la croce di Cristo e quella dei tanti crocifissi di oggi

 papa Francesco

non dimentichiamo i tanti crocifissi di oggi


nell’udienza dedicata al Triduo pasquale papa Francesco ha ricordato:
“quando andiamo a Messa è come se andassimo al Calvario”

Papa: non dimentichiamo i tanti crocifissi di oggi

 

“Non dimenticare i tanti, troppi crocifissi di oggi”. È l’invito, a braccio, per il Venerdì Santo, di cui il Papa ha ripercorso il significato, durante l’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico e dedicata al triduo pasquale “Adorando la Croce, rivivremo il cammino dell’Agnello innocente immolato per la nostra salvezza”, ha detto Francesco: “Porteremo nella mente e nel cuore le sofferenze dei malati, dei poveri, degli scartati di questo mondo; ricorderemo gli ‘agnelli immolati’ vittime innocenti delle guerre, delle dittature, delle violenze quotidiane, degli aborti…”.

Il testo integrale

“Davanti all’immagine del Dio crocifisso porteremo, nella preghiera, i tanti, troppi crocifissi di oggi, che solo da lui possono ricevere il conforto e il senso del loro patire”, ha sottolineato il Papa, che poi ha proseguito a braccio: “E oggi ce ne sono tanti: non dimenticare i crocifissi di oggi, sono l’immagine del Crocifisso: Gesù, e in loro è Gesù”. “Da quando Gesù ha preso su di sé le piaghe dell’umanità e la stessa morte, l’amore di Dio ha irrigato questi nostri deserti, ha illuminato queste nostre tenebre”, l’immagine usata da Francesco, che ancora a braccio ha commentato: “Anche il mondo è in tenebre. Facciamo la raccolta di tutte le guerre che in questo momento si stanno facendo, di tutti i bambini che muoiono di fame, che non hanno educazione, di popoli interi distrutti dalle guerre, dal terrorismo, e di tanta, tanta gente che per sentirsi un po’ meglio ha bisogno dell’industria della droga che uccide. E’ una calamità, è un deserto. Ci sono nel mondo piccole isole che conservano ancora la voglia essere di essere migliori, ma diciamoci la realtà: in questo calvario di morte è Gesù che soffre, con i suoi discepoli”.

Il Papa: il bene trionfa sempre sul male, la vita vince sempre la morte

Il Sabato Santo è “il giorno del silenzio”, ma “nelle tenebre del Sabato santo irromperanno la gioia e la luce con i riti della Veglia pasquale e in tarda serata il canto festoso dell’Alleluia. Sarà l’incontro nella fede con Cristo risorto e la gioia pasquale si prolungherà per tutti i cinquanta giorni che seguiranno”. Lo ha ricordato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla Biblioteca privata del Palazzo apostolico e dedicata al triduo pasquale. “Colui che era stato crocifisso è risorto!”, ha proseguito Francesco: “Tutte le domande e le incertezze, le esitazioni e le paure sono fugate da questa rivelazione. Il Risorto ci dà la certezza che il bene trionfa sempre sul male, che la vita vince sempre la morte e la nostra fine non è scendere sempre più in basso, di tristezza in tristezza, ma salire in alto. Il Risorto è la conferma che Gesù ha ragione in tutto: nel prometterci la vita oltre la morte e il perdono oltre i peccati”.

Francesco: “Chi serve il denaro è contro Dio”

“I discepoli dubitavano, non credevano. La prima a credere e a vedere è stata Maddalena, l’apostola della Resurrezione, che è andata a raccontare che Gesù l’aveva vista, l’aveva chiamata per nome, e poi tutti i discepoli l’hanno visto”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla Biblioteca privata del Palazzo apostolico, Francesco si è soffermato su un altro episodio particolare che ha a che fare con la Resurrezione. “Le guardie, i soldati che erano nel sepolcro per non lasciare che venissero i discepoli e prendessero il suo corpo lo hanno visto, lo hanno visto vivo risorto. I nemici lo hanno visto. E poi hanno fatto finta di non averlo visto. Perché? Perché sono stati pagati”. “Qui è il vero mistero”, ha commentato ancora a braccio, che ha a che fare con “quello che Gesù disse una volta”: “Ci sono due signori nel mondo, due: Dio e il denaro. Chi serve il denaro è contro Dio. Qui il denaro ha fatto cambiare la realtà. Avevano visto la meraviglia della Risurrezione, ma sono stati pagati per tacere. Pensiamo, tante volte, uomini e donne cristiani sono stati ‘pagati’ per non riconoscere nella pratica la Risurrezione di Cristo, e non fanno quello che Cristo ci ha chiesto di fare come cristiani”.

“Anche quest’anno vivremo le celebrazioni pasquali nel contesto della pandemia”

“Cari fratelli e sorelle, anche quest’anno vivremo le celebrazioni pasquali nel contesto della pandemia. In tante situazioni di sofferenza, specialmente quando a patirle sono persone, famiglie e popolazioni già provate da povertà, calamità o conflitti, la Croce di Cristo è come un faro che indica il porto alle navi ancora al largo nel mare in tempesta. La croce di Cristo è il segno della speranza che non delude; e ci dice che nemmeno una lacrima, nemmeno un gemito vanno perduti nel disegno di salvezza di Dio”. Con queste parole il Papa ha concluso la catechesi dedicata ai riti centrali della Settimana Santa, nella seconda Pasqua che ci apprestiamo a celebrare in tempi di Coronavirus, con le necessarie misure restrittive dovute all’emergenza sanitaria purtroppo ancora in corso. “Chiediamo al Signore che ci dia la grazia di servirlo, di riconoscere questo Signore, e di non lasciarci pagare per dimenticarlo”, l’appello finale.

Da domani i giorni centrali dell’anno liturgico: si apre il Triduo pasquale

“Da domani a domenica vivremo i giorni centrali dell’Anno liturgico, celebrando il mistero della Passione, della Morte e della Risurrezione del Signore”. Aveva spiegato il Papa riferendosi al Triduo pasquale, che comincia domani primo aprile, Giovedì santo.
“Questo mistero lo viviamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia”, ha spiegato a braccio a proposito del Giovedì Santo: “Quando noi andiamo a messa, non solo andiamo a pregare, andiamo a rinnovare, a fare di nuovo questo mistero pasquale. E’ importante non dimenticarlo: è come se andassimo al Calvario”. “La sera del Giovedì Santo, entrando nel Triduo pasquale, rivivremo nella Messa in Coena Domini, cioè una messa dove si commemora l’ultima cena, quanto avvenne durante quel momento”, ha ricordato Francesco: “È la sera in cui Cristo ha lasciato ai suoi discepoli il testamento del suo amore nell’Eucaristia, ma non come ricordo, ma come memoriale, come sua presenza perenne. Ogni volta che si celebra l’Eucaristia si rinnova questo mistero della redenzione. In questo sacramento, Gesù ha sostituito la vittima sacrificale con sé stesso: il suo Corpo e il suo Sangue ci donano la salvezza dalla schiavitù del peccato e della morte, la salvezza da ogni schiavitù. È la sera in cui Egli ci chiede di amarci facendoci servi gli uni degli altri, come ha fatto lui lavando i piedi dei discepoli”. “Un gesto che anticipa l’oblazione cruenta sulla croce, che è stata un’oblazione di servizio a tutti noi”, ha spiegato il Papa: “Quel servizio del suo sacrificio ci ha redenti tutti. E infatti il Maestro e Signore morirà il giorno dopo per rendere mondi non i piedi, ma i cuori e l’intera vita dei suoi discepoli”.

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il commento al vangelo della domenica

la pasqua movimento d’amore senza fine


La Pasqua movimento d'amore senza fine

il commento di Ermes Ronchi al vangelo della domenica di pasqua (4 aprile 2021):

(…) Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto».

Tre donne, di buon mattino, quasi clandestinamente, in quell’ora in cui si passa dal buio alla luce, vanno a prendersi cura del corpo di Gesù, come sanno, con il poco che hanno. Lo amano anche da morto, il loro maestro, e scoprono che il tempo dell’amore è più lungo del tempo della vita, mentre passano di sorpresa in sorpresa: «guardando videro che il grande masso era già stato spostato». Pasqua è la festa dei macigni rotolati via, delle pietre rovesciate dall’imboccatura del cuore, dall’ingresso dell’anima. Stupore, disorientamento, paura, eppure entrano, fragili e indomite, incontro a una sorpresa più grande: un messaggero giovane (il mondo intero è nuovo, fresco, giovane, in quel mattino) con un annuncio che sembra essere la bella notizia tanto attesa: «Gesù che avete visto crocifisso è risorto». Avrebbero dovuto gioire, invece ammutoliscono. Il giovane le incalza «Non è qui». Che bella questa parola: “non è qui”, lui c’è, vive, ma non qui. Lui è il vivente, un Dio da sorprendere nella vita. C’è, ma va cercato fuori dal territorio delle tombe, in giro per le strade, per le case, dovunque, eccetto che fra le cose morte: “lui è in ogni scelta per un più grande amore, è nella fame di pace, negli abbracci degli amanti, nel grido vittorioso del bambino che nasce, nell’ultimo respiro del morente” (G. Vannucci). E poi ancora una sorpresa: la fiducia immensa del Signore che affida proprio a loro così disorientate, il grande annuncio: «Andate e dite», con i due imperativi propri della missione. Da discepole senza parole, a missionarie dei discepoli senza coraggio. «Vi precede in Galilea». E appare un Dio migratore, che ama gli spazi aperti, che apre cammini, attraversa muri e spalanca porte: un seme di fuoco che si apre la strada nella storia. Vi precede: avanza alla testa della lunga carovana dell’umanità incamminata verso la vita; cammina davanti, ad aprire l’immensa migrazione verso la terra promessa. Davanti, a ricevere in faccia il vento, la morte, e poi il sole del primo mattino, senza arretrare di un passo mai. Il Vangelo di Pasqua ci racconta che nella vita è nascosto un segreto che Cristo è venuto a sussurrarci amorosamente all’orecchio. Il segreto è questo: c’è un movimento d’amore dentro la vita che non le permette mai di restare ferma, che la rimette in moto dopo ogni morte, che la rilancia dopo ogni scacco, che per ogni uomo che uccide cento ce ne sono che curano le ferite, e mille ciliegi che continuano ostinatamente a fiorire. Un movimento d’amore che non ha mai fine, che nessuna violenza umana potrà mai arrestare, un flusso vitale dentro al quale è presa ogni cosa che vive, e che rivela il nome ultimo di Dio: Risurrezione.

(Letture della domenica di Pasqua: Atti degli Apostoli 10,34a.37-43; Salmo 117; Lettera di Colossesi 3,1-4; Giovanni 20,1-9. Il Vangelo commentato in questa rubrica è quello della Veglia pasquale Marco 16, 1-8)

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