a fianco degli oppressi, nel cammino di liberazione

Dio ci precede

Uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»

Matteo 8,18-22

 

Quando ci poniamo a fianco degli oppressi, nel cammino di liberazione, Dio si mette in testa*. Ma non è propriamente una marcia trionfale. Sta lì per ripararci se possibile dai rischi e per prendersi per primo gli insulti quando va bene, gli sputi quando va male. Con la croce come vessillo ascolta i ragionamenti forbiti (pieni di citazioni) dei “dissuasori”. I soliti “benpensanti”, denominati in altra epoca anche scribi e farisei, che vorrebbero convincerci a non prestare servizio ai poveri (o semplicemente a stare con loro) per giustificare il sonno indifferente della loro coscienza. Il solo fatto della presenza, al di là della semplicità dei gesti, è come il suono della sveglia mattutina: fastidioso ma efficace. E c’è da comprenderli perché dopo occorre molto tempo e soprattutto lunghi discorsi di autocompiacimento per farla riaddormentare. Voler piantare la croce di Dio non sul marmo, tra i fiori e i dipinti, e soprattutto tra gli ori, ma nelle baracche, tra i cartoni, nella disperazione incolpevole ed anche in quella colpevole scandalizza. Tra i marmi, con un po’ di musichina e l’incenso lo spettacolo è sicuramente più gradevole rispetto alle piaghe, ma il Signore non ci chiede di scrivere copioni o di organizzare recite e passerelle. Le bellezze artistiche non si armonizzano con il Vangelo come le cerimonie sontuose e dalla raffinata coreografia.

Il Vangelo vive nella polvere, è sporco del sangue dei poveri, è bagnato dalle lacrime degli esclusi, è stonato per le grida dei violentati, è stropicciato perché pure se lo leggiamo non lo capiamo, è segnato più volte con la matita perché quelle frasi hanno significati infiniti. Quando lo apriamo ci ripugna a causa della nostra formazione borghese, elitaria e spudoratamente superficiale. E così deve essere! Altrimenti stiamo leggendo la sua interpretazione o meglio la sua deformazione.

Il Vangelo non è il manuale di morale del piccolo e triste borghese e neanche un romanzo. Il Vangelo è una “tragedia”: quella dell’uomo che non comprende il sogno di Dio e per questo si condanna all’infelicità, all’inutilità, al non-senso, alla violenza.

* “Io marcerò davanti a te; spianerò le asperità del terreno, spezzerò le porte di bronzo, romperò le spranghe di ferro. Ti consegnerò tesori nascosti e le ricchezze ben celate, perché tu sappia che io sono il Signore, Dio di Israele, che ti chiamo per nome”. (Isaia 45, 2-3)

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non è tuo figlio quindi puoi alzare benissimo le spalle …

se fosse tuo figlio …
“Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.

Vorresti che tutte insieme
a milioni
facessero da ponte
per farlo passare.

Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.

Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
uccideresti il pescatore
che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.

Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
odieresti il mondo, odieresti i porti
pieni di navi attraccate.
Odieresti chi le tiene ferme e lontane
Da chi, nel frattempo
sostituisce le urla
Con acqua di mare.

Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani,
sputeresti loro addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti
vorresti spaccar loro la faccia,
annegarli tutti nello stesso mare.

Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo
E soprattutto sicuro.
Non è tuo figlio.

È solo un figlio dell’umanità perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.

Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo”
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cos’ è vera ‘conversione’ per il vangelo

conversione

da ‘Altranarrazione’

«Don Milani è un uomo in lotta per il povero: non certo perché il povero diventi ricco, ma perché diventi un uomo libero,  uno che conquisti da sé la sua libertà.  Perciò egli vuole restituire ai poveri la parola»

D.M.Turoldo

 

La scelta dei poveri non rappresenta una delle tante sensibilità del cristiano ma è il segno concreto ed inequivocabile della conversione. Se non scegliamo i poveri significa semplicemente che Dio deve ancora fare irruzione nella nostra vita. Magari abbiamo sentito parlare di Lui ma senza farne esperienza(1). C’è scritto nel Vangelo e nel resto della Sacra Scrittura, ma noi non leggiamo né il Vangelo né il resto della Sacra Scrittura(2). Ci accontentiamo del foglietto della domenica e delle interpretazioni disincarnate, asettiche, di routine spendibili in tutte le epoche storiche ed in ogni luogo della terra. Per comprendere la nostra relazione con Dio ci affidiamo ai professionisti spirituali come ci si affida al commercialista per le pratiche fiscali a all’avvocato per le fondamentali questioni condominiali: tipo il colore degli zerbini. Certo li scegliamo accuratamente gli esperti cioè ci rivolgiamo a quelli in grado di raggiungere i nostri obiettivi: pagare meno tasse possibile, imporre qualcosa agli altri condòmini e continuare a servire Mammona da cattolici praticanti. È una delega in bianco: siamo disposti a pagare qualsiasi compenso od elemosina purché collaborino alla nostra scalata sociale. Evitiamo accuratamente quelli che ci parlano di coscienza sociale, di responsabilità, di condivisione dei beni materiali con gli ultimi sia innocenti sia colpevoli. Meglio quelli che giustificano l’accumulo e il consumismo purché sia fatto per la propria famigliola.

I profeti infatti infastidiscono, rompono l’inconfessabile idillio tra trono e altare. Utilizzano un linguaggio duro, scorretto(3) per chi opprime direttamente o collaborando ma non lo ammette. Occorre attendere che muoiano (naturalmente o meno), poi far passare un po’ di tempo per disinnescare la potenzialità sovversiva del loro messaggio e recuperarli, in una fase storica successiva, alla narrazione funzionale alle strutture e relative gerarchie. Ecco perché di solito i profeti subiscono una doppia violenza: in vita (fisica o psicologica) e nella memoria (strumentalizzando e standardizzando la testimonianza). Due esempi per tutti: Oscar Romero e Don Milani.

(1) “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” (Giobbe 42,5)

(2)“A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” (Vangelo di Luca 7, 31-32)

(3) Ci vuole una parola dura ,affilata, che spezzi e ferisca, cioè una parola concreta[…] La famiglia cristiana dell’operaio e del contadino ha bisogno di un prete povero, giusto, onesto, distaccato dal danaro e dalla potenza, dal Governo, capace di dir pane al pane senza prudenza, senza educazione, senza pietà, senza tatto, senza politica, così come sapevano fare i profeti o Giovanni il Battista.
(Don Lorenzo Milani, Lettere di Don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo-Milano 2007, p.103)

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