si allarga il fronte antiguerra per la pace

 

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Siria.

Si risveglia il fronte antiguerra

Dall’Egitto di Sissi all’Iran, passando per la Russia e l’America Latina, si moltiplicano le prese di posizione contro la guerra

L’Egitto contrario a ogni tipo di intervento in Siria
Il ministro egiziano degli affari esteri, Nabil Fahmy, certamente seguendo le istruzioni dategli dal generale Al Sissi, ha alzato i toni giovedì 29 agosto affermando che il suo paese si oppone con forza a ogni tipo di intervento militare contro la Siria, La differenza di toni rispetto all’epoca di Mubarak è radicale. E soprattutto rispetto all’era di Morsi che aveva dichiarato, due settimane prima di essere deposto, la “jihad contro la Siria”.

“L’Egitto non prenderà parte ad alcun attacco militare contro la Siria e vi si oppone con forza, conformemente alla sua posizione di principio contraria a ogni intervento militare straniero in questo paese”, ha sottolineato Fahmy in un comunicato.

Ha invitato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a fare “tutto il possibile per verificare i fatti (circa la presunta utilizzazione di armi chimiche) e ad assumere le misure adeguate nei confronti questo orrendo crimine”.

Il 20 luglio Fahmy aveva promesso di “riesaminare” le relazioni diplomatiche con la Siria, rotte in giugno dal deposto presidente Morsi.

Il nasseriano Sabbahi: “Un’aggressione contro l’Egitto comincia da un attacco contro la Siria”
Da parte sua, il capo del Movimento Popolare egiziano, Hamdeen Sabbahi, si è detto contrario a qualsiasi aggressione contro la Siria. “La storia prova che tutte le aggressioni contro l’Egitto cominciano con un attacco alla Siria” ha scritto martedì su Twitter. Sabbahi ha definito “barbara ogni aggressione contro il popolo siriano”, aggiungendo: “L’aggressione occidentale contro la Siria distrugge, non libera”.

Secondo Sabbahi, “è necessario che vi sia una presa di posizione del governo e popolare araba unita in difesa della nostra sicurezza regionale”.

Tamarrod chiede la chiusura del canale di Suez
Anche il movimento Tamarrod, protagonista delle lotte che hanno portato alla caduta del regime dei Fratelli Mussulmani, ha invitato l’Egitto a prendere una posizione ferma nei confronti di un eventuale attacco statunitense contro la Siria.
Il portavoce di Tamarrod, Hassan Chahine, ha chiesto la chiusura del Canale di Suez per impedire il passaggio delle cacciatorpediniere e delle navi da guerra destinate a colpire la Siria.

“Sostenere l’esercito siriano arabo è un dovere nazionale”, ha sottolineato. E ha aggiunto: “E’ giunto il momento che i popoli arabi si ribellino dopo che sono stati ormai smascherati i piani dell’ESL (Esercito Siriano Libero, una delle milizie dei “ribelli” siriani, finanziata e addestrata dall’Occidente, ndt) e dei suoi alleati terroristi, diretti a destabilizzare la patria araba tutta intera.

Tamarrod ha inoltre annunciato di volere al più presto lanciare una campagna che inviti i popoli arabi a boicottare le merci USA e di tutti gli altri paesi che parteciperanno all’attacco contro la Siria.

Diplomazia russa. Niente guerra contro la Siria, né oggi né domani
Secondo un diplomatico russo, citato dal quotidiano libanese al Akhbar, “non vi sarà guerra, né oggi né domani”, in quanto “l’amministrazione Obama ha deciso di perseguire tutte le istanze della legittimità internazionale prima di prendere la decisione unilaterale di agire contro la Siria”.

Il diplomatico russo, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha spiegato che “la prossima tappa sarà la riunione del Consiglio di Sicurezza. Una riunione che promette di essere burrascosa tra i cinque membri permanenti del Consiglio, e il cui esito già si conosce: tre voti contro due. Washington, Londra e Parigi contro noi e Pechino”. “Questa tappa da sola promette di durare una settimana. L’amministrazione Obama cerca infatti di guadagnare tempo, vuole che il Congresso gli accordi una autorizzazione a intraprendere un’azione militare unilaterale. Perché? Forse per dei calcoli politici interni. Vale a dire uno scambio di compromesso tra l’amministrazione Obama e i suoi oppositori. Per dire il vero, non vi è una politica estera statunitense. Tutto quanto accade nel mondo, per gli Stati Uniti costituisce un affare interno”.

E ha aggiunto: “Secondo le nostre informazioni, il Congresso USA non conta di risolvere la questione in questa o nella prossima settimana. Vi saranno quindi diversi giorni di attesa. E questa attesa non sarà improduttiva. Noi abbiamo, da Mosca, avviato una interlocuzione con gli Statunitensi. Il nostro ministro degli affari esteri Lavrov è in comunicazione permanente col suo omologo USA Kerry, sia telefonicamente che attraverso messaggi. E ciò con l’intento di evitare qualsiasi malinteso o mancanza di comunicazione. Lo stesso con gli Europei, ma a un ritmo meno intenso. Di qui l’abbassamento dei toni nelle dichiarazioni politiche di questo fine settimana. Ciò non significa peraltro che un attacco militare contro la Siria non sia più presente nell’agenda degli Stati uniti. Ma assistiamo, nel corso delle ultime ore, ad un abbassamento dei toni. E noi scommettiamo sulla prosecuzione di questa tendenza e contiamo di impegnarci in essa seriamente”.

Il diplomatico russo ha precisato che “l’annullamento della riunione di Le Haye, previsto in un primo momento per mercoledì 28 agosto, non ci ha per niente toccati. Questa riunione era riservata agli esperti che lavorano all’organizzazione di Ginevra 2. Il suo annullamento è la naturale risposta di Washington alle nostre posizioni relative alla armi chimiche e alla nostra determinazione a respingere le loro accuse che noi abbiamo invece rivolto ai loro alleati di Ghuta-Damasco. Occorre sapere che questo tipo di messaggi diplomatici è del tutto naturale nelle nostre relazioni”.

E ha sottolineato: “Noi non abbiamo alcuna fretta di organizzare la seconda Conferenza di Ginevra. Sono loro ad avere fretta. Da tempo tentano con ogni mezzo di fare avanzare le cose e guadagnare tempo. Noi pensiamo che un’altra data sarà prossimamente fissata. In effetti sono stati i media occidentali che si sono impuntati su un imminente raid USA il cui obiettivo sarebbe di accelerare Ginevra 2. In ogni caso noi, a Mosca, siamo persuasi che la seconda fase del dialogo siriano sarà possibile già questo autunno, addirittura tra ottobre e novembre”.

Interrogato sulla posizione russa nel caso di un attacco degli Stati Uniti contro la Siria, il diplomatico russo ha risposto: “Le parole di Lavrov circa il rifiuto della Russia a partecipare ad una guerra contro chicchessia sono dichiarazioni puramente diplomatiche. Si è trattato di una risposta diretta a una domanda posta nel corso di una conferenza stampa. In realtà le cose sono diverse. Vi sono circa 17.000 cittadini russi attualmente in Siria. Sono tecnici che lavorano in tutte le istituzioni statali siriane. Noi diciamo a tutto il mondo e ai nostri concittadini che Mosca è impegnata a garantire la loro protezione e la loro sicurezza fisica. Punto e basta!

Non vi saranno grandi operazione di evacuazione nelle prossime ore. L’ultima evacuazione in ordine di tempo ha riguardato un centinaio di famiglie che hanno preferito lasciare Damasco. Queste famiglie sono state rimpatriate da Beirut. I 17.000 Russi che sono rimasti a Damasco sono dei tecnici e noi contiamo di difenderli con tutti i mezzi possibili”.

Questa risposta da parte del diplomatico russo pone un’altra questione di natura militare, vale a dire quale sia l’equilibrio delle forze militari nel Mediterraneo, al largo della Siria.

E la risposta è: “La mobilitazione statunitense non è il risultato dell’attacco chimico di Ghuta. Secondo informazioni sicure e certe in nostro possesso, essa è cominciata un mese fa. Al contrario la nostra presenza militare nel Mediterraneo è da tutti conosciuta e si è rafforzata da circa due anni. Da quando voi avete scritto, il 29 novembre 2011, che la battaglia di Siria è diventata la battaglia di Russia”.

E le conclusioni: “In effetti tutte le opzioni sono possibili. Quanto accade oggi è comparabile alla crisi dei missili di Cuba. Il presidente Obama ammira John F. Kennedy, e Putin sembra l’erede del russo Kruscev. E dunque tutto è possibile. Ciò che è importante sapere è che noi pensiamo che in questa settimana non succederà niente…”

L’America Latina contro un intervento militare in Siria
La maggioranza dei paesi dell’America Latina si è pronunciata mercoledì contro un intervento militare in Siria, nel momento in cui gli Stati Uniti e alcuni dei loro alleati europei progettavano un attacco contro la Siria.

“Una aggressione contro la Siria avrebbe conseguenze estremamente gravi per il Medio oriente, una regione già teatro di disordini”, ha dichiarato in un comunicato il ministro cubano degli affari esteri.

“Costituirebbe una violazione flagrante dei principi fissati nella Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale e accrescerebbe i pericoli per la pace e la sicurezza internazionale”, ha commentato il ministro cubano.

Il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha espresso “il ripudio di ogni ingerenza, a maggior ragione nella vicenda siriana”.

Il suo omologo boliviano, Evo Morales, ha anch’egli condannato le minacce di attacco. “Noi respingiamo, noi condanniamo” ogni intervento militare straniero in Siria, ha dichiarato dal Palazzo presidenziale di La Paz.

Morales ha menzionato le informazioni di stampa secondo le quali delle armi chimiche sarebbero state usate nei pressi di Damasco, non dal governo ma dai “ribelli”, allo scopo di provocare un intervento internazionale.

“Noi non accettiamo l’uso di agenti chimici che, secondo queste informazioni, sono usate da gruppi che destabilizzano la democrazia e il governo” siriano, ha dichiarato il presidente boliviano.

Il Brasile non sosterrà un intervento militare in Siria senza l’avallo del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha dichiaro mercoledì ilnuovo ministro degli affari esteri, Luiz Alberto Figueiredo. A suo avviso, si tratterebbe di una violazione del diritto internazionale e della Carta dell’ONU.

Maduro ha evocato un collegamento tra i complotti per assassinarlo e l’intervento in Siria
Anche il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha condannato le minacce occidentali di attacco contro la Siria, nel corso di una visita a Tachira, nell’ovest del paese.

E ha affermato che le autorità venezuelane hanno sventato un complotto per assassinarlo in concomitanza degli attacchi occidentali contro la Siria.

Maduro ha ricordato l’arresto in Venezuela, annunciato lunedì dalle autorità, di due Colombiani che sarebbero coinvolti in questo progetto di assassinio. “Il piano era di eliminarmi durante l’attacco contro la Siria”, ha affermato.

“Il progetto degli Occidentali era di farli coincidere (temporalmente), proprio come avevano progettato nel 2002, quando un tentativo di colpo di Stato contro Chavez aveva preceduto l’aggressione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti”, hanno riferito i media venezuelani.

Il segretario generale dell’OEA “contrario” a un intervento in Siria
In questo ambito, il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), il cileno José Miguel Insulza, si è dichiarato mercoledì “profondamente contrario” ad un eventuale intervento militare in Siria.
“Sono profondamente contrario agli interventi militari. Non vi sono molti esempi al mondo di interventi di questi tipo che abbiano avuto effetti positivi”, ha dichiarato Insulza alla stampa.

Attacco alla Siria. Triplo messaggio iraniano agli Occidentali

I messaggi iraniani agli Occidentali non conoscono tregua. Quasi tutte le istanze politiche e militari della Repubblica islamica d’Iran sono impegnate a fondo per solidarizzare con la Siria, minacciata da un attacco occidentale.

Riassumendo, il nocciolo dei loro messaggi è che l’intervento occidentale non resterebbe senza risposta, e lascia intendere la possibilità di un intervento iraniano per aiutare il governo siriano.

Teheran privilegia una tripla equazione
Avverte tra l’altro che Israele non sarebbe risparmiata dalla risposta ad un eventuale attacco. Nella notte tra martedì e mercoledì, la Commissione per la Sicurezza Nazionale del Parlamento iraniano ha assicurato che “ogni missile USA che si abbatterà sulla Siria avrà per risposta un missile siriano su Tel Aviv”.

Stesso tono da parte del Capo di Stato Maggiore delle forze armate iraniane, il generale Hassan Firuzabadi che ha assicurato che le fiamme dell’eventuale aggressione militare contro la Siria bruceranno l’entità sionista. E da parte del comandante dei Guardiani della Rivoluzione, il generale Mohammad Ali Jaafari, secondo il quale “gli Israeliani devono sapere che lo scoppio di una guerra nella regione per iniziativa degli USA provocherà la prossima distruzione di Israele”.

Un secondo Vietnam
La seconda equazione divulgata dagli Iraniani è che la guerra contro la Siria sarà un secondo Vietnam per gli Statunitensi. “Gli Statunitensi, e nonostante la sceneggiata delle sconfitte che hanno accumulato in Iraq e in Afghanistan, perseverano ostinatamente su questa strada e potranno gustare ancor più l’amarezza delle loro prossime sconfitte, perché la Siria sarà il cimitero dei conquistatori, la sua guerra è più pericolosa di quella del Vietnam, essa sarà un nuovo Vietnam”, ha proseguito Jaafari.

Una dichiarazione simile e assai sulfurea è stata rilasciata dal Comandante dell’Unità AlQuds dei Guardiani della Rivoluzione, il generale Kassem Souleimani. “Il paese del Levante è il luogo della nostra ascensione al cielo, e sarà il cimitero degli Statunitensi”, ha detto a porte chiuse, prima che la dichiarazione fosse divulgata dai media iraniani. E ha assicurato che “ogni soldato USA che sbarcherà dal suo aereo o dalla sua nave dovrà portare la sua bara con sé”.

L’Iran interverrà

Queste prese di posizione sono venute a completare quelle della Guida Suprema, l’Imam Ali Khamenei, il quale ha assicurato che un attacco contro la Siria provocherà un incendio in tutta la regione, lasciando intendere che il suo paese non resterà inerte di fronte a ciò che accade in Siria. E che ha nelle mani tutti i piani e le opzioni da adottare in caso di attacco.
Si tratta di affermazioni di grande importanza, soprattutto quando è noto fino a qual punto Washington abbia interesse a tenere lontana Teheran.

Oltre all’influente politico Jeffrey Feltmann, Washington ha inviato nella capitale iraniana anche uno dei suoi alleati nella regione, il monarca dell’emirato dell’Oman, Sultane Kabouss. Secondo fonti iraniane che hanno seguito da vicino la visita di tre giorni svoltasi la settimana scorsa, quest’ultimo ha chiesto agli Iraniani di levare mano in Siria, in cambio di un riconoscimento USA dei diritti nucleari iraniani e di una sospensione delle sanzioni imposte contro la Repubblica Islamica d’Iran.

Contemporaneamente, Feltmann si è sforzato di far credere agli Iraniani che l’attacco occidentale (del quale ha rivelato la data per domenica prossima) sarebbe limitato, ponendo l’accento sul fatto che esso non ha come obiettivo l’eliminazione del regime, ma solo di indebolirlo per giungere a Ginevra 2 in modo da garantirne il successo.

Questi discorsi arabi e statunitensi non sembrano avere convinto gli Iraniani. Senza indugio, Teheran ha risposto a Feltmann che la Siria è una linea rossa, non può essere barattata con nessun altro dossier. Secondo Al Akhbar, gli ha anche spiegato che, anche se l’attacco sarà limitato, niente impedisce che la risposta non lo sia.

Giustamente Teheran evoca l’incendio di tutta la regione. E’ soprattutto il parere del comandante dei Guardiani della rivoluzione, secondo cui la guerra non si limiterà alla Siria, ma colpirà tutti gli istigatori della guerra e i loro protettori

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il nuovo segretario di stato del Vaticano

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Il prossimo 15 ottobre avverrà il passaggio di consegne: Pietro Parolin, attuale nunzio in Venezuela, prenderà il posto di Tarcisio Bertone assurgendo a segretario di Stato. In seguito alla nomina arrivata da Papa Francesco, Parolin ha espresso la sua “profonda e affettuosa gratitudine” al Pontefice per aver riposto in lui una “immeritata fiducia”, manifestandogli “rinnovata volontà e totale disponibilità a collaborare con Lui”. Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio di auguri al nuovo segretario di Stato, un italiano, facendo riferimento ai suoi precedenti incarichi: “Nei lunghi anni trascorsi alla Segreteria di Stato, unanimemente apprezzata è stata la Sua costante attenzione per le relazioni fra lo Stato italiano e la Santa Sede ed il Suo impegno affinchè il rapporto di esemplare concordia e armoniosa convivenza esistente fra le due sponde del Tevere potesse ancor più consolidarsi, nel rispetto dell’indipendenza e della sovranitá di cui ciascuna delle due parti è, nel proprio ordine titolare. Sono certo che grazie alla Sua presenza al vertice della Segreteria di Stato, le nostre relazioni continueranno ad arricchirsi di nuovi contenuti e la nostra collaborazione a difesa della pace e della giustizia nei diversi scenari internazionali potrá ulteriormente consolidarsi”. Il Papa ha inoltre confermato negli incarichi il sostituto alla segreteria di stato mons. Angelo Becciu, il segretario per i rapporti con gli stati, mons.Dominique Mamberti, il prefetto della casa pontificia, mons. Georg Gaenswein, l’assessore per gli Affari generali mons. Peter Wells e il sottosegretario per i rapporti con gli stati, Antoine Camilleri.

Ma chi è il nuovo segretario di Stato? L’arcivescovo veneto monsignor Pietro Parolin è uno stimato diplomatico di lungo corso. Originario di Schiavon, dove è nato il 17 gennaio 1955, ordinato prete nella diocesi di Vicenza il 27 aprile del 1980, Parolin si è poi dedicato agli studi alla pontificia università Gregoriana (dove si è laureato in diritto canonico) e il primo luglio del 1986 è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede. Dal 1986 al 1989 ha prestato la sua opera in Nigeria e in Messico dal 1989 al 1992 per poi rientrare a Roma nella seconda sezione della Segreteria di stato, quella che appunto si occupa dei rapporti con gli stati. Era il 30 novembre 2002 quando è stato nominato sotto-segretario della sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato da Papa Giovanni Paolo. Parolin si è occupato in particolare delle relazioni tra la Santa Sede e i Paesi orientali curando soprattutto i dossier riguardanti la Cina e il Vietnam. Il suo impegno ha riguardato anche su un altro fronte, quello dei negoziati tra Israele e Santa sede che, dopo aver allacciato relazioni diplomatiche nel 1992, sono ancora impegnati nella definizione delle questioni giuridiche e fiscali.Benedetto XVI l’ha promosso, il 17 agosto 2009, arcivescovo (sede titolare di Acquapendente) e gli viene affidata la delicata e prestigiosa nunziatura di Caracas nel Venezuela di Hugo Chavez, dove la sua azione diplomatica ha favorito la riconciliazione tra stato e chiesa dopo un lungo periodo di tensioni. Il 12 settembre 2009 Parolin ha ricevuto l’ordinazione episcopale direttamente dalle mani di papa Ratzinger nella basilica di San Pietro. Il nuovo segretario di Stato, legato da vecchia conoscenza a Papa Francesco, conosce l’inglese, il francese e lo spagnolo ed è una personalità molto apprezzata in curia a cui vengono riconosciute capacità e sensibilità anche dal punto di vista umano e pastorale. E’ il più giovane segretario di stato dai tempi di Eugenio Pacelli che lo divenne nel 1930 a un mese dal compiere 54 anni.

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i primi posti e gli ultimi posti

 

 

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un bel commento di don Luciano Cantini al vangelo di domani domenica 22° del tempo ordinario: la ricerca dei primi posti ,,,

 

Sceglievano i primi posti
Siamo assillati dalla fatica di arrivare, di conquistare un posto nella società e dei suoi simboli… probabilmente non è questione di oggi se Gesù a un banchetto ha notato certi cercatori di posti di prestigio. Allora, come oggi, la competizione aveva i suoi fautori e le sue vittime. È anche vero che il progresso di persone e di popoli trova nella competizione un motore efficace. È altrettanto vero che la competizione ha finito per ossessionarci, sia sul piano personale, sociale che internazionale. Così il nostro giudizio su persone e popoli è condizionato da questo criterio ed apprezziamo chi ha avuto la capacità di mettersi in mostra indipendentemente dai valori vissuti; anzi certe furberie o stratagemmi non del tutto onesti vengono valutati con ammirazione se hanno raggiunto lo scopo. In altre parole chi prevale ha ragione. Il cercare o scegliere i primi posti ha in sé una perversità più o meno palese.

L’ideologia del prevalere purtroppo miete le sue vittime, sono gli scartati della società: i disoccupati, gli inoccupati, i precari, gli esodati, gli emigrati, i disadattati… l’elenco è terribilmente lungo. Se guardiamo con attenzione è la nostra società occidentale – quella che si identifica con la cultura cristiana – che ha prodotto tanta emarginazione. La nostra è una società, nel suo complesso, che cerca il primo posto, fatta di tanti che arrancando alla ricerca di un posto più elevato hanno creato lobby e centri di poteri, piccoli o grandi, leciti o illeciti.

Va’ a metterti all’ultimo posto
Gesù ci offre una ricetta alquanto semplice da comprendere e tanto difficile da praticare se non rompendo gli schemi sociali che ci costruiscono.
Il primo ingrediente è mettersi agli ultimi posti, alla periferia della umanità. È un punto di vista privilegiato, come quello dei cagnolini ai piedi del tavolo (Mt 15,27), o di Gesù al di sotto del Sicomoro (Lc 19,5), o ai piedi dei discepoli (Gv 13,5), ed ancora di più quello della croce (Fil 2,8). Scegliere l’ultimo posto fa parte della dinamica della incarnazione, il mistero stesso di Cristo che non si è limitato a regalarci parabole e parole. Tutta la sua esperienza terrena è stata scegliere l’ultimo posto, ed ha lottato per farlo anche quando volevano farlo re (Gv 6,15) o travisavano la sua realtà di messia (Mc 8,33). Scegliere l’ultimo posto è entrare nella dinamica di incarnazione del Signore: la vera imitazione di Cristo sta proprio nell’accettare questo mistero di annichilimento e andare controcorrente nella società di oggi, sia civile che ecclesiale.

Invita poveri, storpi, zoppi, ciechi
Secondo ingrediente della ricetta che Gesù ci offre è invitare i poveri alla nostra tavola.
Questo ingrediente è un po’ sibillino; a prima vista invitare a tavola gli ultimi sembra quasi mettersi in condizione di ridare dignità alle persone che l’hanno persa. Una azione umanitaria se non filantropica. Gesù stesso ci invita a dare da mangiare a chi ha fame e vestire chi è nudo (Mt 25,35), c’è un servizio di carità da offrire ai poveri, un impegno di solidarietà e di comunione. Su questo la Chiesa è stata maestra al mondo intero. In questo impegno di carità c’è però un sottile sentimento di reciprocità, un contraccambio tra il dono e la gratitudine, tra ciò che è stato fatto e la soddisfazione di averlo fatto. C’è nascosto sottilmente la realtà di rimanere al primo posto per offrire, aiutare, donare, elargire…
La ricetta che il Signore ci dice nella parabola ha una prospettiva diversa: sedersi a tavola insieme nella totale gratuità. Mettersi allo stesso livello perché i poveri, coloro che in qualche modo sono gli emarginati (non sempre privi di cose) hanno qualcosa da dirci, ci offrono un punto di vista del mondo (e del vangelo) totalmente nuovo. Gesù è andato a casa di Zaccheo (Lc 19,7), si è fermato a mangiare con Matteo (Mt 9,10).
Scegliere gli ultimi, proprio perché esclusi, significa imparare a non escludere, a non lasciarsi abbagliare dalle apparenze o dai titoli onorifici, per stare al passo di tutti. Questo non significa che non dobbiamo impegnarci ad alleviare, consolare e se possibile risolvere i problemi della povertà e della esclusione, ma prendere coscienza che nella Storia della Salvezza e nel Vangelo i poveri (gli Hawim) sono i depositari della verità e del rapporto autentico con Dio; più che una dimensione sociale sono una categoria teologica, sono una Verità proprio perché priva di orpelli e sovrastrutture. Coloro che vivono alla periferia, se non ai margini di una società autoreferenziale possono insegnarci tolleranza, solidarietà, giustizia sociale, corresponsabilità. Possono aiutarci a comprendere la sobrietà, l’essenzialità, la capacità di accontentarsi, forse anche la forza di affrontare i sacrifici necessari, con un nuovo gusto di vivere.
Con gli ultimi è possibile recuperare il senso autentico della realtà per ripartire con entusiasmo e ritrovare la gioia (il banchetto) della vita.

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il vangelo della domenica: il commento di p. Maggi

girasolo
CHIUNQUE SI ESALTA SARA’ UMILIATO, E CHI SI UMILIA SARA’ ESALTATO

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi : Lc 14,1.7-14
 del 1° settembre, domenica 22° del tempo ordinario:

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Non è consigliabile invitare a pranzo Gesù, almeno per i farisei. Ogni volta che hanno provato a farlo, Gesù gli ha mandato a rotoli il pranzo. Qui è il capitolo 14 che è iniziato con l’invito di uno dei capi dei farisei a Gesù per pranzare con lui e con gli altri, c’è stato l’incidente dell’ammalato dell’idropico, quando Gesù aveva chiesto se era lecito o no curare di sabato, ed essi non hanno risposto.
E Gesù continua attaccando la loro ambizione e “diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti”. Non è la prima volta che Gesù rimprovera i farisei di scegliere i
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primi posti. Queste persone tanto pie, tanto devote, sono divorate dall’ambizione, dal desiderio di primeggiare, e, citando un esempio molto conosciuto che troviamo anche nel libro dei Proverbi, è praticamente quasi preso alla lettera dal libro dei Proverbi, al capitolo 25 si legge, “Non darti arie davanti al re e non metterti al posto dei grandi, perché è meglio sentirsi dire ‘Sali quassù’’, piuttosto che essere umiliato davanti a uno più importante”.
Quindi Gesù, citando questo esempio già conosciuto, praticamente quasi con le stesse parole, consiglia: “«Quando sei invitato va a metterti all’ultimo posto»”, ma attenzione, non per umiltà, non per modestia, ma per amore, per far sì che l’altro possa avvantaggiarsi. I primi posti nelle mense erano quelli dove si era serviti prima e meglio, allora scegliere l’ultimo posto non è per un senso malsano di umiltà o di chissà altro, ma è per amore, per favorire l’altro.
“«Perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: ‘Amico, vieni più avanti’. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali»”. Ed ecco la sentenza di Gesù, “«Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato»”.
Ma, ripeto, questo non per un senso di modestia; sempre per un senso d’amore. Scegli sempre il bene dell’altro, allora, quando scegli sempre il bene dell’altro il Signore, che vede, penserà lui al tuo bene. Quindi Gesù inverte la scala dei valori della società dove tutto viene fatto con interesse e invita a scegliere la sua via, che è quella del dono.
E poi “Disse a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini»”. Qui ci sono quattro aspetti che riguardano i rapporti di amicizia, parentela, di interesse, potremmo dire, una cricca che è legata dall’interesse, dai propri affari. Quindi sono legami di amicizia, di parentela, di interesse, sono legami che sostengono una società che si auto-protegge, a scapito degli altri.
Quindi non invitare per difendere i tuoi beni e il tuo benessere, “«Perché a loro volta non ti invitino. Al contrario quando offri un banchetto, invita gli esclusi»”. Qui Gesù elenca quelli che erano gli esclusi che non potevano entrare al tempio ed erano esclusi dal sacerdozio: i poveri, gli storpi, zoppi e ciechi. “«E sarai beato»”.
Ecco disseminate nel vangelo troviamo tante beatitudini, cioè l’invito alla pienezza della felicità. La felicità non consiste nel fare le cose per interesse, ma fare le cose per amore, nel donare.
Sarai beato perché? “«Perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla …»”, attenzione questo non è un messaggio per i credenti, Gesù parla per i farisei nella maniera in cui loro possono comprendere, “«risurrezione dei giusti»”, perché i farisei credevano che i giusti sarebbero risuscitati, invece gli altri no.
Cosa ci vuol dire Gesù? Non fare le cose per interesse, ma fai le cose per generosità, tu occupati del bene degli altri e permetterai poi a Dio di occuparsi del tuo bene e lo farà in abbondanza.
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la giusta ironia di M. Serra su Berlusconi

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Dopo la condanna in primo grado, la condanna in appello, la conferma della Cassazione, verrà presentato un ricorso alla Corte europea. Se il ricorso alla Corte europea non dovesse avere successo, Berlusconi ricorrerà alle Nazioni Unite. Se le Nazioni Unite rimanessero sorde e cieche, è pronto un appello al Tar del Lazio, sotto la cui giurisdizione, come è noto, ricade l’intero pianeta. Ove il Tar del Lazio fosse oberato di pratiche, e lo sportello chiuso sul naso dell’avvocato Ghedini da un impiegato scortese, si presenterà un dettagliato esposto-denuncia al Tribunale di Saturno, nel quale giudici a forma di alga, ferratissimi, propendono in genere per l’assoluzione. Se da Saturno arrivasse una nuova delusione, allora Berlusconi farà appello al Papa, al Dalai Lama, agli imam di Persia, affinché sia il giudizio di Dio, non quello fallace degli uomini, a regolare la questione. Se anche Dio opponesse l’ostinato silenzio che gli è proprio, lo staff degli avvocati stilerà una memoria che potrà essere aperta solamente dopo il 2123, e affiderà ai posteri, e solo a loro, la sentenza.
Dopodiché ci si chiede: ma non era a favore del processo breve?

Da La Repubblica del 31/08/2013.

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