impressione di poterlo comprendere meglio di loro» (1).

Restituire la dignità.
Nel solidarizzare, nell’attraversare il medesimo deserto, Dio dimostra, verso i miseri, la più alta forma di amore: la condivisione.

«Nella sua passione e morte Gesù si identificò con gli schiavi e prese su di sé il loro tormento. E come lui non fu solo nella propria sofferenza, così anch’essi non si sentivano abbandonati nello strazio della loro schiavitù. Gesù era con loro. Su questo si fondava anche la speranza nella liberazione, per mezzo di colui che fu richiamato in vita, nella libertà di Dio. Gesù significava la loro identità con Dio, in un mondo che aveva sottratto loro ogni speranza e distrutto la loro dignità umana, fino a renderla irriconoscibile» (2).

Una mistica che porta alla trasformazione.

Porsi davanti al mistero Dio, rendersi disponibili alla relazione, accogliere il suo amore, porta necessariamente all’impegno per la causa degli oppressi.

«Senz’altro la mistica della passione può facilmente tramutarsi in una giustificazione della sofferenza, la mistica della croce può celebrare come virtù la rassegnazione al destino e sfociare in una malinconica apatia. Soffrire con il Crocifisso può anche condurre alla commiserazione di sé. In questi casi però la fede si dissocia dal Cristo sofferente, in quanto vede in lui soltanto uno dei modelli che rischiarano la nostra via dolorosa e lo comprende solo come esempio di rassegnazione, utile per insegnarci a sopportare un destino estraneo. Qui la sofferenza non viene ad assumere un significato particolare per l’integrazione del proprio soffrire. Non produce cambiamento alcuno, né nella sofferenza né nelle persone che soffrono. La chiesa ha gravemente abusato della teologia della croce e della mistica della sofferenza, soddisfacendo così gli interessi di coloro che furono la causa di tante pene» (3).

Conflitti inevitabili.

Dice il Signore: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada” (4).

«Di fronte al suo mondo Gesù non è rimasto passivo, ma ad un determinato ordine di rapporti contrappose un altro: con il suo messaggio e con la sua vita vissuta. […] Annunciando la giustizia di Dio come diritto della grazia a coloro che spietatamente erano stati emarginati dalla società, egli provocò la dura reazione dei tutori della legge. Facendosi “amico dei peccatori e dei pubblicani”, si rese nemici i loro nemici. Rivendicando un Dio che sta dalla parte dei senza Dio, s’attirò l’opposizione delle persone pie e venne cacciato nell’assenza di Dio del Golgotha. Quanto più la mistica della croce prende coscienza di questa realtà, tanto meno sarà tentata di vedere in Gesù il modello della sopportazione e della rassegnazione al destino. […] Egli patì a causa della parola liberante di Dio e morì a motivo della sua comunione liberante con gli schiavi. La sua passione e morte sono quindi la passione e morte messianiche del “Cristo di Dio”…I suoi dolori, in altri termini, sono i dolori inferti dall’amore per gli uomini abbandonati, verso i quali ci conduce questa mistica della croce quando traspone le sofferenze degli uomini nelle sofferenze di Cristo. Il noto inno che i cristiani elevano alla povertà non può essere cristiano quando si limita a tracciare una benedizione religiosa sulla situazione in cui versano i poveri, promettendo loro una ricompensa in cielo, perché sulla terra i poveri diventino sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Secondo la concezione di Gesù, povertà significa “diventare poveri”, cioè alienare e impegnare ciò che si è e ciò che si ha per la liberazione dei poveri» (5).

La chiesa del crocifisso.
Seguire Cristo significa ripercorre le sue opzioni ed essere segno di contraddizione davanti all’Iniquità (6).

«Nella stessa misura in cui i poveri, con questa mistica della croce, vedono la croce come croce di Cristo, verranno anche liberati dalla loro apatia e rassegnazione alla sorte. La pietà della croce, vissuta da questi poveri, dispone dunque di un potenziale ben diverso da quello che la religione dominante ha riconosciuto in essa. La ripresentazione del Messia crocifisso da parte degli schiavi è quindi, per i padroni, altrettanto pericolosa della loro lettura della Bibbia. La chiesa del Crocifisso è stata fin dagli inizi, ma fondamentalmente lo sarà sempre, la chiesa degli umiliati e degli offesi, dei poveri e dei miseri, la chiesa del popolo. E d’altra parte, è la chiesa di coloro che rompono con le proprie forme di potere e di oppressione, esercitate sia all’interno che all’esterno. Non è invece la chiesa di quelli che si giustificano interiormente e che esercitano il proprio dominio sui loro simili. Se realmente conserva intatto il ricordo del Crocifisso, essa non potrà lasciar spazio a un atteggiamento di smorta indifferenza religiosa nei confronti di qualsiasi persona» (7).

(1) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso. La croce di Cristo, fondamento e critica della teologia cristiana, traduzione dal tedesco di Dino Pezzetta, Queriniana, Brescia (1973) 2013, p. 62-63
(2) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso, cit., p. 64
(3) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso, cit., p. 64
(4) Vangelo di Matteo 10, 34
(5) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso, cit.,67-68
(6) Vangelo di Luca 2, 33-35
(7) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso, cit., p. 68

preghiera è liberazioine degli oppressi

preghiera per la liberazione degli oppressi

“Chiesa e teologia devono rompere con l'idolatria del sistema dominante per imparare a discernere la presenza inquietante di Dio nel mondo degli oppressi" (P. Richard)

Vieni, Signore!
Scendi a liberare gli oppressi dalla mano dei Faraoni di oggi.
Hai ascoltato il loro grido, conosci le loro sofferenze, hai visto i tormenti sopportati semplicemente per non perire (1).
Piegati dalla fatica e dalle umiliazioni non hanno più la forza né per ribellarsi né per sperare in un giorno diverso.
Mangiano polvere. Signore, liberali!
Converti il cuore dei loro oppressori. Guariscili dalla perversione del profitto e dell’accumulo. Dona loro di sperimentare la gioia che viene dalla solidarietà e dalle relazioni senza calcolo. Libera il cuore di questi schiavi della ricchezza e del potere che sfruttano i loro fratelli.
Vieni, Signore!
Manda noi dai Faraoni di oggi che vivono asserragliati nelle loro proprietà sporche del sangue dei poveri e nelle false sicurezze sporche del sangue dei disoccupati e dei precari.
Manda noi ad annunciare la liberazione, che il tempo è compiuto, che il tuo Regno è vicino, che il tuo Regno è in mezzo a noi (2).
Vieni, Signore!
Fa’ che noi possiamo partecipare all’Esodo del tuo popolo (dei poveri, degli oppressi, dei piccoli, degli ultimi) verso la terra che hai preparato, verso la fratellanza che hai sognato, verso la dimora della Giustizia e della Misericordia.
Realizza, ti preghiamo, ancora una volta questa Parola:

«Così dice il Signore Dio
che crea i cieli e li dispiega,
distende la terra con ciò che vi nasce,
dà il respiro alla gente che la abita
e l’alito a quanti camminano su di essa:
“Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia
e ti ho preso per mano;
ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo
e luce delle nazioni,
perché tu apra gli occhi ai ciechi
e faccia uscire dal carcere i prigionieri,
dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
Io sono il Signore: questo è il mio nome;
non cederò la mia gloria ad altri,
né il mio onore agli idoli.
I primi fatti, ecco, sono avvenuti
e i nuovi io preannunzio;
prima che spuntino,
ve li faccio sentire”» (3).

(1) Cfr. Esodo 3, 7-12
(2) Cfr Vangelo di Marco 1,14-15; Vangelo di Luca 17,21
(3) Isaia 42,6-9

prima chi? “gli ultimi saranno i primi”

prima gli oppressi

O Dio, Padre degli orfani e delle vedove, rifugio agli stranieri, giustizia agli oppressi, sostieni la speranza del povero che confida nel tuo amore, perché mai venga a mancare la libertà e il pane che tu provvedi’

da Altranarrazione

è fatto così il nostro Dio: diligente nel medicare ferite, negligente nell’assegnare colpe

Se gli oppressi non hanno dove posare il capo, hanno però un luogo dove trovare consolazione*. Il cuore di Dio è innanzitutto per loro. Gli altri dovranno attendere prima di essere ammessi. Udranno parole uniche che Dio rivolgerà solo a loro. Nessun altro potrà ascoltarle, neanche origliando. Riceveranno spiegazioni, ogni interrogativo troverà risposta, e scopriranno che Dio non ha dimenticato nulla della loro sofferenza. Ogni lacrima degli oppressi è stata annotata con la mano di un ragioniere scrupoloso, mentre del bilancio dei peccati sembra che se ne siano perse le tracce.

È fatto così il nostro Dio: diligente nel medicare ferite, negligente nell’assegnare colpe. D’altronde sembra abitare più in un ambulatorio che in uno di quei lussuosi palazzi dove si emettono sentenze civili o religiose. Ma sempre “umane”, nel senso di terrene. Com’è diverso il senso della Giustizia nella sua logica: per Lui significa riscattare l’infelicità di quest’esilio vissuto dai suoi figli al buio ed esposti ad ogni genere di male. Se per l’uomo giustizia è punire per il Signore è guarire. Attualmente però Dio è impegnato nella ricerca di persone che si rendano disponibili ad anticipare il suo conforto agli ultimi, qui sulla terra. Le selezioni sono molto difficili e vanno spesso deserte per gli improrogabili impegni degli uomini: accumulare denaro, programmi televisivi, partite di calcio**. È così che a Dio gli tocca vedere morire i suoi figli prediletti nella solitudine. Questa assurda separazione, che ci fa rinviare le dinamiche del Regno all’aldilà, produce molte vittime. Il rinvio è il lago in cui sguazza il male. Non servono lamenti ed invocazioni se non ci convertiamo dalla passività e ci continuiamo a dimenticare che non solo la terra ma anche i nostri/e fratelli/sorelle ci sono stati affidati in custodia.

* “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”  (vangelo di Matteo 11,28)

** vangelo di Matteo 22,1-14

la ‘partigianeria’ di Dio

 

prima gli oppressi

Ogni lacrima degli oppressi è stata annotata con la mano di un ragioniere scrupoloso, mentre del bilancio dei peccati sembra che se ne siano perse le tracce. È fatto così il nostro Dio: diligente nel medicare ferite, negligente nell’assegnare colpe.

 

Se gli oppressi non hanno dove posare il capo, hanno però un luogo dove trovare consolazione*. Il cuore di Dio è innanzitutto per loro. Gli altri dovranno attendere prima di essere ammessi. Udranno parole uniche che Dio rivolgerà solo a loro. Nessun altro potrà ascoltarle, neanche origliando. Riceveranno spiegazioni, ogni interrogativo troverà risposta, e scopriranno che Dio non ha dimenticato nulla della loro sofferenza. Ogni lacrima degli oppressi è stata annotata con la mano di un ragioniere scrupoloso, mentre del bilancio dei peccati sembra che se ne siano perse le tracce. È fatto così il nostro Dio: diligente nel medicare ferite, negligente nell’assegnare colpe. D’altronde sembra abitare più in un ambulatorio che in uno di quei lussuosi palazzi dove si emettono sentenze civili o religiose. Ma sempre “umane”, nel senso di terrene. Com’è diverso il senso della Giustizia nella sua logica: per Lui significa riscattare l’infelicità di quest’esilio vissuto dai suoi figli al buio ed esposti ad ogni genere di male. Se per l’uomo giustizia è punire per il Signore è guarire.

Attualmente però Dio è impegnato nella ricerca di persone che si rendano disponibili ad anticipare il suo conforto agli ultimi, qui sulla terra. Le selezioni sono molto difficili e vanno spesso deserte per gli improrogabili impegni degli uomini: accumulare denaro, programmi televisivi, partite di calcio**. È così che a Dio gli tocca vedere morire i suoi figli prediletti nella solitudine. Questa assurda separazione, che ci fa rinviare le dinamiche del Regno all’aldilà, produce molte vittime. Il rinvio è il lago in cui sguazza il male. Non servono lamenti ed invocazioni se non ci convertiamo dalla passività e ci continuiamo a dimenticare che non solo la terra ma anche i nostri/e fratelli/sorelle ci sono stati affidati in custodia.

* “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Vangelo di Matteo 11,28)

** Vangelo di Matteo 22,1-14

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