abolire il natale? una provocazione, con molte ragioni, di don Farinella

«S’I’ FOSSI PAPA… ABOLIREI LO NATALE»

di Paolo Farinella, prete

 

 In questi giorni ricevo auguri di ogni genere e forma. Tra gli altri quelli di una mia amica di Mantova, Luisa, che riporta un pensiero della cantante israeliana Noa sull’Italia. Noa invita a essere orgogliosi dell’Italia per la bellezza straordinaria e unica. Con puntuale meticolosità elenca le regioni d’Italia da lei visitate – tutte – per ragioni di lavoro e «per amore». Riprendo la mia risposta a Luisa allargando l’orizzonte a tutte le mie Amiche e Amici, ma non come augurio, aria fritta del solito Natale di circostanza, ma come riflessione da condividere.

Premetto che quest’anno nella mia chiesa, d’accordo con i frequentatori abituali, abbiamo fatto una «scelta pastorale»: non celebriamo la veglia di Natale né la Messa di Capodanno né quella dell’Epifania. In altre parole, di fatto, aboliamo il Natale. Non per motivi ideologici, ma per motivi pastorali e di fede. Spiego.

motivi pastorali

San Torpete in Genova, dal sec. XII è parrocchia riservata alla famiglia dei marchesi Cattaneo-Della Volta, la quale nel 1995 con atto notarile la cedette alla diocesi di Genova. Al termine del primo restauro, durato 10 anni, nel 2005, fui nominato «Amministratore parrocchiale». Mi trovo quindi in una parrocchia aperta al pubblico, ma senza territorio e, di fatto, senza parrocchiani perché i discendenti dei Cattaneo-Della Volta, circa una quarantina di persone, sono sparsi per il mondo.

La parrocchia è frequentata da persone che provengono da ogni quartiere di Genova, anche da fuori Genova. Non pochi per partecipare impiegano un’ora e anche un’ora e mezza per venire e altrettante per tornare. La liturgia che si svolge a San Torpete non è «la Messa della mutua» o dei saldi, ma è una scuola della Parola e dura da un’ora e mezza a due ore. Tenendo conto di «questa» realtà, abbiamo deciso di privilegiare «solo la domenica – Dies Domini», tralasciando tutto il resto, Veglia, Capodanno ed Epifania che capitando di sabato si addossano le une alle altre, con ingorgo per noi ingestibile.

motivi di fede

Celebrare il Natale come gli altri anni, come se nulla stesse accadendo, significherebbe compiere un atto d’inciviltà, di mistificazione e di complicità. Oggi Natale è il contrario di quello dovrebbe significare: esattamente l’opposto. Esso è strumento di un sistema economico assassino, che fomenta lo sperpero, alimenta la falsità dei falsi sentimenti d’occasione (a Natale bisogna essere buoni!!!!) e illude perché tutto lo scempio delle ingiustizie, delle immoralità e del buonismo a buon mercato si ritualizza nel contesto di una religiosità blasfema. Si inneggia al presepe col Bambino, Maria e Giuseppe, attorniati da pastori, oche e animali vari, facendo finta di non sapere che quel Bambino è un Profugo, che scappa dalla polizia di Erode, ricercato per essere fatto fuori, emigrante in Egitto in cerca di salvezza e di fortuna, nato fuori dall’abitato perché nessuno lo voleva. Solo i pastori, gli emarginati «impuri» del tempo lo assistono, mentre nel tempio di Gerusalemme splendono le luci e si elevano i canti al Dio dei cieli e compagnia cantando.

Nel 2017 Cristo non nasce in Italia, in Europa, negli Usa e non nasce nelle chiese: Egli nasce e resta nei campi profughi della Turchia che sperpera lautamente i tre miliardi della UE perché Gesù Bambino sia tenuto lontano dai Paesi europei, ubriachi di «civiltà cristiana». Egli è in Libia, dove i tanti Gesù Bambini senza pastori, Magi o pecorelle e nenie, sono stuprati, venduti, violentati e anche assassinati. Quest’anno Gesù nasce “dentro il Mediterraneo”, che assume la forma di una tomba. L’arte bizantina ha sempre raffigurato la culla di Gesù nascente a forma di sarcofago/tomba, forse immaginando che un giorno sarebbe successo «alla grande» a centinaia e centinaia di Gesù Bambini colpevoli di cercare la vita.

In Italia, in Europa, negli Usa, nel Mondo, rigurgiti pericolosi di fascismo stanno strozzando la fragile Democrazia e sono proprio i fascisti che difendono «la civiltà cristiana» e i valori cristiani, mentre affermano il loro razzismo e il loro odio per i neri, per i diversi, per gli impuri che non appartengono alla razza ariana. Oggi l’unico modo per distinguersi e per contestare questa blasfema condizione politica e religiosa, è togliere dalle loro mani il giocattolo della religione e dichiarare che quella che sventolano loro è solo una escrescenza dannosa e tumorale, vuota di senso e significato. Nulla da spartire. Fuori dal tempio del Dio che si fa carne accanto alle carni martoriate dei poveri e dei migranti che bussano alla porta e sono ricacciati, in nome del presepe e del crocifisso, nell’inferno della non-vita. Si celebra la nascita di un Bimbo e si uccidono i Bimbi suoi fratellini e sorelline. Erode non poteva trovare complici più ideali.

Non ci sto. «S’i fossi Papa», non abolirei solo il Natale, ma chiudere le chiese di tutto il mondo per almeno 10 anni, per purificarle dallo spirito capitalista e mercantile, dal consumismo che le svuota dell’anima, dall’uso strumentale politico e della politica, dalla contraddizione della stessa religione che può essere più mortale di un arma automatica. Chiuderei per fallimento, in attesa non di celebrare Dio che è da sempre, ma del desiderio di «rinascere» per essere creature nuove che costruiscono un mondo nuovo di giustizia, aperto a tutti, senza esclusione di sorta, nel segno di un Natale universale, dove il Diritto sia praticato per ciascuno, sempre e dovunque perché Natale è ogni giorno. Con affetto. Paolo Farinella prete

 

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il tristissimo natale di Damasco

nel presepe di Damasco il bambinello muore di fame

 

parla il cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico in Siria:

a Ghouta non arrivano latte e farina, ma continuano ad arrivare bombe e morte

Morte e fame a Ghouta

morte e fame a Ghouta

“Prego Gesù bambino perché scenda tra le case di Ghouta a carezzare uno ad uno i bambini che in questa vigilia di natale stanno morendo di fame”

Il cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico della martoriata Damasco, anche questo Natale è costretto a lanciare un appello, a ripetere l’appello perché le parti in campo facciano passare latte, farina e medicine per soccorrere chi muore. In questi anni di follia, di morte e distruzione, il nunzio lo ha fatto quando si moriva a Damasco ovest, lo ha fatto lo scorso anno quando a spegnersi erano i bambini di Aleppo. “E’ una follia che ci sia il latte, che ci siano i camion carichi di farina e di medicine e che non si possa entrare a Ghouta est per soccorrere chi muore. E tutto accade a non più di 15 chilometri da qui, dalla nunziatura…”. A Zenari diciamo di aver appena visto le immagini di un reportage della Reuters, realizzato qualche giorno addietro, in quella periferia di Damasco. Un pugno allo stomaco, bambini pelle e ossa che aspettano solo di morire. Le ha viste pure lui, quelle immagini. “Dal giorno del reportage – dice il nunzio di Damasco – le cose sono peggiorate. A Ghouta ci sono almeno 500 persone che dovrebbero immediatamente essere portate in ospedale nella speranza di strapparle alla morte. Dovrebbero essere immediatamente evacuate, e invece…”. Invece Damasco sta diventando maledettamente lontana dagli obiettivi dei media, dai racconti di parte della stampa internazionale. Praticamente scomparsa dall’informazione italiana. Damasco, la Siria ora solo muta scacchiera di spartizioni, con Putin che conosce il gioco meglio degli altri. Da una parte le politiche che accompagnano le macerie delle guerre, dall’altra i visini pelle e ossa dei bambini di Ghouta. Lo scandalo è questo.
“A Ghouta – dice Zenari – non arrivano latte e farina, ma continuano ad arrivare bombe e morte. L’anno scorso uccideva il freddo, questo Natale è la fame a mietere vittime. Alla periferia est di Damasco – continua la cronaca del nunzio apostolico – ci sono 400mila persone che non conoscono tregua o cessate il fuoco. L’Onu – aggiunge il nunzio – ha classificato 10 zone, in Siria, come “zone assediate”. Ebbene, da sola Ghouta raccoglie il 94 per cento della popolazione siriana assediata”.
“Nella speranza che la parola di Gesù incontri uomini di buona volontà – continua il nunzio – la verità tragica è che alle porte di Damasco, a pochi chilometri da qui, le mamme non sanno come allungare la vita ai figli, in attesa del latte…Ciascuno di noi – aggiunge – dovrebbe leggere il drammatico rapporto del Pam sulle condizioni nelle quali uomini, donne e bambini sopravvivono in quei quartieri. La situazione è catastrofica, anche quest’anno”.
“Il mio appello? – dice il nunzio – Che le parti in causa ascoltino Gesù e lascino passare gli aiuti, il latte per i più piccoli, la farina, le medicine, questo il mio appello”. Invito che Mario Zenari ripeterà la notte di Natale celebrando messa all’ospedale italiano di Damasco e nel giorno di Natale nella Chiesa latina.

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