la nostra vita proviene da Marte

femminuccia

Si sta svolgendo a Firenze a conferenza mondiale di geochimica “Goldschmidt 2013″ e qui, alla presenza di 4mila scienziati, il professor Steven Benner del “The Westheimer Insitute for Science and Technology” (Usa) ha presentato il frutto del lavoro del suo gruppo di ricerca. Analizzando la presenza del molibdeno ossidato ritenuto presente su marte, la conclusione di Benner è stata che “La vita sulla Terra è arrivata da Marte, quindi noi siamo marziani”. Il professore ha spiegato: “Questo elemento quando viene ossidato è in grado di influenzare la nascita delle prime forme di vita”. Attualmente, la scienza non è ancora riuscita a spiegare il balzo compiuto dai materiali inorganici verso l’organico e le forme biologiche, ovvero la nascita della vita sulla Terra. Secondo Benner, quando la vita sul nostro pianeta è apparsa, con le prime tracce di poco superiori a tre miliardi di anni fa, l’ambiente era povero di ossigeno e quindi non poteva favorire il processo legato alla presenza del molibdeno favorendone l’ossidazione. Condizione che era invece presente sul pianeta rosso. I ricercatori hanno spiegato che ci sono alcuni elementi che dimostrano la propensione dei materiali organici a diventare sostanze catramose. In particolare, il boro e il molibdeno. Perciò si ritiene siano determinanti nell’innescare evoluzioni biologiche. Il boro era stato rinvenuto in una meteorite marziana e Benner, che non convidivide la presenza dell’acqua come ambiente ideale alla vita, aggiunge: “E riteniamo che ci sia anche il molibdeno”. Del resto l’acqua, sostiene lo studioso, è corrosiva dell’RNA, ossia delle prime molecole genetiche apparse sulla Terra. Senza considerare che comunque l’acqua presente su Marte era in quantità minore rispetto il nostro pianeta. Per di più, il boro è stato trovato in luoghi secchi e desertici come la Valle della Morte. Lo studio di Benner, e la conclusione che ne ha tratto, apre quindi un’altra via per le indagini del mistero su come sia nata sulla Terra e, se esiste come sembra probabile, altrove.

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Leonardo Boff: il profeta e la profezia nella chiesa

gattini con garofano

una bella riflessione di L. Boff  sulla figura del profeta biblico e sulla dimensione profetica ineliminabile nella chiesa

Il profeta, in senso biblico, non è in primo luogo quello che prevede il futuro. È colui che analizza il presente, identifica tendenze, generalmente devianti, ammonisce e perfino minaccia. Annuncia il giudizio di Dio sul corso presente della storia e fa promesse di liberazione dalle calamità.

A partire dalla captazione delle tendenze, fa previsioni per il futuro. In fondo, afferma: se continuerà questo tipo di comportamento da parte dei dirigenti del popolo, fatalmente succederanno delle disgrazie. Queste sono conseguenza delle violazioni delle leggi sacre. E a questo punto proiettano scenari drammatici in funzione pedagogica: condurre tutti alla ragione e all’osservanza di ciò che è giusto e retto davanti a Dio e alla natura.

Leggendo alcuni profeti dell’Antico Testamento e anche premonizioni di Gesù sulla situazione dei tempi futuri, quasi spontaneamente ci ricordiamo dei nostri dirigenti e del loro comportamento irresponsabile davanti agli scenari che si stanno preparando per la Terra, per la biosfera e per l’eventuale destino della nostra civiltà.

Giorni fa, in alcuni luoghi del Nord del mondo si è spezzata la barriera ritenuta come la linea rossa che dovrebbe essere rispettata a qualsiasi costo; non permettere che la presenza del biossido di carbonio nell’atmosfera arrivi a 400 parti per milione. E purtroppo c’è arrivata. Arrivato a questo livello, difficilmente il clima riscaldato tornerà indietro. Si stabilizzerà e potrà diventare un paziente cronico. La Terra resterà calda per all’incirca di +2 °C o più ancora. Molti organismi vivi non riescono ad adattarsi, non possiedono strumenti per minimizzare gli effetti negativi e finiscono scomparendo. La desertificazione si accelererà; i raccolti saranno persi; migliaia di persone dovranno abbandonare il loro paese a causa del calore insopportabile per poter sopravvivere e garantire la loro alimentazione.

È in un contesto del genere che leggo passi del profeta Isaia. Vissuto nel secolo ottavo a.C., in uno dei periodi più turbolenti della storia. Israele si trovava spesso schiacciata tra due potenze, Egitto e Assiria che si disputavano l’egemonia su quella regione. Era invaso a turno da una di queste due potenze. L’una e l’altra lasciavano sempre una una scia di devastazione e di morte.

In questo contesto drammatico, Isaia scrive un intero capitolo, il 24º, tutta una linea di devastazione ecologica. Le descrizioni assomigliano a quel che potrebbe succedere da noi se le nazioni del mondo non si metteranno d’accordo per creare un’organizzazione che blocchi il riscaldamento globale. Specialmente quello improvviso già pronosticato da notevoli scienziati e che potrà avvenire prima della fine di questo secolo. Se questo effettivamente avverrà, la specie umana correrà il grande rischio di decimazione e di distruzione di gran parte della biosfera.

Dobbiamo prendere sul serio i profeti. Essi decifrano tendenze in una prospettiva che va al di là dello spazio e del tempo. Per questo anche la nostra generazione potrà essere inclusa nelle loro minacce. Trascrivo qualche breve registrazione del capitolo 24 come ammonizioni e materiale di meditazione.

“La stessa cosa succederà al creditore al debitore; la terra sarà totalmente devastata. Essa è stata profanata dai suoi abitanti perché hanno trasgredito le leggi, hanno calpestato i precetti. Hanno rotto l’alleanza eterna. Per questa ragione, la maledizione ha divorato la terra e sono colpevoli tutti quelli che in essa abitano. La Terra si rompe, trema violentemente e fortemente è scossa. La Terra barcolla come un ubriaco, è agitata come una capanna… La luna sarà confusa e i il sole avrà vergogna”.

Gesù, ultimo e maggiore di tutti i profeti avverte: “Una nazione si solleverà contro un’altra e un regno contro un altro. Ci saranno fame peste e terremoti in diversi luoghi” (Matteo 24,7). “Sulla terra l’angustia s’impadronirà delle nazioni perturbate dal fragore del mare e delle onde. Le persone sverranno a causa della paura e dell’ansia per quello che avverrà su tutta la Terra, perché le forze del cielo saranno scosse. (Lc 22,25-27).

Non avvengono scene simili negli tsunami del sud-est dell’Asia, a Fukushima, in Giappone, con grandi tornados e tifoni come Kathrina o Sandy ne gli Stati Uniti e in altri luoghi del pianeta? Le persone non sono prese da paura assistendo alla devastazione, a vedere il suolo coperto di cadaveri? Queste catastrofi non succedono per caso ma avvengono perché abbiamo rotto l’alleanza sacra tra la Terra e i suoi cicli. Sono segnali e analogie che ci richiamano alla responsabilità.

Curiosamente nonostante che tutti gli scenari di decimazione la parola profetica sempre termina con la speranza. Dice il profeta Isaia: “Dio toglierà il velo di tristezza che copre tutte le nazioni. Lui stesso asciugherà le lacrime da tutte le facce… In quel giorno si dirà: questo è il nostro Dio, noi speriamo in lui e lui ci salverà” (25,7.9). E Gesù fa le rifiniture promettendo:”Quando cominceranno a succedere queste cose, fatevi coraggio e alzate la testa perché si avvicina la liberazione” (Lc 21,28).

Dopo queste parole profetiche, ogni commento sarebbe fuori luogo, eccetto il silenzio dolente e pensoso.

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don Farinella scrive a Epifani

Don-Farinella

“Sig. Segretario del fu Pd – Roma.

Chi mi conosce sa quanto mi sono impegnato per aiutare la Sinistra a governare questo sventurato Paese che come la monaca di Monza risponde sempre ai corrotti, corruttori, ladri e assassini di Costituzione e Legalità. Mi sono impegnato a fare eleggere Marco Doria a Genova, ho stimato il Prof. Prodi, ecc. ecc.

Da quando però il Pd si è votato, perinde ac cadaver, a salvare Berlusconi con scuse ignobili, ammantate di senso delle Istituzioni, ho abbandonato il Pd a se stesso e alla sua inevitabile autodistruzione. La decadenza è ormai ad un livello di non ritorno. Attorno a me, i sentimenti dei militanti sono uguali a quelli del Prof. Farina che restituisce la tessera. Ho ancora le ricevute delle primarie con Prodi, che conservo come reliquia e segno di insipienza di un partito che non sa più vedere oltre l’interesse di parte, sacrificando il bene sommo della nazione che è la Giustizia, la Legalità, il Diritto e lo Stato di Diritto.

Ancora una volta, il Pd corre a fare la crocerossina di Berlusconi che ringrazia e colpisce con la menzogna, la protervia e la delinquenza tipica dei corrotti endemici fin dalla nascita.

Il Pd e il presidente del consiglio che trascorre tre ore a discutere con il servo di B. per trovare una via istituzionale per salvare B., è un insulto alle migliaia di carcerati che vivono nei lager italiani e uno sputo in faccia agli onesti che pagano da sempre le tasse anche per chi ruba come la maggior parte dei politicanti con a capo B, capo e protettore degli evasori e dei ladri di Stato.

Continuate su questa strada che è la via larga per scomparire dalla scena politica e dal calendario degli Italiani.

Io vi disprezzo dal profondo del cuore perché mai avrei pensato che il partito di Berlinguer e di Moro, di Iotti e De Gasperi, sarebbe arrivato a questo degrado istituzionale e che per salvare un delinquente nato, il più corrotto tra i corrotti, l’avvelenatore dei pozzi della democrazia e della decenza, avrebbe impegnato tutto se stesso a salvarlo dalla galera dove merita di andare e dopo averlo rinchiuso, buttare via la chiave nel profondo oceano sconfinato.

Se voi andrete dietro a Violante, il folgorato sulla via di Arcore e della demenza senile, voi non avete più il diritto di rappresentarci per cui io e molti, molti, moltissimi altri vi espelliamo dal nostro orizzonte e dalla nostra vita.

Voi, servi aggiunti del depravato di Arcore, meritate solo di stare con lui e i suoi lanzichenecchi, predatori del Diritto e della Morale.

Togliete il mio nome dai vostri elenchi perché non voglio più ricevere alcuna comunicazione da voi sia come organizzazione partitica, succursale di Mediaset, sia come singoli. Voi non mi appartenete e rimpiango le forze, le energie, il tempo e la passione che vi ho regalato “gratis” per migliorare l’Italia e deberlusconizzarla. Invece, “a mia insaputa” ho collaborato con voi, cavallini di Troia, a raffozzarlo e a istituzionalizzarlo. Rinnegando voi, recupero la mia dignità e la mia onorabilità.

Con amarezza, ma non rassegnato

Paolo Farinella, prete”

(30 agosto 2013)

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i quattro senatori a vita

 

 

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ll presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha nominato senatori a vita il maestro Claudio Abbado, la ricercatrice Elena Cattaneo, l’architetto Renzo Piano e il fisico Carlo Rubbia.

“Sono convinto che dai 4 senatori a vita cosi’ prescelti verra’ un contributo peculiare, in campi altamente significativi, alla vita delle nostre istituzioni democratiche, e – in assoluta indipendenza da ogni condizionamento politico di parte – all’attivita’ del Senato e dell’intero Parlamento”.

ELENA CATTANEO – Nata nel 1962, Elena Cattaneo si laurea in farmacia all’Universita’ di Milano dove successivamente consegue il dottorato e dal 2003 insegna come professore ordinario. Ha operato come ricercatrice per tre anni al MIT di Boston nel laboratorio del Prof. Ron McKay, dove ha avviato studi su cellule staminali cerebrali. Rientrata in Italia, ha fondato e dirige il Laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative del Dipartimento di bioscienze dell’Universita’ di Milano, dedicandosi allo studio della Corea di Huntington. E’ stata Rappresentante Nazionale presso l’Unione Europea per la ricerca Genomica e Biotecnologica. Ha coordinato il progetto europeo NeuroStemcell e, da ottobre 2013, coordinera’ il progetto NeuroStemcellrepair nell’ambito del 7 Programma Quadro della Ricerca Europa.

CLAUDIO ABBADO Nato nel 1933, Claudio Abbado si e’ diplomato al Conservatorio di Milano. Ha acquisito meriti artistici nel campo musicale attraverso l’interpretazione della letteratura musicale sinfonica e operistica alla guida di tutte le piu’ grandi orchestre del mondo. A tali meriti si e’ congiunto l’impegno per la divulgazione e la conoscenza della musica in special modo a favore delle categorie sociali tradizionalmente piu’ emarginate. Ha avuto la responsabilita’ della direzione stabile e musicale delle piu’ prestigiose Istituzioni musicali del mondo come il Teatro alla Scala e i Berliner Philharmoniker; ha ideato istituzioni per lo studio e la conoscenza della nuova musica. Si e’ in pari tempo caratterizzato per l’opera volta a valorizzare giovani talenti anche attraverso la creazione di nuove orchestre, come la European Union Youth Orchestra, la Chamber Orchestra of Europe, la Mahler Chamber Orchestra, la Orchestra Mozart.

RENZO PIANO Nato nel 1937, Renzo Piano si laurea al Politecnico di Milano nel 1964. Vincitore, tra l’altro del Premio Pritzker (Washington), Praemium Imperiale, (Tokyo), Erasmus (Amsterdam), Leone d’Oro, (Venezia). Dal 1994 e’ Godwill Ambassador dell’Unesco per la Citta’. Ha costruito spazi pubblici per le comunita’, musei, universita’, sale per concerto, ospedali. Tra i suoi piu’ importanti progetti il Centro Culturale Georges Pompidou a Parigi, l’aeroporto Kansai in Giappone, l’auditorium Parco della Musica a Roma, il museo dell’Art Institute a Chicago, il nuovo Campus della Columbia University a New York. Nel 2004 istituisce la Fondazione Renzo Piano, con sede a Genova, organizzazione no-profit dedicata al supporto dei giovani architetti, che accoglie a “bottega”.

CARLO RUBBIA – Carlo Rubbia e’ nato nel 1934. Si e’ laureato presso la Scuola Normale di Pisa e ha svolto il suo dottorato alla Columbia University. Ricercatore al CERN di Ginevra dal 1961, ne e’ stato Direttore Generale dal 1989 al 1993. Per diciotto anni ha svolto l’attivita’ di Professore di Fisica presso la Harvard University. Nel 1984 ottiene il Premio Nobel insieme a Simon van der Meer per la scoperta dei particelle W e Z, responsabili delle interazioni deboli. Membro delle piu’ prestigiose accademie scientifiche, detiene 32 lauree honoris causa. Attualmente svolge le sue attivita’ di ricerca fondamentale al CERN e ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso.

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facebook: colonialismo digitale?

 

facebook

considerazioni molto critiche, troppo, non senza qualche ragione, però, nei confronti dei social network, in particolare nei confronti di fecebook

Facebook è un diritto dell’uomo?

Tutti connessi ovunque: ci sono 5 miliardi di persone da raggiungere, convincere, profilare, sfruttare. È iniziata l’era del colonialismo digitale.

  Colonialismo: espansione di una nazione su territori e popoli all’esterno dei suoi confini, spesso per facilitare il dominio economico sulle risorse, il lavoro e il commercio di questi ultimi.

 In alcuni paesi Facebook è Internet! In Indonesia, ad esempio, i giovani comprano delle carte prepagate per potersi collegare ad Internet tramite cellulare, utilizzando per lo più Facebook. Lì è una questione culturale, ma anche di tecnologia, dato l’elevato numero di cellulari presenti nel paese. Anche in altri paesi l’uso di Facebook è pervasivo. Ad esempio in Italia la crescita appare inarrestabile. Si stimano circa 24 milioni di utenti attivi (l’86% degli internauti) con 17 milioni di accessi al giorno. Il dato più significativo è l’accesso dal mobile: 15 milioni al giorno. Del resto Mr. Facebook, al secolo Mark Zuckerberg, non ha mai fatto mistero di voler portare il suo social network ad ogni essere umano vivente sul pianeta. Trattandosi di un’azienda che guadagna grazie ai dati dei suoi utenti è facile comprendere che non può avere altro obiettivo che incrementare gli utenti e i dati da spillare loro. Facebook Home Poiché al giorno d’oggi l’accesso a Internet avviene sempre più tramite cellulari e smartphone, la mossa di introdurre una nuova App che mettesse Facebook in primo piano appariva del tutto appropriata: “Facebook Home mette gli amici in primo piano sul tuo telefono. Sostituisci la schermata iniziale standard con una sequenza continua dei post e delle foto dei tuoi amici. Accedi alle applicazioni con un semplice passaggio”. Di fatto Facebook Home sostituisce la pagina principale (Home) dello smartphone sovrapponendo le informazioni provenienti da Facebook. Un modo per reinventare l’accesso alla rete, per far sì che le persone entrino immediatamente in Facebook e non avvertano più la necessità di uscirne. La filosofia di Facebook la si comprende bene nel momento in cui si clicca su un link che porta fuori dal social di Menlo Park, oppure si prova a cancellarsi. L’utente viene “avvertito”: vuoi davvero uscire da Facebook? Facebook vuole accreditare l’idea che il suo ambiente, a differenza del resto del web, è sicuro, confortevole, familiare, utile. È lì che trovi le notizie, che parli con i tuoi amici, che mantieni i contatti con chi abita lontano, che incontri le persone, che esprimi la tua opinione, è lì che partecipi e condividi. Insomma hai Facebook, che altro puoi volere? Facebook Home è un’applicazione strettamente integrata nell’ambiente Android, praticamente si avvia e non si spegne più. Anzi è Facebook Home il pulsante di avvio per le altre applicazioni dello smartphone, che quindi ne diventa quasi il sistema operativo. Ciò consente a Facebook di ottenere informazioni su tutto ciò che l’utente fa, sul cellulare o con il cellulare. Anche le informazioni sulla posizione vengono recuperate costantemente (tramite gps o, se questo è spento, tramite i sistemi di posizionamento della rete cellulare). Se uno smartphone sta fermo dalle 23 alle 7 in un determinato luogo, quella è casa vostra. Da qui il passo è breve: i negozi nei dintorni, i luoghi di interesse… è facile correlare tutti i dati, e in questo modo Facebook sa tutto di te. Facebook Home è la migliore applicazione mai creata per realizzare un profilo personalizzato di ogni utente a fini di marketing diretto. Eppure la rivoluzionaria ed innovativa applicazione, lanciata nell’aprile 2013, è stata un fallimento. Anche se scaricata qualche milione di volte, in confronto alle altre app e soprattutto al numero di utenti di Facebook nel mondo, la disfatta è stata clamorosa, affondando anche le vendite dello smartphone HTC che la indossava di default. Probabilmente non è per motivi di privacy, del resto ben pochi realmente si preoccupano di queste cose, forse l’app semplicemente non è piaciuta, per i vari bug di cui era afflitta, perché riduce drasticamente le possibilità di personalizzazione dello smartphone (caratteristica principale di Android rispetto ad iOS), ma forse anche per come si presenta, pervasiva e soffocante. È la migliore app se vuoi usare il tuo telefono per fare “like”, ma se devi farne qualcos’altro? E poi, quelle meravigliose schermate con evocative immagini che si vedono nelle pubblicità, a meno che tutti i nostri amici non siano fotografi professionisti nella realtà si trasformano in un’orribile accozzaglia di banali fotografie. Forse i tempi non sono maturi, non ancora. L’espansione costante del social in blu è ormai un dato di fatto, ma se l’obiettivo è di portare ogni essere umano sulla Terra ad avere un account su Facebook e di creare un sistema chiuso intorno agli utenti in modo che sentano sempre meno la necessità di “uscire” in Internet, allora si scontra con delle difficoltà oggettive. Non è solo un problema di marketing, non basta convincere gli utenti. Occorre qualcos’altro. Internet.org Ad agosto del 2013 Mark Zuckerberg presenta Internet.org, un consorzio di aziende che mira ad eliminare il digital divide ed estendere a 5 nuovi miliardi di persone l’accesso ad Internet. Gli obiettivi sono semplici: rendere più conveniente l’accesso a Internet; utilizzare i dati in modo più efficiente; trovare nuovi modelli di business che favoriscano l’accesso. In breve: più accesso mobile per tutti e a prezzi più bassi, più soldi per chi gestisce i dati. Contrariamente a quanto possa sembrare per chi lo vive, Internet è ancora un fenomeno di nicchia. Circa 5 miliardi di persone sulla Terra non hanno mai mandato una mail né hanno mai visto un video su YouTube. Non stupisce, quindi, che i colossi del web abbiano iniziato a cercare soluzioni per espandere l’accesso alla rete. Google con Fiber o il Project Loon (Internet for everyone) che porta l’accesso alla rete tramite palloni aerostatici dotati di wifi. Twitter tramite accordi con 250 compagnie telefoniche in oltre 100 paesi con l’intenzione di offrire accesso gratuito ai suoi servizi con cellulari low cost. Nokia attraverso le sperimentazioni in Messico dell’accesso free a Facebook sui propri cellulari, per poi passare all’India e all’Africa. Garantire l’accesso alla rete vuol dire conquistare nuovi mercati e ampliare i soggetti dell’advertising online. Ci sono 5 miliardi di persone da raggiungere, da convincere, da profilare, da sfruttare. Internet è un diritto dell’uomo? In quest’ottica il progetto di Zuckerberg si pone quasi come filantropico. Nel documento “Is connectivity a human right?”, spiega: L’ingiusta realtà economica è che le persone che oggi sono su Facebook hanno molto più denaro del resto del mondo messo assieme, perciò raggiungere gli altri miliardi di potenziali utenti potrebbe non risultare profittevole per noi. Tuttavia, crediamo che chiunque meriti di essere connesso. Per circa 10 anni Facebook ha reso il mondo più aperto e connesso, continua il documento, questo per noi vuol dire tutto il mondo, non solo i più ricchi e i paesi più sviluppati. Adesso noi connettiamo circa 1,5 miliardi di persone, occorre pensare agli altri 5 miliardi. Appare quindi ovvio che non basta solo una nuova app ma occorre riprogettare le infrastrutture di accesso alla rete, ed è per questo che il “filantropico” progetto arruola aziende del calibro di Samsung e Nokia, Ericsson, Qualcomm, MediaTek e Opera Software. Samsung e Nokia sono storicamente i dominatori del mercato della telefonia, e i maggiori detentori di brevetti in questo settore. Sono loro che gestiscono gli standard. Ericsson domina il settore delle infrastrutture globali per la telefonia mobile, come le torri e il relativo software, ed è quindi essenziale per riprogettare un ecosistema wireless. Qualcomm costruisce i trasmettitori wireless e i processori per gli smartphone. Infine, MediaTek costruisce chip per i dispositivi wireless. Del consorzio fa parte anche Opera Software, produttore di software (il browser Opera) ottimizzato per gli smartphone. “Tutti connessi ovunque” è lo slogan della campagna di lancio del progetto di connessione dell’intero pianeta. “Nessuno dovrebbe essere messo in condizioni di scegliere tra accesso a Internet o cibo e medicine”, è l’ambizioso programma del progetto. L’estensione dell’accesso alla rete a miliardi di nuovi utenti comporterà indubbi benefici, considerato che da numerosi studi internet risulta un volano per le economie (attualmente pesa il 20% del PIL dei paesi più ricchi). Ma la storia del filantropo Zuckerberg secondo il quale “Internet è un diritto dell’uomo” non ci deve far dimenticare che Facebook, come tante aziende del web, vive dei dati degli utenti. “Se volessimo solo pensare ai soldi, sarebbe sufficiente il miliardo di persone che è già connesso a Facebook. Ha più disponibilità economica di tutti gli altri 5 miliardi di persone che non accedono al web nel mondo”, ha tenuto a ribadire Zuckerberg a scanso di equivoci. Ma la verità è che al momento Facebook non ha altri mercati nei quali espandersi, e le rigide regole di Wall Street impongono una crescita continua, da qui la necessità di trovare nuovi mercati, se è il caso di crearli da zero. Si tratta di un’esigenza puramente economica. Con Internet.org le grandi aziende si occuperanno di costruire le infrastrutture di internet, ed è ingenuo credere che lo faranno per il bene dell’umanità. Nel frattempo i governi nazionali sembrano sempre più aver abdicato al ruolo di “regolatori” della rete. È iniziata l’era del colonialismo digitale.

Ricorda di citare la fonte: http://www.valigiablu.it/facebook-e-un-diritto-delluomo/
Licenza cc-by-nc-nd valigiablu.it

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il pericolo di mettere da parte la costituzione

 

 

 

 

altro gatto fiorito

il maggior danno che potremmo fare al nostro paese è mettere da parte la costituzione e fare come se tutto sia possibile per ‘sanare’ alcuni problemi immediati

in proposito un bell’articolo di Gianluigi Pellegrini su ‘La Repubblica’ odierna:

Se la Costituzione viene dimenticata

 

Il maggior danno che si sta facendo al Paese è quello di dare per plausibile ciò che pacificamente non lo è. Plausibile che un Parlamento violi smaccatamente un norma anticorruzione che ha appena approvato. Plausibile chiedere al capo dello Stato di abbuonare la pena ad un conclamato evasore fiscale, plurinquisito e pluricodannato in vari gradi di giudizio. E questo perché è «un leader politico al quale assicurare agibilità», costituzionalizzando cosi il principio che fare politica garantirebbe uno statuto legale privilegiato, una minore soggezione alla legge. E dimenticando che il presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale (art. 87 della Costituzione) e non può certo mettere i suoi poteri a servizio della pretesa di una parte politica che abbia pure il dieci, il venti o il trenta per cento dei voti.
I pareri affannosamente depositati ieri dalla difesa di Berlusconi in realtà già nel loro affastellarsi e nello sforzo comprensibilmente titanico dei redattori, finiscono con il dar conto di come davvero non vi sia nessuno spazio per il Senato, di non dichiarare la dovuta decadenza dal seggio di Silvio Berlusconi. Decadenza che peraltro è destinata a conseguire anche in via automatica non appena si sarà perfezionata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, rinviata dalla Cassazione con qualche generosità per l’imputato (che nessuno però sottolinea). E se è comprensibile che dalla parte del Cavaliere tutti si impegnino nel disperato tentativo, gli altri dovrebbero fare più attenzione prima di essere costretti a smentire e rettificare, a non cadere in trappole di strumentalizzazione buone sole a sbandare ulteriormente il grande pubblico dei non addetti ai
lavori. Perché non ha nessun senso dire che in astratto la giunta delle elezioni potrebbe rimettere la questione alla Consulta, se allo stesso tempo non si dice dove sarebbe questa pretesa incostituzionalità della legge che per semplicità chiamiamo Severino ma che in realtà l’intero Parlamento a larghissima maggioranza e lo stesso Pdl hanno confezionato e approvato pochi mesi addietro e ora si pretende di non applicare ad personam.
Sul punto i pareri prodotti da Berlusconi cercano di allegare una violazione dell’articolo 66 della Carta che attribuisce alla Camera di appartenenza l’accertamento della sussistenza della causa di decadenza. Ma basta leggere il precedente articolo 65 per trovarvi la disposizione che è «la legge» che «determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di deputato e senatore ». Sicché la norma del 2012 altro non ha fatto che applicare la Costituzione che è l’opposto di violarla. E ha poi puntualmente rimesso alla giunta di accertare che in effetti la causa di decadenza si sia verificata come avviene per tutte le altre cause di incompatibilità. Dove sia quindi l’incostituzionalità risulta davvero misterioso.
Il secondo affannato argomento è quello della cosiddetta retroattività. Ma di retroattivo non c’è un bel niente atteso che la decadenza opererà in avanti, non certo indietro, e l’ordinamento, sol che venga rispettato, è ricco di norme che a tutela dell’interesse pubblico prevedono preclusioni per i soggetti condannati. Un esempio per tutti la disciplina in tema di pubblici appalti che nessuno
si è mai sognato di applicare a corrente alternata in base a quando furono compiuti i delitti. Ciò che in realtà viene evocato dai pidiellini è la pretesa applicazione del favor rei, senza però citarlo per non ricordare che di un reo accertato si sta parlando e perché è noto che quel principio riguarda le pene, non certo le misure di salvaguardia istituzionale: nel caso a tutela del Parlamento e dell’interesse pubblico alla sua composizione.
Così crollata anche la seconda questione un giudice che sollevasse una inesistente eccezione di costituzionalità al solo fine di prendere tempo meriterebbe per questo un procedimento disciplinare. Lo facesse il Parlamento calpestando clamorosamente le sue stesse leggi, se ne imporrebbe lo scioglimento come per l’ultimo Consiglio comunale.
Il punto allora non è come finirà una vicenda dall’esito costituzionalmente dovuto; ma quanto sia ancora tollerabile questo dare tutto per plausibile, l’abbandono di ogni fermezza morale, il ritenere tutto negoziabile. Con la dialettica democratica strozzata dalle larghe intese, e con le istituzioni di garanzia assediate e costrette ad affermare elementari ma fondanti valori di una democrazia costituzionale, come «la legge uguale per tutti». È questa deriva di etica civica il colpo di coda di un ventennio che l’ha prosciugata e svilita; e che se non interrompiamo con un sussulto inequivoco, rischiamo di pagare tanto, anche molto più di un benvenuto risparmio di una rata di Imu.

La Repubblica 29.08.13

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