Cardinali milionari: la mappa delle proprietà private del clero
Appartamenti, ville, vigneti, uliveti, boschi. I risultati di mesi di ricerche catastali sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati: una collezione di fortune private (regolarmente dichiarate al fisco), alla faccia dell’umiltà e alla modestia di Papa Francesco
di Paolo Biondani
Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli, insegnava Gesù di Nazareth nel Discorso della Montagna. Dopo duemila anni di predicazioni nel nome di Cristo, però, sulla terra continuano a passarsela meglio i ricchi. Non solo i laici, agnostici o miscredenti. Anche tra i cattolici più devoti c’è chi ostenta patrimoni invidiabili. E perfino tra gli alti prelati di Santa Romana Chiesa ora spunta una specie di club dei milionari: cardinali e vescovi che sono proprietari di grandi fortune private. Palazzi, appartamenti, monolocali, fabbricati rurali, capannoni, cantine, fattorie, agrumeti, uliveti, frutteti, boschi e pascoli sterminati.
Si tratta di ricchezze assolutamente lecite, spesso frutto di lasciti testamentari o eredità familiari, che non si possono in alcun modo accostare alle fortune illegali accumulate da quelle pecore nere che, ieri come oggi, non sono mai mancate neppure nelle greggi cattoliche. Dopo l’avvento di Papa Bergoglio, il pontefice che ha scelto di ispirarsi già dal nome a San Francesco d’Assisi e che non perde occasione per richiamarsi alla «Chiesa dei poveri», ammonire che «San Pietro non aveva il conto in banca», scagliarsi contro «il peccato della corruzione» e «certi preti untuosi, sontuosi e presuntuosi» che sfoggiano «macchine di lusso», però, anche in Vaticano c’è chi comincia a chiedersi quante ricchezze personali possiedano i prelati più potenti. Chi riuscirà a passare dall’evangelica cruna dell’ago?
A regalare le prime risposte documentate è il nuovolibro-inchiesta di Mario Guarino (“Vaticash”, ed. Koinè), il giornalista investigativo che più di vent’anni fa svelò molti segreti di Silvio Berlusconi quando era solo “il signor tv”. Dopo aver ripercorso i vecchi e nuovi intrighi ecclesiastici, dall’Ambrosiano allo Ior, dalle collusioni mafiose alle cricche edilizie e finanziarie, Guarino espone i risultati di mesi di ricerche catastali sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati, con dati aggiornati all’aprile 2014. Una collezione di fortune private regolarmente dichiarate al fisco, che non ha nulla a che fare, dunque, con le polemiche sulle leggi di favore per le istituzioni religiose o sull’esenzione dalle tasse riservata ai beni degli enti ecclesiastici. Nessuno scandalo giudiziario, insomma: solo un viaggio ragionato, tra citazioni dei vangeli e appelli all’umiltà e alla modestia di Papa Francesco, alla scoperta delle fortune immobiliari, schedate nei pubblici registri del catasto italiano, che fanno capo alle persone fisiche di cardinali e vescovi. Un’inchiesta giornalistica che sfata e riserva parecchie sorprese.
Monsignor Liberio Andreattaè da molti anni il responsabile dell’Opera romana pellegrinaggi (Orp), l’agenzia vaticana per il turismo religioso, che organizza i viaggi di milioni di pellegrini verso mete di culto come Assisi, Fatima o Medjugorje. Nato nel 1941 in provincia di Treviso, il religioso proviene da una famiglia molto in vista e oggi risulta titolare di un notevolissimo patrimonio personale: a suo nome, il catasto italiano rilascia ben 38 fogli di visure immobiliari. Monsignor Andreatta infatti possiede a titolo personale svariate centinaia di ettari di terreni, coltivati a uliveti, frutteti, boschi da taglio e castagneti, sparsi tra la Maremma e le campagne di Treviso. Nella provincia natia, precisamente a Crespano del Grappa, possiede anche un edificio di 1432 metri quadrati e, insieme ad alcuni parenti, ha altri tre immobili in usufrutto. Inoltre risulta proprietario di una serie di fabbricati rurali tra Fibbianello e Semproniano, sulle colline toscane attorno a Saturnia. Stando ai registri catastali, ha accresciuto il suo patrimonio anche in tempi recenti, acquistando tra il 2008 e il 2011 altre centinaia di ettari di uliveti in Maremma.
Grande possidente, specializzato però nell’edilizia residenziale, è anche l’attuale arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo, nato nel 1938 ad Acireale: nella sua cittadina d’origine risulta aver acquistato, dal 1995 al 2013, otto appartamenti e quattro monolocali in via Felice Paradiso, oltre ad alcune abitazioni per complessivi 22 vani e altri due monolocali in corso Italia. Le visure catastali, inoltre, attribuiscono all’arcivescovo la proprietà di altri nove appartamenti (più un monolocale) in otto diversi stabili in via Giuliani; tre abitazioni e due monolocali in via Kennedy; altri cinque appartamenti (il più grande di 15 vani) in via San Carlo; un altro edificio residenziale e tre monolocali in altre strade sempre di Acireale, dove è intestatario di un ulteriore appartamento in via Miracoli. Nella stesso comune siciliano, il cardinale possiede anche decine di ettari di terreni seminativi, oltre a un vastissimo agrumeto che però è in comproprietà con alcuni familiari.
Più diversificato il patrimonio personale del cardinale Camillo Ruini: l’ex presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), nato a Sassuolo nel 1931, è proprietario di tre appartamenti e tre monolocali a Modena, in via Fratelli Rosselli. A Reggio Emilia possiede un ulteriore appartamento, più un monolocale e un seminterrato. Insieme a una sorella, inoltre, è cointestatario di un’abitazione (con pertinenze immobiliari) nella natia Sassuolo. Il catasto infine attribuisce all’ex rappresentante dei vescovi italiani la proprietà di altri tre appartamenti e un monolocale a Verona.
Il cardinale Fiorenzo Angelini, nato a Roma nel 1916, storico sponsor di Giulio Andreotti ed ex responsabile della sanità vaticana, si accontenta invece della proprietà di due appartamenti su due piani a Roma, per complessivi 16,5 vani, in via Anneo Lucano, zona Monte Mario.
Molto meglio se la passano alcuni prelati che hanno assunto cariche importanti negli ultimi anni. L’arcivescovo ciellino Ettore Balestrero, nato a Genova nel 1966, che si schierò al fianco del cardinale Tarcisio Bertone nella contesa sullo Ior, è un poliglotta che ha girato il mondo e ora è nunzio apostolico in Colombia. Eppure conserva numerose proprietà in Italia, tra cui una residenza di dieci vani a Roma, in via Lucio Afranio, alle spalle dell’Hotel Hilton Cavalieri, altre quattro unità immobiliari a Genova tra le vie Tassorelli e Pirandello (la più grande è di 9,5 vani) e un appartamento in nuda proprietà a Stazzano, nell’Alessandrino, dove però possiede anche molti terreni agricoli e boschi da taglio.
Monsignor Carlo Maria Viganò, nato a Varese nel 1941, che sotto papa Ratzinger si era conquistato la fama di incorruttibile moralizzatore, proviene da una famiglia più che benestante: insieme a un familiare è comproprietario di circa mille ettari di terreni a Cassina de’ Pecchi, vicino a Milano. Nello stesso comune possiede inoltre quattro appartamenti e tre fabbricati.
Anche il vescovo Giorgio Corbellini, nato a Travo (Piacenza) nel 1947, attuale presidente dell’Autorità d’informazione finanziaria (Aif, cioè l’antiriciclaggio) dopo le dimissioni di Attilio Nicora, appartiene a una famiglia ricca. Con alcuni parenti è comproprietario, sulle colline di Bettola (Piacenza), di circa 500 ettari di boschi, due fabbricati e altre centinaia di ettari di pascoli e terreni seminativi. Inoltre possiede tre appartamenti e un fabbricato nel suo paese natale.
Il cardinale Domenico Calcagno, nato a Parodi Ligure (Alessandria) nel 1943, ha dovuto lasciare in gennaio la commissione di vigilanza sullo Ior, mentre mantiene dal 2011 la carica di presidente dell’Apsa, l’ente che amministra gli immobili dello Stato vaticano. Ma anche il suo patrimonio privato non è trascurabile: il catasto italiano gli attribuisce, tra l’altro, un appartamento di 6,5 vani in via della Stazione di San Pietro e altri quattro edifici residenziali nel suo paese natale. Inoltre, insieme a due parenti, è comproprietario di oltre 70 ettari di campi e vigneti in Piemonte.
I terreni agricoli sono un bene-rifugio molto apprezzato anche da altri prelati. L’arcivescovo Michele Castoro, presidente dal 2010 della fondazione che controlla tra l’altro il grande ospedale di San Giovanni Rotondo, possiede 43 ettari di terreni a Gravina di Puglia, oltre a vari fabbricati rurali e a due appartamenti (il più grande di 12,5 vani). Ad Altamura, dove è nato nel 1952, risulta inoltre comproprietario, con cinque familiari, di altri 63 ettari di vigneti. Mentre l’ex decano dei cerimonieri pontificali, monsignor Paolo Camaldo, possiede insieme a due parenti nella natia Basilicata, tra Lagonegro e Rivello, un totale di 281 ettari di campi e vigneti.
Il libro di Guarino riporta correttamente che decine di cardinali italiani anche con ruoli di prim’ordine, come Angelo Bagnasco, Pio Laghi, Giovan Battista Re o Angelo Sodano, non hanno alcuna proprietà immobiliare.
Nullatenente risulta, come molti altri, anche l’ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone, criticato però per la scelta di una lussuosa abitazione intestata al Vaticano: un attico di circa 700 metri quadrati a Palazzo San Carlo, ricavato dall’accorpamento di due residenze (la prima di un monsignore morto nel 2013, l’altra di una vedova convinta a sgomberare). Va ricordato che Papa Francesco vive in un semplice bilocale di 70 metri quadrati, così come monsignor Pietro Parolin, il nuovo segretario di Stato vaticano.
Gli archivi del catasto gettano nuova luce anche sulle ricchezze personali di alcuni dei personaggi più controversi della Chiesa siciliana. Monsignor Salvatore Cassisa, l’ex vescovo di Monreale più volte inquisito dai magistrati di Palermo ma sempre assolto in Cassazione, risulta tuttora contitolare, insieme a una parente, di due immobili per complessivi 18 vani a Palermo. Con altri familiari, inoltre, ha un appartamento in comproprietà e tre in usufrutto a Erice, che si aggiungono a 26 ettari di terreni e 14 unità immobiliari (per complessivi 54 vani) a Trapani.
Un vero mistero (errore della burocrazia o qualcosa di peggio?) riguarda don Agostino Coppola, l’ex parroco di Carini che fu arrestato e condannato come complice dei mafiosi corleonesi di Luciano Liggio nella sanguinosa stagione dei sequestri di persona. Gettata la tonaca e sposatosi, si era visto sequestrare tutti i beni scoperti dai giudici di Palermo e Milano, tra cui una villa da un miliardo di lire, prima di morire nel 1995. Eppure l’ex sacerdote, che celebrò le nozze in latitanza di Totò Riina, compare tuttora come proprietario di 83 ettari di uliveti e 14 di agrumeti a Carini. A nome del defunto e dei suoi familiari è registrato pure il possesso perpetuo (con l’antico sistema dell’enfiteusi) di altri 49 ettari di campagne e due fabbricati a Partinico. Terreni concessi al prete mafioso, stando ai dati del catasto siciliano, da due proprietari istituzionali: il Demanio statale e l’Amministrazione del fondo per il culto.
no, non in ambito cattolico (per il quale ci vorranno secoli, ancora – il card. Martini aveva parlato di una chiesa in ritardo di tre secoli sulla storia … – ), ma in ambito protestante anglicano è stato dato, con ampia maggioranza, il via libera alla consacrazione di donne all’episcopato
i nostri ambienti cattolici hanno valutato negativamente questa decisione e gridato all’ennesimo ‘strappo’ della chiesa anglicana sia rispetto alla propria storia sia rispetto alla tradizione, ma forse trapela una concezione un po’ rigida teologicamente e astorica di ‘tradizione’
di seguito, con l’aiuto del sito ‘finesettimana’, una piccola rassegna stampa coi link ad alcuni articoli usciti sulla stampa italiana ed estera in questi giorni:
“La Chiesa d’Inghilterra ha detto sì alle donne vescovo con un voto del Sinodo che si è riunito ieri pomeriggio a York… L’ennesimo “strappo” della Chiesa d’Inghilterra rispetto alla propria storia pluri-secolare e soprattutto alla tradizione apostolica che renderà più difficile il cammino ecumenico, in particolare con la Chiesa cattolica e le Chiese orientali”
“Tra applausi e grida di giubilo, la Chiesa d’Inghilterra ha votato a favore della nomina di donne vescovo, interrompendo una tradizione di duemila anni e ponendo fine ad un dibattito lacerante… L’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby: «il voto segna l’inizio di una grande avventura… Ma sono anche consapevole di quanti troveranno l’esito del voto difficile e penoso»”
“«Per tenerlo in vita [il dialogo tra Roma e la Comunione anglicana], l’ecumenismo spirituale e l’amicizia quotidiana tra cristiani di diverse confessioni dovranno crescere e superare le divisioni teologiche… È un evento grave che rischia di riflettersi in maniera estremamente negativa sul secolare percorso verso l’unità di tutti i cristiani»”
“La Chiesa d’Inghilterra promuove le donne. Già dal 1994 possono essere ordinate sacerdoti. Da ieri potranno diventare vescovi. Dopo due anni di intense discussioni, crisi di coscienza e lacerazioni, il Sinodo della Chiesa anglicana di Canterbury e York ha votato e deciso a maggioranza in tutte e tre le componenti: preti, vescovi e laici… La gerarchia anglicana ha scelto di misurarsi con la modernità in modo profondamente diverso rispetto al Vaticano”
“In Inghilterra è dal 1549… che i preti possono sposarsi e sono vent’anni che le donne, maritate o meno, possono diventare “vicario” ovvero sacerdote e dire messa. Da ieri la Chiesa Anglicana ha fatto un altro passo avanti verso eguaglianza tra i sessi e modernità, approvando l’episcopato femminile… Il rischio per gli anglicani è che adesso la parte più conservatrice del clero e dei fedeli fugga verso un cristianesimo più tradizionalista, come viene percepito ad esempio quello cattolico”
“Il voto della Chiesa d’Inghilterra a favore dell’ordinazione a vescovo delle donne non cambia nulla nelle sue relazioni ufficiali con la Chiesa cattolica. E tuttavia cambia molto… la realtà delle donne nel clero risale al 1970 (le prime ordinazioni ebbero luogo in Asia, in Nord America e in Nuova Zelanda)… Ma per la maggior parte degli anglicani, la Chiesa d’Inghilterra ha davvero una posizione “sentimentale” di “Chiesa madre”…”
“da vent’anni, le donne hanno accesso al presbiterato nella Chiesa d’Inghilterra. I sostenitori del pieno accesso delle donne alle funzioni episcopali… si trovano all’interno della gerarchia anglicana… vescovi degli Stati Uniti, del Canada, dell’Australia e del Regno Unito… Nel campo opposto figurano il movimento evangelicale e i preti conservatori, essenzialmente africani.” (ndr.: quando si parla della comunione anglicana e quando della Chiesa d’Inghilterra?)
“Alla fine hanno detto sì… In due anni, gli argomenti teologici non sono cambiati. “I progressisti, sostenitori della riforma, insistono sul fatto che, se Cristo si è incarnato, è innanzitutto che si è fatto umano, e non che si è fatto uomo nel senso maschile del termine”… Tra gli oppositori, si notano due tendenze: gli evangelicali e una parte degli anglo-cattolici… Ma il testo adottato ieri intende superare la controversia teologica, mettendo in atto una serie di misure di salvaguardia”
“Per molte donne nella Chiesa d’Inghilterra, Vivienne Faull, 59 anni, è un esempio… diaconessa a 27 anni, è tra le prime donne ordinate prete nel 1994… nel 2000 prevosto della cattedrale di Leicester… prima donna decano nel 2002… Anche Rosie Harper e una delle donne in vista nella Chiesa anglicana: Come essere credibili… in un paese in cui le donne sono oppresse, se succede la stessa cosa anche nella propria istituzione?, protesta. Chi vuole una Chiesa che discrimina?”
“Non è la prima volta nella Comunione anglicana. Donne vescovo esistono già nelle Chiese anglicane del Canada, degli Stati Uniti, dell’Africa del Sud, della Nuova Zelanda e dell’Australia… La decisione dell’Inghilterra certo non aiuterà, ma fondamentalmente non cambia la situazione. Coloro che volevano lasciare la Chiesa anglicana per unirsi alla Chiesa cattolica lo hanno già fatto”
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